Ritratto di Carlo Vidua

Carlo Vidua, un viaggiatore atipico

Dall’Egitto alle Americhe, la storia di un intellettuale intrepido e romantico

Roberto Coaloa
Roberto Coaloa

Storico, biografo di Tolstoj, slavista, traduttore, critico letterario, autore di saggi dedicati al Risorgimento, alla Grande Guerra e ai viaggiatori, come Carlo Vidua, collabora a Il Sole-24Ore e La Stampa. È uno dei più autorevoli specialisti della storia dell’Austria-Ungheria. Si definisce “flâneur esistenzialista”: un instancabile ricercatore di cose rare e amateur di musica.

  
Ritratto di Carlo Vidua
Ritratto di Carlo Vidua eseguito da Auguste de Rohan Chabot il 3 agosto 1812 e donato per ricordo all’amico Cesare Balbo (© Fondo Patetta - Foto di Roberto Coaloa per gentile concessione della Biblioteca Apostolica Vaticana).

Carlo Vidua, conte di Conzano, nato a Casale Monferrato il 28 febbraio 1785, morto in Estremo Oriente il 25 dicembre 1830, è stato non solo il più intrepido viaggiatore dell’Ottocento, conosciuto dai contemporanei come collezionista e bibliofilo, ma anche un grande intellettuale, che ha avuto un eccezionale noviziato culturale, accanto a due giganti della cultura piemontese, come il canonico Ignazio De Giovanni (che fu il suo padrino di battesimo) e il conte Gian Francesco Galeani Napione. Il “viaggiatore”, infatti, è stato tra i precursori degli studi storici in Piemonte e uno scrupoloso studioso di politica; quest’ultimi aspetti sono emersi solo recentemente.

Se da una parte la sua figura ha affascinato grandi studiosi del passato, come Paul Hazard, e più recentemente raffinati studiosi del pensiero politico, come Luis Alberto de la Garza Becerra, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM), l’interpretazione del personaggio si è fermata soprattutto a quella del semplice viaggiatore. Vidua, schiacciato dalla stessa grandezza della sua dimensione di viaggiatore, ancor oggi stenta — nonostante le ultime ricerche — a vedere affermata la sua importanza di storico e studioso della politica, e non solo: Vidua fu anche un fine letterato, un esploratore, un archeologo.

Carlo Vidua
Illustrazione © Giuseppe Conti.
“Una tranquillità perfetta che continuerà tanto che non ci abbia sovrabbondanza di popolazione, una sicurezza personale illimitata, e indipendente dal capriccio de’ governanti, una libertà intera di vivere e di scrivere, […] questi sono beni reali e preziosi e certo questi beni si godono in America dai cinque sesti degli abitanti”.
Lettera di Carlo Vidua a Roberto D’Azeglio

A cena alla Casa Bianca

Thomas Jefferson, in un ritratto di Rembrandt Peale, 1805.
Thomas Jefferson, in un ritratto di Rembrandt Peale, 1805.

Uno dei più grandi intellettuali del secolo romantico, il geografo e naturalista Alexander von Humboldt, lo ricordò come “un viaggiatore dalle molte peregrinazioni e libero ricercatore”. Humboldt aveva incontrato il conte piemontese a Parigi, nel febbraio 1825, e lo invitò, con una preziosa commendatizia, a incontrare in America il suo amico Thomas Jefferson. Il conte lasciò l’Europa il 25 febbraio 1825 e arrivò a New York il 9 aprile, dopo 43 giorni di navigazione. A giugno organizzò il capolavoro del viaggio: il tour presidenziale. Vidua entrò infatti in relazione con John Quincy Adams, sesto presidente dell’Unione, suo padre John Adams, presidente dopo George Washington, gli ex presidenti Thomas Jefferson, James Madison e James Monroe. Quest’esperienza unica pone Vidua come un personaggio di grande interesse per la storia degli Stati Uniti (la cosa sorprendente è rappresentata dalle numerose testimonianze sul piemontese redatte dai presidenti americani, che notarono, ad esempio, la sua grande curiosità per la politica americana).

