Illustrazione © Ginger Berry Design

L’Associazione Geronimo Carbonò, il Tanaro, il cuneese (o la Tanària)

Possono le voci di un fiume tracciare geografie e suggerire identità?

Torinese di nascita e di adozione ma valsusina nell’identità e nel cuore, è dottore di ricerca in Filologia romanza. Nella prossima vita vorrebbe fare il liutaio e parlare correntemente otto lingue, di cui almeno tre scomparse; nel tempo libero però si accontenta di essere appassionata di musica, di strumenti musicali e di trascrivere manoscritti.

  

Iniziamo con lo sgomberare il campo da legittimi dubbi, che sorgono spontanei soprattutto di questi tempi in cui si difendono identità territoriali come se si trattasse di cose serie: la Tanària è un gioco.

Tanària libera!

“Chi ce l’ha (il fiume) più lungo?” è la domanda provocatoria che l’Associazione Geronimo Carbonò ha posto per stimolare una riflessione dai contenuti legittimi e importanti: può un elemento della geografia accomunare luoghi diversi?

Giovani Tanàri in una manifestazione politica.
Giovani Tanàri in una manifestazione politica.

Può un fiume essere il pretesto per recuperare un sentimento di fratellanza e di appartenenza a una provincia grande e molto disunita? Si può fare questo in modo semi-serio, cioè utilizzando stereotipi e giochi di parole che funzionino da copia caricaturale di partiti politici e assembramenti improbabili di persone? Sì, se lo si fa attraverso l’arte, che tutto può, e con l’intelligenza, che tutto comprende. Grazie alla postulazione di un equivoco, come quello dell’esistenza di una Tanària al pari e contrapposta ad una fantomatica Padania, si può giocare con i concetti di identità geografica, comunitaria e linguistica e riflettere su cosa significhi abitare un certo luogo e rapportarsi a esso, parlare una certa lingua e guardarla evolvere e comportarsi in modi tra loro differenti, osservare come le persone si rapportano a questi oggetti.

Le voci del Tanaro

Il documentario Aigua, Eua, Oiva, Aqua — Le voci del Tanaro, a opera dell’Associazione, narra il viaggio che un poeta adagiato nel cassone di un’ape compie lungo il percorso del fiume Tanaro, alla ricerca di personaggi e luoghi che mostrino e raccontino se stessi.

Le voci del Tanaro - locandina
Locandina “Le voci del Tanaro”.

Il lungometraggio mostra esattamente le due facce della medaglia: quella faceta del gioco, della caricatura e della presa in giro di un certo modo di intendere appartenenza geografica e linguistica, e quella seria di riflessione sul concetto di identità.

Nell’idea che il Tanaro sia più lungo del Po se misurato sommando l’estensione anche di due affluenti — che la toponomastica conosce come Negrone e Tanarello — alcuni ci sono cascati: c’è chi maneggia il concetto di identità (o almeno parte di esso) con molta serietà, come se fosse qualcosa che esiste prima di noi e non qualcosa che si crea e che cambia.

Il documentario è un viaggio etnolinguistico lungo il percorso del fiume Tanaro. I 276 km che segnano la discesa delle acque sono caratterizzati da profonde differenze e idiosincrasie di carattere linguistico, culturale, geologico e ambientale. Un poeta dialettale, dotato di Ape Piaggio e accompagnato da un coniglio e da un fedele autista, ha intrapreso una lenta discesa lungo il fiume, soffermandosi sulle variazioni linguistiche che per secoli hanno determinato la vita delle comunità umane.

Indossare una lingua

L’identità territoriale è profonda, è un campanilismo,

mi dice Alessandro Ingaria al telefono.

Qualcosa di profondo si attiva: uno che fino a un secondo prima si credeva abitante di Mondovì, ora è anche abitante di Tanària. Un parallelo è con l’Occitania, invenzione degli anni Cinquanta, in cui si inventa questa cosa che va dall’Italia alla Spagna. Questa idea dell’Occitania ha avuto un tale successo che molti oggi portano bandiere, difendono una lingua, vanno a rapportarsi con un’identità nuova che fino a cinquant’anni prima era sconosciuta.
Bandiera della Tanaria
Bandiera della Tanaria che riprende l'"Uomo di Bego”, proto-arte graffiata dai proto-tanàri nella Valle delle Meraviglie.

E quale può essere il risvolto positivo di queste creazioni identitarie?, chiedo io.

