Ottocento anni fa, e più precisamente il 12 novembre 1216, il cardinale vercellese Guala Bicchieri poneva il proprio sigillo di legato papale nientemeno che sulla Magna Carta inglese. Sebbene riguardasse soltanto una ristretta élite di potenti, si tratta comunque, come abbiamo imparato a scuola, di una prima forma di carta costituzionale, con la quale veniva limitato l’enorme potere del monarca inglese ed erano regolati i rapporti con i principali feudatari del paese, vescovi inclusi. Nonostante la tardiva riscoperta di questi ultimi anni, la figura storica di Guala Bicchieri rimane ingiustamente nell’ombra, anche perché molti documenti che riguardano il legato pontificio e la sua famiglia sono andati perduti. Ma non è esagerato sostenere che, grazie alla propria abilità e al proprio acume diplomatico, il cardinale vercellese contribuì a salvare la monarchia inglese e a modificare le sorti della storia europea.
Chi era dunque Guala Bicchieri e cosa ci faceva in Inghilterra nel lontanissimo 1216?
Il futuro cardinale nasce a Vercelli intorno alla metà del XII secolo: c’è chi sostiene nel 1150, chi invece verso il 1170. Di certo, si tratta di un periodo di forte ascesa delle comunità cittadine, nell’area corrispondente all’attuale Piemonte come in altre zone d’Italia, le quali sono in grado di sfidare il potere dei prìncipi territoriali e dei vescovi. Tra le città piemontesi, Vercelli è seconda solo ad Asti in quanto a sviluppo demografico e commerciale. A ingrossare il numero dei cittadini vercellesi è soprattutto l’immigrazione dalle campagne, tanto che intorno al 1150 si rende necessaria una nuova cerchia di mura di molte volte più ampia della precedente. Considerevole è anche lo sviluppo commerciale e mercantile della città, incessante la costruzione di nuove case e l’apertura di cantieri edili, come quello inaugurato in occasione della costruzione della basilica di Sant’Andrea, avvenuta in soli otto anni, tra il 1219 e il 1227, proprio per volere del cardinale.
La famiglia Bicchieri appartiene al novero delle nuove famiglie di origine urbana, in breve tempo tra le più potenti della città grazie ai legami con la Chiesa vercellese. Lo zio di Guala, Giovanni, fu tra i canonici diaconi di Sant’Eusebio, mentre il padre fu console di Vercelli per cinque volte e, in qualità di commissario generale, guidò i cristiani all’assedio di Acri in occasione della terza crociata (quella del Saladino e di Riccardo Cuor di Leone). Colpito da peste, morì poco dopo e lasciò le proprie ricchezze ai Cavalieri templari (ai quali si era nel frattempo unito) per continuare l’offensiva in Terrasanta.
Sugli anni di formazione di Guala si hanno notizie lacunose, così come incerta è la trascrizione del nome del cardinale e della sua famiglia, riportati variamente dai documenti: da Giacomo Gualla de Beccheri a Qualo o Jacomo Guala de Bicheriis, fino a Guala Bicheri, come recita l’indicatore toponomastico della via a lui dedicata a Vercelli. In questa trattazione verrà impiegato il nome generalmente più usato, ossia Guala Bicchieri.
Certe fonti lo vorrebbero già “in puerile età” aggregato ai canonici di Sant’Eusebio, presso i quali seguì presumibilmente gli insegnamenti del canonico Cotta. Dal 1187 al 1193 non soggiornò in Piemonte, ma con ogni probabilità frequentò l’Università di Bologna per perfezionare le proprie conoscenze di diritto canonico. La preparazione giuridica e il raffinato ingegno del vercellese dovevano già essere noti se papa Innocenzo III lo nominò cardinale nel 1205. Guala si trasferì immediatamente a Roma, dove il pontefice si giovò di lui in qualità di delegato papale nelle faccende di maggior rilievo e per ribadire la supremazia del papato su tutti i regnanti europei.
La prima tra le missioni diplomatiche più importanti che gli furono affidate fu in Toscana. Nella lettera al comune fiorentino dell’11 luglio 1207, Innocenzo III preannunciava l’arrivo di un legato di “nota probità” e “sperimentata prudenza”, per mezzo del quale il papa sperava di ottenere una tregua tra senesi e fiorentini. La legazione riuscì solo in parte giacché la pace tra le parti fu soltanto temporanea.
Nel 1208 Guala è inviato presso re Filippo Augusto di Francia allo scopo di convincere il monarca a promuovere una nuova crociata in Oriente e per risolvere una spinosa questione coniugale. Il capetingio aveva infatti sposato la principessa danese Ingeburge nel 1193, e nello stesso anno l’aveva ripudiata e fatta rinchiudere in una fortezza per oscuri motivi, guadagnandosi così la scomunica di Innocenzo III.
Grazie all’intervento di Guala Bicchieri, il sovrano si convinse a reintegrare formalmente Ingeburge nel ruolo di regina anche se fu sempre tenuta lontana dalla vita di corte. Due missioni apparentemente slegate, ma in realtà intimamente connesse: un monarca pacificato col pontefice avrebbe infatti più facilmente acconsentito alla crociata. Quest’ultimo desiderio, tuttavia, almeno per il momento non si realizzò.
La successiva missione in Inghilterra fu la più delicata. Guala vi fu inviato in qualità di legatus a latere, incarico che coincideva con il massimo livello nella gerarchia diplomatica pontificia: rappresentava il papa, operava in suo nome e al di sopra di tutti i prelati locali. Il regno di King John (meglio conosciuto in Italia come Giovanni Senzaterra), formalmente un feudo del papato, era in bilico: la guerra per difendere i domini inglesi in Francia aveva svuotato le casse reali e reso il re ostile ai baroni, i quali erano pronti a ribellarsi e appoggiare l’invasione del principe ereditario di Francia, il futuro Luigi VIII, pretendente al trono inglese in virtù del matrimonio con Bianca di Castiglia, nipote del re d’Inghilterra.
