Il canonico Ignazio De Giovanni

Tra libri proibiti e testi letterari

Roberto Coaloa
Roberto Coaloa

Storico, biografo di Tolstoj, slavista, traduttore, critico letterario, autore di saggi dedicati al Risorgimento, alla Grande Guerra e ai viaggiatori, come Carlo Vidua, collabora a Il Sole-24Ore e La Stampa. È uno dei più autorevoli specialisti della storia dell’Austria-Ungheria. Si definisce “flâneur esistenzialista”: un instancabile ricercatore di cose rare e amateur di musica.

  

Ignazio De Giovanni nacque a Moncalvo il 20 dicembre 1729, visse come canonico a Casale Monferrato, dove morì il 25 dicembre 1801. Chi scrive ne ha ricostruito per la prima volta la biografia in uno studio del 1999, poi, trovando gli elenchi dei suoi libri nella Biblioteca del Seminario di Casale Monferrato, ha dedicato alcuni saggi alle collezioni di libri rari del canonico. De Giovanni fu un grande bibliofilo, instancabile ricercatore di cose rare.

Biblioteca del Seminario di Casale Monferrato.
Biblioteca del Seminario di Casale Monferrato.

Gusto per il proibito

Allegro e giovane abate, De Giovanni iniziò ad acquistare libri dai fratelli Gosse di Ginevra, editori, tra il 1760 e il 1761. In poco più di un anno acquistò 114 libri, di cui alcuni in più copie, 39 dei quali erano romanzi. La sua scelta appare orientata verso il romanzo d’amore in tutte le sue varianti: da quello dai tratti moraleggianti di un Richardson o di un Crébillon, in cui domina l’allegoria della dannazione, a quello pornografico.

Tavola illustrata del romanzo
Tavola illustrata riguardante il romanzo "Pamela" di Samuel Richardson, Londra, 1745.

Quest’ultimo genere è largamente rappresentato nelle ordinazioni di De Giovanni da romanzi i cui protagonisti sono o nobili dediti a una vita libertina, oppure frati, monaci e monache narrati nelle loro più scabrose passioni. Tra i suoi acquisti ci sono numerosi romanzi che oggi la critica tende a considerare philosophiques, poiché, nonostante l’apparente disimpegno, in certi casi la loro satira non è meno severa del più impegnato trattato filosofico. I protagonisti, per lo più aristocratici e religiosi, appaiono impegnati intensamente in una sola attività: i giochi erotici in tutte le varianti possibili. Tra le ordinazioni dell’abate monferrino, per citare solo le opere più scandalose, troviamo la Vie voluptueuse des capucins et des nonnes, Galanteries d’une religieuse, Intrigues monastiques, Le canapé couleur de feu, Histoire de dom B… portier des Chartreux. Gli intrecci finiscono per assomigliarsi: raccontano le storie degli amori perversi, sadici (come nel caso Le canapé, i cui protagonisti sono un abate e una prostituta), incestuosi o omosessuali che si svolgono in monasteri e conventi.

Libri come merce di scambio

Frontespizio di
Frontespizio di "Histoire de dom B… portier des Chartreux", uno degli acquisti di De Giovanni.

C’era nella scelta di De Giovanni un semplice gusto per il proibito, comune a tanti uomini del suo tempo, prima della Rivoluzione. C’era anche una qualche sottile partecipazione alle idee di cui questi libri erano portatori. Soprattutto, De Giovanni utilizzava queste opere acquistate a Ginevra — entrate con molta difficoltà nel Regno di Sardegna — per effettuare scambi con libri rari per la sua biblioteca. Spesso i libri “proibiti” gli servivano per acquistare una rara edizione di Cicerone o per avere in cambio un’opera di Petrarca o di Dante. Troviamo conferma di ciò nella sua biblioteca, ora conservata al Seminario di Casale Monferrato.

Che lettore era De Giovanni?

