Carlo Dadone, un re dell’umorismo

L’ironico scrittore piemontese che cercò di imitare Edgar Allan Poe

Felice Pozzo
Felice Pozzo

Appassionato di storia delle esplorazioni e di letteratura avventurosa, italiana e non, è considerato uno dei maggiori studiosi della vita e delle opere di Emilio Salgari. Ha dedicato all’argomento numerose pubblicazioni e ha curato l’edizione di alcune ristampe salgariane.

  

Sul “Corriere della Sera” del 29 maggio 2001, in occasione di una vendita all’asta di manoscritti, è apparso il seguente titolo: “Pirandello scrisse all’amico Dadone: ‘Le tue novelle mi ricordano Poe’”.

L’amichevole lettera, scritta a Roma il 29 novembre 1903, come si legge nell’articolo citato, si chiude con un consiglio:

Torna al tuo sano, giocondo umorismo, e lascia i foschi spettri e le violenze al Poe. Tu sei Dadone, e devi esser tu.
Alcuni titoli di letteratura per l’infanzia di Carlo Dadone, editi dalla casa editrice SEI.
Alcuni titoli di letteratura per l’infanzia di Carlo Dadone, editi dalla casa editrice SEI.

L’amicizia con Pirandello

Carlo Dadone, che stiamo per conoscere meglio, aveva inviato a Pirandello la propria antologia di sette novelle intitolata La forbice di legno, comprendente storie di morti che parlano e persino di anime umane trapiantate in animali, e il giudizio dell’amico era giunto schietto e affettuoso.

Luigi Pirandello
Luigi Pirandello

Pochi mesi dopo, sul settimanale torinese di arte, lettere, scienze e sport Forum, fondato nel 1901 dal prolifico Giovanni Bertinetti, che ne fu direttore sino alla chiusura (1904), venne pubblicato l’articolo Luigi Pirandello, a firma Carlo Dadone, che di quella rivista era collaboratore assiduo. Quasi una risposta, che lascia intendere come ebbe inizio la poco nota amicizia tra l’autore siciliano e il frizzante Dadone.

“Luigi Pirandello conta ora trentasei anni”, vi scrisse tra l’altro Dadone, che ne contava allora trentanove, “è professore a Roma, e lavora indefessamente pubblicando le sue splendide novelle ed i suoi versi nei migliori giornali e riviste d’Italia, senza interruzione, come un Creso che a piene mani distribuisca sontuosamente i suoi tesori […]. Uscito or ora dal felice successo ottenuto sol suo libro di novelle gaie ‘Quand’ero matto’, ecco che si presenta a noi con un altro volume pure di novelle, ‘Bianche e Nere’, dieci in tutto, ciascuna delle quali racchiude un dramma intimo, che ora si svolge ampiamente, ora per rapidi tocchi: dieci novelle varie nel colore, nel tono, nella rappresentazione…”.
“Caro Dadone, […] ho letto le sette novelle d’un fiato. La prima impressione fu questa: che il mio caro Dadone, scrivendo questi racconti, fosse come avvolto nell’ombra fosca e violenta di Edgardo Poe […] Eccoti il mio giudizio schietto, fraterno. Torna al tuo sano, giocondo umorismo, e lascia i foschi spettri e le violenze al Poe. Tu sei Dadone, e devi esser tu”.
Lettera di Luigi Pirandello a Carlo Dadone, Roma, 29 novembre 1903

Galeotto fu l’editore Streglio

“La via del rifugio” di Guido Gozzano pubblicato presso la casa editrice Renzo Streglio.
“La via del rifugio” di Guido Gozzano pubblicato presso la casa editrice Renzo Streglio.

Entrambi i libri di Pirandello erano stati pubblicati a Torino da Renzo Streglio, il troppo dimenticato editore, attivo tra la fine dell’Ottocento sino al 1908, noto peraltro per aver pubblicato in quel periodo opere di Giovanni Cena, Enrico Thovez, Francesco Pastonchi, Massimo Bontempelli, Arturo Foà, Mario Vugliano, Carlo Vallini e soprattutto per aver dato alle stampe, nell’aprile del 1907, La via del rifugio di Guido Gozzano. Da aggiungere che, nel 1902, aveva pubblicato Come presi moglie. Autobiografia di un ex ghiottone dello stesso Dadone, impegnato con il suo congeniale umorismo e poco dopo, come si è visto, La forbice di legno.

