L’illustratore torinese Carlo Nicco

Disegnatore fedele e attento tra cinema ed editoria

Illustrazione di Carlo Nicco per la copertina di “Capitani, corsari e avventurieri” della serie “La scala d’oro”.
Felice Pozzo
Felice Pozzo

Appassionato di storia delle esplorazioni e di letteratura avventurosa, italiana e non, è considerato uno dei maggiori studiosi della vita e delle opere di Emilio Salgari. Ha dedicato all’argomento numerose pubblicazioni e ha curato l’edizione di alcune ristampe salgariane.

  

Fra i numerosi primati torinesi brilla quello d’aver dato i natali ad artisti che hanno contribuito in modo importante alla storia dell’illustrazione italiana. Com’è noto si tratta di personaggi che non solo hanno segnato indelebilmente un’epoca, ma che permangono con affetto nell’immaginario collettivo. Basterà ricordare Carlo Bergoglio, noto come Carlin, Eugenio Colmo, noto come Golia, Attilio Mussino, Giuseppe Porcheddu e Gustavo Rosso, noto come Gustavino, per citare i più noti.

Ritratti di un’epoca

Ad essi va aggiunto Carlo Nicco, nato a Torino il 18 ottobre 1883 e morto nella stessa città, quasi novantenne, il 12 gennaio 1973. Di lui i biografi ricordano la formazione non accademica e un’adolescenza segnata dal lavoro precoce presso un intagliatore e poi presso un meccanico, sino a un fruttuoso apprendistato come litografo e l’accesso al mondo della cartellonistica. Oggi è giustamente ricordato per la sua pregevole attività non solo come cartellonista, incisore, disegnatore costumista e scenografo ma soprattutto come illustratore e pittore.

Alcuni manifesti pubblicitari realizzati da Carlo Nicco.
Alcuni manifesti pubblicitari realizzati da Carlo Nicco.

I suoi manifesti pubblicitari, riferiti in particolare al mondo del teatro e del cinema, hanno rivelato in modo inconfondibile il mondo dello spettacolo torinese, e non solo, sino allo scadere degli anni Venti del secolo scorso. Erano esposti in bella vista presso tutti i teatri torinesi, molti dei quali scomparsi da tempo: dal Trianon allo Scribe, dall’Odeon all’Alfieri, dal Maffei al Rossini e al Chiarella, esibendo immagini sognanti e idealizzate delle dive e soubrettes più famose, Isa Bluette e Milly fra le altre. Non mancarono rappresentazioni grafiche, ancora ricordate, di attori che hanno segnato un’epoca, come il torinese Emilio Ghione, famoso per alcuni anni, a partire dal 1915, nel ruolo del brutale eppure patetico apache parigino “Za-la-Mort”, accanto alla conturbante Calliope Sambucini (“Za-la Vie”). O come l’altrettanto torinese Erminio Macario, l’indimenticabile comico che, dopo il teatro e il cinema, è approdato con successo anche in televisione, quando ormai Nicco era impegnato in altri ambiti.

Illustrazioni per il cinema

In ambito cinematografico si ricorda la sua realizzazione scenica per il film Il fauno (1917) della Ambrosio, di cui fu soggettista e interprete Febo Mari, impegnato in una vicenda onirica e simbolica ispirata al mito di Pigmalione. Oppure l’artistico manifesto per Automartirio (1918) della Raggio Film, casa cinematografica fondata a Milano nel 1916 da Ginevra Francesca Rusconi, in arte Elettra Raggio. Il manifesto raffigura appunto lei, svenuta tra le braccia di un allucinato Ermete Novelli, in uno scenario sconvolgente.

Nel 1917 l’attore e regista Eleuterio Rodolfi fondò a Torino la Rodolfi Film e, come ha rivelato Roberto Della Torre, affidò a Nicco la creazione del marchio della Casa nonché la realizzazione del manifesto per il film Amleto interpretato da Ruggero Ruggeri. L’attivissima matita è stata presente anche sulle pagine de La vita cinematografica, con ritratti di attori e con illustrazioni varie.

Illustrazione per l’
Illustrazione per l’"Amleto" della Rodolfi Film.