“Ma lo spettacolo dell’altro sesto, cioè di due milioni di creature umane staffilate, vendute, affittate come bestie sol perché non hanno la pelle bianca, mi amareggiava continuamente il soggiorno sì vantato della terra di libertà, the land of liberty”.
Lettera di Carlo Vidua a Roberto D’Azeglio

Un viajero por la vida

Manifesto rappresentante Miguel Hidalgo, considerato l’iniziatore della Guerra d’indipendenza messicana.
Manifesto rappresentante Miguel Hidalgo, considerato l’iniziatore della Guerra d’indipendenza messicana.

Recentemente chi scrive ha dedicato al conte viaggiatore numerosi incontri, l’ultimo a Roma, presso la sede dell’Ambasciata del Messico in Italia, con María Teresa Cerón Vélez, addetto culturale dell’Ambasciata, Giovanni Marchetti, docente presso l’Università di Bologna, Riccardo Campa, dell’Istituto Italo-Latinoamericano a Roma, per la presentazione del volume Carlos Vidua. Un viajero por la vida di Luis Alberto de la Garza Becerra. Carlo Vidua, infatti, soggiornò in Messico per un anno, fra il 1826 ed il 1827, allo scopo di scrivere una storia sull’indipendenza del paese.

Il viaggio in Vidua assume un ruolo centrale proprio in funzione di arricchimento del proprio vissuto culturale, non quindi da intendersi come sintomo di irrequietudine romantica, ma rivelatore di uno spirito realistico che lo spingeva ad un’inesausta raccolta, attraverso la conoscenza diretta di luoghi e di persone, di cognizioni utilizzabili per la pubblicazione di un trattato politico. Quest’opera che parrebbe andata perduta (e che a mio modesto avviso potrebbe essere rintracciata in forma di copia, essendo l’originale inedito bruciato nel 1904, nell’incendio della Biblioteca Nazionale di Torino) sarebbe di capitale importanza per comprendere il pensiero politico di Vidua. Anche perché Alexander von Humboldt a colloquio con Federico Sclopis, disse che l’idea dominante in Vidua era quella della politica. Quindi non si può più parlare di Vidua, alla maniera di Hazard, come di un giovane irrequieto che, tra viaggi e soggiorni malinconici nei suoi castelli, si abbandona a desolate riflessioni, proprie di chi è semplicemente uno spettatore della storia.

“Ho bisogno de’ tuoi consigli sullo scrivere o non scrivere viaggi — e in che lingua — la nostra è la più bella. Pur se li scrivo in Italiano, nessuno li leggerà. — Dall’uno canto ci inclino — dall’altro penso che già troppi viaggi sono stampati”.
Lettera di Carlo Vidua a Roberto D’Azeglio

Quale crederesti stile più conveniente a’ viaggi?

L’unica opera di Carlo Vidua stampata durante la sua vita
L’unica opera di Vidua stampata durante la sua vita: “Inscriptiones antiquae a comite Carolo Vidua in Turcico itinere collectae”, Parigi, 1826.

Quando nel 1834, quattro anni dopo la morte di Vidua, Cesare Balbo pubblicò in tre volumi una raccolta di lettere del viaggiatore piemontese, il testo subì la censura del Regno di Sardegna. Il sottoscritto segnalò, mostrando gli originali delle lettere, non solo la censura, ma addirittura l’eliminazione nella stampa finale dell’opera (avendo ritrovato in archivio gli originali delle bozze dell’editore Pomba) di alcune lettere, il cui contenuto era davvero “rivoluzionario”.

In Vidua, l’esperienza del viaggio avrebbe dovuto rendersi concreta in un’opera che giustificasse la sua perenne ricerca, ma questo, ahimè, non avvenne a cagione dell’improvvisa morte. Addirittura, per altri scritti, come la raccolta d’iscrizioni antiche (l’unica sua opera stampata durante la sua breve vita), pubblicata a Parigi nel 1826, Inscriptiones antiquae a comite Carolo Vidua in Turcico itinere collectae, lodata da eruditi come Letronne, dimostrò estremo disinteresse nel divulgarli, affidandoli semplicemente al suo amico Roberto d’Azeglio; inoltre, consapevole dell’imminenza della morte, perentoriamente ordinò di bruciare tutte le sue carte. Conscio della sua difficoltà rielaborativa in sede di scrittura, nello stesso modo in cui rimandava il matrimonio auspicato dal potente padre (Pio Vidua, primo segretario di Stato per gli affari interni nel primo ministero del Regno di Sardegna, dopo la Restaurazione), rimandava la stesura dei suoi scritti anteponendo alla scrittura, come limite estremo ed eroico, il compimento del giro del mondo. Troviamo questi pensieri di Vidua in una lettera a Roberto d’Azeglio, scritta da Bordeaux, il 29 maggio 1827, dopo il viaggio americano. Vidua espone l’interesse per la pubblicazione di un’opera, confidando all’amico dubbi e timori.

