Il giovane Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, futuro duca degli Abruzzi, venne fermato per strada un giorno da una zingara, che gli disse “Un giorno siederai sul trono, e tuo papà ti porterà la Regina più bella del mondo.” Ma lui le rispose “Sciocchezze! Cosa ne sai! Io sarò un marinaio e navigherò in tutto il mondo e sposerò chi voglio”.
Il ragazzo aveva le idee chiare.
Il principe Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di Savoia-Aosta nacque a Madrid il 29 Gennaio 1873. Suo padre, il Duca d’Aosta, era da tre anni Re di Spagna, e a Luigi Amedeo sarebbe quindi toccato il titolo di Infante di Spagna, ma poiché il Duca d’Aosta abdicò poco dopo la sua nascita, Umberto I di Savoia creò il titolo di Duca degli Abruzzi appositamente per lui. Ma il titolo gli sarebbe stato assegnato solo nel 1890, alla morte del padre.
E a poco più di sei anni, Luigi Amedeo venne arruolato come mozzo nella Regia Marina, essendo stato destinato, come da tradizione familiare, alla carriera militare. Nel tempo libero sarebbe stato affidato a Francesco Denza, padre barnabita ma soprattutto scienziato e naturalista, fondatore della stazione meteorologica di Moncalieri. Sarà durante le estati trascorse con Denza che il giovane Duca svilupperà la passione per l’alpinismo.
La passione per la montagna evolve parallelamente alla carriera navale di Luigi Amedeo che viene nominato guardiamarina a sedici anni e si imbarca per una lunga crociera attorno al mondo durante la quale stringe amicizia con Umberto Cagni, che diventerà suo compagno d’avventura nelle successive spedizioni.
Tra il 1892 ed il 1894, il Duca degli Abruzzi si dedica alle scalate nell’arco alpino: Gran Paradiso, Monte Rosa (Punta Dufour, Punta Gnifetti), Massiccio del Monte Bianco (Dente del Gigante, Aiguille du Moine, Petit Dru), accompagnato dalle guide Emile Rey di Courmayeur e Jean Antoine Maquignaz di Valtournenche. In particolare, nell’agosto 1894, insieme ad Albert Frederick Mummery, a John Norman Collie e alla guida Joseph Pollinger, Luigi Amedeo affronta il Cervino lungo la Cresta di Zmutt, un’impresa che gli vale non solo la presidenza onoraria della sezione di Torino del CAI, ma anche l’ammissione nell’esclusivo Club Alpino Britannico.
Nel 1893 la carriera militare reclama il Duca, ora tenente di vascello, che viene inviato in Somalia sulla cannoniera “Volturno”. La Somalia era all’epoca dominio italiano, e la flotta sabauda ebbe il compito di sedare le rivolte e presidiare l’importante porto commerciale di Mogadiscio. Questa prima avventura africana lascerà il segno sul giovane ufficiale.
L’anno successivo Luigi Amedeo compie la sua seconda circumnavigazione del mondo. Durante una tappa a Victoria, nella Columbia Britannica, viene a sapere di una vetta, fra Alaska e Yukon, ancora inviolata — il Mount St. Elias di 5.489 metri. Una montagna che era stata misurata, nel 1792, da un italiano al servizio della corona spagnola, Alessandro Malaspina. E successivamente, durante una fermata in India, in compagnia di Cagni e di Filippo de Filippi, si spingerà fino ai piedi della catena Himalayana.
Tornato in patria dopo ventisei mesi di missione, Luigi Amedeo riprende l’attività alpinistica. Nel 1896 decide che è tempo di organizzare un’importante spedizione. Il suo primo piano è di andare sull’Himalaya e scalare la cima del Nanga Parbat, come tributo al suo amico Mummery che a 40 anni ne aveva tentato la scalata ed era svanito per sempre sulla montagna insieme a due portatori Gurkha. Il governo britannico in India rifiutò di autorizzare la spedizione del Duca a causa di un’epidemia di colera.
Perciò Luigi Amedeo volse nuovamente il proprio sguardo verso l’America, e nell’agosto del 1897, con i suoi abituali compagni d’avventura De Filippi e Cagni, accompagnati da Vittorio Sella e Francesco Gonella, la spedizione del Duca degli Abruzzi conquistò la vetta del St. Elias. E l’anno successivo, Luigi Amedeo conquistò le due vette delle Grande Jorasses, che battezzò Punta Margherita e Punta Elena in onore rispettivamente della zia e della cognata.
