Angelo Morbelli (1853-1919), pittore monferrino, è una delle figure più importanti e conosciute a livello mondiale del divisionismo, grazie a recenti mostre, come quella del 2008 a Londra, Radical Light. Italy’s Divisionist Painters, che lo hanno imposto all’attenzione del grande pubblico, facendo lievitare i prezzi delle sue opere, raccolte da sempre dai grandi collezionisti ed esposte nelle più importanti gallerie, dal Musée d’Orsay di Parigi al Museum of Fine Arts di Boston.
Il punto di partenza per riscoprire lo straordinario Morbelli è il catalogo londinese, pubblicato nella prestigiosa collana National Gallery Publications. Quest’anno, inoltre, cade il centenario della morte del pittore divisionista. Alessandria, la città natale di Morbelli, gli ha dedicato una via e ha intitolato con il suo nome una scuola (si attendono, però, altre iniziative). Milano, città d’adozione di Morbelli (che abitò al numero 11 di Via Tortona), rende omaggio all’artista, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera, con una serie di straordinarie iniziative: un’intera mostra a lui dedicata al GAM, dal titolo Morbelli (1853-1919), aperta al pubblico lo scorso 15 marzo, che terminerà il 16 giugno 2019, salvo prolungamenti del calendario espositivo, considerando il successo di visite e di critica. A Milano, inoltre, non si contano le proposte di associazioni culturali e di gallerie private.
Casale Monferrato, la città della sua casata, dove il pittore è sepolto nel cimitero comunale nella tomba di famiglia, inaugurerà il prossimo 18 maggio un’esposizione nelle sale del Museo Civico, dove sono già presenti alcune sue opere. In Monferrato, però, esiste uno spazio speciale, incredibile, magico: una capsula del tempo. Pare strano, ma c’è un posto — “Il” luogo di Angelo Morbelli — che si è conservato nel tempo, proprio come lo ha lasciato lui. Si tratta della sua casa e buen retiro della Colma di Rosignano, Villa Maria, così chiamata da Angelo per amore della moglie, Maria Pagani, di Casale, la sua musa ispiratrice.
Villa Maria! Quanti ricordi, quante meraviglie da scoprire! Tuttora manca una biografia su Angelo Morbelli. Per il fortunato studioso che scriverà l’importante volume, il punto di partenza è proprio questo luogo del cuore, nel Monferrato. Non solo è stata la dimora del pittore, che passava intere estati a dipingere e a camminare tra le colline per ricercare l’ispirazione, Villa Maria è un tesoro: sull’antica casa, quasi una villa in stile mitteleuropeo, si può ammirare il fregio, realizzato da Sottocornola, con la raffigurazione di Segantini, Longoni, Pelizza, Bistolfi e Quadrelli, contemporanei e amici carissimi di Morbelli, che condividevano con lui l’impegno sociale e artistico, frequentando la casa, arricchendola anche con contributi personali: una statua di Leonardo Bistolfi, regalo a Morbelli, è incastonata sulla parete esterna che guarda alla lussureggiante “foresta” di bambù centenari.
Oltre a Leonardo Bistolfi, furono ospiti di Villa Maria Francesco Negri, pioniere della moderna fotografia, che ha fissato nella memoria fotografica lo studio di Morbelli (così come si può vedere nell’immagine d’epoca), e una serie formidabile di famosi intellettuali fin de siècle, come Giovanni Cena, Samuel Butler e Henry Festing Jones.
Il famoso quadro “S’avanza” compare nella fotografia di Francesco Negri nello studio di Morbelli del 1896.
Morbelli alla Colma di Rosignano dipinse molte delle sue opere en plein air, come Lezione all’aperto, del 1890, uno dei primi quadri in cui si presentano la divisione dei colori e l’impiego delle ombre colorate.
Entrando a Villa Maria, scendendo le poche scale che portano al grande terrazzo-giardino, il visitatore ha la sensazione di trovarsi dentro un quadro del pittore. Tutto è esattamente al suo posto come ai tempi di Morbelli. Il giardino, grazie all’attuale proprietario, Roberto Morbelli, bisnipote del pittore divisionista, sopravvive dopo più di un secolo. Miracolosamente anche il paesaggio, che si apre davanti al giardino e alla dimora ottocentesca è rimasto identico. Per questo motivo, chi ha visto i quadri del pittore divisionista, come Riposo alla Colma, Colline del Monferrato, Distendendo panni al sole e Tempo di pioggia, resta meravigliato da tanta bellezza e crede di vivere un sogno attraverso il tempo e lo spazio.
Il giardino di Villa Maria oggi e il quadro di Angelo Morbelli “Colline del Monferrato”.
Insomma, visitare la Colma di Rosignano Monferrato vale il viaggio, non solo per Villa Maria, ma per il paesaggio che lo circonda: la terra amata da Morbelli. Come abbiamo detto sopra, la città di Casale Monferrato, è un punto imprescindibile per chi voglia conoscere il pittore: oltre alla tomba di famiglia e alle opere conservate nel Museo Civico, ci sono altri siti “morbelliani”. Sebbene Angelo Morbelli nasca ad Alessandria il 18 luglio 1853, fu Casale con le sue colline la terra del noviziato culturale del futuro pittore. Alessandria fu semplicemente una tappa dei continui spostamenti del padre Giovanni, casalese di nascita, impiegato come sottosegretario presso l’Intendenza Generale. La madre, Giovannina Ferraris, morì prematuramente nel 1858, lasciando orfani i due figli Angelo e Alfredo, che conclusero gli studi come convittori presso il Collegio dei Padri Somaschi di Casale Monferrato (l’attuale Istituto Trevigi), dove Giovanni Morbelli aveva diverse proprietà in terreni vinicoli.
