Il viaggio attraverso le bellezze regionali da scoprire o rivalutare questa volta ci porta a Pella, sul Lago d’Orta. Più precisamente nella frazione di Alzo, in località Prorio, si trova il complesso di San Filiberto. Il complesso gode di alcuni privilegi unici. Innanzitutto, si tratta della sola chiesa italiana dedicata a San Filiberto. È inoltre a pochi metri dal lago e dispone di una posizione incantevole. Infine, secondo tradizione, è la più antica cappella della sponda occidentale del lago.
La chiesa, un tempo parrocchiale per i paesi di questa parte del lago e oggi chiesa cimiteriale di Alzo, fu probabilmente edificata o riedificata nel XI secolo, stesso periodo al quale risalgono gli edifici di San Tommaso a Briga Novarese, San Martino a Gozzano e San Michele alle Verzole a Borgomanero, con i quali San Filiberto condivide alcune analogie architettoniche. La sua costruzione o ricostruzione è da ricollegare alla riorganizzazione della Pieve di San Giulio, dalla quale San Filiberto originariamente dipendeva, avviata intorno al 1000. La cura animarum della chiesa di Alzo risultava garantita prima del 1050, benché non si sappia con esattezza quando la chiesa fu consacrata né da quale vescovo. Di certo si staccò presto dalle dipendenze di San Giulio acquisendo diritto parrocchiale. La chiesa fu quindi rifatta sul finire del Cinquecento, allorché negli Atti di Visita dei vescovi novaresi è descritta sovvertita nel suo aspetto originario e già in stato di parziale abbandono.
Nello stesso luogo, ma anteriormente l’anno 1000, doveva esistere una delle prime cappelle pievane attorno alle quali si era sviluppato il collegio dei Canonici dell’isola di San Giulio. Questa potente istituzione aveva già dall’800 giurisdizione su tutte le chiese rivierasche e ad essa spettava la riscossione delle decime (sulla pesca, sul mulino, sul mosto, …), in un primo tempo utilizzate per il potenziamento del culto e per il mantenimento dei canonici, ma che poi diventarono autentici beni fondiari.
L’evangelizzazione di questi luoghi risale invece al IV secolo, dunque in un periodo pressoché coevo alla predicazione di San Gaudenzio a Novara. Gli abitanti di Pella e dintorni ad un certo punto ebbero necessità di edificare uno spazio sacro, oltre a quello già presente sull’isola prospiciente, in cui officiare i riti cristiani che fosse però di facile approdo per chi sbarcava dal lago e comodo da raggiungere per coloro che utilizzavano i sentieri circostanti.
Tradizione vuole che il terreno su cui sorge la chiesa, già facente parte dei possessi fondiari che nell’alto medioevo l’episcopato novarese aveva accumulato in quella regione, nel 1039 sia stato donato ai canonici del Capitolo di San Giulio dal vescovo Gualberto. In realtà, come nota Fiorella Mattioli Carcano, il documento del 1039 si riferisce ai diritti di decima sulla pesca del luogo, ma non menziona alcun terreno né alcuna chiesa situati a Pella. Tuttavia, il campanile di San Filiberto viene in soccorso agli studiosi. Esso è infatti la parte più antica dell’originario edificio romanico ed è databile agli anni 1075–1100, ovverosia un periodo compatibile con la riorganizzazione del territorio ecclesiastico citata in precedenza.
Il campanile è un elemento architettonico molto importante in un complesso simile, non soltanto per il suo valore simbolico, ma anche per la funzione pratica svolta un tempo. Esso era infatti visibile a notevole distanza e i rintocchi delle campane permettevano, a chi viaggiava per terra o per acqua, di orientarsi sia nell’oscurità che nella foschia.
La sua posizione è poi davvero insolita: dirimpetto, e in un luogo leggermente rialzato rispetto alla chiesa, e a pochissimi metri dall’entrata principale. La muratura è composta da blocchi di granito mescolati a ciottoli alluvionali disposti in modo irregolare. La solida e sobria struttura a pianta quadrata è alleggerita da sottili feritoie nella parte inferiore utili anche a illuminare la ripida scaletta interna, e da due ordini di bifore con archetti in mattone in quella superiore. Sono inoltre ancora evidenti le buche a sezione quadrata utilizzate per sostenere l’impalcatura durante i lavori di costruzione.
Purtroppo, in epoche successive, una parte del campanile fu rivestita da un’intonacatura alla quale si è posto rimedio con i recenti restauri.