Mah, vedi che questa cosa della Tanària noi l’abbiamo trattata in termini ilari, ma magari poi ha successo. Magari succede la cosa buona che in un territorio disunito si ritrova un po’ di unione di intenti. Il che non può che essere positivo. Abbiamo persino fatto raccontare al signor Zappalà (un personaggio del documentario “Le voci del Tanaro”, quello che fa il rito dell’acqua del Tanaro, mostrando come si trasformi in vino) la storia del pomodoro originario del Tanaro, il fantomatico “Tomaticus Tanarius”: più persone alla fine della visione ci hanno chiesto se davvero il pomodoro è un frutto originario del Piemonte, e non dell’America del Sud. Gli abbiamo detto di sì.

Questa lingua crea, quindi…

La lingua è l’abito che indosso, anche quando non me ne accorgo e non ci penso, ossia nella maggior parte del tempo. Il documentario aiuta a riflettere su questo abito e a promuovere e portare a conoscenza qualcosa che si sta perdendo, come ad esempio il dialetto piemontese. Noi abbiamo fatto una fotografia di un dialetto in un momento e in un luogo, ed emergono cose che per alcuni sono paradossali, ad esempio che oggi i parlanti di lingua madre (L1) del dialetto sono i sinti. Il vero piemontese è il nomade, perché per motivi storici e per ciò che spesso è capitato, da una chiusura identitaria consegue poi che ciò che incorpori del paese in cui abiti diventa un motivo di difesa forte dell’identità che hai così faticosamente acquisito.
Coniglio Lapo presidente della Tanaria
Lapo Lapin (Lapo Coniglio), presidente della Tanaria [non sinistra e destra, ma anteriore e posteriore]
con riferimento al fiume Negrone, principale affluente del Tanaro, e al concetto piemontese di “gàbie”, “stupido”.

Wow [uao]!, penso; qui abbiamo a che fare con discorsi importanti. Ma chi sono i fondatori dell’Associazione, cosa fanno nella vita normale, quando non indossano i panni del supereroe? E poi perché si sono dati questo nome strano?

Una cosa alla volta.

Un sindaco cinefilo

Alessandro Ingaria, sindaco del Comune di Priero, è regista, al momento sta lavorando a un nuovo documentario più strutturato cinematograficamente — questa volta non per l’Associazione — dedicato al concetto di alterità, unendo la storia di tre personaggi che hanno come filo comune l’accettazione dell’altro: un guardiaparco che si ammala di leucemia e tramite un percorso umano va verso un trapianto di cellule staminali; una donna che affronta la sterilità e dopo molti tentativi decide di adottare una bambina; un chirurgo di guerra che decide di andare in Afghanistan (Ingaria ovviamente si è anche recato là per girare). Si intitolerà Nostra signora del labirinto, sarà prodotto dall’Associazione (che è anche casa di produzione) con il sostegno di Piemonte Film Commission, Montura ed Emergency.

Diverse anime e nuovi progetti

Come prosecuzione de Le voci del Tanaro invece i soci stanno pensando a un documentario sull’amore. Partendo dalla constatazione che in piemontese ti amo non si può dire se non con giri di parole allusivi ma molto indiretti, diminutivi e vezzeggiativi, il film vorrebbe essere un’esplorazione del rapporto tra abito (lingua) e carattere (forse timido, forse schivo, forse chissà) del parlante piemontese.

Nicola Duberti l’abbiamo già potuto conoscere come scrittore e poeta, professore di materie umanistiche presso la scuola pubblica e di piemontese presso l’Università di Torino. Sandro Bozzolo è anche lui regista, e a periodi alterni lavoratore della campagna assieme alla famiglia. Tra gli altri fondatori poi ci sono musicisti, altri professori: varie e diverse anime.

Importante attività dell’associazione è quella di occuparsi di migrazioni e migranti sul territorio, come si può leggere sulle pagine del sito, www.geronimocarbono.org.

Chi era Geronimo Carbonò?

Geronimo Carbonò
Una foto rinvenuta nell’archivio familiare di Jaime Lastra a Barranquilla, Colombia. Secondo lo storico della fotografia J. Barzurna, è lecito pensare che si tratti di Geronimo Lagomarsino, alias, Carbonò.

Nomina sunt omina: Geronimo Carbonò, originariamente Gerolamo Lagomarsino, nasce alla fine del XVIII secolo a Sanremo da madre di origini piemontesi. Rimasto orfano decide di lasciare l’Italia, trasforma il suo nome e parte per il Sud America per unirsi alla lotta per la liberazione della Colombia a fianco di Simòn Bolìvar. La richiesta della nipote di recuperare per sé e la sua famiglia la cittadinanza italiana è stata rigettata dall’ambasciata, per via dell’identità nazionale rinnegata dall’avo Geronimo.

L’Associazione somma in sé questi ideali e queste attività (insieme ad altre che qui non sono state dette), e cerca di fare quello che anche il concetto di Tanària si propone: unire un territorio, ricordare cose che piano piano è fisiologico dimenticare, creare cultura che sia discussa e condivisa anche nella provincia, non solo nella città.

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