Sigaretta in una mano, sguardo da duro e smorfia da gangster su un elegante vestito arricchito da un papillon nero: Fred Buscaglione, il profeta dello swing italiano, è entrato nella storia musicale italiana con la sua immagine da Chicago anni ’20, una città fatta di “bambole” accompagnate da uomini “dal whisky facile”.
Ma Buscaglione non era solo questo: quel torinese che da giovane tutti chiamavano Nando ‘d piassa Cavour era prima di tutto un grande musicista, un vero e proprio appassionato delle sette note in grado di suonare non solo il violino, del quale era un vero e proprio maestro, ma anche tromba, sassofono e fisarmonica.
Un grande professionista e un grande torinese che il destino ingrato si è portato via troppo presto.
La sua storia inizia a Torino il 23 novembre 1921: Ferdinando (questo il suo vero nome) Buscaglione è figlio di Mattia, originario di Graglia (Biella), che nel capoluogo piemontese dasia el bianc (verniciava) a ringhiere e infissi, e di Ernesta Poggio, che invece si occupava della portineria di via Cavour 3, dove la famiglia viveva assieme a Maria Teresa, secondogenita e tre anni più giovane di Ferdinando.
Sin dall’inizio in casa Buscaglione la musica non mancava mai: la madre Ernesta, infatti, diplomata in pianoforte, dava occasionalmente lezioni di musica, mentre il padre da giovane aveva suonato la fisarmonica e la chitarra alle feste con gli amici. Così, accompagnato da un’aria di Puccini e una fuga di Bach, il piccolo Ferdinando respirò a pieni polmoni la passione per le sette note: tra una partita di pallone e l’altra nei giardini di piazza Cavour, il futuro Fred si trovò ben presto a frequentare lezioni di violino e poi, nel 1933, a quasi 12 anni, a fare il suo ingresso come studente nel conservatorio “Giuseppe Verdi” di piazza Bodoni.
Le lezioni di armonia, composizione e storia della musica non erano però molto nelle corde del giovane Buscaglione che sentiva scorrere nel sangue la febbre del jazz e dello swing e sognava la New York dove nei club i musicisti erano liberi di esprimere la loro creatività e dare vita a nottate infuocate dove la musica era la regina assoluta.
Nel 1936, inoltre, la famiglia Buscaglione si allargò con la nascita di Umberto e il Conservatorio divenne una spesa in più che non ci si poteva permettere. Fu così che Ferdinando salutò le aule del Conservatorio: ancora non lo sapeva, ma gli insegnamenti appresi al Bodoni, anche se non sempre graditi, gli sarebbero state molto utili in futuro. Prima però bisognava darsi da fare e portare a casa un po’ di soldi per aiutare la famiglia: fattorino in un negozio di casalinghi, pellettiere, apprendista odontotecnico in uno studio di San Salvario e imbianchino insieme al padre. La voglia di lavorare non gli mancava di certo, ma nel suo cuore rimaneva un unico e grande amore: la musica.
Fu così che nel tempo libero Ferdinando non smise di impegnarsi e di imparare: da autodidatta, facendo tesoro dei rudimenti appresi, divenne un ottimo musicista in grado di passare con disinvoltura dal violino al sassofono passando per il contrabbasso, la fisarmonica e la chitarra. Un potenziale artistico che veniva alimentato dalla Torino fine anni ’30, una città curiosa e aperta verso le nuove sonorità: nel 1935 Louis Armstrong aveva infatti tenuto un concerto al Teatro Politeama Chiarella di via Principe Tommaso 6, mentre nel 1939 l’Hot Club Torino trovò il suo locale di riferimento nella taverna Sobrero che da quel momento sarebbe diventata il punto di riferimento per tutti gli appassionati e i musicisti jazz.
Un fervore artistico nel quale Buscaglione si tuffò senza remore: furono anni di concerti come contrabbassista in piccole orchestre nei locali più noti di Torino, come il Fortino di via Cigna o lo Stadium di corso Peschiera, o presso hotel, come l’Hotel Ligure in piazza Carlo Felice, al quale si aggiungevano le esibizioni in duo con Renato Germonio alla fisarmonica. Concerti che appagarono la voglia di esibirsi di Ferdinando e che gli permisero anche di iniziare a guadagnare qualche soldo, sempre senza dimenticare la sua passione per il violino, ‘l merlus (il merluzzo) come lo chiamava lui. Una gavetta non sempre facile e che richiese molti sacrifici, ma che formò artisticamente il giovane musicista.