Ma gli ultimi anni del XIX secolo vedono anche l’avvio delle grandi imprese polari, e nel 1898 il Duca degli Abruzzi, a bordo della “Stella Polare”, tenta di raggiungere via mare il Polo Nord. La nave, originariamente una baleniera a vapore chiamata “Jason”, era stata ristrutturata nei cantieri navali di Colin Archer, uno specialista in vascelli artici, che la rinforzò perché potesse sopportare la pressione derivante dall’essere intrappolata fra i ghiacci.
La “Stella Polare” fece tappa ad Archangelsk, in Russia, dove l’arrivo della spedizione italiana venne accolto come un importante evento mondano. Stando a un giornale del 7 luglio 1899, il teatro comunale organizzò uno spettacolo straordinario alla presenza del Duca degli Abruzzi con la rappresentazione del dramma La principessa di Baghdad, composto da tre atti. Prima che il sipario si sollevasse, l’orchestra suonò l’inno reale italiano. Lo stesso Duca degli Abruzzi annotò nel proprio diario:
La nostra partenza era fissata per il 12 luglio. Al mattino presto la chiesa venne aperta a noi e, pur essendo cattolici, ci fu permesso di unirci alla messa. Nel pomeriggio tutti i cani sono stati riportati a bordo nei loro canili. La sera la Stella Polare lasciò il porto e fu scortato da due piroscafi lungo la Dvina. Sono rimasto a terra, così come il dottor Cavalli, per passare la serata insieme ai nostri amici italiani. La sera dopo lasciammo Arkhangel’sk. Durante tutto il viaggio abbiamo visto issare le bandiere per darci il benvenuto.
Venti uomini parteciparono alla spedizione, tra cui il capitano Umberto Cagni, il tenente F. Querini e il dottor A. Cavalli Molinelli. Il piano del Duca era di andare nella terra di Francesco Giuseppe, nella regione artica, per stabilire un campo in cui stare durante l’inverno e, successivamente, per raggiungere il Polo Nord in slitta trainata da cani attraverso il mare ghiacciato. Il campo invernale venne stabilito sull’Isola Rudolf. La spedizione doveva iniziare alla fine della notte artica. A causa del freddo, il Duca perse due dita, e questo gli impedì di partecipare alla spedizione con la slitta, che venne affidata al comando del capitano Cagni.
L’11 marzo 1900 Cagni lasciò il campo e raggiunse la latitudine 86° 34' il 25 aprile, stabilendo un nuovo record e battendo il risultato di Nansen del 1895 da 35 a 40 chilometri. Cagni riuscì a malapena a tornare al campo il 23 giugno. Il 16 agosto la “Stella Polare” lasciò l’Isola di Rudolf in direzione sud e la spedizione tornò in Norvegia. Durante la spedizione furono esplorate e misurate la costa settentrionale dell’Isola di Rudolf e altre due isole.
Nel 1906 il Duca degli Abruzzi si recò in Africa attratto dal fascino del continente visitato anni prima e ispirato dagli scritti dell’esploratore Henry Morton Stanley riguardo al massiccio del Ruwenzori in Uganda. Erano probabilmente le Montagne della Luna descritte da Tolomeo nella sua Geografia del II secolo, ma nei tempi moderni erano rimaste sconosciute fino a quando Stanley non ne aveva segnalato la presenza nel 1890. Diversi inglesi avevano raggiunto il Ruwenzori dopo Stanley e avevano fatto alcune ascensioni, ma il piano di Luigi Amedeo di Savoia era molto più ambizioso. Durante quella spedizione scalò sedici cime, una delle quali prese il nome di Monte Luigi di Savoia. La sua spedizione produsse le prime mappe adeguate del Ruwenzori, oltre a rapporti sulla flora, la geologia, l’idrologia e la glaciologia dell’area.
Quando il Duca tornò dal Ruwenzori aveva 33 anni, era famoso in tutto il mondo ed era stato promosso ammiraglio. Qualcuno a Napoli aveva pubblicato un libriccino scandaloso intitolato Il Duca si diverte sulle sue presunte avventure sessuali.
