La finalità dell’Atlante Linguistico ed Etnografico del Piemonte Occidentale — ALEPO, sviluppato presso l’Università degli Studi di Torino, è di documentare le sopravvivenze linguistiche galloromanze sul versante italiano delle Alpi.
Si definisce galloromanzo l’insieme delle varietà linguistiche romanze francesi, occitaniche e francoprovenzali nate dalla romanizzazione della Gallia e che in quanto lingue minoritarie sono oggetto di particolare tutela a livello regionale e nazionale.
Le inchieste, condotte tra i primi anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, hanno riguardato 42 località del Piemonte Occidentale. La rete dei punti d’inchiesta è costituita da almeno una località per ciascuna delle valli in qualche misura interessate dalle parlate galloromanze. In alcune vallate particolarmente estese, o cruciali per l’incontro tra varietà diverse (come è ad esempio il caso della Valle di Susa), la rete si infittisce, contando più punti (la Val di Susa ad esempio ne conta sei: Novalesa, Giaglione, Mattie, Chianocco, Susa e Condove).
Come per gli altri atlanti che sono stati descritti negli articoli precedenti (vedi ALI, e ATPM), per collezionare dati linguistici anche l’ALEPO si serve di inchieste condotte sul territorio interessato, incontrando e interrogando informatori con un “curriculum” di conoscenze adeguato relativamente agli argomenti di volta in volta oggetto d’indagine (ad esempio per ottenere informazioni circa la fauna e la flora un cacciatore si rivela essere un profilo adeguato).
Per coniugare inchiesta linguistica ed etnografica, l’ALEPO ha utilizzato la tecnica della “conversazione guidata” per interrogare l’informatore. Questa tecnica si basa su una conversazione che mira a toccare gli argomenti precedentemente stabiliti in un questionario, sui quali il raccoglitore guida la conversazione in modo che l’interlocutore, pur organizzando liberamente il suo discorso, fornisca le informazioni necessarie all’inchiesta. Questo metodo però prevede che si stabilisca un’interazione piuttosto libera tra i due interessati, che porta anche a divagare e propriamente “chiacchierare”.
I vantaggi di questo tipo di inchiesta sono molteplici e incontrano proprio l’interesse dell’Atlante: l’informatore chiacchierando si sentirà libero di mostrare e descrivere oggetti, raccontare aneddoti personali, recitare filastrocche o indovinelli, evocare modi di dire, usi, tradizioni, credenze. Questi materiali di corollario vanno poi così a formare quello che si chiama un etnotesto, ossia un testo orale che informa non solo circa la lingua ma anche circa vari aspetti culturali tipicamente orali o materiali.
Capita talvolta che l’informatore dunque risponda andando oltre le domande che gli vengono poste e divaghi, portando la conversazione su contenuti che in fase di stesura non sono stati previsti dal questionario. È stato ad esempio il caso del fungo chiamato manina: gli interlocutori di una decina di località hanno spontaneamente evocato questa denominazione, tanto che in sede di redazione si è deciso di dedicare al fungo in questione una carta che non corrispondeva a una domanda esplicita nel questionario.
Il risultato di queste inchieste e delle loro trascrizioni è la produzione di carte dedicate, a ognuna della quali corrisponde una scheda di commento contenente appunto eventuali etnotesti e materiale etnografico inserito in schede che forniscono di ogni oggetto evocato un’accurata descrizione e illustrazione (fotografica di solito, talvolta disegnata).
Di seguito vediamo la carta dedicata alla trappola per animali selvatici.
Sono attualmente in preparazione contenuti multimediali che verranno pubblicati sul sito dell’Atlante, tra cui una carta sonora in cui si possano udire le parlate rilevate nei diversi punti attraverso frasi comparabili (“noi ci chiamiamo”; “noi qui parliamo…”, ecc.), in modo che dall’ascolto possano emergere analogie e differenze linguistiche, e un e-book scaricabile che renda fruibili più carte, con le rispettive fotografie e registrazioni audio.
Attualmente il preziosissimo archivio sonoro delle interviste condotte nei 42 punti previsti (l’ALEPO, come l’ALI, è un Atlante che ha concluso la raccolta dei materiali e che ora sta procedendo alla pubblicazione dei medesimi) è a uso interno della redazione, e in prospettiva futura si vorrebbe renderlo pubblico; il percorso non è però brevissimo, poiché buona parte della totalità delle inchieste condotte furono all’epoca registrate su supporto analogico; questo materiale è stato pazientemente digitalizzato, ma per renderlo fruibile al pubblico richiederà ancora un lungo lavoro di pulitura dell’audio e di segmentazione dei contenuti per rendere possibile la ricerca interna.
Attualmente l’ALEPO è diretto dai suoi ideatori e fondatori, Tullio Telmon e Sabina Canobbio. I responsabili scientifici sono Riccardo Regis e Monica Cini, ai quali vanno i ringraziamenti per il tempo dedicato al racconto del proprio lavoro e del progetto, da cui è stata tratta questa sintesi; inoltre sono impegnati come redattori i dottorandi Aline Pons, Silvia Giordano, Carlotta D’Addario, Paolo Benedetto Mas e Lorenzo Ferrarotti. È in preparazione il volume dedicato alle denominazioni di spazio e tempo, mentre sono già consultabili quelli relativi al mondo vegetale e al mondo animale.
L’ALEPO negli anni ha messo le proprie energie e risorse a disposizione del territorio, tenendo corsi, partecipando a iniziative territoriali, collaborando con altri progetti e con le scuole, e prestandosi come promotore e come partner a richiesta di utenti esterni. Insomma, l’interesse per il territorio da cui il progetto nasceva ha avuto e ha ampiamente modo di restituire allo stesso cultura, cura e nuovi strumenti che le comunità locali possono liberamente reimpiegare per valorizzare sé stesse, a loro volta creando conoscenza e consapevolezza della propria identità linguistica e più generalmente culturale.
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