La Pieve di Casalvolone

Un gioiello trascurato tra Novara e Vercelli

Pieve di Casalvolone - Ciclo di affreschi raffiguranti l’annunciazione.

Laureato in Lingue e letterature straniere presso l’Università del Piemonte Orientale, ha conseguito il dottorato presso lo University College Cork (Irlanda). Insegna lingua inglese e ha pubblicato diversi saggi sul multilinguismo negli scrittori piemontesi.

  

I molteplici impegni e il ritmo frenetico imposti alle nostre giornate, l’irresistibile attrazione dei nuovi mezzi di comunicazione e l’indifferenza nei confronti del quotidiano rendono difficile apprezzare ciò che abbiamo sotto gli occhi. È quanto può succedere a chi, percorrendo immerso nei propri pensieri, o con un occhio rivolto al cellulare, la strada che da Casalvolone (Novara) conduce a Villata (Vercelli), proceda senza badare all’antica Pieve di San Pietro Apostolo. Per evitare che ciò avvenga con preoccupante frequenza, da qualche anno l’associazione di volontariato Nuovo Spazio Casalvolone sta facendo del proprio meglio per richiamare l’attenzione sulla piccola ma preziosa chiesa.

Pieve di San Pietro Apostolo.
Pieve di San Pietro Apostolo.

Nuovo Spazio Casalvolone

Motori dell’associazione, fondata nel 2013, sono Paolo Abelli e Sergio Negri, rispettivamente presidente e vice.

“Ci occupiamo prevalentemente di attività culturali” — mi spiegano, “anche se abbiamo preso a cuore questo gioiello architettonico, che è la cosa più importante che abbiamo in paese, per valorizzarlo e farlo conoscere il più possibile. Usiamo dunque questo spazio, sempre con il dovuto rispetto — è pur sempre una chiesa, per visite guidate e ultimamente eventi musicali”.

Di recente si è infatti svolto un concerto con gli allievi della scuola Vallotti di Vercelli e poi un altro in collaborazione con un istituto musicale di Novara. Inoltre, lo scorso settembre, la chiesa ha ospitato una serata di lettura, musica e luci durante la quale un attore ha letto e interpretato storie per i più piccoli.

Sergio Negri e Paolo Abelli dell’associazione “Nuovo Spazio Casalvolone”.
Sergio Negri e Paolo Abelli dell’associazione “Nuovo Spazio Casalvolone”.

Prime attestazioni

La pieve è citata per la prima volta come “Plebem de Casali” nella bolla del 26 giugno 1133, inviata da Papa Innocenzo II al vescovo di Novara Litifredo, con la quale i beni della chiesa gaudenziana, e con essi i diritti di competenza del vescovo, venivano confermati alla diocesi.

Papa Innocenzo II
Papa Innocenzo II

Litifredo, vicino al pontefice e all’imperatore, ebbe un ruolo notevole negli allora delicati equilibri politici nell’Italia settentrionale e diede un grande impulso all’organizzazione della vita ecclesiastica novarese. Nel 1132 il vescovo aveva ospitato a Novara Innocenzo II, il quale per l’occasione consacrò il Duomo cittadino. La chiesa di Casalvolone è successivamente indicata come “Ecclesia de Casali” nei testimoniali del 1157 e risulta consacrata dal vescovo Riccardo nel 1118–19. In origine parrocchiale e decentrata rispetto al centro di Casalvolone, l’antica pieve è attualmente chiesa cimiteriale. Fu restaurata e fors’anche ampliata nel XV secolo anche se una costruzione era presente nello stesso luogo prima dell’anno 1000.

Storia di Casalvolone

Per comprendere meglio la storia della chiesa, come mi suggeriscono Paolo e Sergio, è necessario indagare la storia di Casalvolone. Il paese ha origini antiche e vicende travagliate per tutto il Medioevo, durante il quale Casalvolone è terreno di scontri e passa di potentato in potentato — segno che si trattava di una terra contesa e ricca. Lo dimostra l’esistenza, oltre alla Pieve di San Pietro, di un’abbazia (ora scomparsa, retta prima dai benedettini, indi dai cistercensi), di un importante ricetto (di cui rimangono solo alcuni resti delle mura) e di un altro castello nella frazione di Pisnengo che si suppone edificato dai Monferrato nel XIV secolo.