L’attiva frequentazione di Dadone con Streglio, circostanza che spiega il contatto con Pirandello, è documentata proprio da Gozzano. Tutto preso in Liguria dal lancio de La via del rifugio, Gozzano infatti bombardava di lettere l’amico Carlo Vallini con richieste di favori:

Andare da Dadone, fatti dare la lista dei giornali ai quali fu spedito il mio libro… domandare a Dadone il bollo omaggio della Casa… consegnare le tre copie a Dadone per le tre seguenti persone: Giorgieri — Thovez — Ragazzoni… Ho mandato a Dadone una lista dei giornali critici…

Non che Dadone fosse un fattorino, ma la sua attività presso Streglio risulta evidente, coinvolto com’era nella frenetica attività dell’editore torinese, dotato di un proprio stabilimento grafico, dapprima a Ciriè e poi a Venaria Reale, oltre che di una sede centrale in via S. Teresa, a Torino.

Collaborazioni tra ironia e fantasia

Dadone si prestava volentieri a contatti con gli autori, molti amici da tempo, e nel frattempo collaborava a diversi periodici torinesi: già nel biennio 1896 — 1897 scriveva sul supplemento mensile letterario de Il Grido del Popolo, intitolato Per l’Idea, accanto a Edmondo De Amicis, al già citato Giovanni Cena e a molti altri.

Prima pagina del racconto di Dadone ambientato sulla Mole Antonelliana (disegno di Attilio Mussino), apparso sulla rivista torinese “Adolescenza” nel 1912.
Prima pagina del racconto di Dadone ambientato sulla Mole Antonelliana (disegno di Attilio Mussino), apparso sulla rivista torinese “Adolescenza” nel 1912.

Suoi articoli uscivano su La Vita Moderna, pubblicata a Milano da Civelli e diretta da Gustavo Macchi, mentre su L’Avanti della domenica pubblicava racconti sociali. Con Gozzano avrebbe collaborato al quotidiano cattolico Il Momento, scrivendo articoli descrittivi della Torino di fine Ottocento e ritratti di personaggi stravaganti, così da ricreare l’atmosfera non solo di un tempo ma anche quella pittoresca dei rioni cittadini. Su Forum, invece, apparivano le puntate del suo Treccie nere e treccie bionde.

Ancora a Torino, dove hanno visto la luce esemplari riviste letterarie, collaborò attivamente ad Adolescenza, che iniziò le pubblicazioni il 25 dicembre 1910, e a Cuor d’Oro, fondata il 15 marzo 1922. Su Adolescenza ebbe un buon riscontro il suo racconto La nuova macchina per volare (1912), illustrato da Attilio Mussino e ambientato sulla Mole Antonelliana, dalla cui sommità lo scienziato pazzo di turno vorrebbe precipitare nel vuoto un malcapitato per sperimentare un congegno basato su “l’elettro superficiale ad espansione multipla, uniforme, universale”, fantastica invenzione — si capisce — del nostro esilarante Dadone.

Un simpatico “miope sordo autodidatta”

Molto ben inserito nella laboriosa vita letteraria torinese, vantò sempre numerose amicizie e frequentazioni nel mondo culturale, ispirando simpatie anche per essere, come lo definì affettuosamente Mario Vugliano, “il miope sordo autodidatta Dadone”, sempre disponibile e sempre pronto ad aiutare gli amici.

“Fu per l’appunto lui”, ha ancora ricordato Vugliano, sottolineando il già citato rapporto dell’amico con l’editore de ‘La via del rifugio’, “a proporre all’editore Streglio la ristampa del mio ‘Gli allegri compari di Borgodrolo’, che già era uscito a puntate su ‘Forum’”.

L’influenza salgariana infarcita di religiosità

Nel 1904 approdò sulle pagine della prestigiosa rivista mensile, popolare e illustrata Il Secolo XX, fondata nel giugno 1902 dalla casa editrice Treves di Milano, tra le più importanti in Italia, con il racconto in due puntate Un salvataggio straordinario, nonché su quelle anche più prestigiose de L’Illustrazione Italiana (stesso editore) con il racconto L’amico Farbalà.

Copertina de
Copertina de "Il tesoro del re negro" di Carlo Dadone.

Nel 1909 il mensile di Treves gli riservò una lusinghiera presentazione, apparsa nel numero di febbraio:

Il Secolo XX comincerà nel suo prossimo fascicolo un altro drammatico romanzo, “Il tesoro del re negro”, dovuto alla penna di Carlo Dadone, pure lui tra i più noti e apprezzati scrittori italiani di romanzi di viaggi e avventure. Per dare tempo a Gennaro Amato di eseguire per il lavoro del Dadone numerose e bellissime illustrazioni che ne aumenteranno il pregio, pubblichiamo in questo numero una novella di quel bizzarro ingegno di fama mondiale che è H. G. Wells….