Come ricorda il sig. Bruno Nicolazzi, sindaco di Pella,
due anni fa il campanile è stato parzialmente restaurato dopo che un fulmine aveva danneggiato il tetto in piode e creato infiltrazioni d’acqua che a loro volta avevano causato il crollo della struttura interna ora ricostruita.
Campanile e chiesa si trovano su un prato rialzato rispetto al livello del lago e delimitato da quattordici cappelle della Via Crucis, realizzate nel 1794 e restaurate pittoricamente nel 1931, collegate tra loro da un muretto di pietra a secco.
Alla chiesa si accede dalla strada litoranea attraverso una scalinata anch’essa settecentesca. L’edificio religioso, a navata unica, presenta l’abside rivolta a est, cioè in direzione dell’antico approdo lacustre ancora oggi utilizzato. L’abside è la parte più elevata dell’edificio, mentre quella più antica è la facciata a capanna di fronte al campanile, aperta da una piccola porta centrale bordata in granito bianco di Alzo.
Sul lato destro della chiesa, sporgente dal perimetro, si apre una cappella dedicata alla Vergine di Lourdes risalente agli anni Venti del secolo scorso e realizzata dagli abitanti del luogo dopo un pellegrinaggio di gruppo proprio a Lourdes. Dietro la cappella si trova la sacrestia, mentre a lato della stessa cappella si nasconde l’entrata oggi utilizzata per accedere alla chiesa.
L’interno della chiesa è raccolto ed essenziale. Assi di legno a vista rivestono il soffitto, mentre l’originale pavimento in terra battuta è stato sostituito da uno in cemento. Anche la luce è ridotta al minimo, garantita dall’oculo al centro dell’abside poligonale. Sotto l’apertura, un cornicione corre lungo tutti i lati dell’abside, la quale in passato doveva essere dipinta con episodi di storia sacra e raffiguranti la vita e i miracoli di San Filiberto (una specie di grande biblia pauperum, come nota la Mattioli Carcano), probabilmente della bottega novarese di Tommaso Cagnoli. Dei dipinti, oggi, purtroppo non è rimasta traccia.
La parte superiore dell’altare sottostante è ornata da un Cristo a mezzo busto databile al XVII secolo, mentre in quella inferiore, sulla porticina del tabernacolo, è rappresentato il Calice. Al centro un dipinto del Cristo morente. Fino agli anni Trenta del secolo scorso l’altare era abbellito anche da una pala raffigurante l’Adorazione dei Magi e, ai suoi lati, da due quadri, attualmente scomparsi, che rappresentavano San Giulio e San Filiberto.
Sulla parete a destra dell’altare è venuto alla luce, agli inizi del secolo, una parte di affresco di difficile datazione che raffigura San Giulio e altri personaggi dalle fattezze popolari, mentre in caratteri gotici si legge il nome di San Filiberto.
“Un ritrovamento che sarebbe bello poter approfondire benché non si sappia bene cos’altro si nasconda sotto”―afferma Nicolazzi, “ma che comporterebbe un certo esborso economico, ed è sempre faticoso mettere insieme soldi per questo tipo di operazioni”.
Di fronte all’abside, ai lati dell’entrata principale della chiesa, rimangono due acquasantiere a stelo, mentre le pareti sono ornate da pochissimi dipinti. Due di questi dovrebbero raffigurare San Gaudenzio, vescovo e patrono di Novara, alla cui diocesi apparteneva anche Pella. Nel più grande dei due, il santo appare in atto benedicente, con il bastone pastorale e in abito vescovile, mentre nell’altro, probabilmente risalente a fine Seicento o ai primi del Settecento, è raffigurato nell’atto simbolico di ricevere una torre o un castello.
Dipinti presenti all’interno della chiesa raffiguranti - probabilmente - San Gaudenzio in atto benedicente e in atto ricevente.
Come detto, la chiesa è l’unica in Italia dedicata a San Filiberto. Ma come è arrivato in questo angolo del Piemonte il culto del santo francese? Carlo Bascapè, vescovo di Novara dal 1593 al 1615, dopo aver osservato le immagini di Filiberto in veste di abate sulle pareti della chiesa di Pella, e considerate le celebrazioni che in quei luoghi ricorrevano ogni anno il 20 di agosto, non esitò a identificare il dedicatario della chiesa con l’abate franco Philibert de Jumièges, nato nel 617 o 618 a Eauze, in Occitania, e fondatore dell’abbazia di Jumièges, in Normandia, retta per un certo periodo dal monaco benedettino Guglielmo da Volpiano, nato proprio sull’isola di San Giulio nel 962.
