Il primatista Giovan Maria Salati

A nuoto per la libertà attraverso il Canale della Manica

Laureato in Lingue e letterature straniere presso l’Università del Piemonte Orientale, ha conseguito il dottorato presso lo University College Cork (Irlanda). Insegna lingua inglese e ha pubblicato diversi saggi sul multilinguismo negli scrittori piemontesi.

  
Seconda edizione di “Giovan Maria Salati” di Benito Mazzi. In copertina il ritratto di Salati rinvenuto nella casa parrocchiale di Re (Verbania) nel 1991.
Seconda edizione di “Giovan Maria Salati” di Benito Mazzi. In copertina il ritratto di Salati rinvenuto nella casa parrocchiale di Re (Verbania) nel 1991.

Chi di voi ha mai sentito nominare Giovan Maria Salati? Se lo conoscete, quanti di voi dubitano della prodigiosa traversata a nuoto della Manica? Se non conoscete Salati, questo articolo allora colmerà la vostra lacuna; se pensate che la sua impresa non sia avvenuta, proverò a convincervi del contrario. Chi conosce Salati, sa che la sua vicenda è unica per la straordinarietà dell’impresa che ha fatto entrare il suo nome nella storia: egli sarebbe infatti il primo uomo ad aver attraversato a nuoto La Manica. Com’è evidente, un simile exploit, avvenuto più di duecento anni fa, ha il sostegno di poche fonti, la principale delle quali rimane Giovan Maria Salati. Una beffa che fruttò il primato di Benito Mazzi, fatto che malgrado tutto contribuisce ad aumentare il fascino del personaggio e ad alimentare l’alone leggendario che continua ad avvolgere la sua esistenza.

La famiglia Salati

Malesco, dove Salati nacque nel 1796, era un villaggio di 550 abitanti, perlopiù piccoli agricoltori e pastori. Il primo Salati di rilievo per la nostra vicenda è il padre Domenico. Nel 1778 sposò Giovanna Guglielmini, e insieme a lei andò a vivere nella casa di famiglia nel centro del paese. All’epoca le condizioni di vita erano dure, ma la coppia aveva abbastanza per sopravvivere. La loro esistenza trascorse tranquilla fino all’inverno del 1780, allorché una tosse insistente cominciò a tormentare Giovanna. In breve tempo gli attacchi si fecero convulsi e la donna deperì a vista d’occhio. Una domenica mattina, la drammatica scoperta: salito a portarle conforto, Domenico trovò la moglie a letto priva di vita.

Centro storico di Malesco (foto tratta da www.bandierearancioni.it).
Centro storico di Malesco (foto tratta da www.bandierearancioni.it).

A un simile colpo Domenico reagì chiudendosi nel dolore. Poi, poco alla volta, il suo cuore tornò a scaldarsi per merito di una giovane donna, Anna Maria Polino. Nel 1782 Domenico la chiese in sposa: il loro primogenito, Giambattista, nacque dieci anni dopo, seguito da Catarina nel 1794.

La lontra di Malesco

Frattanto la terra dava sempre meno frutti e il banditismo prendeva piede. A soffiare sul fuoco del malcontento si aggiunsero inoltre i venti rivoluzionari provenienti dalla Francia. Mentre sul Piemonte e sul resto dell’Italia centro-settentrionale iniziava a splendere l’astro di Napoleone, il 26 marzo 1796, Giovan Maria, terzogenito di Domenico e Anna Maria, veniva al mondo.

Giovan Maria Salati visto da Viviana Pani Weiss, 2018.
Giovan Maria Salati visto da Viviana Pani Weiss, 2018.

Dopo i disordini militari, la situazione in Vigezzo diventò ancora più drammatica. I Salati se la cavarono, anche se il lavoro nei campi non era più sufficiente. A Domenico non rimase che emigrare: prima pensò alla Francia, poi, nel 1803 si trasferì a Savigliano, dove fece fortuna come spazzacamino.

L’ultimogenito intanto cresceva agile e forte. Aveva l’argento vivo addosso e una spiccata inclinazione per il nuoto. Appena poteva, s’immergeva nei torrenti Loana e Melezzo. Instancabile, divenne il più veloce tra i suoi compagni. La gente del luogo lo chiamava lùdrie [lontra] per la destrezza in acqua e per l’abilità nel catturare i pesci.