Tutto cambiò però il 10 giugno 1940: l’entrata in guerra dell’Italia travolse anche Buscaglione che venne arruolato nel reggimento di fanteria della Divisione Calabria stanziato nel nord della Sardegna. Fine della musica? Niente affatto: anche da militare Ferdinando non riuscì a stare lontano dalle sette note e con una chitarra era in grado di intrattenere i commilitoni che lo ascoltavano affascinati. La sua capacità artistica non passò inosservata e ben presto entrò a far parte della “sezione spettacoli” dell’esercito con la quale riuscì a mettere in piedi un’orchestra di dieci elementi che chiamò Complesso Buscaglione e un gruppo artistico di sessanta elementi che avrebbero dato vita a spettacoli di teatro e musica.
Cimentandosi anche nel canto solista, Buscaglione divenne così un punto di riferimento per i militari in Sardegna, che potevano anche ascoltarlo sulle frequenze dell’emittente libera Radio Sardegna, nata in una grotta di Bortigali, vicino a Nuoro. Proprio questa emittente si rivelerà una delle prove più intense e formative per Buscaglione: la piccola, ma tenace radio, infatti, aveva presto iniziato a programmare esecuzioni di brani dal vivo con vari gruppi di musica leggera. Quando si diffuse la voce che era alla ricerca di musicisti per la propria orchestra, Buscaglione non si fece sfuggire l’occasione e in breve creò una sua compagine in cui il giovane torinese suonava il violino accompagnato da un’ottima sezione ritmica e un’invidiabile ensemble di fiati. Quel gruppo di commilitoni e di amici prese il nome di Aster, un quintetto che deliziò le ore di molti in quei giorni in cui la guerra calava il suo manto di tristezza e morte sull’Italia.
Raggiunta la pace, dopo oltre quattro anni di vita militare, Buscaglione tornò alla vita civile con un bagaglio di esperienza incredibile: nella Torino dell’immediato dopoguerra, quella città dove nel luglio del 1945 nacque Jazz, il primo periodico in Italia, l’ex militare non ebbe alcuna difficoltà a trovare ingaggi con alcune delle più note orchestre cittadine. La vita ritornava alla sua normalità: c’era un’Italia da ricostruire, una cultura da rimpinguare e tanta musica da ascoltare e da ballare. Chi poteva aveva voglia di lasciarsi alle spalle la guerra, con i suoi lutti e le sue tragedie, e così, anche nella Torino liberata, i locali da ballo, o tabarin, riaprivano i battenti per regalare alcune ore di spensieratezza a tutti gli appassionati di musica. La Sala Ballo Serenella in via Cesana, il Giardino d’Inverno di corso Stati Uniti, il Chatam in via Teofilo Rossi, la Tavernetta del bar Sestriere in via Amendola e molti altri divennero nomi noti a tutti gli amanti del jazz e dello swing, sicuri di poter assistere ad esibizioni di livello grazie alla moltitudine di egregi musicisti presenti in città.
Spesso le formazioni duravano lo spazio di qualche concerto o pochi mesi, in un frenetico e accattivante fermento artistico che alimentava una scena musicale cittadina in continua evoluzione ed espansione.
In un simile contesto era quindi naturale che Buscaglione si trovasse a suo agio: l’esperienza maturata durante la guerra, con il Complesso Buscaglione e con gli Aster, aveva permesso a Ferdinando di acquisire dimestichezza non solo con gli strumenti musicali, ma anche con gli orchestrali, stabilendo legami in grado di andare oltre la semplice collaborazione artistica. Tra i primi ingaggi ci fu quello con un’orchestra impegnata a intrattenere il pubblico del Dancing Augusteo e poi al Columbia di via Goito: durante queste serate Buscaglione dava prova della sua bravura al contrabbasso e non disdegnava di esibirsi in alcuni assoli di violino o al microfono per interpretare il brano I’m confessing dear, I love you.
Ma nella mente di Buscaglione rimaneva un progetto da realizzare: riformare gli Aster, ritornare a suonare insieme a quegli amici con cui aveva condiviso gli anni della guerra e con i quali si era stabilito un sodalizio forte e sentito. Finalmente nel 1947 quel desiderio a lungo covato si trasformò in realtà e il mitico quintetto di riunì sotto la Mole: assieme all’infaticabile Fred Buscaglione, c’erano i vecchi amici e colleghi Franco Pisano, Giulio Libano, Bruno Martelli e Vittorio Belleli ai quali si aggiunsero Sergio Valenti, Lino Garavelli e Nino Gay. Quanto tutto fu pronto l’orchestra fece il suo debutto all’Oriental Dancing di Alassio: una serata di puro swing con gli Asternovas, cioè i nuovi Aster.
