Tra il patrimonio documentario della sezione “manoscritti e rari” della Biblioteca Civica Centrale di Torino troviamo alcune rarità pregiatissime e in grande parte inesplorate: decine di personaggi piemontesi, o comunque a qualche titolo gravitanti attorno al territorio di cui Torino era fulcro, spuntano da carte ormai deteriorate e ingiallite non solo dagli anni, ma talvolta addirittura dai secoli. Se alcuni di questi sono nomi che a prima vista ci ricordano solo le intitolazioni di alcune vie della città, altri assurgono invece al rango di “famosi”: tra questi ad esempio troviamo Amedeo Avogadro, Vincenzo Gioberti e Giambattista Bodoni.
Dell’Avogadro, nato e morto a Torino (1776–1856), sono conservati 75 volumi che riportano per lo più i commenti dello studioso a memorie scientifiche altrui. Membro dell’Accademia delle Scienze, è tuttora ricordato dal mondo scientifico per la “legge” sui gas che da lui ha preso il nome. Particolarmente significativo è il secondo volume del fondo Avogadro, il manoscritto 462, che raccoglie la versione autografa delle memorie dello stesso Avogadro, pubblicate poi a stampa nel 1811, 1814 e 1821.
Teologo rivoluzionario accusato di eccessivo liberalismo, prima esiliato a Bruxelles e Parigi, poi deputato, ministro, presidente del Consiglio e ambasciatore in Piemonte, infine nuovamente esiliato a Parigi fino alla morte, di Vincenzo Gioberti (Torino, 1801 — Parigi, 1852) sono raccolti numerosi manoscritti autografi e parte della biblioteca personale (consistente, quest’ultima, in 1033 volumi e 263 opuscoli).
La sistemazione a opera della Biblioteca nel 1912 ha riunito il materiale in 54 volumi descritti e catalogati. Alcuni carteggi dello statista hanno poi accresciuto la collezione negli anni successivi.
La raccolta bodoniana, acquistata dal Municipio di Torino nel 1859 sul mercato antiquario per il prezzo di 10.000 lire, conta 1070 pezzi tra volumi, opuscoli e fogli volanti stampati dal grande tipografo di fine Settecento (colui grazie al quale ancora oggi possiamo utilizzare il carattere tipografico che da lui prende il nome, e che possiamo immaginare di veder rivivere nel video prodotto tempo fa dalla stessa biblioteca nell’intento di presentare la collezione bodoniana).
Tipografo per tradizione familiare, Bodoni apprese in un primo momento il mestiere dal padre, a Saluzzo, per poi recarsi a perfezionare l’arte a Torino e a Roma (addirittura presso la stamperia pontificia). Nel 1768 fu invitato dal duca Ferdinando di Borbone a dirigere la stamperia palatina a Parma, antico luogo di stampatori già dal Rinascimento, città in cui Bodoni poi inaugurò la sua propria stamperia.
Il fascino della collezione della Biblioteca Civica però forse risiede tra le carte dei fondi personali di personaggi meno celebri, proprio per il senso di stupore da cui ci sentiamo cogliere nel constatare la ricchezza della storia e della cultura piemontese anche al di fuori dei nomi più conosciuti.
Il fondo Domenico Berti (Cumiana, 1820 — Roma, 1897), per esempio, raccoglie lettere e carte di lavoro appartenute al ministro della Pubblica istruzione degli anni 1865 — 1867, professore di Storia della filosofia e preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Roma, al principio del suo percorso di formazione come filosofo e filologo presso l’ateneo torinese.
Giovanni Faldella (Saluggia, 1846 — ivi, 1928), avvocato, politico, giornalista, fu stimato come scrittore addirittura dal grande critico e filologo Gianfranco Contini, che lo eleggeva a scrittore “più solido” tra i piemontesi dell’epoca (a riprova del suo talento, alcune delle sue opere sono state rese disponibili su LiberLiber).
Parte della sua collezione e archivio personale pervenne alla Biblioteca Civica nel 1929 dietro desiderio testamentario dello stesso Faldella, e oggi il fondo conta 310 unità manoscritte, 22 mazzi di corrispondenza, 69 quaderni di diari (anni 1886 — 1909), un archivio di 4 registri rilegati, cui si aggiungono 21 tra quaderni e taccuini. La commedia Un bacan spiritual, tre atti in dialetto torinese, è stata pubblicata nel 1974 a cura di C. Benazzo (Ca’ de Studi, Torino).
Il canavesano Carlo Stefano Giulio, medico, scienziato e uomo politico, diede i natali a Carlo Ignazio, che a soli 25 anni, già laureatosi in ingegneria a Torino, venne nominato docente di Meccanica all’Università. Lo si ricorda particolarmente per il suo impegno filantropico, e le carte lo rispecchiano: tra i documenti che gli sono appartenuti si ricorda il fascicolo relativo alla Società delle Scuole infantili di Torino, di cui Carlo Ignazio fu presidente e segretario: si trattò del primo progetto — realizzato — di un asilo che includesse anche i figli di ceti non elevati.