Verso l’editoria per ragazzi

Con la crisi del cinema, Nicco dirottò la propria attività, ormai apprezzata, verso l’editoria per ragazzi. Fu lui a illustrare la bellissima copertina del primo numero di Cuor d’Oro, con data 15 marzo 1922. Fondata a Torino dai coniugi Onorato Castellino e Francesca Fiorentina, la rivista quindicinale d’ispirazione cattolica diretta alla gioventù, ebbe ottima accoglienza sino a che, nel 1926, cessò le pubblicazioni per sottrarsi all’opera di indottrinamento fascista. Sulla testata di quel primo numero, Nicco figurò con la qualifica di direttore artistico; in seguito illustrò numerose altre copertine e non poche pagine interne, per poi volare verso altri lidi.

Nella seconda metà degli anni Venti vide la luce, presso l’editore Paravia, una collana destinata a grande successo: denominata Miti, storie, leggende fu curata da Luisa Banal e fu interamente illustrata da Nicco. Composta da 39 volumi, è cessata nel 1959, dopo aver dato una visione esaustiva e priva di ideologie o nazionalismi dei più importanti miti popolari.

Trattando di questa specifica attività di Nicco, Paola Pallottino ha scritto:

È soprattutto nella collana di Paravia che meglio si delinea la vocazione scenografica e il minuzioso gusto per la ricostruzione storica in chiave Liberty che costituiscono la sua cifra personale.

Mentre autorevoli critici, come Renato Bordone ed Antonio Faeti, hanno chiarito come la coerenza stilistica, l’austerità del tratto e l’adesione ai testi, che Nicco curava minuziosamente in egual misura, abbiano saputo offrire una solida coerenza, un messaggio complessivo e collettivo all’intera collana, che dunque deve in buona misura a lui il duraturo successo.

Alcune copertine della collana “Miti, storie, leggende”, interamente illustrata da Nicco.
Alcune copertine della collana “Miti, storie, leggende”, interamente illustrata da Nicco.

La Scala d’Oro

A proposito di collane celebri, impossibile dimenticare La Scala d’Oro della torinese Utet, fondata nel 1932 da Vincenzo Errante e Fernando Palazzi. Era graduata in otto serie secondo l’età dei piccoli lettori, così che la prima serie era destinata ai sei anni e l’ottava serie ai tredici anni. Gustavino ne fu il re indiscusso, fra gli illustratori, ma l’esigenza di variare l’iconografia e soprattutto la mole di lavoro (la collana contò oltre novanta volumi), concesse a Nicco di accedervi illustrando un volume di ogni serie, tranne la seconda, e di occuparsi purtroppo anche dell’unico libro fuori serie (1934), destinato a spiegare il fascismo ai fanciulli.

Due illustrazioni per “Il romanzo di Guerrino il Meschino, narrato da Diego Valeri”, pubblicato nella collana “La scala d’oro”.
Due illustrazioni per “Il romanzo di Guerrino il Meschino, narrato da Diego Valeri”, pubblicato nella collana “La scala d’oro”.

La collana alternava volumi di divulgazione scientifica a opere fantastiche e a rifacimenti e riduzioni di opere classiche, anche avventurose, ritenute inadatte alla mentalità infantile nel testo originale. Ovviamente quest’ultimo settore, consistente in pratica in “trascrizioni” a volte arbitrarie e sminuenti, è stato quello più discutibile. Ciò non toglie che consentì a Nicco di impegnarsi, ad esempio, nelle illustrazioni delle avventure di Guerrino detto il Meschino (1932, sesta serie) narrate da Diego Valeri e in quelle di Robinson Crusoe (1935, quarta serie) narrate da Francesco Perri (1935). La caratteristica di Nicco, in questa come in altre collaborazioni, fu quella di rinunciare ad ogni iniziativa o lettura personale dei testi per adeguarsi invece, persino con acribia, ai testi stessi, operando, come ha scritto Paola Pallottino, “una laboriosa aderenza alle proposte del testo, riconsegnate alla pagina con filologica operosità”.

La collaborazione con Treves

Copertina de “I cavalieri dell’ideale” del 1935, con il nome di Eugenio Treves non ancora sostituito.
Copertina de “I cavalieri dell’ideale” del 1935, con il nome di Eugenio Treves non ancora sostituito.

