Fu Clelia Bona De Fabianis Poma, la madre di Cesare, a avviare il ragazzo ad una carriera di studi classici. Donna dal forte temperamento e dalla vasta cultura, Clelia era rimasta vedova molto giovane, e aveva dovuto tirare su i propri figli e mandare avanti l’azienda tessile di famiglia da sola.
Cesare Poma, nato a Biella nel 1862, entrò nel Reale Collegio Carlo Alberto a sei anni, e ne uscì a diciotto. Nel collegio è ancora oggi conservato il suo ritratto per l’anno 1879-80, nel quale Cesare compare come “Principe degli Studi”. Dopo una laurea in giurisprudenza conseguita in 4 anni presso l’ateneo torinese, il ventiduenne Cesare Poma affrontò e superò il concorso per la carriera come console nel 1885. Nei venticinque anni successivi, la sua posizione lo avrebbe portato a Smirne, Rio de Janeiro, New York, Boston, New Orleans, S. Francisco, Campinas, Cardiff, Tientsin, Florianopolis, Belo Horizonte, Johannesburg, Liverpool.
Cesare Poma arrivò a Tientsin nell’agosto del 1901. Esattamente un anno prima, la Rivolta dei Boxer e l’Assedio delle Legazioni avevano innescato un intervento militare internazionale in Cina. Il breve conflitto — quello che oggi verrebbe definito “un’azione di polizia internazionale” — si era concluso con la concessione, da parte del governo imperiale cinese, di ampi privilegi alle “Otto Nazioni”.
La città di Tientsin (oggi Tianjin), da metà Ottocento un porto franco, dopo la rivolta era stata divisa fra Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia, Austria-Ungheria e Italia. Ciascuna nazione manteneva a Tientsin una rappresentanza diplomatica, una forza militare e controllava direttamente un settore della città. A Cesare Poma, avvocato e diplomatico biellese non ancora quarantenne, toccò dunque il ruolo di primo console italiano a Tientsin.
Dal palazzo consolare di Tientsin, Poma avviò il primo giornale di lingua italiana in Cina, il Bollettino Italiano dell’Estremo Oriente, fondato nel 1902 e del quale vennero pubblicati 5 numeri.
Grazie ai diari e ai documenti consolari preparati da Poma abbiamo una fotografia dettagliata della comunità italiana a Tientsin nei primi del ‘900. Tientsin, all’arrivo di Poma, aveva una popolazione italiana di sedici persone, che il console si affrettò a incontrare: due parrucchieri, sei gestori o dipendenti di due trattorie (una si chiamava “Cantina Italiana”), un meccanico, un minatore (!), due imprenditori — uno dei quali legato alla Italian Trading Co. di Shanghai, l’unica azienda italiana operante in Cina, e che funzionava anche come banca — un impresario edile e infine tre “artisti”: un pittore, un musicista e un cantante.
Poma preparò un rapporto molto dettagliato dei suoi primi sei mesi in Cina, e non mancò di sottolineare come la presenza italiana a Tientsin garantisse piccole, ma comunque significative, esportazioni di vino, olio d’oliva, vermouth e fernet, oltre che dolciumi, soprattutto su richiesta degli altri occidentali in città. Poma sollecitò anche la creazione a Tientsin di un’azienda che potesse importare — e poi successivamente produrre in loco — biciclette. Secondo il console la bicicletta, “una innovazione che i Cinesi hanno abbracciato con entusiasmo,” sarebbe diventata a breve il principale mezzo di trasporto in Cina; un’azienda capace di importare o produrre biciclette e venderle a rate ai cinesi avrebbe certamente fatto fortuna. Un’intuizione brillante, esposta in numerosi dispacci — ma non sappiamo se il suggerimento di Poma venne messo in pratica.
Cesare Poma lasciò l’incarico a Tientsin nel 1904, per trasferirsi alla sede diplomatica italiana di Florianopolis, nello stato di Santa Catarina, in Brasile. Dalla sua esperienza in Cina, Poma ricavò anche una buona conoscenza della “questione mancese”, e pubblicò alcuni saggi sulla Manciuria, all’epoca in cui questa regione della Cina veniva contesa fra Impero Giapponese e Impero Russo, in un confronto armato che era, di fatto, una prova generale della Grande Guerra.
Cesare Poma lasciò la carriera diplomatica nel 1910, a 58 anni, e si ritirò nella natia Biella, per dedicarsi alle sue passioni — la numismatica, la storia e l’onomastica (lo studio dei nomi di persona e di luogo). Negli anni successivi pubblicò numerosi saggi sulla storia della Cina e, più vicino a casa, del Biellese — inclusi studi approfonditi sui cognomi delle famiglie biellesi — e numerosi lavori sulla numismatica, e in particolare sul nuovo sistema monetario introdotto in Cina alla fine del XIX secolo. La sua collezione di monete include alcuni pezzi estremamente rari, raccolti durante i suoi viaggi.
Copertina e pagine interne di “Antichi cognomi biellesi. Appunti filologici” edito a Biella dalla Tipografia G. Testa, nel 1908.
Ma è un diverso aspetto della passione collezionistica di Cesare Poma a tramandarne la memoria fino ai giorni nostri. Nei venticinque anni spesi all’estero come diplomatico, Poma raccolse infatti una collezione vastissima di giornali e periodici, un totale di 1.400 fascicoli in 125 lingue diverse, che fotografano lo sviluppo di un medium, la carta stampata, in un momento critico per la storia della comunicazione.
Attraverso la collezione di Cesare Poma, oggi conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana e solo recentemente “riscoperta”, è possibile confrontare non solo diversi approcci alla comunicazione, in nazioni diverse e attraverso lingue diverse, ma anche valutare e comprendere l’impatto di quelle tecnologie che all’alba del XX secolo stavano contribuendo a cambiare le modalità di diffusione dell’informazione. La collezione Poma include periodici a copertura nazionale e periodici locali in dialetti e linguaggi definiti da alcuni “marginali.” E lo stesso Poma dedicò un certo numero di saggi al linguaggio del giornalismo in Sud America, in Brasile, in Cina e in Marocco. I libri e le carte di Poma vanno invece ad arricchire la Biblioteca di Biella, aggiungendosi ad altri importanti fondi, quali ad esempio le carte di Quintino Sella e i 4.500 volumi antichi della collezione Cridis.
Cesare Poma, cavaliere della Corona d’Italia, si spegne a Biella il 16 febbraio 1932.