Sopravvissuto a Waterloo

A quindici anni, Giovan Maria si diede al contrabbando. Tuttavia, in poco tempo diventò irrequieto: quella vita di fatiche cominciava a pesargli e la Valle ad andargli stretta. Dal 1802 i francesi avevano introdotto il servizio militare obbligatorio nei territori occupati. Salati credeva in Bonaparte, e si convinse che questi si battesse per le idee di libertà e uguaglianza di cui suo padre parlava. Così, con un suo amico e pari età, tale Pietrino Guglielmini, decise di arruolarsi come volontario. Nel 1812 i due raggiunsero Milano: qui furono assegnati a un’unità di fanteria e, nella primavera successiva, parteciparono alla sfilata per le vie della città che raggruppava tutti i contingenti dell’Armée d’Italie.

Napoleone sul campo di battaglia di Waterloo.
Napoleone sul campo di battaglia di Waterloo.

Negli anni seguenti Salati fu prima marinaio sulla fregata “Belle Poule”, poi aggregato ai reparti diretti a Waterloo. Alla battaglia il vigezzino partecipò come fuciliere navale della Guardia Imperiale. Com’è noto, l’esito fu disastroso: al termine dello scontro decisivo del 18 giugno 1815, il corpo d’armata di Salati fu spazzato via e, tra morti e feriti, venticinquemila francesi rimasero sul campo. Mentre i famigliari lo davano ormai per disperso, il 22 giugno, Giovan Maria fu rinvenuto sotto una pila di cadaveri. Sembrava morto, ma miracolosamente respirava ancora.

Fuga da Dover

Nell’autunno 1815, dopo alcuni mesi di convalescenza, Salati venne assegnato a una nave prigione a Dover. Per sua fortuna, le condizioni di vita a bordo degli hulks, benché dure, erano migliorate rispetto al passato. Un pensiero ricorrente lo aiutava a sopravvivere: la fuga. Il piano del maleschese era ardito: sospettando di tutti, non avrebbe chiesto l’aiuto a nessuno e, appena in acqua, sfidando le correnti del Canale, si sarebbe diretto verso le lontane ma più sicure coste francesi. Il prigioniero trascorse dunque i giorni precedenti l’evasione scrutando la costa francese, mentre di notte studiava il cielo per potersi orientare una volta in mare.

Il Canale della Manica
Il Canale della Manica

In una notte burrascosa dell’agosto 1817, Giovan Maria comprese che il momento giusto era arrivato. Si sbarazzò dell’uniforme da galeotto, si cosparse il corpo di sego (usato per produrre candele e ottimo per proteggersi dal freddo) e si gettò dal ponte della nave. In simili condizioni atmosferiche, pensò, era impossibile udire il tonfo in acqua. Il suo corpo fu immediatamente risucchiato dalle onde e, ricordandosi di com’era solito fare nei torrenti della Valle, la lùdrie si allontanò più velocemente possibile. Grazie a una corrente favorevole, il fuggitivo prese il largo. Quando l’aiuto cessò, Giovan Maria prese a nuotare a ritmo lento ma costante e, allorché gli arti diventavano pesanti, si abbandonava alle onde facendo il morto. Verso sera, dopo circa venti ore in acqua, le forze del fuggiasco erano al lumicino quando la vista della costa francese gli regalò l’ultima stilla di energia.

La Francia all’orizzonte

Il mattino successivo, su una spiaggetta di Boulogne-sur-Mer, alcuni pescatori scorsero da lontano un corpo apparentemente senza vita. Quando si avvicinarono, si accorsero che l’uomo respirava ancora. Dopo aver praticato al naufrago alcuni vigorosi massaggi, egli aprì gli occhi e sorrise ai soccorritori. Per la seconda volta in pochi anni, Salati era stato sul punto di soccombere, e per la seconda volta l’aveva scampata.

L’ignoto superstite venne trasportato in un capanno e rifocillato. Quando si riprese, il soldato napoleonico si vide circondato da una folla di sconosciuti, ansiosi di avere notizie. Raccolte le forze e messosi a sedere, iniziò a raccontare quanto gli era accaduto. Alla fine del resoconto, Salati divenne un eroe e fu portato in trionfo per le vie della città. Più tardi quello stesso giorno, il soldato chiese di poter far ritorno tra i fucilieri marittimi. Dopo l’iniziale imbarazzo, i pescatori lo informarono che la Grande Armée era stata annientata e Napoleone fatto prigioniero. La notizia sgomentò Salati, ma egli non era tipo da farsi vincere dalla disperazione. Ripresosi in fretta, il giovane decise di dirigersi a Parigi.