Altro fondo ricco di opere d’arte di autore piemontese è quello scaturito dalla produzione di Francesco Antonio Nicola Morelli di Aramengo (Torino, 1761 — ivi, 1841). Lo scrittore di origini astigiane fu avvocato e funzionario pubblico di mestiere: intendente a Mondovì e a Vercelli, fu allontanato dalla scena pubblica durante la dominazione francese. Dovette essere personaggio e intellettuale conosciuto e discusso se Niccola Gabiani, storico astigiano, ne compose addirittura la biografia. Parte dell’opera letteraria di Morelli è custodita proprio in questo fondo della Biblioteca Civica, che può dirsi suddiviso in due parti: le opere autografe e le opere stampate. Tra le opere stampate del Morelli ricordiamo sopra tutti il Saggio di poesie del conte d. Francesco Morelli, che fu licenziato al principio del 1794, a Parma, proprio per i tipi del sopra ricordato Giambattista Bodoni. Nel 1795 Morelli propose a Bodoni di pubblicare un’altra sua opera rimasta però inedita: si trattava di una versione italiana dei Paralipomeni di Quinto Smirneo (il primo canto di questo autografo inedito è conservato proprio in Civica).
Il fondo Elisa Ricci (Elisa Guastalla, poi Ricci; Mantova, 1858 — Torino, 1945) narra indirettamente della vita e degli studi di questa storica dell’arte ebrea, che, dedicatasi per tutta la vita allo studio della moda e delle tecniche di ricamo, dovette morire nel manicomio delle Vallette, dove si rifugiò dalle persecuzioni razziste del fascismo. Proprio prima di autoesiliarsi donò tutti i suoi volumi alla Biblioteca Civica, che ha nel tempo riordinato, catalogato e digitalizzato il suo fondo. In rete sono consultabili la presentazione e le schede informative relative alla mostra che venne allestita a cavallo tra il 2008 e il 2009 proprio in Biblioteca.
Dal Fondo Elisa Ricci della Biblioteca Civica di Torino.
Il fondo Ercole Ricotti comprende prevalentemente attestati, certificati, carte di lavoro, minute di opere e di discorsi di questo storico, ingegnere, deputato, senatore e rettore dell’Università di Torino.
Il carteggio di Luigi Rocca (Torino, 1812 — Biella, 1888) è consultabile nel fondo a lui omonimo, fornendo però “soltando” gli scambi epistolari del giornalista e intellettuale cuneese.
Infine, ma in testa per importanza documentaria, si cita il fondo Antonio Bosio (Padova, 1811 — Torino, 1880), sterminato e molto eterogeneo insieme di documenti e volumi riflettenti gli interessi vastissimi del suo originario padrone. La biblioteca personale del canonico, teologo, cavaliere mauriziano, storico, cofondatore del Collegio degli Artigianelli di Torino riflette sia i poliedrici interessi di Bosio, sia il suo collezionismo da bibliofilo: infatti da sola non basta la passione per la storia locale, in particolare chierese, a giustificare il possesso di 362 manoscritti, e di un archivio che tiene metà della sala di consultazione della Civica, annoverando documenti che vanno dal XIV al XIX secolo.
Come si è brevemente detto, tra i manoscritti di Bosio particolare attenzione è dedicata alla storia politica ed economica delle città di Chieri e di Torino, e testimonianza ne sono i due importantissimi manoscritti di Statuti delle città, i tre estesissimi libri di conti del convento chierese di San Francesco, e svariati altri documenti di contabilità. Tra le curiosità letterarie legate ai libri di conti si incontra un libro di entrate e uscite appartenuto a un commerciante torinese attivo tra il 1840 — 1872 che, in lingua fortemente regionale, ci dà uno scorcio delle attività di compra-vendita di prodotti agricoli e materie prime, trasferimenti di proprietà terriere, viaggi tra la campagna e la città.
Seguono alcune immagini tratte dal codice manoscritto appena detto, su cui un occhio neanche troppo allenato potrà scorgere e leggere alcuni nomi di verdure e frutti che il commerciante torinese aveva annotato nella lingua a lui più congeniale (anche se con un evidente sforzo di italianizzazione).
Pagine tratte dal libro dei conti di un commerciante torinese attivo nella seconda metà dell’800 e appartenente al fondo Antonio Bosio.
Tra le digitalizzazioni che la biblioteca mette a disposizione di tutti spicca la Missione in prattica. Padri cappuccini ne’ Regni di Congo, Angola et adiacenti (manoscritto 457) del padre cappuccino Bernardino Ignazio da Vezza d’Asti, ora Vezza d’Alba (1702 — 1757).
🔎 Per maggiori informazioni consultate la pagina di approfondimento sul patrimonio documentario della Biblioteca Civica di Torino.