Se le lettere degli editori ginevrini permettono di ipotizzare, tra il libro acquistato e la sua effettiva lettura, un legame più solido di quanto non sia possibile attraverso l’analisi di un inventario post mortem, va detto, però, che queste straordinarie fonti rivelano solo i libri che alcuni uomini, in un determinato periodo della loro vita, hanno letto, o meglio, hanno desiderato di leggere, ma non dicono nulla sulla modalità della lettura e sul tipo di ricezione. Occorre, dunque, accostarle ad altre fonti per ricostruire, quando è possibile, l’universo culturale e mentale del singolo lettore. E nel caso di De Giovanni, le fonti che consentono di avvicinarsi al suo modo di concepire la lettura sono, oltre al copie de lettres della casa editrice ginevrina, almeno tre: i carteggi con alcuni letterati italiani (tra cui Giovanni Gherardo De Rossi, Carlo Denina e Saverio Bettinelli) e con amici nobili (Lelio Dalla Valle); l’inventario post mortem della sua biblioteca; alcune sue poesie e orazioni composte in occasioni solenni.

Critica al clero

Tuttavia, queste tre differenti fonti sono tutte successive di almeno vent’anni ai suoi acquisti giovanili. Da alcune lettere agli amici intellettuali degli anni Ottanta, traspaiono, però, alcune critiche nei confronti del clero, che dimostrano come non avesse mai nutrito una grande stima nei confronti di chi aveva scelto di vestire l’abito del frate e di chiudersi in un convento. Lo rivelava, in una lettera del 23 ottobre 1787, all’amico Denina, il quale gli aveva confessato il suo desiderio di fare quell’esperienza e di isolarsi dal mondo. De Giovanni gli rispondeva così:

Voi ormai vicino ai sessant’anni, pieno d’erudizione, e di dottrina, celebre come siete in tutta Europa […] non potreste durarla un mese solo a viver con questi gufi. I frati fra noi non furono mai gran cosa, ma ora dopo l’estinzione de’ Gesuiti, e dopo la riforma imperiale sono avviliti a segno, che quasi si vergognano di loro stessi, e non si trova più giovane di garbo che voglia vestir l’abito loro. Il nostro governo è forse il solo in Italia che li lascia vivere: con tutto ciò, andando le cose di questo passo, di qui a vent’anni, per quanto a me pare, i due terzi de’ conventi dovranno essere chiusi.

L’amicizia con Denina

Carlo Denina
Carlo Denina

Ma chi era questo canonico monferrino, straordinario lettore del Settecento, in contatto con prestigiosi letterati italiani?

Tra il 1747 e il 1748, De Giovanni aveva frequentato il Collegio della Province di Torino, dove aveva incontrato Carlo Denina, a cui sarebbe rimasto legato da una solida amicizia per tutta la vita. Come il suo compagno di collegio, anch’egli prese i voti. Il nome di De Giovanni ricorre varie volte nell’autobiografia di Denina, come uno dei pochi amici su cui poté contare per tutta la vita. Ecco come lo ricorda:

Il mese di agosto del 1764 andai a passare alcuni giorni in Monferrato coll’abate De Giovanni, uno de’ miei antichi condiscepoli, e quello che, fra tutti coloro che meco fecero il corso degli studi, mi pareva sempre aver maggiore spirito ed essere più ricco di cognizione, e dotato di un gusto più delicato e sicuro. Egli reggeva allora le scuole di Moncalvo su patria.

Un canonico di provincia nei salotti torinesi

Orazione funebre di Ignazio De Giovanni (© Roberto Coaloa).
Orazione funebre di Ignazio De Giovanni (© Roberto Coaloa).

