Nel 1974, su un piccolo terreno, ai piedi delle colline torinesi, dietro la Gran Madre, Andrea Bruno costruì una casa studio per l’artista Ezio Gribaudo (nato il 10 gennaio 1929 a Torino) ispirata alle sue incisioni: due volumi sovrapposti con tratti aggettanti e l’alternanza di cemento a vista scolpito con eleganza e grandi vetrate.
L’edificio è soprattutto un omaggio senza precedenti allo stile internazionale nell’architettura di Torino. E non poteva che essere così considerando la vita e l’opera di Gribaudo: un artista-flâneur, cosmopolita. Lì, nel suo studio nella capitale sabauda (per lui, innamorato della storia: la città di Cavour, Gobetti e Gramsci) ci sono i suoi libri, le sue opere. Da un’ampia finestra (il salotto dove riceve gli ospiti) e dal grande terrazzo all’ultimo piano si vedono tutta la città e soprattutto la Mole Antonelliana e il giro delle Alpi che circonda Torino.
Da anni frequento l’artista. La sua casa è fuori dal tempo: a volte mi sembra una camera delle meraviglie, la Wunderkammer di un Principe d’Asburgo, a volte un eccentrico Cabinet de curiosités. All’ingresso ci sono libri, piramidi, quadri appoggiati alle pareti, quasi in disordine, la maison d’un artiste. Poi si passa a una camera ordinata, dove si trovano opere che documentano i sessant’anni di lavoro del Maestro. Sui tre piani della casa, percorsa da un ascensore e da perigliosissime scale (il sottoscritto è crollato, distrattamente, mille volte, da quelle scale, mentre l’artista ottantottenne mai, essendo più abile di un gatto), ci sono due bagni, poco normali, a dire il vero. Ogni bagno contiene opere straordinarie di Gribaudo, che con pudore, visto il tema erotico predominante, le ha confinate in “ritirata”.
Le due sale più frequentate della casa sono il salotto e la camera di lavoro dell’artista, illuminata da una cupola davvero magica, dalle vetrate generose, che quasi proiettano la luce del cielo sui grandi tavoli, dove sono sistemati gli attrezzi del mestiere e le nuove opere di Gribaudo. Nel salotto sono memorabili i colloqui con l’artista, un grandissimo affabulatore. Prima o poi mi deciderò a radunare i suoi racconti, sempre appassionati, diversi, divertenti.
Esterni dello studio Gribaudo.
Sorseggiando un whisky, in un pomeriggio di malinconia, mi confida le sue nostalgie:
Un giorno Francis Bacon mi disse: “Vieni a Londra perché voglio farti un ritratto di quelli piccoli”. Gli dissi che sarei andato, ma preso da mille cose stupidamente non trovai il tempo. Voleva che posassi per lui a Londra. Un rimpianto che mi porterò dietro tutta la vita.
Che diavolo d’artista Gribaudo, non posso che sorridere a questa sua disgrazia e la gusto con gran sapore, come un aneddoto di una vita irripetibile.
Il giovane Gribaudo (“avrei voluto essere uno studente dandy di Eton College”) studiò architettura interessandosi alle tecniche grafiche e tipografiche. Vicino alle esperienze di Tàpies, Burri, Fontana, l’artista torinese ha esaltato l’importanza della materia; per le sue tavole (rilievi, serigrafie, bassorilievi) e per le sue sculture, realizzate in polistirolo (Logogrifi), ha sempre usato prevalentemente il bianco su bianco. Il Maestro è anche un noto collezionista d’arte, una figura ricca di sfaccettature anche se l’editoria è stata sempre la sua passione predominante. Passione che ha ereditato sua figlia Paola, prima collaboratrice di Ezio.
La mia prima casa editrice — racconta il Maestro — era la Pozzo, che stampava gli orari ferroviari e grazie a me iniziò a fare libri d’artista.
Nella sua “galleria editoriale” c’è il meglio del Novecento: da Fabbri Editori, Tallone e Vanni Scheiwiller. Poi ci sono le relazioni con gli artisti di cui Gribaudo fu amico, editore, collaboratore e, più di tutto corrispondente spirituale: Lucio Fontana, De Chirico, Picasso, Mirò, Sutherland.
