Un contadino di nome Fortunato, rimasto vedovo con molti figli e per di più privo di lavoro e di denaro, in un tempo lontano, “quando Gesù veramente compariva su questa terra e lasciava la tunica per travestirsi e confondere i peccatori e confortare gli oppressi”, dopo aver incontrato uno sconosciuto benefattore in una vigilia di Natale e dopo aver pronunciato alcune promesse, si arricchisce a dismisura in breve tempo. Trascorso un anno, ed è il Natale successivo, l’enorme ricchezza gli ha indurito il cuore e gli ha fatto dimenticare le promesse di umiltà e carità. La punizione è immediata: tornato povero, ode nuovamente i lamenti dei figli affamati. Una “tenerezza pietosa” gli riempie tuttavia l’animo e riprende “la via della salvezza e della povertà”.
Si tratta di una fiaba, intitolata Il Natale di Fortunato, destinata ai piccoli lettori, apparsa sul primo numero della rivista torinese d’ispirazione cattolica Adolescenza, pubblicato il 25 dicembre 1910, Natale, una domenica.
La circostanza non sarebbe particolarmente memorabile se quella rivista non avesse un’interessante storia piuttosto dimenticata e se l’autore della fiaba in questione non rispondesse al nome di Guido Gozzano, in insolita veste.
Giorgio De Rienzo, a proposito di questa e altre fiabe e racconti apparse su Adolescenza, ha scritto di un Gozzano
che da cinico osservatore distaccato dal reale, si fa propugnatore di un ideale di carità, commentatore edificato della morale del perdono e del pentimento.
Henriette Martin ha notato come Gozzano abbia forse
voluto interessare i bambini non più ai re e alle principesse vittime di incantesimi, ma ad altri bambini più vicini ai piccoli lettori.
Gozzano fu molto attivo su Adolescenza, nel corso del 1911: ricordiamo Il mugnaio e il suo signore (n. 12), Lo spaccalegna e l’uragano (n. 16), Le due madri (n. 19), La corona del re (n. 21), Luca e Mario (n. 26), Il salice solitario (n. 32), L’ultimo duchino (n. 34), La manina del genio (n. 39), Il contino lustrascarpe (n. 54), per non dire della poesia Il frutto della vita (n. 47), versi ammonitori sulla premura di crescere che toglie al bimbo il piacere di essere tale.
Ad illustrare egregiamente pressoché tutti i lavori citati fu Eugenio Colmo, il noto artista torinese che si firmava “Golia”, dal soprannome che per lui aveva inventato lo stesso Gozzano sin dai tempi dell’Università, per via della sua notevole statura.
Golia fu apprezzato collaboratore artistico della rivista, proponendo anche opere che paiono antesignane del fumetto, ossia storie con vignette a puntate quali Le avventure di Parapioggino cui seguirono quelle di Soffiolino e di Gigetto. Fu probabilmente coinvolto, come Gozzano, da Emilio Zanzi, egregio giornalista ricordato per aver connotato il miglior periodo scapigliato che ha animato Torino prima della grande guerra. E in quel trio, Gozzano, nato nel 1883, era il meno giovane, tra Golia, nato a Torino nel 1885 e Zanzi, nato l’anno successivo. Ma vedremo che ad essi va aggiunto l’amico Giulio Gianelli, nato a Torino nel 1879 e destinato a morte prematura.
Gianelli, due anni prima (1909), aveva aderito al movimento per l’alfabetizzazione dei contadini dell’Agro romano, promosso da Sibilla Aleramo e Giovanni Cena e aveva partecipato attivamente ai soccorsi delle vittime del terremoto di Messina. Sul luogo del disastro aveva salvato due orfani per poi portarli con sé a Roma: si chiamavano Mario e Ugo Morosi e si occupò di loro finché ebbe vita.
Adolescenza fu nota come “la sorella minore” del quotidiano cattolico Il Momento, fondato nel 1903 da Angelo Mauri e dal barone Pio Oreglia di Santo Stefano. Emilio Zanzi non solo vi militava da tempo, ma convinse Gozzano a diventare “gazzettiere”, proprio in quel periodo, anche per Il Momento.
Ha ricordato lo stesso Zanzi come Gozzano avesse posto qualche resistenza:
Non ho titoli morali per scrivere su un giornale cattolico. Ho smarrito per strada tutta la fede.
Ciò non toglie, come ha scritto Giorgio De Rienzo, che
dal febbraio al dicembre del 1911 compariranno diciannove articoli di Gozzano sul “Momento”.
Poi l’abbandono e, più tardi, l’approdo più congeniale a La Stampa.