Le puntate si sarebbero concluse con il fascicolo di maggio del 1910 e l’anno successivo Treves ne pubblicò l’edizione in volume, grazie anche alle evidenti ispirazioni salgariane. Nel romanzo sono narrate le avventure in mezzo mondo del giovane artista Tullio Parker, impegnato a provare l’innocenza del padre, ingiustamente accusato di assassinio. L’unica prova sicura della sua innocenza giace in fondo all’oceano, dentro una cassetta contenente il tesoro del re dei Matabele, costituito da pietre preziose di valore inestimabile. Benché condotte con sguardo ispirato alle pagine di Salgari, quelle di Dadone se ne distaccano per l’evidente contenuto incline alla religiosità: troviamo infatti, nel romanzo, un malese cristiano, un missionario e persino una tribù di selvaggi convertiti, tutti personaggi che offrono aiuti insperati e provocano avvenimenti risolutivi.

Tutto il successo che sognava

“Come presi moglie” di Carlo Dadone, una nuova edizione venne pubblicata dalla casa editrice Treves nel 1916.
Come presi moglie” di Carlo Dadone, una nuova edizione venne pubblicata dalla casa editrice Treves nel 1916.

Carlo Dadone era nato a Torino nel 1864 e a Torino è deceduto il 27 marzo 1931, con gravi problemi all’udito e alla vista. Ma prima di scomparire, aveva ottenuto tutto il successo al quale aveva aspirato, dopo un'adolescenza travagliata.

Non solo Treves, per dare risalto alle puntate de Il tesoro del re negro, attribuì con qualche forzatura a Dadone la qualifica di noto scrittore di avventure, e non solo pubblicò il volume dopo la conclusione delle puntate, ma in seguito accolse sul mensile il suo racconto Il mistero del gatto giallo (1910) e soprattutto pubblicò una nuova edizione de La forbice di legno (1911) e di Come presi moglie (con racconti inediti, 1916), già pubblicati da Streglio, nonché molte nuove opere di letteratura amena: La casa delle chiacchiere (1914), Il delitto del commendatore: scene dal vero della vita torinese (1920, in due volumi), Le novelle di un ottimista (1921), e Le eroicomiche avventure di Biribì seguito da Le nuove avventure di Biribì poliziotto e portafortuna (entrambi nel 1924).

La letteratura per l’infanzia

Copertina de
Copertina de "Le novissime avventure di Capperina" di Carlo Dadone.

Milano accolse favorevolmente Dadone anche in un altro ambito, non meno importante, aprendogli generosamente le porte sia de La Domenica del Corriere, fondata nel 1899, che de Il Corriere dei Piccoli, fondato nel 1908. La lunga e laboriosa collaborazione ai due noti settimanali annovera bozzetti e racconti che spaziano in vari generi.

Molto più generosa la presenza sul Corriere dei Piccoli, protratta sino agli anni Trenta del secolo scorso a partire dal 1909, con scritti briosi su avvenimenti prosaici, spesso ambientati nell’amata Torino, con protagonisti dei ragazzini tuffati nelle più buffe situazioni. Da sottolineare, in quei lavori per la gioventù, l’accostamento dei testi con le illustrazioni del già citato amico Attilio Mussino, presente anche nella sua produzione romanzesca. L’affiatato binomio è presente, ad esempio, in Il talismano di Fefé (1913), in Ninetto Bardi l’avventuriero (1915), editi entrambi da Sandron di Palermo, e soprattutto in Le avventure di Capperina (1912), fantastica storia di una bambola vivente che è per molti versi una versione femminile di Pinocchio, pubblicato dapprima dal fiorentino Bemporad e poi, nel 1925, riproposto dalla SEI di Torino (Società Editrice Internazionale, nuova denominazione assunta dal 1919 dalla salesiana SAID Buona Stampa, sorta nel 1908) con il titolo Le nuovissime avventure di Capperina.

