Il complesso monumentale di Baveno

Un angolo di pace sulle rive del Lago Maggiore

Laureato in Lingue e letterature straniere presso l’Università del Piemonte Orientale, ha conseguito il dottorato presso lo University College Cork (Irlanda). Insegna lingua inglese e ha pubblicato diversi saggi sul multilinguismo negli scrittori piemontesi.

  

Diffidate di chi, con ingiustificato entusiasmo, sostiene che metà, o addirittura più della metà, del patrimonio culturale mondiale si trova in Italia. È una palese esagerazione anche perché sembrerebbe alquanto difficoltoso, se non del tutto impossibile, quantificare con precisione i beni culturali, in particolare quelli ecclesiastici, presenti in tutto il mondo. È però altrettanto evidente l’abbondanza di bellezze pittoriche, scultoree e architettoniche nel nostro paese, così come è innegabile che alcune di queste andrebbero recuperate, altre necessiterebbero notevoli e costanti interventi di recupero e conservazione, mentre altre ancora meriterebbero di essere rivalutate e proposte a un pubblico più ampio. Senz’altro alcuni beni del patrimonio culturale regionale piemontese rientrano in almeno una delle succitate categorie: tra questi vi è certamente il complesso monumentale dei Santi Gervaso e Protaso di Baveno in provincia di Verbania.

Affacciato sul Lago Maggiore

Baveno, come altre località piemontesi del Lago Maggiore, evoca immediatamente immagini di relax, vacanze, ville signorili, gite in barca e quiete. Questi luoghi in realtà racchiudono anche un patrimonio culturale di notevole importanza. Innanzitutto Baveno, che attualmente ospita circa 5.000 abitanti, rivela un’antropizzazione molto antica, visto che come località era nota in epoca imperiale romana e il suo nome è citato in un documento del 998 e ripetuto più volte in documenti risalenti agli anni 1001, 1014 e 1069.

Il citato complesso monumentale — composto da una chiesa, dal battistero e da un portico dedicato alla Via Crucis, gode innanzitutto di una posizione straordinaria: a pochi passi dal lago, su una sommità al centro del paese a cui è possibile accedere attraverso un’evocativa scalinata.

Complesso monumentale di Baveno, Verbania
Vista lago dalla cima delle scale.

L’antica chiesa parrocchiale

La chiesa dei Santi Gervaso e Protaso, a sinistra rispetto alla scalinata, fu consacrata dal vescovo Guglielmo Amidano — noto in ambito ecclesiastico per aver sapientemente organizzato e arricchito il patrimonio immobiliare e artistico della diocesi novarese — il 13 maggio 1343, proprio nello stesso anno in cui il pontefice Clemente VI nominò il frate cremonese vescovo di Novara. La chiesa parrocchiale di Baveno risulta tuttavia molto più antica poiché citata come pieve nella Bolla di papa Innocenzo II del 1133 (Plebem Baveni cum capellis suis) e in alcuni testimoniali datati 1157.

L’aspetto attuale della chiesa è infatti il risultato di aggiunte e rifacimenti avvenuti nel corso degli anni. Circa a metà della facciata a capanna, dall’aspetto tipicamente romanico, è presente una cornice marcapiano che, si suppone, indica la sommità un tempo raggiunta dalla struttura originale. L’abside attuale venne rifatta nel 1607 mentre, nel secolo successivo, la navata centrale fu arricchita da tre file di cappelle per ogni lato. La sacrestia risale invece al 1717, il porticato di facciata fu aggiunto nel 1841 e nel 1926 l’interno della parrocchiale venne decorato da ulteriori pitture.

La chiesa dei Santi Gervaso e Protaso di Baveno raccontata in un video del Distretto Turistico dei Laghi, Monti e Valli dell'Ossola.

Vestigia romane sulla facciata

Tornando alla facciata esterna della chiesa, essa racchiude due reperti molto interessanti: si tratta di due epigrafi romane, testimonianze preziose della romanizzazione di questi territori.

Epigrafe sul muro della Chiesa di Baveno, Verbania
Epigrafe di sinistra sul muro della Chiesa.

L’epigrafe di sinistra, realizzata in marmo estratto dalle cave di Candoglia, frazione del comune di Mergozzo―le stesse utilizzate per edificare il Duomo di Milano, risale al primo secolo dal momento che in essa è citato il nome di Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, più semplicemente noto come Claudio, quarto imperatore romano dal 41 al 54 d.C.. Si tratta di una dedica che recita: Trophimus Daphidianus servo di Tiberio Claudio Cesare Augusto. [Questo monumento è] sacro alla Memoria Eterna. Uno schiavo imperiale, presente nei territori intorno a Baveno per imprecisati motivi economici o militari, certamente non originario della zona, visto il nome di origine greco-orientale (Trophimus), dedica l’iscrizione alla Memoria Eterna, una divinità romana.