D’altra parte Zanzi voleva bene a Guido e non perdeva occasione per avvicinarlo alla fede. In quanto alla produzione per la gioventù, Gozzano già scriveva sul Corriere dei Piccoli, così non gli fu difficile approdare anche sulle pagine di Adolescenza.
Ma s’impone ora una carta d’identità di questa rivista che, se conobbe grande fortuna, sia pure fugace, non fu soltanto grazie alle pagine di Gozzano, ma anche per merito del gruppo dei suoi affiatati amici di lunga data che si adoperarono su quelle pagine con entusiasmo e competenza, instaurando una particolare stagione torinese.
La redazione si sarebbe in seguito spostata provvisoriamente negli uffici del Momento, in Galleria Nazionale, e la stampa sarebbe passata all’Officina Poligrafica Ed. Subalpina, in corso Maurizio 65.
Il primo numero (Natale 1910) fu accompagnato da un Saluto redazionale ai destinatari:
A Voi e per Voi, o bimbi graziosi, o fanciulle soavissime, o giovinetti dall’anima bella e dal sorriso buono, a Voi e per Voi questo foglio tutto vostro, che Vi viene nel giorno santo del Natale come un bacio materno dell’alba divina, che vuol essere e sarà il compagno dei vostri svaghi, il confidente dei vostri pensieri…
Un saluto piuttosto lungo e zuccheroso, a firma “Emmea”.E già vi comparve la rubrica “Letterine aperte”, con dodici corrispondenze da Torino, Milano, Alessandria, Vercelli, Cuneo, Venezia, Livorno e Firenze. Ricca anche la parte pubblicitaria, relegata nelle quattro pagine della sovracopertina color verde.
Zanzi riuscì a coinvolgere numerose altre belle firme del tempo: Nino Oxilia (in quell’anno autore, con Sandro Camasio, di Addio Giovinezza), Luigi Ambrosini (critico e giornalista de La Stampa), Mario Bisi, Vittorio Emanuele Bravetta, Gigi Michelotti (redattore de Il Momento), Nina Osimo, Efisio Aitelli, Francesca Fiorentina (futura fondatrice della bella rivista torinese Cuor d’Oro), Mario Cossa, Sofia Stampini.
E poi Dionisio Borra, coetaneo di Zanzi, futuro parroco della cattedrale di Ivrea e Vescovo di Fossano. In quel 1911 Borra recensì I Colloqui sul settimanale eporediese Il Pensiero del Popolo e si recò più d’una volta ad Aglié per incontrare Gozzano, suo buon amico.
Da ricordare anche l’avvocato Agostino Della Sala Spada, nato a Calliano (AT) nel 1842 e morto a Moncalvo nel 1913: è stato autore poliedrico, scrittore di narrativa, poeta e saggista, noto per il romanzo avveniristico Nel 2073! Sogni d’uno stravagante (1874).
In quanto al citato Giulio Gianelli, poeta e scrittore crepuscolare, arricchì la prima annata della rivista con le puntate del suo capolavoro, Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino, egregiamente illustrato da Eugenio Colmo.
Pipino è un piccolo bozzetto di creta che raffigura un vecchio di 65 anni, al quale il calore di una pipa sentimentale dona la vita, con il privilegio di nascere già anziano, ossia già dotato di senno e di buon cuore. La sua esistenza, destinata a svolgersi al contrario, diventando cioè sempre più giovane sino a concludersi nella culla, avrà il vantaggio di essere diversa da quella degli altri uomini, che pur nascendo piccolini e con tutto il tempo per migliorarsi, per lo più rinnegano ogni virtù e compiono ogni giorno azioni disdicevoli.
Ricca di elementi autobiografici e di simbologie religiose, l’originale lavoro, come ha dimostrato a suo tempo Patrizia Deabate, ispirerà lo scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald che nel 1922 ha realizzato un analogo racconto, Il curioso caso di Benjamin Button, dal quale è stato tratto un film nel 2008.
Da ricordare, di Gianelli, anche le puntate di Barboncino e Chiomadoro nel collegio incantato, (apparse dal n. 22 al n. 37), poi la fiaba La prima delusione di pulcino (nn. 48-49) e infine, con uno sguardo all’attualità (il 1911 era l’anno di “Tripoli, bel suol d’amore”), Tripetto a Tripoli, vicende d’un ragazzino che si reca in Africa “fra gli eroici soldati d’Italia”. Quest’ultimo romanzetto a puntate proseguirà nel 1912 con la nuova gestione.
Rivolgersi ai giovani significava peraltro non trascurare l’avventura, come ormai aveva insegnato Emilio Salgari, deceduto proprio in quel 1911, senza peraltro un rigo di ricordo su Adolescenza, probabilmente per via del suicidio.