Come ricorda Sergio Negri, il nome del paese per alcuni deriverebbe da Castra Volonum, ossia dagli accampamenti romani di volontari al tempo delle guerre contro i Cimbri, sconfitti nella battaglia dei Campi Raudii, forse proprio presso Vercelli, nel 101 a.C. Per altri il toponimo risale a dopo il 1000, allorché tutti gli atti indicano il paese come Casale o Casale Gualonis, dal nome della famiglia Guala che vi dominò dall’800 al 1350 circa. I Guala avevano origine franca e il loro capostipite venne in Italia al seguito di Carlo Magno. Da questi ricevette varie proprietà e la famiglia salì presto a grande dignità visto che già nel 996 un certo Gualberto risulta nominato conte di Casale.

Genealogia dei Signori di Casalegualone
Genealogia dei Signori di Casalegualone, tratta dal volume “Bulgaro (Borgovercelli) e il suo circondario” di Marco Perosa, Dell’Erra, 1889.

Al principio dell’XI secolo i Casalvolone (il nome è ormai tutt’uno col paese) sono al fianco di Arduino d’Ivrea contro il vescovo di Vercelli e l’imperatore. Dopo la sua sconfitta, su richiesta proprio di Leone di Vercelli, i Guala e altre famiglie sono soggette a confische imperiali. È probabile che in questa fase i Casalvolone si siano sottomessi al vescovo per ottenere il perdono imperiale e la restituzione dei possedimenti. Difatti, nel 1039 l’imperatore Corrado II conferma a Guala di Casalvolone la proprietà di vari terreni e beni nell’attuale centro abitato e in altre località circostanti.

Sotto il controllo vercellese

Stemma dei Signori di Casalvolone, tratta dal volume “Bulgaro (Borgovercelli) e il suo circondario” di Marco Perosa, Dell’Erra, 1889.
Stemma dei Signori di Casalvolone, tratta dal volume “Bulgaro (Borgovercelli) e il suo circondario” di Marco Perosa, Dell’Erra, 1889.

Dal 1140 Casalvolone passa sotto il controllo di Vercelli, comune in rapidissima ascesa. Nel 1149 un certo Gualone di Casalvolone figura infatti come console cittadino e la presenza dei Casalvolone nell’aristocrazia consolare vercellese continua anche con la generazione successiva, segno che almeno parte della famiglia si era trasferita presso la città eusebiana. Nel 1152 Federico Barbarossa conferma a Guala di Casalvolone il possesso, in forma di feudo imperiale, del “districtum” di Casalvolone, mentre nel 1186, in seguito a difficoltà economiche, i Guala stipulano un accordo con Vercelli. Praticamente il paese diventa feudo cittadino: la famiglia giura fedeltà al comune e riconosce la sua giurisdizione sulle proprie terre.

Intorno al 1222, con una virata improvvisa, i Guala si ribellano al governo vercellese e sostengono il comune di Novara, in guerra contro Vercelli. Guglielmo fu Guala da Casalvolone e i suoi figli Guido e Giacomo sono dichiarati traditori e Casalvolone è borgo franco. In seguito la famiglia è definitivamente spogliata dei possedimenti in paese: sul posto risiede ormai un podestà vercellese, mentre Guido e Giacomo, anche dopo essere stati perdonati, non possono risiedere a Casalvolone senza il permesso del comune. Infatti, all’incirca dal XIV secolo, il nome “Guala” sparisce dai documenti relativi a Casalvolone.

Il dominio novarese

Si deve attendere il 29 settembre 1378 per assistere al passaggio sotto il dominio novarese di Gian Galeazzo Visconti. Nel 1404, dopo le rovinose lotte tra i Visconti e i marchesi di Monferrato, Casalvolone e il suo castello cadono nelle mani di Teodoro II Paleologo. Poco dopo il paese diventa proprietà Savoia, i quali lo concedono in feudo a Eusebio Bulgaro fino al 1500. Questi apparteneva a un’influente famiglia con proprietà nel Biellese e nel Vercellese, forse derivante da una ramificazione degli stessi Guala.

All’inizio del 1500 Sebastiano Ferrero, feudatario biellese legato ai Savoia e imparentato con i Bulgaro, acquista Casalvolone. Da questi passa alla famiglia Ferrero-Fieschi fino al XVII secolo. Con atto del luglio 1694, il marchese Giorgio de Clerici, marito della marchesa Giovanna Ferrero Fieschi, vende all’avvocato Giovan Batta Gibellini di Novara i feudi di Casalvolone, Villata e Ponzana.