Sul finire degli anni Settanta gli fu affidato il canonicato di Casale Monferrato. Il fatto di essere un canonico di provincia non fu per De Giovanni motivo di isolamento. Per amore delle lettere fece di tutto per inserirsi nel salottiero mondo della cultura torinese, tenendo relazioni con i più importanti intellettuali e politici. Era legato da una solida amicizia al conte Pietro Giuseppe Graneri. Come sappiamo dalla Prusse littéraire di Carlo Denina, nel 1777 lo aveva accompagnato a Roma, proprio quando il Graneri si preparava a sostituire, come ambasciatore, il conte Balbis di Rivera. Lungi dunque dall’essere un intellettuale di provincia déraciné, De Giovanni aveva, al contrario, solidi legami con illustri letterati e con politici autorevoli. Alla morte di Re Carlo Emanuele III, avvenuta a Torino il 20 febbraio 1773, gli fu affidata la composizione di un’orazione funebre in italiano. Con sapiente equilibrio retorico, il canonico giocava sul contrasto tra la felicità dei suoi sudditi prima della sua morte e il "mesto silenzio" successivo. Ne faceva un ritratto epico, celebrandone le imprese militari e la sua capacità di mantenere e rafforzare la pace. Tra le "rare virtù" di Carlo Emanuele III, il canonico celebrava anche la sensibilità per il rinnovamento della cultura e della "pubblica educazione", a cui aveva provveduto richiamando celebri professori per l’insegnamento all’Università, con la promozione di accademie, laboratori scientifici, osservatori, biblioteche, musei e orti botanici. In latino, dedicò un’elegante orazione funebre a Maria Antonia Fernanda di Borbone, regina consorte del Regno di Sardegna, morta a Moncalieri il 19 settembre 1785.

Lettere inedite

Grande lettore, raffinato scrittore, De Giovanni diede il meglio di sé nel genere epistolare. Chi scrive da due decenni sta lavorando per radunare le lettere del canonico monferrino. Tra le più belle, quelle scritte a Giovanni Gherardo De Rossi, le cui commedie (considerate dal canonico monferrino migliori di quelle di Goldoni) contribuì a far pubblicare presso i Remondini di Bassano a partire dal 1790. Una vita appartata quella del canonico, dedicata allo studio. Probabilmente, se non fosse esistito De Giovanni, le ricerche di Gian Francesco Galeani Napione su Cristoforo Colombo non avrebbero visto la luce, e di conseguenza gli altri studi sull’origine aristocratica e piemontese della famiglia Colombo di Cuccaro. Solo in mezzo al turbine dei suoi libri, per utilizzare un’immagine di Gian Francesco Galeani Napione, De Giovanni trovò il tempo di dedicarsi anche a studi sulla lingua piemontese, scrivendo dei sonetti in piemontese e in dialetto monferrino, radunati dal suo pupillo Carlo Vidua, il grande viaggiatore. Questi sonetti giacciono inediti nell’Archivio Storico di Casale Monferrato.

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Bibliografia

  • Braida L., Il commercio delle idee. Editoria e circolazione del libro nella Torino del Settecento, Firenze, Leo S. Olschki, 1995.
  • Coaloa R., Le ricerche su Cristoforo Colombo e l’interesse per l’America nel Piemonte, tra Illuminismo e Romanticismo, in Atti del Congresso Internazionale Colombiano, “Cristoforo Colombo, il Piemonte e la scoperta del Venezuela”, Torino 27 marzo 1999, Cuccaro Monferrato 28 marzo 1999, Torino, CE.S.CO.M., 2001.
  • Coaloa R., Carlo Vidua un romantico atipico, Casale Monferrato, Assessorato per la cultura, 2003, pp. 59–69.
  • Coaloa R., La storiografia del Settecento e dell’Ottocento sulla questione colombiana, in Atti del II Congresso Internazionale Colombiano, “Cristoforo Colombo dal Monferrato alla Liguria e alla Penisola Iberica”. Nuove ricerche e documenti inediti, Torino 16 e 17 giugno 2006, Torino, CE.S.CO.M., 2009.
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