Pare bizzarro, oggi, abbinare qualcosa di distruttivo, come la dinamite, al premio Nobel, ad esempio, a quello più famoso: il Nobel della Pace. Eppure fu il chimico svedese Alfred Nobel, diventato ricchissimo per aver depositato per primo, nel 1867, il brevetto della dinamite, a dare il nome al celebre premio. Nobel è stato un imprenditore di successo, che ha avuto un ruolo chiave nella conversione di una società siderurgica svedese in una società di armi (cannoni) e impresa di prodotti chimici.
Pochi sanno che l’istituzione del Nobel nacque per caso, per una crisi di coscienza. Il chimico svedese, infatti, diventato il principe degli imprenditori europei di fine Ottocento, assommando ben 360 brevetti industriali, divenne anche una persona molto odiata, poiché fu identificato dai suoi contemporanei come “le marchand de la mort”. Nel 1888, per sbaglio, un giornale francese pubblicò il necrologio di Alfred Nobel: in realtà era deceduto, a Cannes, suo fratello Ludvig. Il giornale, comunque, parlava di lui, condannandolo duramente per l’invenzione della dinamite:
Alfred Nobel, che divenne ricco trovando il modo di uccidere il maggior numero di persone nel modo più veloce possibile, è morto ieri.
Il chimico svedese fu scosso da tale annuncio funebre e pensò che il suo nome non avrebbe dovuto essere ricordato come sinonimo di morte. Tuttavia, le possibili applicazioni belliche e distruttive delle sue scoperte scientifiche erano evidenti. Da ogni parte del mondo giungevano richieste, in tal senso, dagli eserciti degli imperi, che stavano portando l’umanità all’immane catastrofe della Grande Guerra.
Tormentato da questa spirale d’inaudita barbarie, lo scienziato e imprenditore di successo diventò filantropo. Il 27 novembre 1895, al circolo svedese e norvegese di Parigi, al numero 242 di Rue de Rivoli, nei locali in cui il suo ufficio è ancora conservato, Nobel compilò in francese e firmò il celebre testamento che diede origine ai noti premi, lasciando quasi tutta la sua fortuna per la creazione di un fondo i cui interessi devono essere ridistribuiti “à ceux qui au cours de l’année écoulée auront rendu à l’humanité les plus grands services” in cinque aree: la pace o diplomazia, letteratura, chimica, fisiologia o medicina e fisica.
In Italia, invece, Nobel sviluppò le sue scoperte scientifiche.
Uno dei primi e più grandi dinamitifici fu costruito nel Bel Paese, più precisamente in Piemonte, dopo l’Unità, presso una zona assai pittoresca, ricca allora di boschi: la località Valloja di Avigliana, dove la presenza di formazioni collinari consentiva una protezione dell’abitato dagli effetti delle deflagrazioni, spesso inaudite, che potevano essere causate da questa pericolosa attività. Perché proprio il Piemonte? Fu, infatti, uno scienziato italiano, Ascanio Sobrero, piemontese, nato a Casale Monferrato, il 12 ottobre 1812, a essere “il padre” di Nobel-Dinamite. Nobel intuì l’importanza della scoperta della nitroglicerina da parte di Sobrero nel 1847.
All’epoca, nel Regno di Sardegna del re Carlo Alberto, gli scienziati, fedeli discepoli di un incivilimento progressivo dell’umanità, videro nella scoperta di Sobrero la concreta possibilità di costruire nuove comunicazioni, fino allora inaudite, scavando, grazie ai nuovi esplosivi, vie di comunicazione, come i trafori nelle Alpi.
Sobrero intuì da subito il potenziale distruttivo della nitroglicerina, se usato come un’arma letale dagli eserciti. Perciò, fedele alla linea dell’incivilimento, fedele ai suoi precedenti studi di medicina, tentò di sfruttare della nitroglicerina altre proprietà meno pericolose, come, ad esempio, l’impiego nella vasodilatazione sanguigna, anticipando in campo farmacologico le cure dell’insufficienza cardiaca.