Intervento di Albino Balzaretti, sindaco di Malesco, durante una celebrazione di Salati (foto tratta da “Ristòttul d’ìne vòte” di Luciano Piffero, p. 74).
Intervento di Albino Balzaretti, sindaco di Malesco, durante una celebrazione di Salati (foto tratta da “Ristòttul d’ìne vòte” di Luciano Piffero, p. 74).

Il trasferimento a Parigi

Quando arrivò nella capitale, Salati aveva ventidue anni. Solo e disorientato, si mise alla ricerca dei vigezzini che, sapeva, lavoravano come spazzacamini e venditori ambulanti. Come sperava, Giovan Maria fu accolto a braccia aperte e iniziato all’attività di rüsca. A Parigi, nella primavera 1827, avvenne il più importante incontro della sua vita: conobbe Julienne, una giovane dalle maniere raffinate e dallo sguardo particolarmente dolce. I due non persero tempo: una volta iniziate le frequentazioni, Salati la chiese in sposa e il 7 agosto dello stesso anno la condusse all’altare. Il 3 novembre 1828, Julienne diede alla luce Louis Marie, e poco dopo la famiglia si trasferì a Étampes, a una cinquantina di chilometri da Parigi. Mentre gli affari da fumista dell’ex-fuciliere marittimo andavano a gonfie vele, Louis Marie diventava un giovane intelligente e vivace benché non sempre sostenuto dalla salute.

La fine di una famiglia

Le tracce dei Salati si perdono fino al 1848. Saputo del tentativo dei Savoia di liberarsi degli austriaci, Louis Marie volle servire il paese dei suoi avi paterni. Purtroppo, la sua avventura militare durò poche settimane. In Italia, il giovane contrasse un’infezione alla laringe che lo debilitò gravemente. Sentendosi in fin di vita, fece un voto: se si fosse salvato si sarebbe messo al servizio della chiesa. Inaspettatamente sopravvisse e, appena rientrato in Francia, continuò la propria educazione in seminario.

Targa dedicata al parroco Salati affissa nella chiesa di Saint-Brice-sous-Forêt.
Targa dedicata al parroco Salati affissa nella chiesa di Saint-Brice-sous-Forêt.

Nel 1850 la famiglia si trasferì a Soissons, nell’Alta Francia. Anche Giovan Maria iniziò a lamentare qualche problema. A tormentarlo era una cronica infiammazione agli occhi forse causata dall’eccessiva esposizione al sole e all’acqua marina durante la fenomenale traversata. Il figlio, intanto, ricevette gli ordini. Dopo un nuovo malessere fisico, si stabilì insieme ai genitori a Saint-Brice-sous-Forêt, nel nord del paese, dove fu parroco dal 1868 alla morte. Nel mentre, Giovan Maria perse la vista. Ciononostante, condusse una vecchiaia serena fino al 3 gennaio 1878, quando la moglie morì. Il colpo fu terribile, ma Giovan Maria sapeva che il dolore avrebbe avuto breve durata. Il 2 aprile 1879 anch’egli rese l’anima a Dio. Un anno dopo, Louis Marie si spense a causa del fatale deterioramento delle precarie condizioni di salute.

Tra storia e leggenda

Articolo apparso su “La Vie au Grand Air”, 30 settembre 1911.
Articolo apparso su “La Vie au Grand Air”, 30 settembre 1911.

Il grosso delle informazioni riguardanti Giovan Maria Salati si deve a un articolo apparso il 30 settembre 1911 sulla rivista La Vie au Grand Air. Autore delle rivelazioni fu un certo Guglielmini, discendente del recordman maleschese. La storia della memorabile nuotata, una via di mezzo tra leggenda e prodezza sportiva, era in realtà già nota in tutta la Val Vigezzo. Erano soprattutto gli anziani, seppur a spizzichi e bocconi e in differenti versioni, a ricordare la vicenda di quel giovane che aveva osato sfidare gli inglesi e le acque del Canale per sfuggire a un tragico destino da prigioniero.

I primi tentativi di dare fondamento storico all’impresa risalgono agli anni Ottanta del secolo scorso. L’allora primo cittadino di Malesco, Albino Barazzetti (da poco purtroppo scomparso), unì le proprie forze con quelle del giornalista e scrittore Benito Mazzi. I due si rivolsero subito alle municipalità di Saint-Brice, Boulogne e Parigi ricevendo tutte le informazioni richieste. Nel frattempo furono ritrovati documenti importanti negli archivi di Malesco, grazie ai quali fu possibile certificare la data e il luogo di nascita di Giovan Maria e localizzare casa Salati in via dell’Eria, nel centro storico del paese.