Le monografie degli artisti pubblicate da Gribaudo sono sempre accompagnate dagli scritti di letterati e poeti. Beckett, ad esempio, scrisse per Bram Van Velde.
Nella grande casa di Gribaudo, però, non trovano spazio alcune opere monumentali dell’artista (ora al Museo del Risorgimento di Torino). Si tratta di tre opere che furono lodate, quando furono realizzate, da Francis Bacon: Sollevazione del popolo a Milano, Gli impiccati di Belfiore e Pier Fortunato Calvi. Racconta Gribaudo:
Bacon, il Caravaggio del Novecento, non capiva il Risorgimento, ma disse che questi quadri sono intriganti.
Negli anni Sessanta l’artista torinese eseguì le tre grandi tele su commissione del Museo del Risorgimento di Torino, in occasione dei cento anni dell’Unità. Ed è come un ulteriore aspetto dei suoi Teatri della memoria che il Risorgimento entra nella sua opera:
Appartengo ad una generazione che ancora ne ha sentito l’eco e respirato le atmosfere nei racconti dei propri nonni. Così, quando l’allora direttore del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino Piero Pieri mi propose il tema, accettai con il piacere di incontrare la storia per restituirla tramite il linguaggio interdisciplinare dell’arte visiva.
Gribaudo è sempre stato à la page: nel 1961, le sue tre grandi opere hanno rievocato con gusto teatrale il percorso politico e culturale, spesso doloroso, che portò un secolo e mezzo fa all’Unità. Nei tre quadri di Gribaudo, ad esempio, è crudo e orribile lo spazio in cui penzolano gli impiccati di Belfiore. Vi si legge la lezione di Goya e Bacon. Non solo. Si legge anche la possibilità di redimersi dall’atroce condizione umana. La libertà e il coraggio illustrano magistralmente la tela di Pier Fortunato Calvi. Nella Sollevazione del popolo a Milano sono messi in risalto uomini e donne straordinariamente amalgamati nella loro diversità. Tra la folla rivoluzionaria, in mezzo al ferro e al fuoco emergono le figure dei cavalli. Cavalli arditi, che nella carriera del Maestro occuperanno un posto importante.
Oggi, nel ricordo di quell’esperienza risorgimentale, il Maestro (insignito nel 2003 della medaglia d’oro ai benemeriti della Cultura e dell’Arte dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi) afferma:
L’arte è vita e non può restare troppo ferma nei luoghi deputati. In particolare queste tematiche sono di grande attualità, dunque possono interagire anche fuori dagli spazi museali per dialogare con la gente e continuare così a raccontare un Risorgimento senza età.
Altro tema caro a Gribaudo sono i viaggi:
Il più importante fu quello con Fontana nel 1961 a New York.
Il maestro torinese pubblicò Devenir de Fontana:
Lucio stava ore alle lastre. Gli ori erano ottenuti da una carta speciale, metallica. Abbiamo poi realizzato un’edizione di cento esemplari che conteneva un originale. Quelle copie sono servite a coprire le spese.
Intensi anche i viaggi di Gribaudo in Russia; i primi da ragazzo, negli anni Cinquanta, per scoprire i maestri delle avanguardie. Poi l’amicizia con Chemiakin, un personaggio dalla vita difficile e avventurosa, ora tra i più stretti collaboratori di Putin e del grande Maestro Valerij Abisalovič Gergiev. Gribaudo, quando Chemiakin non era ancora famoso, diventò il suo generoso editore. Nel 1988 il poeta russo Iosif Brodskij, premio Nobel per la Letteratura nel 1987, ospite d’onore del primo Salone del Libro, saputo che a casa di Gribaudo era presente il connazionale Tselkov, tralasciò tutti gli impegni ufficiali per andarvi. Gribaudo:
E così improvvisammo una cena a cui parteciparono Roberto Calasso e sua moglie Fleur Jaeggy. Prima di andarsene a notte fonda, Brodskij disegnò un gatto sul mio librino d’oro.
📌Studio Ezio Gribaudo
Via Biamonti, 15
10131 Torino
www.eziogribaudo.com