La tradizione locale vuole che le spoglie di Filiberto si trovino sull’isola accanto a quelle di San Giulio. Quando però il vescovo di Mantova, Francesco Gonzaga, comunicò a Bascapè di aver visitato l’abbazia di Tournous, in Borgogna, e di aver saputo che lì si custodivano i resti mortali dell’abate, il prelato novarese, attento a non ferire la devozione locale, ritenne plausibile che una parte delle reliquie di Filiberto fossero state traslate a San Giulio dove invece si credeva “di averne tutto il corpo”. Non è effettivamente così improbabile che una parte delle reliquie del santo sia stata donata al Capitolo dell’isola o da questo acquistata in un tempo successivo. Alla fondazione di una cappella e poi di una chiesa dedicate a Filiberto potrebbero aver inoltre contribuito l’influenza esercitata dai monaci benedettini della poco distante abbazia di Massino Visconti (ambiente in cui il culto dell’abate francese era molto sentito), oppure la presenza di un gruppo etnico franco emigrato in queste zone in epoca altomedievale.
Tuttavia, il culto del santo, o perlomeno la cura che gli abitanti prestavano alla chiesa a lui dedicata, col passare del tempo si affievolirono. Nel corso delle pestilenze, e in particolare durante quella virulentissima del Seicento, l’edificio fu utilizzato come lazzaretto per il ricovero dei malati, mentre nel 1823, in occasione di una visita pastorale, il parroco descrive la chiesa “quasi vidua et desolata”.
Lo stato di abbandono è proseguito fino ai nostri giorni. Da qualche anno i membri dell’Associazione Culturale “La Famiglia Alzese”, insieme alle istituzioni locali e a semplici cittadini, si sono dati da fare per recuperare la chiesa di San Filiberto e per finanziare i necessari lavori di restauro con iniziative di vario tipo. Dal 2016 si deve affrontare un nuovo e temibile avversario: il cedimento di una parte dell’abside e la conseguente apertura di numerose crepe nella chiave di volta dell’edificio.
“È stato un cedimento graduale”―afferma Nicolazzi, che è anche stato promotore del Comitato Pro Restauri San Filiberto, costituitosi all’interno della Famiglia Alzese. “In un primo tempo si pensava fosse causato da un’infiltrazione d’acqua. Poi, da alcuni scavi, è emerso che la parte che ha ceduto poggiava su un terreno riportato e quindi meno stabile. Il rialzo su cui sorge la chiesa è stato infatti creato con materiale riportato in tempi successivi. Per fortuna la sacrestia dalla parte opposta ha fatto da contrafforte alla sezione che si è affossata scongiurandone così il crollo”.
Le autorità comunali sono comunque subito corse ai ripari puntellando la parete absidale con un’incastellatura di legno in attesa dell’inizio dei lavori. Tra l’altro, dagli scavi per la messa in sicurezza citati dal sindaco, sono emersi anche i resti di un’abside precedente, probabilmente appartenuta a una prima cappella.
Come assicura Nicolazzi,
i lavori di restauro inizieranno a brevissimo. Un’azienda di Bergamo, specializzata in attività di questo tipo, installerà una specie di gabbia invisibile di acciaio intorno all’abside per evitare che si apra.
Per il restauro sono stati stanziati circa 54.000 euro, metà dei quali messi a disposizione dalla Fondazione Novarese.
Qualcuno si chiederà: ma sono davvero necessari tutti questi sforzi, e questi soldi, per una chiesetta millenaria ormai nemmeno più utilizzata per le funzioni religiose? Difficile dare risposte soddisfacenti. Si può supporre che per gli abitanti di Pella, e non solo, il recupero di San Filiberto non soddisfi soltanto motivazioni di carattere religioso e devozionale, ma riguardi anche questioni più ampie e complesse di identità culturale e senso della storia. Dopotutto, intorno alla chiesa è sorto il nucleo di Pella (in origine soltanto un minuscolo borgo di pescatori), che poi si è sviluppato nell’attuale centro abitato. La chiesa ha visto dunque nascere e morire numerose generazioni di pellesi ed è da secoli, si può dire, tutt’uno con il paese e i suoi abitanti―senza dimenticare, naturalmente, l’importante richiamo turistico da essa esercitato. Evitare il crollo della chiesa equivale a evitare che il passato e l’identità culturale vadano in frantumi lasciando totale campo libero alla globalizzazione di stampo economico, come si direbbe oggi, o, come si sarebbe detto un tempo, al materialismo consumista ormai dilaganti.
👍 Un sincero ringraziamento a Bruno Nicolazzi e a Marina Valli Nicolazzi per la disponibilità e l’aiuto.