La circostanza, se fosse necessario, è documentata da una lettera del 20 agosto 1934 che ottenni in fotocopia molti anni or sono dal compianto avvocato Mario Treves, figlio di uno degli autori della Scala d’Oro, il professor Eugenio Treves, impegnato allora nella stesura del libro I cavalieri dell’ideale (1935, ottava serie). L’attivissimo Eugenio Treves (il cui nome fu sostituito nella ristampa del citato libro, avvenuta nel 1939, in seguito alle leggi razziali fasciste) aveva un grafia a volte frettolosa e ciò metteva in difficoltà il nostro Nicco, che scrisse perciò all’autore:

Carissimo Treves, ricevo or ora il suo manoscritto e la ringrazio tanto tanto. Comprendo la sua fatica. Non se ne abbia a male, ma mi trovo costretto a rimandarle l’ultima parte del manoscritto; che proprio non è che non capisca, ma mi è faticoso, ed a scanso di cattive interpretazioni da parte mia, la prego di voler fare come già mi disse lei e così ancora copiarmi questa ultima parte (chieda perdono alla sua signora se la faccio ancora lavorare). Tanto io ora per un po’ ho da fare; questi sono gli ultimi capitoli ed io posso lavorare tranquillamente ai capitoli precedenti; che lei mi ritorni questi ultimi fra quattro o cinque giorni a me basta. Mi perdoni, caro amico, se per due volte che lavoriamo assieme, la combinazione ci dà che io devo farla così lavorare.

In effetti era la seconda volta che Nicco illustrava un lavoro di Treves per la stessa collana. Il libro precedente era una versione de I racconti di Natale di Dickens (1934, terza serie), anch’esso ristampato nel 1940 con il nome di Treves sostituito.

A testimoniare questo lavoro, resta anche una simpatica cartolina postale di Nicco dove si legge tra l’altro:

Caro Treves, a parte le ho mandato un rametto di vischio da quel tipaccio di “Scruggi”. Ho dovuto faticare per fargli fare questo bel gesto!

Dove è evidente l’allusione all’avarissimo personaggio inventato da Dickens.

Cartolina postale inviata da Carlo Nicco a Eugenio Treves.
Cartolina postale inviata da Carlo Nicco a Eugenio Treves.

Eugenio Treves — il cui ricchissimo epistolario è conservato dal 1996 presso l’Archivio di Stato di Vercelli — ancora a causa delle leggi razziali non poté vedere il proprio nome sul Nuovissimo dizionario della lingua italiana di Fernando Palazzi, edito da Ceschina nel 1939, pur avendovi collaborato assiduamente, come d’altronde è noto da molti decenni. Considerata la sua amicizia con Nicco, potrebbe peraltro non essere casuale il fatto che l’illustratore abbia arricchito con ben duemila disegni la successiva edizione destinata ai bambini Il mio primo Palazzi, pubblicata appunto da Ceschina.

Una produzione immensa

La produzione di Nicco, in effetti, è immensa. Ha scritto Antonio Faeti:

Le sue tavole sono innumerevoli, il suo territorio vastissimo: non c’è quasi filone letterario, fra i tanti storicamente offerti ai bambini, dove egli non abbia collocato i suoi disegni, sempre riproponendo un’ottica del tutto particolare, che trova nella finezza e nella comprensibilità le sue più profonde ragioni. Con ciò non si vuole dire che Nicco sia un disegnatore semplice, ma solo che il lavoro di documentazione, le scelte, l’attento dosaggio dei segni, rimangono fuori dall’occhio dello spettatore, il quale vede solo il risultato finale, nei suoi nitidi contorni, nella sua emblematica pulizia.

E allora sono numerose anche le sue collaborazioni, peraltro concentrate prevalentemente presso l’editoria piemontese e in particolare torinese: si è già detto di Paravia e Utet, cui vanno aggiunte le case editrici Lattes, Casanova, Chiantore e SEI.

Suggestiva copertina per il capolavoro marinaresco di Edgar Allan Poe, in un’edizione Paravia per la gioventù.
Suggestiva copertina per il capolavoro marinaresco di Edgar Allan Poe, in un’edizione Paravia per la gioventù.

Il suo inconfondibile tratto è rintracciabile già nel 1924 sulle pagine del Giornalino, settimanale edito dalla Pia Società S. Paolo di Alba e diretto da Giovanni Basso, su L’Illustrazione del Popolo, supplemento alla Gazzetta del Popolo, diretta da Mario Sobrero e su la Gazzetta dei Piccoli, diretta da Paola Bologna, per poi disperdersi in mille rivoli, in numerose iniziative editoriali, che riguardano anche, ad esempio, l’illuminato editore bolognese Cesare Ratta, oppure le rutilanti pagine del celebre Corriere dei Piccoli e quelle più seriose de La Lettura. Fra gli altri suoi editori figurano La Sorgente, Vitagliano, Sansoni e Marzocco.