Video realizzato a cura dell'associazione Nuovo Spazio Casalvolone per promuovere la conoscenza dell'antica Pieve di San Pietro.

Tracce di storia

Tracce di simili vorticose vicende emergono da alcuni affreschi custoditi nella pieve. Uno di questi è noto come Madonna della Misericordia. Commissionato nel 1478 da Eusebio da Bulgaro (come detto, feudatario e fedele ai Savoia) e attribuito alla bottega del novarese Tommaso Cagnola, in realtà il dipinto — ricorda Paolo Abelli — potrebbe essere un omaggio a Casa Savoia. Secondo questa interpretazione, il personaggio centrale sarebbe Iolanda di Valois, moglie di Amedeo IX (sepolto nel Duomo di Vercelli), circondata dai figli a lutto per la morte del capofamiglia.

Pieve di Casalvolone - Affresco della Madonna della Misericordia.
Affresco della Madonna della Misericordia.

Nella vicina absidiola sinistra spicca un affresco staccato negli anni ’70 e trasferito, su una calotta di vetroresina, nella chiesa parrocchiale prima di far ritorno al luogo d’origine. Il dipinto ritrae Gesù crocifisso con San Giovanni Battista e la Madonna (detta della Cintura) al suo fianco. Inginocchiati, alcuni membri incappucciati del movimento dei Battuti, o Disciplinati Bianchi, fondato nella seconda metà del 1300. Nell’affresco è inglobata la scritta “Poenitentiam agite, ecce enim appropinquabit regnum cœlorum”.

Pieve di Casalvolone_Affresco raffigurante Nostro Signore Crocifisso.
Affresco posto nell’absidiola sinistra raffigurante Nostro Signore Crocifisso.

Il dipinto più complesso ricopre il catino dell’abside maggiore. In esso, secondo Abelli, si distinguono le due maggiori scuole operanti in zona nel XV secolo. La mano di Tommaso Cagnola è evidente nel registro mediano, dove sono rappresentati gli Apostoli, ciascuno recante un versetto del Credo; mentre la parte superiore, raffigurante il Cristo in Mandorla con le simbologie degli Evangelisti e una serie di santi e profeti, è da attribuire a un certo Bartulonus, novarese.

Pieve di Casalvolone_Veduta d’insieme del ciclo di affreschi situati nell’abside centrale.
Veduta d’insieme del ciclo di affreschi situati nell’abside centrale.

Il Cristo con la mano destra non è benedicente, ma chiede il silenzio per pronunciare la Parola e tiene aperto un libro con la scritta “Ego sum lux mundi, via veritas et vita”. In basso, un’altra iscrizione reca il nome del benefattore, che ne commissionò la realizzazione, e la data di esecuzione: “Mafeus de rigonibus de vale Taegis armiger fecit fieri hoc opus 1478 de mense aprilis”. Curioso come questo benefattore provenisse dalla Val Taleggio (“vale Taegis”), non lontana dalla Svizzera e in direzione di questa. Provenienza che tuttavia spiegherebbe anche il ritratto di San Gottardo, vescovo venerato in diverse località dell’Italia settentrionale e canonizzato dal citato Innocenzo II. Se questi ed altri affreschi sono sopravvissuti, lo dobbiamo a una pratica apparentemente dissennata in uso nel ‘700, ossia l’intonacatura delle pareti interne. Fu proprio lo strato di intonaco a conservare i dipinti prima di restituirli, una volta rimosso, in uno stato accettabile che ha richiesto solo qualche lavoro di riattamento.

Pieve di Casalvolone_Particolare del Cristo in Mandorla.
Particolare del Cristo in Mandorla.

I restauri

A proposito di restauri, nel 1976, sotto la direzione di Maria Grazia Cerri, ebbero inizio i lavori di restauro architettonico della pieve. Da una ricognizione precedente, l’edificio aveva rivelato uno stato di conservazione tanto precario da far temere crolli e rendere necessarie riparazioni profonde. Le parti messe peggio riguardavano la zona mediana dell’abside centrale, interessata da una fenditura verticale continua, l’absidiola di destra, anch’essa vistosamente lesionata, e la copertura del campanile, in avanzato stato di degrado.