Nel Guinness dei primati

Nel 1986 l’amministrazione comunale affidò a Mazzi l’incarico di proseguire la ricerca dalla quale sarebbe nato il libro al quale mi riferivo all’inizio. L’eco della pubblicazione innescò una messe di iniziative dedicate all’ironman vigezzino. Due targhe commemorative furono affisse sulla facciata della casa natale di Salati, alle quali seguirono altrettanti riconoscimenti ufficiali: prima La Gazzetta dello Sport inserì formalmente l’impresa tra i primati riguardanti la traversata della Manica, poi il Guinness Book of World Records fece lo stesso. Nel luglio 1989, per commemorare al meglio la prestazione di Zvan dell’Eria (dal nome della frazione di Malesco in cui nacque il Salati), fu organizzata una maratona sul Lago di Mergozzo, mentre nel 1991 si poté perfino dare un volto all’ex-fuciliere. Nella casa parrocchiale di Re fu infatti rinvenuto un dipinto ritraente il Salati. Il ritratto, probabilmente realizzato in Francia, fu in seguito restaurato, acquistato dal comune di Malesco ed esposto nel municipio.

A sinistra: la cerimonia del 5 novembre 1988 durante la quale vennero apposte le targhe celebrative sulla casa di Salati (foto tratta da: “Giovan Maria Salati”, di Benito Mazzi, pag. 135). A destra: le targhe presenti ancora oggi a Malesco.

Il primo fondista della storia

Per una decina d’anni la figura di Salati tornò in un angolo della storia. Si riprese a parlare delle sue gesta nel 2007, in occasione del 190° anniversario della traversata, quando un monumento e una mostra furono inaugurati nel suo paese natale. In quegli anni si fece strada un progetto ancora più ambizioso: un film su Salati. L’idea partì dal regista Giancarlo Baudena, il quale abbozzò la sceneggiatura e diede il via al casting. Tuttavia, poco tempo dopo il progetto si arenò sullo scoglio finanziario.

Mostra tematica sulla vita e l’impresa di Giovanni Maria Salati allestita nell’antico lavatoio di Malesco.
Mostra tematica sulla vita e l’impresa di Giovanni Maria Salati allestita nell’antico lavatoio di Malesco.

Non so quanti siano convinti che quanto qui riassunto sia effettivamente accaduto. Ammettiamolo: nessuno, viste le circostanze, poté affermare di aver visto Salati attraversare La Manica, e oggi è impossibile provarlo con sicurezza. Al di là dei ragionevoli dubbi, una certezza rimane, ed è ciò che l’impresa simboleggia per la gente di Vigezzo: la vicenda è infatti sintesi suprema del carattere vigezzino ed espressione massima del loro coraggio. Secondo Benito Mazzi, due ragioni principali mantengono vivo il mito Salati:

Salati attraversò La Manica non per stabilire un record, ma per fedeltà agli ideali di libertà ed emancipazione degli oppressi, per difendere i quali si era genuinamente arruolato nell’esercito francese. Inoltre, a differenza degli altri primatisti, egli compì la traversata di notte, durante una tempesta, e fece tutto da solo. Così, seppur inconsapevolmente, finì per abbattere una delle prime frontiere sportive nella storia europea.

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Bibliografia

  • Boehm D. A., McFarlan D. (a cura di), 1990 Guinness Book of World Records, New York, Sterling, 1989.
  • Bologna P., Soldato napoleonico ossolano attraversò a nuoto la Manica, in La Stampa, 8 marzo 1987.
  • Cicala R., Nella storia di Giovanni Maria Salati gli ideali della gente vigezzina, in L’Azione, 7 ottobre 1989.
  • Héry M., Saint Brice au travers de son conseil municipal, 3, Sarcelles, Impr. de Sarcelles, 1989.
  • Mazzi B., Giovan Maria Salati. Una beffa che fruttò il primato, Domodossola, Grossi, 1989.
  • Mortane J., Une Traversée de la Manche Ignorée, in La Vie au Grand Air, 30 settembre 1911.
  • Raimondi A., The Invisible Bridge between the United Kingdom and Piedmont, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing, 2019.
  • Travaino E., Primatista senza alloro, ma primatista!, in Ecorisveglio Ossolano, 18 giugno 1976.
  • Un montanaro il primo che traversò la Manica, in La Prealpina, 23 agosto 2007.
  • Vigezzini coraggiosi, in Risveglio Ossolano, 3 settembre 1970.
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