Il libro non divertì il Duca; alla polizia di Napoli fu ordinato di sequestrare e distruggere tutte le copie. A prescindere dalle accuse, il Duca era in età da marito da oltre un decennio, ma non aveva trovato una moglie. E tuttavia proprio in quegli anni Luigi Amedeo conobbe Katherine Hallie Elkins, detta Kitty, figlia di un senatore degli Stati Uniti. I due sarebbero stati pronti al matrimonio, ma Vittorio Emanuele III proibì al cugino, che era comunque in linea di successione, di sposare una donna della borghesia, e Luigi Amedeo venne convinto a troncare la relazione. Kitty avrebbe successivamente sposato il figlio di un senatore dell’Illinois. Chissà se in quell’occasione Luigi Amedeo ricordò ciò che aveva detto anni prima a quella zingara…
Nel 1909 fu poi la volta del massiccio del Karakorum dove il Duca degli Abruzzi ed i suoi compagni tentarono di raggiungere la cima del K2, arrivando ad una quota di 6.250 metri. La pista più battuta che conduce alla vetta prende oggi il nome di Abruzzi Spur. Un tentativo di scalata alla vetta del Chogolisa si concluse in un relativo fallimento — Luigi Amedeo non arrivò alla cima, ma segnò un nuovo record mondiale di scalata. Per le sue numerose imprese ed esplorazioni, Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, duca degli Abruzzi, venne eletto Membro Onorario del prestigioso Explorer’s Club di New York.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, il Duca degli Abruzzi fu inizialmente il Comandante in capo della Regia Marina di stanza a Taranto. Fu per sua iniziativa che la marina sabauda intervenne attraverso l’Adriatico salvando l’esercito del Re di Serbia. Pressioni da parte dei governi di Francia e Inghilterra portarono alla sua rimozione, e Luigi Amedeo venne rimpiazzato da Paolo Thaon di Revel.
Trasferitosi in Somalia, il Duca degli Abruzzi si dedicò alla sperimentazione agricola fondando, ad un centinaio di chilometri da Mogadiscio, il Villaggio Duca degli Abruzzi, dove sviluppare nuove tecniche di coltivazione.
Foto dello scaricatore di fondo e dello scolmatore costruiti nel Villaggio Duca degli Abruzzi.
Nel 1920 il Duca creò una nuova corporazione per il suo progetto, la Società Agricola Italo-Somala o SAIS. La sua fortuna personale non era grande, quindi il SAIS ebbe bisogno di estesi finanziamenti esterni, che trovò abbastanza alla svelta — era dopotutto un principe di sangue reale. Le azioni della società vennero acquistate dalle principali banche e dagli interessi commerciali italiani. Il governo italiano prese parte al progetto, concedendo alla SAIS oltre 60.000 ettari lungo lo Scebeli, fornendo materiali bellici in eccedenza e prestiti a basso interesse, e garantendo un mercato italiano protetto per la produzione della SAIS. Nel 1923 verrà costruita una grande diga di terra e un serbatoio sullo Scebeli e contemporaneamente verrà scavata una rete di canali di irrigazione. Nel 1928 più di 10.000 acri producevano banane, zucchero di canna e cotone quasi tutte spedite in Italia. C’erano 200 manager e capisquadra italiani residenti e 6.000 lavoratori somali delle tribù agricole locali.
I nomadi somali disdegnavano un simile lavoro e molti agricoltori preferivano lavorare con le proprie terre piuttosto che lavorare per la SAIS, anche se quest’ultima forniva migliori alloggi e strutture sanitarie. Nel 1922 i fascisti di Mussolini avevano conquistato l’Italia e le maniere forti del Duce si estendevano ora alle colonie. Con l’aiuto dei leader locali del clan, molti somali furono costretti contro la loro volontà a diventare lavoratori della SAIS. L’uso del lavoro forzato da parte del Duca in Somalia fu forse l’aspetto più negativo della sua vita.
Nel 1928 la SAIS era uno dei due maggiori produttori di reddito della Somalia italiana. Il Duca degli Abruzzi decise che era ora di organizzare un’altra spedizione per trovare le sorgenti dello Scebeli. Ne gettò le basi durante una missione diplomatica ad Addis Abeba, intrapresa principalmente per concludere un nuovo accordo commerciale. Sette anni dopo Mussolini avrebbe invaso l’Etiopia e l’imperatore Haile Selassie sarebbe stato costretto a fuggire; per ora le relazioni bilaterali erano buone e il governo etiope promise la sua piena collaborazione per la spedizione del Duca.
Per quattro mesi Luigi Amedeo e un piccolo gruppo di italiani provenienti principalmente dallo staff della SAIS — nessuno dei suoi vecchi compagni di arrampicata — percorsero quasi l’intero corso di migliaia di miglia dello Scebeli. Attraversarono un paese in gran parte sconosciuto al mondo sviluppato, scalando picchi di 4.000 metri e localizzando la fonte del fiume in un prato erboso di montagna a 2.700 metri sul livello del mare, vicino a un villaggio che non aveva mai visto un europeo.
Fu l’ultima grande avventura di Luigi Amedeo di Savoia. Un improvviso deterioramento della sua salute risultò il prodotto di un cancro alla prostata. Venne operato a Torino e poi tornò nella sua villa in Somalia. Si spense nel Villaggio Duca degli Abruzzi il 18 Marzo 1933. Negli ultimi anni della sua vita aveva avuto una relazione con una giovane somala, Faduma Ali. Quando l’Italia lasciò la Somalia dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il villaggio venne ribattezzato Jowhar.