Nobel, che trascorse molto tempo a Torino, per far sorgere una fabbrica di nitroglicerina e per discutere anche con Sobrero (che mai incontrò) dell’utilizzo della nitroglicerina come esplosivo, continuò da spregiudicato imprenditore la sua “missione” e, diventato ricco per merito delle scoperte del piemontese, gli riconobbe una pensione vitalizia quale ringraziamento di parte della paternità dell’invenzione della dinamite.
Nobel fu in Italia nel 1865. Fino ad ora, però, non si è trovato un documento che attesti l’incontro con Sobrero. Le ricerche — condotte da uno studioso attento e meticoloso come Giuseppe Garbarino — escludono che Sobrero e Nobel si siano incontrati ad Avigliana, anche se l’occasione favorevole si era presentata. Vale la pena di raccontarla.
Nel 1869 il direttore in carica dello stabilimento, il dottore Duchene, stabilì, per onorare il padre della nitroglicerina, di erigere, nel giardino delle rose presso gli uffici centrali, un busto marmoreo poggiante su una colonna epigrafata. Allora, come oggi, non era pratica usuale inaugurare monumenti a persone viventi. Per Sobrero, invece, si fece eccezione e tutto fu preparato con cura. Corse voce che all’inaugurazione sarebbe intervenuto Nobel. All’epoca Sobrero aveva cinquantasette anni e lo svedese, pur avendone soltanto trentasei, era già una celebrità mondiale.
In occasione di questa festa della scienza, Sobrero scrisse una lettera, in francese, a Nobel, che risiedeva a Parigi. Lo svedese rispose, in francese, da Parigi il 28 maggio 1869, al collega piemontese, che allora era professore e segretario perpetuo all’Accademia delle Scienze di Torino:
Mi permetta di rinnovarle, in occasione della gradita lettera che mi ha appena scritto, l’espressione dell’ammirazione e del rispetto che lei mi ha sempre ispirato. Invidio al dottor Duchene la felice idea che ha avuto di commemorare in Avigliana sua la grande scoperta che tutto il mondo le deve, che la simpatica figura di chi ne è l’autore. Spero di aver presto il piacere di presentarle i miei rispetti a Torino. Nell’attesa voglia accogliere l’espressione dei miei più cordiali sentimenti.
L’incontro però non avvenne. Nobel lo rimandò a tempi migliori, ma riconobbe a Sobrero la paternità della “grande decouverte” che tutto il mondo gli deve.
Non era cosa da poco, per quei tempi di grande competizione scientifica (basti ricordare gli scontri tra Nikola Tesla e Thomas Edison, Guglielmo Marconi e Galileo Ferraris). Sobrero, quindi, può ritenersi soddisfatto del riconoscimento di Nobel, in una materia suscettibile di facilissime controversie.
In realtà, pur avendo Nobel privatamente riconosciuto a Sobrero, nel 1869, la scoperta “che tutto il mondo gli deve”, notizie contraddittorie continuarono ad apparire su giornali e riviste scientifiche. Sobrero, ad esempio, ha modo di leggere, nel 1870, sull’importante pubblicazione Le tecnologiste di Parigi, che “Nobel viene considerato l’inventore della nitroglicerina”. Sobrero, con pieno diritto, dinanzi a una così errata asserzione, richiedendo la rettifica, attraverso le Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, adunanza del 10 aprile 1870, ritenne che
il tacere sarebbe una biasimevole noncuranza e quasi un assentimento a un errore di storia che pure è facile a rettificarsi.
Purtroppo Nobel non avrà il tempo di recarsi a Torino per presentare i suoi “rispetti” a Sobrero, come aveva auspicato, essendo troppo occupato negli affari, negli esperimenti, nei brevetti e nell’investire i suoi immensi guadagni.
Sobrero ci appare più appartato, incarnazione del gentiluomo piemontese, fedele al suo Re e alla sua Patria. Eppure, a leggere le sue memorie, le sue carte conservate all’Accademia delle Scienze di Torino, appare un innovatore, un riformatore, ecologo e ambientalista. Del suo carattere fa testo una sua “battaglia” con Cavour.