Ricorda l’ultimo compagno di viaggio del conte di Conzano, l’olandese Jan Hendrik De Bondyck-Bastiaanse:

Il avait déclaré que s’il venait à mourir inopinément, il désirait que rien de lui ne fût publié, parce que personne autre que lui ne pourrait tirer de ses notes un parti qui pût le rendre dignes du monde savant.

Vidua e il capitano olandese (che lo ammirava come abile navigatore) percorsero i mari dell’Estremo Oriente, toccando anche la Nuova Guinea, scoprendo nuove isole. Una fu battezzata dagli olandesi “Île de Vidua”.

Carlo Vidua ha viaggiato instancabilmente in America, India, Cina e Nuova Guinea, con lo scopo di scrivere una storia contemporanea. Non è riuscito a completare la sua opera, ma ha lasciato una grande traccia della sua preziosa vita.

Il Museo Egizio

Iscrizione di Carlo Vidua al Tempio di Sethi, Tebe Ovest (© Maurizio Re, aprile 1989).
Iscrizione di Carlo Vidua al Tempio di Sethi, Tebe Ovest (© Maurizio Re, aprile 1989).

Senza di lui non ci sarebbe stato il Museo Egizio di Torino, grazie alla sua idea di proporre a Bernardino Drovetti di offrire la sua collezione egizia al Regno di Sardegna e non alla Francia, come sembrava naturale. Il viaggiatore era appena tornato dall’Egitto e radunò a Torino il maggior numero di persone utili per concludere l’affare, in particolare il padre del suo amico Cesare Balbo, Prospero, e gli amici più vicini al re. Il 19 ottobre 1822, Vidua scrisse a Drovetti:

Finalmente il nostro affare sembra fatto. Certo le dee sembrare ben lungo il tempo, e tale ha paruto non meno a me. Sarei troppo prolisso, se prendessi a descriverle quante difficoltà ho incontrato, e quante sollecitudini mi sono dato; le dirò solo, che se non avessi spesso impiegato una prudente aspettazione, per poco che avessi “pressé”, l’affare sarebbe stato rovinato. Ella forse avrebbe trovato altri accorrenti, ma certo il Piemonte sarebbe stato privo del suo museo.

Cos’era successo? I moti del 1821, l’abdicazione e la morte improvvisa del re, rischiarono di far naufragare il cosiddetto “affare Drovetti”. Nonostante le resistenze del nuovo sovrano Carlo Felice, Vidua riuscì a terminare la difficile impresa: l’atto d’acquisto della collezione egizia, in favore della Regia Università di Torino, reca la data del 24 marzo 1823.

Gli egittologi Sergio Donadoni e Anna Maria Donadoni Rovere con Roberto Coaloa
Da sinistra: gli egittologi Sergio Donadoni e Anna Maria Donadoni Rovere con Roberto Coaloa, a Torino presso la Biblioteca Nazionale il 25 ottobre 1997, per una mostra e un convegno su Carlo Vidua.

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Bibliografia

  • De Bondyck-Bastiaanse J. H., Voyages faits dans les Moluques à la Nouvelle-Guinée et à Célèbes, avec le comte Charles Vidua de Conzano, à bord de la Goëlette royale l’Iris, Paris, Bertrand, 1845.
  • Coaloa R., Carlo Vidua: un romantico atipico, Casale Monferrato, Assessorato per la cultura, 2003.
  • Coaloa R., Carlo Vidua e l’Egitto, Ferrara, Linea BN, 2009.
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