Non a caso, già nel giugno 1930, Luigi Servolini gli ha dedicato la rubrica Profili degli adornatori italiani del libro che appariva sulla prestigiosa rivista mensile e illustrata di industria grafica e affini Il Risorgimento Grafico, pubblicata a Milano dal 1902 al 1941 a cura della Scuola Normale Superiore. Si è calcolato che abbia illustrato non meno di 150 libri e fra essi figurano opere dei maggiori autori per la gioventù: Harriet Beecher Stowe, Stanley J. Weyman, Frances Hodgson Burnett, Davy Harreden, Louis Rousselet, nonché opere dei classici per ogni età come Walter Scott, Edgar Allan Poe e Herbert George Wells.

Il successo dei libri italiani

Copertina di “Fortunello”, Paravia, 1924.
Copertina di “Fortunello”, Paravia, 1924.

E non si può negare che il suo lavoro artistico abbia contribuito al successo di libri nostrani, quali ad esempio Il racconto del piccolo vetraio (Paravia, 1922) di Olimpia De Gaspari, in quanto a diffusione e ristampe. Si tratta di una commovente vicenda riferita a due poveri bambini meridionali, affidati per necessità al padrone francese di una vetreria che li sfrutta senza scrupoli sino a provocare la morte per malattia del più piccolo e la fuga verso l’Italia dell’altro, appena dodicenne. Nel 1955 da questo romanzo fu tratto un lacrimevole film diretto da Giorgio Capitani.

Maggiormente eloquente è il caso di Fortunello (Paravia, 1924) di Vincenzo Fraschetti, in quanto a quotazioni sul mercato collezionistico: si tratta di una “fantasia marionettistica in un prologo e tre atti” e sulla copertina il nome di Carlo Nicco, giustamente, compare accanto a quello dell’autore, avendo ripreso con magica mano il famoso personaggio creato nel 1899 da Frederick Burr Opper e poi migrato sia sulle pagine del Corriere dei Piccoli sia nel repertorio di Ettore Petrolini.

Le figurine Lavazza

“È veramente un figurinaio, come lo erano Chiostri e Mazzanti”, ha scritto Antonio Faeti, ricordando le varie incursioni di Nicco nel mondo delle figure e qui piace allora, per assonanza, citare la sua opera nell’ambito delle figurine Lavazza.

Si tratta, come è noto, di una serie pubblicata con enorme successo popolare dalla Luigi Lavazza S.p.A. a partire dal 1949, e protrattasi sino al 1971, sulla scia del successo ottenuto dalle figurine Liebig. Le serie, ognuna di sei figurine, ammontano a 283: sono otto quelle realizzate da Nicco, in prevalenza di carattere storico e letterario: fra esse risalta quella dedicata alle favole di Hans Christian Andersen.

Alcune fra le figurine Lavazza dedicate alle favole di Hans Christian Andersen.
Alcune fra le figurine Lavazza dedicate alle favole di Hans Christian Andersen.

Da ricordare, infine, l’attività nell’ambito delle cartoline postali, sempre dimenticata, eppure tale da destare ancora oggi l’interesse collezionistico. Particolarmente apprezzata la cartolina che illustrò nel 1926 in occasione del carnevale, su incarico della Famija Turineisa (Gianduja a torna a Turin), o quella dell’anno precedente che pubblicizza la nuova autovettura Fiat 509, destinata ad essere la prima automobile italiana a vincere il Rally di Montecarlo (1928) e a far dire a D’Annunzio, elogiandone l’estetica e le qualità: “L’automobile è femminile”.

Molte altre sono dedicate al tema “donnine”, all’Associazione Pro Combattenti torinese e a pubblicità varie, inclusa quella… per pubblicizzare sé stesso.

Cartoline autopromozionali di Carlo Nicco.
Cartoline autopromozionali di Carlo Nicco.

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Bibliografia

  • Faeti A., Guardare le figure — Gli illustratori italiani del libri per l’infanzia, Torino, Einaudi, 1972.
  • Pallottino P., Storia dell’illustrazione italiana, Bologna, Zanichelli, 1988.
  • Pozzo F., “Cuor d’oro”, rivista quindicinale illustrata per ragazzi, in Almanacco Piemontese 1987, Torino, Viglongo.
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