Anche i rapporti con la Chiesa si erano guastati: un’elezione contestata alla diocesi di Canterbury aveva procurato al sovrano inglese l’interdetto e successivamente la scomunica papale. Giovanni reagì con la confisca dei beni della Chiesa in Inghilterra per alleggerire le difficoltà finanziarie del paese. Però fu presto chiaro che un monarca scomunicato era più facilmente esposto a ribellioni e invasioni. Il re inglese decise quindi di far pace con Roma, si dichiarò vassallo papale e se ne assicurò l’appoggio contro i nemici. Per prendere tempo ed evitare un’aperta rivolta dei baroni, nel 1215 il sovrano incontrò i maggiori esponenti della nobiltà inglese a Runnymede, a sud-est di Londra, e concesse loro la Magna Carta Libertatum.
In essa si stabiliva il divieto di imporre nuove imposte ai vassalli diretti senza il consenso del Consiglio Comune del Regno, composto da alti prelati e dai maggiori tra i baroni, oltre al principio della proporzionalità della pena rispetto al reato, e alla garanzia, riservata agli “uomini liberi”, di non poter finire in carcere senza prima aver istruito un processo regolare. Poche settimane dopo l’approvazione della Magna Carta, re Giovanni si rivolse al Papa implorandolo di annullare il documento poiché, a suo dire, gli era stato estorto con minacce. Con una bolla il pontefice dichiarò nullo il documento e fu a questo punto che fece entrare in scena Guala Bicchieri.
Ripresa la via Francigena e attraversate nuovamente le Alpi, il cardinale si diresse prima a Parigi, dove tentò invano di far desistere il sovrano francese dall’invadere l’Inghilterra, e poi sbarcò sulle coste inglesi. Da qui scomunicò immediatamente il monarca francese, si adoperò per indebolire il fronte dei ribelli e per aiutare finanziariamente la corona inglese. Poco dopo il suo arrivo, morirono in successione papa Innocenzo III, al quale successe Onorio III, e, nell’ottobre 1216, re Giovanni. Per ribadire l’alta stima nel cardinale, il nuovo pontefice lo incaricò di proseguire la missione. Cosa nient’affatto scontata poiché, all’elezione di un nuovo pontefice, seguiva solitamente il richiamo dei legati papali a Roma e l’invio di nuovi. Guala fu inoltre nominato tra gli esecutori testamentari del defunto sovrano e assunse un ruolo di primo piano nella reggenza del regno insieme al conte di Pembroke, William Marshal. Ottenuta la sottomissione di numerosi prelati e baroni rivoltosi, il 28 ottobre il cardinale organizzò l’incoronazione dell’erede al trono d’Inghilterra e Irlanda, Henry III, figlio novenne di re John, nella cattedrale di Gloucester, il più possibile al riparo dalle minacce francesi e dai baroni in rivolta. Nel corso della cerimonia il sovrano ribadì la propria sottomissione al papa, il quale in cambio assicurò la protezione del legato papale sul regno inglese e sul giovane monarca.
A Guala e ai reggenti, intanto, fu chiaro che non era possibile pacificare il paese senza un accordo con i maggiorenti inglesi. Ai primi di novembre 1216 fu così convocato un consiglio dei sostenitori del re e, pochi giorni dopo, Henry III concesse una nuova edizione della Magna Carta, in realtà fortemente voluta da Guala Bicchieri in quanto unico strumento in grado di porre fine alla guerra civile. Il documento, seppur con qualche piccola modifica, venne ratificato da Guala Bicchieri anche l’anno successivo. Prima di concludere la propria missione, il cardinale mediò le condizioni di pace tra Francia e Inghilterra sancite dal trattato di Lambeth.
Non si sa quanto un sovrano poco più che bambino potesse essere riconoscente: fatto sta che, nel novembre 1217, Henry III, in cambio del sostegno ricevuto, donò al cardinale l’abbazia di Saint Andrew di Chesterton, a nord di Cambridge. Di ritorno a Vercelli sul finire del 1218, Guala impiegò le rendite provenienti dalla chiesa inglese e dai terreni intorno ad essa per finanziare l’edificazione dell’abbazia di Sant’Andrea a Vercelli — uno dei primi esempi di costruzione gotica in Italia — del convento e dell’ospedale omonimi. Il cardinale fece in tempo a consacrare la chiesa nel 1224 e a ottenere un diploma di protezione imperiale da Federico II, visto che nel 1227, nello stesso anno in cui la costruzione fu completata, Guala Bicchieri fece testamento e poco dopo morì a Roma.
Grazie alla nomina del francese Tommaso Gallo, filosofo e teologo di fama europea, in qualità di primo abate di Sant’Andrea, intorno alla chiesa si sviluppò un fertile clima culturale in grado di attirare in città numerosi intellettuali e di favorire la fondazione di uno studium scholarium, prima università italiana a introdurre la cattedra di teologia. Dopo essere stati ritrovati insieme a un prezioso baule che il cardinale era solito portare con sé durante le sue missioni (conservato presso Palazzo Madama a Torino), i resti di Guala Bicchieri ora riposano nella cattedrale di cui era stato l’artefice e che è ancora possibile ammirare nel centro di Vercelli, a quasi ottocento anni dalla sua costruzione.