“Quella di Dadone è una vita meravigliosa che merita di non essere dimenticata. Piuttosto bruttino e già afflitto da una sordità progressiva, ricordo di averlo incontrato a Viù nel 1896. Aveva uno spiritaccio tutto suo e qualche dote di scrittore umoristico. So che, giovanissimo ancora, tentò il suicidio, sparandosi un colpo alla testa. Alludendo al fatto, ‘I sai nen, diceva spesso, perchè am fussa vnu col balin!’”
Ricordo di Francesco Pastonchi

Collaborazione con la casa editrice SEI

La casa editrice SAID (poi SEI, acronimo contenente anche il motto della casa, Serenant et Illuminant) fu quella che si avvalse maggiormente della sua opera, mettendo in catalogo ben sedici titoli, tra cui La piccola Giovanna (1916), romanzo strappalacrime più volte ristampato con successo e ambientato a Torino, dove una soave servetta è martirizzata dalla padrona avara, aspra e invidiosa, e Una piccola Robinson (1923), anch’esso di sapore salgariano, che Dadone dedicò alla memoria della sorella Cornelia. La giovanissima eroina di questo romanzo, Nennèle, si trova alle prese con la natura ostile e gli indigeni Matuelas dell’America Latina, ancora in situazioni intrise di forte religiosità e magistralmente illustrate da Leonida Edel.

Copertina e frontespizio di “Una piccola Robinson”.
Copertina e frontespizio di “Una piccola Robinson”.

Fra gli altri volumi editi dalla SEI, si ricordano Un eroe (1916), Gli allegri pampalucchini (1917), Ciccio Bomba — Storia di un ragazzo che picchiava sodo (1922), Tompo e Timpa nel paese dei gorilla (1925), Storia di un fucile che le ha sparate grosse (1927), Le fantastiche avventure di Giovannino (1930) e, scritto a quattro mani con Giovanni Bertinetti, Viaggio di un balilla intorno al mondo (1931), calato in una vaga propaganda politica, ma di qualche interesse per il binomio di autori.

Umorismo d’altri tempi

Romanzo umoristico di Carlo Dadone pubblicato dalla casa editrice Queriniana.
Romanzo umoristico di Carlo Dadone pubblicato dalla casa editrice Queriniana.

In una bibliografia vasta e mai esaurientemente esplorata (soprattutto quella dei racconti e delle novelle), sono da segnalare le collaborazioni con le case editrici di Brescia La Scuola (L’Italia nei cuori, 1929, La signora fantasia e le sue facezie, 1933) e Queriniana (Colei che dovevo sposare — Storie d’ogni colore, 1931).

La sua copiosa produzione per la gioventù, con titoli in cui abbondano vezzeggiativi e diminutivi (Giannetto, Gigetto, Cherubino, Rubinuccia, Chisciottino ecc.) lo hanno in buona misura relegato in un ambito destinato al dimenticatoio, insieme a pagine umoristiche che hanno fatto il loro tempo e a capitoli avventurosi che ormai neppure l’inarrivabile Emilio Salgari riesce agevolmente a sottoporre alla gioventù dei nostri giorni. Resta peraltro un autore che sollecita rivisitazioni e considerazioni, se non altro per aver lasciato un capitolo rilevante nella letteratura d’intrattenimento torinese e nella storia della letteratura umoristica italiana. Ed è un autentico peccato che sinora nessuno abbia pensato a curarne l’epistolario, considerato il numero impressionante dei suoi amici e colleghi di rilevante interesse nell’ambito letterario, editoriale e culturale in genere.

A proposito del suo indubitabile umorismo, lo studioso L. M. Straniero ha ricordato come Pitigrilli (Dino Segre) abbia scherzosamente scritto a suo tempo d’aver ottenuto una conversazione medianica con lui, l’esilarante Dadone, ritrovatosi nell’aldilà con gli altri famosi umoristi del passato, quali Yorick, Yambo, Ricci, Gandolin, tutti disposti a inviare nel mondo dei vivi nuovi scritti qualora fosse sorto un nuovo e rutilante giornale umoristico. Si tratta pur sempre di un bel riconoscimento pubblico. Ma anch’esso è già coperto dalla inesorabile polvere della dimenticanza.

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Bibliografia

  • Dadone C., Il tesoro del re negro, Milano, Treves, 1911.
  • Dadone C., Una piccola Robinson, Torino, SEI, 1923.
  • De Rienzo G., Guido Gozzano, Milano, Rizzoli, 1983
  • Pozzo F., Carlo Dadone, in LG Argomenti, 1–2, 1985.
  • Pozzo F., Emilio Salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000.
  • Straniero L. M., Pitigrilli segreto, in Almanacco Piemontese, Torino, Viglongo, 1987.
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