Giacomo Bove, in un’illustrazione di Beppe Conti per Rivista Savej.
Il fascino che il mare esercita da sempre su chi è nato e cresciuto fra le colline delle Langhe e del Monferrato non è solo il tema per una vecchia canzone di Paolo Conte. È come se l’aria salmastra del Mar Ligure in qualche modo esercitasse il suo richiamo superando le cime dell’Appennino, e il numero di uomini che il Piemonte meridionale ha dato alla storia nautica nazionale è certamente notevole. O forse, più prosaicamente, è stata l’Accademia Navale di Genova, ad esercitare questa attrazione, con la promessa di un’educazione superiore e di una buona prospettiva di lavoro per i figli delle famiglie contadine piemontesi.
E con la promessa dell’avventura, naturalmente.
Giacomo Bove, nato a Maranzana (Asti) nel 1852, è certamente un buon esempio di questo doppio richiamo, al contempo romantico e pragmatico: quinto figlio di una famiglia di vignaioli e piccoli produttori di vino, l’Accademia Navale di Genova rappresentò per lui quasi certamente una via di fuga da una dura esistenza contadina nell’Italia post-unitaria.
All’età di vent’anni, e fresco di brevetto da tenente, Bove venne imbarcato sulla "Governolo", per una crociera scientifica che in due anni avrebbe portato il piroscafo italiano a circumnavigare il Borneo e a visitare la Malesia, le Filippine, la Cina e il Giappone. Oltre a cartografare le coste del Borneo, Bove venne coinvolto in studi idrologici ed etnografici, e si dimostrò particolarmente abile e intraprendente.
L’esperienza sulla "Governolo" avrebbe successivamente portato Bove a cartografare le correnti dello stretto di Messina, nella spedizione del vascello "Washington" del 1877.
La competenza del giovane tenente Bove fece sì che l’anno successivo venisse imbarcato, in qualità di primo navigatore e unico rappresentante del Regno d’Italia sulla "Vega", il vascello col quale l’esploratore e scienziato finlandese Nils Adolf Erik Nordenskiöld intendeva percorrere e cartografare il passaggio a nord-est, la rotta artica fra Europa ed Asia.
La spedizione di Nordenskiöld, finanziata dal governo Danese, fu la prima a percorrere il passaggio a nord-est con successo, pur restando intrappolata fra i ghiacci per circa dieci mesi fra il settembre 1878 e il giugno 1879, e completò il periplo del continente eurasiatico (35.000 chilometri) nel 1880, rientrando nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez dopo aver toccato la Siberia, e poi Giappone, Cina, Singapore e Ceylon. Nei mesi trascorsi fra i ghiacci, gli uomini della "Vega" vissero in igloo e svolsero tutta una serie di esperimenti scientifici e osservazioni naturalistiche, etnografiche e astronomiche, e Bove, in qualità di addetto ai cronometri e alla navigazione, venne coinvolto in prima persona.
Fu un trionfo. Insignito del cavalierato dell’Ordine di Danneborg dalla corona Danese, e nominato tenente dalla Regia Marina italiana, Bove si mise immediatamente all’opera per organizzare la propria spedizione geografica e scientifica. Il suo progetto consisteva nel circumnavigare l’Antartide, dalla costa dell’Argentina a Città del Capo, al fine di raccogliere dati scientifici e cartografare le coste del continente, all’epoca certamente il luogo più misterioso del pianeta.
L’ambizioso progetto di Bove non trovò particolare sostegno in patria, e venne scartato per mancanza di fondi. Fu perciò il governo dell’Argentina a finanziare due spedizioni, coordinate da Bove, una nel 1881-82, ed una nel 1883. Il progetto originario di Bove venne tuttavia alterato per favorire gli interessi economici del governo argentino, e l’esploratore italiano spese quindi gran parte del proprio tempo a cartografare e studiare non l’Antartide, ma la Patagonia e la Terra del Fuoco, con particolare attenzione alle risorse naturali.
I risultati della spedizione furono comunque straordinari per l’epoca, estremamente utili per lo sviluppo economico dell’Argentina; e fruttarono a Giacomo Bove un ulteriore riconoscimento internazionale e l’ammissione ad honorem nella Regia Accademia Geografica Italiana.
Oggi in Argentina esistono un ghiacciaio, un fiume e un promontorio intitolati a Giacomo Bove. Quasi un secolo dopo, le mappe e le osservazioni di Bove sarebbero state utilizzate come pezza d’appoggio nel tentativo del governo argentino di reclamare il possesso delle isole Falkland.
Nel 1885, finalmente il governo italiano trovò l’interesse e i fondi per finanziare una spedizione geografica, e Bove venne perciò mandato a cartografare il bacino del Congo, con un occhio allo sviluppo di una possibile impresa coloniale italiana in Africa.
La spedizione, che probabilmente Bove sperava facesse da trampolino per il finanziamento di una successiva spedizione antartica che seguisse il suo progetto originario, fu una delusione. Gli italiani dovettero accettare che, data la presenza di altre potenze europee nell’area, l’ipotesi di accaparrarsi una fetta del territorio congolese aveva poche speranze. I territori del Congo inferiore sui quali si era appuntata l’attenzione del governo italiano si rivelarono spoglie e desolate, e la spedizione rientrò in Italia con un carniere di campioni di fauna e flora estremamente scarso. Nell’autunno del 1886, Bove dovette abbandonare la spedizione, avendo contratto una febbre tropicale.
Il resoconto fornito da Bove al Ministero degli Affari Esteri, in cui si sottolineava come un’ipotesi di colonizzazione del Congo inferiore fosse fallimentare e sconsigliata, non rese il giovane esploratore particolarmente popolare presso l’amministrazione sabauda. Disilluso riguardo alla possibilità di finanziare la propria spedizione in Antartide e minato nel fisico dalla malattia, Bove abbandonò la Regia Marina e trovò un impiego come direttore de "La Veloce" una compagnia di spedizioni commerciali con sede a Genova.
Possiamo immaginare come una scrivania in un ufficio di spedizionieri possa risultare avvilente per un giovane che, lasciatosi alle spalle la campagna, ha avuto la possibilità di vedere una parte del mondo molto più ampia di qualunque suo contemporaneo, partecipando attivamente all’esplorazione di luoghi sconosciuti ed esotici. L’azienda lo spediva in trasferta a curare gli affari nelle sedi distaccate e presso i clienti importanti. Di ritorno da una trasferta in Austria, ammalato, deluso, in preda a una forte depressione, Giacomo Bove si suicidò a Verona, il 9 agosto 1877, all’età di trentacinque anni. Il resoconto del ritrovamento del suo corpo venne affidato a un giovane giornalista locale, Emilio Salgari.
E la storia potrebbe anche finire qui se non fosse per il lavoro di Maria Teresa Scarrone, una residente di Maranzana che ha fondato l’Associazione Culturale Giacomo Bove e che da anni cura il piccolo museo dedicato alla vita e alle avventure di Giacomo Bove, organizzando da oltre un decennio il Giacomo Bove Day, al quale partecipano frequentemente personaggi della cultura internazionale, a testimoniare come l’esploratore italiano venga ancora ricordato e apprezzato più all’estero che nel nostro paese.
Il Museo Bove di Maranzana è un piccolo gioiello molto ben nascosto fra le colline dell’Astigiano, ed è necessario possedere uno spirito da esploratori per scoprirlo. Il che, a suo modo, è probabilmente appropriato.