L’altra epigrafe, posta in basso a destra rispetto al portale, è invece con ogni probabilità una lapide funeraria benché troppo deteriorata e frammentaria per poterne decifrare il messaggio. Si possono solo distinguere le parole alentius (forse il dedicante si chiamava Valentius?), ndoro e, in posizione inferiore, non senza qualche sforzo, è possibile leggere anche la sillaba ri.

Uno sguardo all’interno

Una volta in chiesa, ad attirare immediatamente l’attenzione del visitatore è il maestoso crocifisso ligneo del sedicesimo secolo presente sulla volta centrale dell’edificio al quale fa da sfondo un’immagine del Golgota affrescata da Andrea e Giovanni Francinetti (padre e figlio originari del poco distante Gignese) intorno alla metà dell’Ottocento.

Interni della chiesa di Baveno, Verbania
Interno della Chiesa (© Antonio Cerri).

Appena si abbassa lo sguardo si notano opere pittoriche, e non solo, realizzate da mani e in tempi differenti. Nelle cappelle laterali sono presenti notevoli paliotti d’altare aggiunti nel corso del Settecento. Sull’arco absidale sono invece raffigurati Gervasio e Protaso, patroni del luogo e dedicatari della chiesa, i cui corpi martirizzati, lo ricordiamo, furono ritrovati dal vescovo Ambrogio nel quarto secolo e immediatamente deposti nella Basilica Martyrum milanese. Poco distanti, sulle pareti del presbiterio, è possibile ammirare due dipinti di grandi dimensioni: l’Annunciazione, attribuita a Camillo Procaccini―che Vasari descrive come uno dei più grandi pittori attivi a Milano alla fine del sedicesimo secolo, e Santa Lucia di Isidoro Bianchi (1581–1662), già pittore di casa Savoia e autore, insieme ai figli, di alcuni affreschi presenti nel castello di Rivoli e in quello del Valentino.

L’arte di Defendente Ferrari

Ma gli elementi pittorici più interessanti si trovano nella terza cappella a destra. Si tratta di due tavole attribuite a Defendente Ferrari, pittore nativo di Chivasso e operante nell’area intorno al capoluogo piemontese nel corso della prima metà del sedicesimo secolo.

Defendente Ferrari
“Adorazione del Bambino” e “La Presentazione di Gesù al Tempio” di Defendente Ferrari.

L’Adorazione del Bambino, ora racchiusa in una cornice moderna, faceva forse parte di un polittico successivamente smembrato. La tavola raffigura un tema molto frequentato dal pittore, come dimostrano le opere di Defendente Ferrari sullo stesso tema presenti al Museo Civico d’Arte Antica di Torino, nella chiesa di San Giovanni di Avigliana e presso il Museo Borgogna di Vercelli. Nella tavola di Baveno, come in altre, è ritratto il Bambino, posato su un lembo del manto della Madre, quindi il bue e l’asino, gli angeli e San Giuseppe, qui seminascosto da un elemento architettonico. La Presentazione di Gesù al Tempio si trova dirimpetto all’Adorazione e insieme a questa probabilmente componeva lo stesso polittico. Contrariamente all’Adorazione del Bambino, nella Presentazione ricorrono elementi non molto frequenti nell’opera di Defendente, ma che contribuiscono a renderla ancora più ricca di interesse.

Ospitalità ripagata

Una curiosità lega, seppur indirettamente, entrambi i dipinti a un personaggio oscuro ma prezioso per la vita politica risorgimentale italiana, del quale Rivista Savej si è occupata in passato: si tratta di sir James Hudson, ministro plenipotenziario britannico inviato a Torino dal 1852 al 1861. Oltre a essere stato un astuto diplomatico, Hudson era anche un esperto collezionista nonché amante della pittura rinascimentale italiana. Proprio grazie ai suoi anni torinesi fu in grado di tessere fitti rapporti con mercanti, musei e collezionisti inglesi, contribuendo così a far risvegliare l’interesse per alcuni old masters piemontesi, tra cui Gaudenzio Ferrari (1475–1536) e, appunto, l’omonimo Defendente Ferrari. A Torino Hudson strinse amicizia con Charles Henfrey, ingegnere e collezionista di origini scozzesi che risiedette a lungo nel capoluogo piemontese ma che scelse, alla pari di Hudson, il Lago Maggiore come luogo privilegiato di villeggiatura.