Nel corso degli scavi esterni furono poi rinvenute alcune tombe del tipo a cassetta e a cappuccina, mentre all’interno della chiesa risultavano parecchi sepolcri in seguito rimossi insieme alle lapidi. È certo si trattasse perlopiù di sepolture di parroci del posto, la più antica delle quali datata 1591. Il pavimento attuale fu rifatto fedele all’originale, all’epoca quasi totalmente asportato per far posto alle tombe.

Fondamenta più antiche

Pieve di Casalvolone_Ingresso e portico.
Ingresso e portico.

Ma un dato ancora più importante venne alla luce durante gli scavi. All’altezza dell’abside furono infatti rinvenute tracce di fondamenta di una costruzione anteriore all’attuale e di ampliamenti successivi. L’esistenza di un edificio religioso antecedente dovrebbe essere provato anche da un documento risalente al 975, nel quale un terreno a Casalvolone è descritto confinante con “de una parte terra Sancti Petri”. Di tale primitivo impianto sembra che l’unica parte rimasta in elevazione sia la facciata della chiesa, tipica romanica e ripartita dalla scansione di quattro lesene, alla quale fu in un secondo tempo addossato un piccolo portico voltato ad arco e, al lato destro, forse nel corso del XVII secolo, un ossario caratterizzato da una pregevole inferriata in ferro battuto. Sulla facciata si possono ancora ammirare, da un lato, un san Giuseppe affrescato nel 1495 e, dall’altro, un dipinto rappresentante san Giovanni risalente al 1661. Al centro campeggia un ritratto della Vergine con gli Apostoli Pietro e Paolo.

Le murature dell’edificio sono in materiali poveri ciottoli di fiume e frammenti di laterizi. La chiesa oggi presenta una struttura a tre navate suddivisa in quattro campate sorrette da pilastri a fascio e ricoperte da volte a crociera. Antecedentemente aveva una copertura in legno, e quando furono realizzate le volte in muratura, l’assetto dell’edificio subì notevoli ripercussioni evidenti dalle inclinazioni delle murature laterali.

Pieve di Casalvolone - Affresco sul portale dell’ingresso.
Affresco sul portale dell’ingresso.

Il campanile

Di tutto il complesso, il campanile è l’unico elemento che, per coerenza strutturale e formale, ha mantenuto intatta la propria unitarietà. A proposito del campanile, vale la pena riportare la descrizione dell’architetto Cerri:

La sua forma si disegna nello spazio attraversata e accarezzata dalla luce e un effetto voluto di rastremazione verso il cielo ne accenna lo slancio. Esempio splendido di un linguaggio costruttivo che supplisce alla semplicità dei mezzi con una sensibilità che sa cogliere e trarre dalla povertà del materiale ogni possibile carica espressiva … esso comunica lo spirito genuino del costruire romanico.
Campanile della Pieve di Casalvolone
Campanile

Il campanile, suddiviso in cinque piani da specchiature ad archetti, è sicuramente preesistente all’attuale costruzione a tre navate. Era forse addossato alla parete meridionale della chiesa precedente, mentre oggi è in buona parte inglobato nella navata destra.

Gli ultimi restauri in ordine di tempo hanno riguardato proprio il campanile.

“Non si è trattato di un restauro strutturale” – puntualizza Sergio Negri, “ma ha riguardato la scala interna del campanile, ormai marcescente, e i danni provocati dai volatili. Abbiamo quindi avviato un’operazione di raccolta fondi alla quale hanno aderito la Cassa di Risparmio di Torino e la Fondazione Novarese, e grazie alla quale è stato possibile portare a termine i lavori nell’estate 2017”.

👍 Grazie a Paolo Abelli e Sergio Negri per la competenza e per l’ospitalità.

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Bibliografia

  • Barbero A., Vassalli vescovili e aristocrazia consolare a Vercelli nel XII secolo, in Vercelli nel secolo XII. Atti del quarto Congresso storico vercellese, Vercelli, Salone S. Eusebio, 18–19–20 ottobre 2002, Vercelli, Saviolo, 2005, pp. 217–309.
  • Cerri M. G., Casalvolone — S. Pietro al Cimitero: relazione di restauro, in Gavazzoli Tomea M. L. (a cura di), Novara e la sua terra nei secoli XI e XII. Storia, documenti, architettura, Milano, Silvana, 1980, pp. 103–118.
  • Novara Sacra, Guida per il Clero per l’anno 1926, Novara, Tipografia San Gaudenzio, 1933.
  • Perosa M., Bulgaro (Borgovercelli) e il suo circondario, Vercelli, Dell’Erra, 1889.
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