Purtroppo l’avvenuta durò meno di quel che si sperava e, dopo essersi esibiti in alcuni locale piemontesi e lombardi, la formazione non riuscì a sfondare: che fosse il tipo di musica che offrivano o l’ingaggio troppo esoso richiesto, il fatto è che ben presto gli Asternovas si trovarono senza date e fu quindi naturale mettere la parola fine a quel complesso. Buscaglione tornò quindi a suonare in diverse orchestre prima di fare il grande passo e prendere una decisione che cambiò la sua vita.
Nel 1948 ormai Ferdinando poteva contare su una grande esperienza: la sua abilità come musicista era fuori discussione e anche le sue perfomance come cantante risultavano molto gradite al pubblico. Bisognava però fare di più, pensò Buscaglione. Se si voleva davvero sfondare e vivere di musica si doveva osare e gettare il cuore oltre l’ostacolo. E così fece: accettò la proposta di un impresario svizzero e, da solo, andò in terra elvetica per suonare violino e contrabbasso in formazioni che si esibivano nei night club di Basilea prima di partecipare a tournée in Olanda e in Germania.
Nel 1949, a solo 28 anni, Fred Buscaglione entrò nell’olimpo dei musicisti jazz europei: la rivista Musica jazz, infatti, mise il suo nome al secondo posto nella classifica dei migliori violinisti europei di jazz, subito dopo il grande Stéphane Grappelli. Un risultato che il giovane torinese difese negli anni fino al 1952 quando la rivista lo consacrò posizionandolo sul gradino più alto del podio. Fu in quel crescendo di popolarità e maestria jazzistica che Buscaglione si fece raggiungere dai vecchi amici: gli Asternovas non erano finiti e quella che poteva sembrare la fine del gruppo, in realtà, fu solo una pausa.
Rimessi assieme i fedeli musicisti, Buscaglione e i suoi Asternovas si lanciano in una serie di concerti in giro per la Svizzera e la Germania: Locarno, Ginevra, Zurigo, Losanna, Amburgo, San Gallo, Francoforte, e Norimberga furono alcuni dei luoghi dove la compagine si esibì riscuotendo il meritato successo. Ed è proprio durante una di queste serate che il musicista torinese incontrò la sua futura moglie, Fatima Ben Embarek, acrobata e cantante marocchina, nata a Dresda, che si esibiva assieme al padre, Mohamed, e alla sorella, Aisha, formando il Trio Robin’s.
L’iniziale amicizia si trasformò ben presto in sincero amore, anche se i due erano costretti a vedersi di nascosto viste le resistenze del padre che considerava Buscaglione un Casanova. Ma l’amore fu più forte di tutto e, quando non c’è la possibilità di seguire le classiche regole e l’iter previsto in questi casi, occorre darsi da fare e inventarsi qualcosa. Fu così che Ferdinando e Fatima partirono per quella che in apparenza sarebbe stata un’innocente vacanza di pochi giorni, ma che, come programmato dai due, si trasformò in un sodalizio d’amore che troverà il suo coronamento il 29 maggio 1954 nella chiesa di via San Massimo, a Torino. Un sodalizio in grado di unire amore e arte che però durò solo cinque anni, fino al 1959, quando i due si separarono.
Dopo il lungo tour europeo, Buscaglione tornò a Torino con la sua Fatima e assieme alla sua orchestra proseguì l’attività artistica esibendosi nei locali cittadini, come il Roof Garden Florida, in piazza Solferino. E fu proprio in questo periodo di intensa attività che iniziò la collaborazione con Leo Chiosso, vecchio amico d’infanzia, classe 1920, e avvocato. L’amicizia tra i due divenne un vero e proprio sodalizio artistico con Buscaglione a comporre la musica sulla quale Chiosso scriveva testi innovativi, diversi da quelli in voga e che avrebbero creato negli anni a venire il personaggio Fred Buscaglione fatto di whisky, “pupe” bellissime e duri dall’arma facile.
Una figura che velocemente entrò nell’immaginario collettivo e che Buscaglione cercò in parte di rimpiazzare verso la fine degli anni ’50 interpretando brani più lenti e romantici, prima di andare incontro al fato e morire tragicamente all’alba del 3 febbraio 1960 in un incidente d’auto. Nando ‘d piassa Cavour aveva solo 38 anni.