Villa Henfrey Branca.
Villa Henfrey Branca.

Sulle sponde del lago, tra il 1871 e il 1873, l’ingegnere-collezionista fece addirittura costruire un’enorme villa in stile gotico inglese, nella quale spiccano le grandi guglie e il contrasto tra il rosso dei mattoni a vista e il bianco marmoreo delle finestre. Qui ospitò, oltre a Hudson e altri personaggi più o meno illustri, nientemeno che la regina Vittoria nel 1879. La villa passò successivamente alla famiglia milanese Branca (famosa per la produzione del liquore omonimo) e, nel 2007, fu parzialmente distrutta da un incendio. Infine, in segno di riconoscimento per l’ospitalità ricevuta, Henfrey donò alla parrocchia di Baveno proprio i due dipinti di Defendente Ferrari che è ora possibile ammirare nella cosiddetta cappella del Crocifisso.

Il Battistero

Battistero di Baveno.
Battistero di Baveno.

Alla chiesa è addossato un campanile edificato in epoca apparentemente più antica rispetto alla parrocchiale. Si tratta di una costruzione a pianta quadrata che rivela una muratura piuttosto rozza, composta da ciottoli e scapoli disposti in modo irregolare e tenuti insieme con molta malta. Il campanile si estende su sei piani: nei due piani inferiori presenta due gruppi d’archetti, mentre nei piani superiori sono visibili gruppi di sei archetti senza lesene intermedie di cornici e finestre. All’estremità si trova la cella campanaria.

La datazione del Battistero, a sinistra della chiesa, è ancora in fase di studio. C’è chi ha proposto il V secolo anche se sono necessari scavi archeologici per dare conferma a una simile ipotesi. All’esterno si presenta come un edificio settecentesco preceduto da un portico con colonne di granito datato 1628. Sempre esternamente il Battistero appare avente forma circolare, ma all’interno rivela una pianta ottagonale che risponde a una chiara simbologia cristiana: nell’antichità, l’ottavo giorno era appunto il giorno del Battesimo, quello successivo alla Creazione e, nel Nuovo Testamento, corrisponde al giorno della Resurrezione di Cristo. Le bellissime decorazioni ad affresco della volta e delle pareti sono state realizzate tra il Quattrocento e l’Ottocento. Sugli spicchi della cupola appaiono i quattro Evangelisti con i rispettivi simboli (Giovanni con l’aquila, Marco con il leone, Matteo con l’angelo, Luca con il toro) insieme ai Padri della Chiesa (Gerolamo, Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno). Il ciclo pittorico sulle pareti invece illustra la vita di Giovanni Battista: dall’Annunciazione della nascita del Santo fino alla decapitazione voluta da Erode.

Affreschi sotto il portico del Battistero.

Sotto il porticato della Via Crucis

Portico Via Crucis, Baveno, Verbania
Portico Via Crucis.

A completare il complesso, e a contribuire ulteriormente alla sua varietà stilistico-architettonica, a sinistra del battistero si snoda il porticato dedicato alla Via Crucis. Realizzato nel 1839 in seguito allo spostamento dell’area cimiteriale, il portico presenta arcate a tutto sesto sorrette da colonne di granito.

Lungo le pareti interne una serie di affreschi accompagna i fedeli nella commemorazione del percorso doloroso di Cristo. Il percorso ha poi inglobato un’antica cappella funeraria, dedicata al Sepolcro, che contiene una statua lignea di Cristo e che si trova esattamente di fronte alla parrocchiale.

È infine doveroso spendere alcune parole per ricordare colui che, forse più di chiunque, incoraggiò il recupero di questo meraviglioso complesso. Don Alfredo Fomia, al quale è stata dedicata una targa proprio accanto al Battistero, deceduto lo scorso mese di novembre all’età di ottantaquattro anni, è stato parroco di Baveno per quasi quarant’anni, dal 1975 al 2014. È stato proprio il sacerdote originario di Colazza il motore del recupero del complesso monumentale dei Santi Gervaso e Protaso, e fu grazie a lui se ora è diventato un luogo vivo di cultura, incontro e accoglienza. Un luogo che merita tutta l’attenzione possibile.

Targa per Don Alfredo Fomia.
Targa per Don Alfredo Fomia.

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Bibliografia

  • De Vit V., Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee, Prato, Alberghetti, 1877.
  • Ravizza G., La Novara Sacra del Vescovo Venerabile Carlo Bescapè, Novara, Merati, 1878.
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