Il capo del governo piemontese attendeva l’esito dell’esame di un campione di guano inviato a Sobrero, sempre occupato tra impegni accademici e civili. Impaziente come al suo solito, Cavour intimò a Sobrero di rimandargli il guano. Su carta intestata Presidence du conseil des Minstres datata 4 settembre 1854, senza preamboli né saluti rituali, Cavour scrisse:
Il sottoscritto invita il signor professor Sobrero a volergli ritornare il guano che gli aveva trasmesso con preghiera di volerlo analizzare, intendendo rivolgersi a qualche altro chimico meglio disposto ad assecondare l’opera del governo.
Sobrero non si scompose e si recò da Cavour e gli parlò a quattr’occhi. In seguito archiviò la lettera dopo aver scritto in calce ad esse questa nota lapidaria:
Risposto per le rime, in persona, e fatto recedere Sua Eccellenza il conte di Cavour dalla sua stupida proposta.
I buoni rapporti furono ristabiliti, tanto è vero che Cavour inviò il professor Sobrero in Inghilterra per seguire con tutti gli onori la grande Esposizione di Londra del 1858. Sobrero tornò ad ammirare il Crystal Palace ancora nel 1862, ma Camillo Benso, conte di Cavour, non c’era più, essendo morto a soli cinquant’anni, a Torino, il 6 giugno 1861. In questa occasione Sobrero produsse un’importante relazione, Vetri e cristalli, pubblicata a Torino nel 1865.
Sobrero morì nel 1888, l’anno “fatale” per Nobel, come abbiamo ricordato. Ma chi è stato Ascanio Sobrero?
A Casale Monferrato, duecentosette anni fa, il 12 ottobre 1812, dal professor Giuseppe Gaetano Sobrero, medico e insegnante di fisica presso il Liceo imperiale ospitato nei locali dell’ex convento di Santa Caterina (oggi Trevisio), e dalla casalensis Giuseppina Demichelis, nascevano i gemelli Ascanio e Candido, battezzati in Duomo alla presenza dei testimoni Vittoria e Filippo Demichelis.
Dopo la Rivoluzione francese, il Piemonte entrò nell’Impero francese e non fece parte del Regno d’Italia. Napoleone, secondo le affermazioni del ministro Campigny, pose gli occhi su Casale Monferrato, già prima città del Piemonte dopo Torino, per la sua posizione, la fertilità del territorio e il buon livello civico e culturale degli abitanti. Napoleone decretò, in data 11 maggio 1805, il trasferimento da Alessandria a Casale del liceo e il Comune fu incaricato di attrezzare alla bisogna il soppresso convento di Santa Caterina, già requisito e assegnato al Comune, per collocarvi il Liceo Imperiale Napoleonico. A Casale arrivarono anche il tribunale e una Camera di Consulta di Commercio. Il professor Giuseppe Sobrero si trasferì a Casale Monferrato da Cavallermaggiore per insegnare al Liceo Imperiale matematica, filosofia e fisica.
I due figli del professor Sobrero compirono gli studi sotto l’attenta guida paterna nel Reale Collegio di Educazione, subentrato dopo la Restaurazione al liceo napoleonico. Spiccano subito, tra le note caratteristiche degli studenti, le doti di Ascanio, considerato “giovane di molte speranze, ingegno eccellente e grandissimo studio”. Con una certa curiosità leggiamo anche il profilo del futuro Presidente del Consiglio dell’Italia unita con Roma capitale, Giovanni Lanza, suo compagno di scuola, definito “d’ingegno e di studio non comune e fuori della scuola eccellente”.
Ascanio seguì la strada paterna laureandosi in Medicina e chirurgia, senza tuttavia mai esercitare la professione, a vantaggio della ricerca chimica. Nel 1840 si recò a Parigi per lavorare presso il laboratorio di Théophile Pelouze, dove assai sviluppate erano le ricerche sull’azione dell’acido nitrico sulle sostanze organiche e sugli effetti esplosivi che ne derivavano. Nel laboratorio di Pelouze, Sobrero si dedicò a uno studio sperimentale concernente “l’huille essentielle de Boleau”, olio ricavato dal carbone delle betulle, sul quale scrive una Nota, pubblicata sul Journal de Pharmacie et de Chimie. Lavorò inoltre con Jean Baptiste Dumas.