In quel periodo pesava anche il giudizio negativo degli ambienti cattolici sull’opera salgariana, giudicata troppo laica e pericolosa per l’educazione dei giovani. Non a caso su Il Momento la cronaca della sua morte fu caratterizzata da commenti inappropriati:
Piccolo, magro, terreo in viso, aveva un aspetto caratteristico da cinese. Preferiva per di più delle strane e disusate fogge di vestiario, d’inverno per esempio andava impaludato in un enorme mantello. Faceva vita ritirata, ma disordinata e spendereccia…
Fu dunque scelto un romanzo western di Léo Claretie, coetaneo di Salgari, intitolato La valle fumosa, già pubblicato in Francia nel 1900 e ricco di contenuti religiosi. Le puntate comparvero su Adolescenza dal n. 38 al n. 51 del 1911 con le illustrazioni del testo originale.
Qualcosa, tuttavia, stava cambiando.
Da otto anni, a Catania, i discepoli di Don Bosco pubblicavano il giornalino L’Amico della Gioventù: fu deciso di fondere le due testate nel 1912, mantenendo la testata torinese ma aggiungendo la dicitura “periodico quindicinale illustrato per gli alunni delle scuole secondarie”.
Non più un settimanale per ragazzi delle scuole elementari, dunque, ma un giornale indirizzato a lettrici e lettori delle scuole medie, tecniche, commerciali e complementari. La ragione, si legge in un editoriale, stava nel fatto che
pei ragazzi ce ne sono già dei periodici, non così per l’età più sognatrice e più difficile che si avvia alla giovinezza.
La nuova redazione ebbe sede al n.176 di corso Regina Margherita, presso la Libreria Internazionale della S.A.I.D.; la nuova tipografia fu quella Salesiana e il nuovo gerente responsabile fu Giovanni Lana.
Fiore all’occhiello del nuovo primo numero fu il racconto Un mazzolin di fiori di Edmondo De Amicis.
Sparì invece l’intrigante matita di Golia, sostituita da quella di Attilio Mussino, illustratore altrettanto avvincente. Sparì anche Gozzano, sostituito da Carlo Dadone, il quale aveva da poco raccolto in volume le puntate del proprio romanzetto Biribì il giovane poliziotto torinese, apparse su Il Momento, nella cui redazione era solito incontrare l’amico poeta.
Fra le nuove firme, in quel 1912, comparvero, tra le altre, quelle di Trilussa, già famoso; del capitano di fregata Ettore Bravetta; dell’ispettore scolastico Francesco Alterocca; del poeta Renato Fucini, e delle scrittrici di “letteratura piccina” Bice Braggio e Carola Coggiola. Nel 1913 si aggiunse Mario Morais, autore di libri per la gioventù firmati con lo pseudonimo Mago Bum. In quanto a Gianelli, pubblicò qualche poesia e un nuovo frizzante lavoro a puntate, Maschere in giro, che però s’interruppe improvvisamente nel corso del 1913.
Nel frattempo il tono giocoso del giornale si era smorzato a causa delle esigenze dell’attualità, ossia a causa della volontà di celebrare le mire espansionistiche dell’Italia. Troppo spazio fu infatti dedicato alla geografia e alla toponomastica tripolina, accanto a bozzetti militari e versi patriottici. Gli articoli di sapore coloniale aumentarono nel 1914, vanificando gli sforzi all’insegna del mondo ludico effettuati da Francesca Fiorentina, Giovanni Cassano ed Emilio Garro, prolifico scrittore e giornalista salesiano, ricordato ancora oggi per alcuni romanzi di fantascienza, che morirà a Torino, a 88 anni, nel 1975.
E poi, sul n. 14 del 15 luglio 1914, la luttuosa notizia:
Lo ricordate? Scrisse per voi poesie, racconti, impressioni sull’Umbria di S. Francesco, sulle scuole dell’Agro Romano, la mirabile storia di Pipino, le Maschere in giro: appunto, le gaie maschere vagabonde egli dovette sottrarle ai vostri sguardi avidi, interrompendo il racconto delle loro avventure, perché non stava bene.
Oh, quando era stato bene Giulio Gianelli? E ora è morto a Roma, in un ospedale, dove subì due gravissime operazioni chirurgiche…
Impossibile non pensare ai lutti di poco successivi, riguardanti due suoi buoni amici: Gozzano sarebbe mancato nel 1916 e Nino Oxilia l’anno successivo, falciato da una granata mentre partecipava alla difesa della linea del Monte Grappa.
Non risultano, sino a prova contraria, altre annate di Adolescenza successive al 1914 e piace pensare che la rivista sia scomparsa con Giulio Gianelli, che con Gozzano e Oxilia aveva condiviso, a modo suo, la scena letteraria e culturale italiana di quegli anni.