Nel 1843, si trasferì al laboratorio di Giessen, a ottanta chilometri a nord di Francoforte, vicino alle più grandi miniere di manganese del mondo, di Justus von Liebig, scienziato noto alla storia per la legge chimica di Liebig, ma molto più curiosamente per aver inventato il dado per il brodo da cucina. Ritornato in Italia, Sobrero sposò Ottavia Botteri, da cui ebbe i figli Giovanni Lorenzo e Rosina. Frequentò il laboratorio chimico dell’allora Regio Arsenale di Torino, divenne assistente alla cattedra di chimica generale, quindi docente di chimica presso la Scuola di Meccanica e Chimica applicata alle Arti di Via Po, dipartimento della Regia Università di via Po, 17. Lì, nel 1847, scoprì la nitroglicerina. La boccetta con il prezioso liquido fu subito sigillata e presentata all’Accademia delle Scienze da Sobrero, il quale — turbato dalla scoperta — scriveva:
Questo preparato è talmente pericoloso che il miglior consiglio è il non farne uso.
Gli studi di Sobrero proseguirono con altri successi: nel 1851 inventò il sobrerolo (idrato di pirrolo, ancor oggi usato farmacologicamente come fluidificante della secrezione bronchiale), mentre dal 1860 al 1882 ottenne la cattedra di professore della Scuola di applicazione per ingegneri del Valentino. Sua nipote Rosa, figlia del fratello Lorenzo, nel 1869 sposò il noto politico e primo ministro Giovanni Giolitti.
Negli ultimi anni della sua vita, Sobrero si occupò anche della refrigerazione delle acque e della composizione chimica delle stesse, in particolare delle Terme di Montecatini. Sobrero morì a Torino il 26 dicembre 1888, e la sua salma fu trasportata presso la tomba di famiglia del cimitero del comune di Cavallermaggiore, in provincia di Cuneo.
Oggi, un importante luogo dove si ricorda Sobrero è il Dinamitificio di Avigliana, singolare esempio di archeologia industriale fin de siècle. Si chiama ufficialmente “Museo dinamitificio Nobel”. Inaugurato nel settembre 2002, dal dicembre 2007 si è arricchito di alcuni macchinari di lavorazione e di oltre trecento volumi di letteratura specialistica internazionale appartenenti alla vecchia biblioteca originale dello stabilimento industriale, con materiali riguardanti Sobrero.
Il Dinamitificio Nobel era denominato: Società Anonima per la fabbricazione della dinamite, brevetto Nobel. Con l’ausilio di un gruppo di cinque banchieri parigini e della Società Alfred Nobel di Amburgo si diede inizio alla realizzazione dello stabilimento che fu completato nel 1873.
Interni del “Museo dinamitificio Nobel”.
Il Museo prevede un percorso che permette al pubblico di immergersi totalmente nella realtà della fabbrica, toccando con mano la minaccia di morte continua e le difficoltà di vita degli operai o meglio delle operaie: per lavorare la dinamite, infatti, erano impiegate le donne. Cosa assai rara nell’Italia della Belle Époque. La legge d’allora, infatti, vietava i lavori sotterranei per le donne di qualsiasi età e il lavoro notturno per i minorenni (vietato poi a tutte le donne con Regio Decreto 10 novembre 1907, che le escludeva anche dai lavori pericolosi e insalubri). Le leggi del Regno d’Italia, oltre a equiparare donne e maschi minorenni, rivelavano quel pregiudizio borghese e familistico ben radicato anche negli esponenti del partito socialista. Per la dinamite, però, si fece un’eccezione. Occorrevano mani fini, svelte. Occorrevano mani di donna per maneggiare un oggetto così esplosivo… Ma questa è un’altra storia.