Ora, il viaggiatore che voglia fare un delizioso itinerario sulle tracce del pittore divisionista deve partire dalla Capitale del Monferrato, Casale. Lì, dopo aver fatto una visita al centro cittadino, imboccherà la strada per le colline, dopo Pozzo Sant’Evasio, scavalcando il vecchio tronco ferroviario che univa Casale con Asti. La collina sale dolcemente verso Rosignano: è il paesaggio tipico del Monferrato casalese, dove le alture svettano senza clamore dalla Pianura del Po. Come nell’Ottocento, le colline restano una corona elegante di antiche e sontuose dimore, circondate da un paesaggio davvero unico al mondo, fatto di boschi di noccioli e di faggi, dove le alture hanno un’altezza variabile, tra i 300 e i 400 metri, e le cascine spuntano solitarie come piccoli gruppi di case, con le cantine scavate nella pietra da cantone, il tufo. Per questa ragione i terreni di Casale Monferrato sono diventati parte del Patrimonio Unesco, dal 2014. Non c’è da stupirsi, quindi, se erano stati già apprezzati dal sensibile Angelo Morbelli, alla ricerca di pascoli e giardini abbandonati, per trovarvi, come si esprime in una lettera inedita scritta dalla Colma, il 12 agosto 1888, “effetti poetici e sentimentali”.
Oggi, il paesaggio è ancora idilliaco: provate ad ammirarlo al tramonto, in una giornata di primavera, dove oltre le colline vedrete la corona delle Alpi imbiancate! Dopo una breve salita, superata la vecchia ferrovia, compare, poco prima della Colma di Rosignano, la Villa della Mandoletta.
La villa faceva parte del patrimonio di una importante famiglia della Comunità Ebraica di Casale Monferrato: i Vitta, che durante l’Ottocento trasformarono un modesto edificio esistente nella bella residenza attuale su progetti di importanti architetti, come Giuseppe Archinti. La progettazione del giardino fu affidata ai fratelli Roda, giardinieri della Reale Casa dei Savoia, che alla Mandoletta realizzarono anche un ricco frutteto. Attualmente Villa La Mandoletta è la residenza della famiglia Bonzano a cui si deve l’importante intervento di recupero dei giardini, del parco storico e della realizzazione dei vigneti (che oltre a valorizzare il paesaggio monferrino deliziano i palati regalando vini di alta qualità). Oltrepassata la Mandoletta, si apre, prima della curva che porta a Villa Maria, un panorama mozzafiato sul Comune di San Giorgio Monferrato, con l’antico castello che emerge in tutto il suo splendore. Dopo pochi minuti, abbandonando all’orizzonte le colline che da occidente mostrano due paesi quasi gemelli, Rosignano Monferrato e Cella Monte, si svolta a sinistra. A questo punto si entra nella capsula del tempo della Colma. Nulla è cambiato, anche le case che circondano Villa Maria sono sempre le stesse dai tempi di Angelo Morbelli.
Abbiamo già detto dell’impatto clamoroso che l’ingresso della Villa provoca nel visitatore. L’emozione più forte, tuttavia, è quella che si manifesta entrando nell’atelier del pittore. Lì, accanto al cavalletto di legno per appoggiare le tele, ci sono i materiali usati da Morbelli per dipingere. C’è una grande cassettiera con i colori, addirittura la sua bombetta, appoggiata a uno sdraio, proprio quello che compare nei suoi dipinti fatti in giardino. C’è la sua poltrona, la sua libreria, intatta, suddivisa per argomenti: oltre ai testi d’arte, troviamo le opere romantiche di Walter Scott e intere annate del Mercure de France con altre opere letterarie in lingua francese e inglese.
Atelier di Angelo Morbelli e particolare del cavalletto del pittore.
Il cavalletto di Londra porta ancora ben visibile la placca in ferro “Reeves&Sons, London”. È un acquisto fatto da Morbelli all’esposizione di Londra del 1888. Su un piccolo tavolino di legno c’è un documento dall’incredibile valore storico. Si tratta di un quaderno con la semplice etichetta, scritta a mano dal pittore, Memoriale. Sfogliando le pagine si apre il mondo quotidiano dell’artista a Villa Maria, occupato non soltanto da opere intellettuali, ma da una costante lotta con i fabbisogni di una grande famiglia. Così, leggiamo, ad esempio, che le spese nel settembre 1892, furono di “Lire” tot, suddivise in acquisti di “vino nero da pasteggiare”, di “una elemosina ad una famiglia molto bisognosa”, di spese per la domestica, ecc.
Per lo studioso di Morbelli, l’atelier è un paradiso, oltre ad essere una sorta di casa stregata, perché si avverte come reale, addirittura tangibile, la presenza del pittore. Tra un’antica cassapanca con tela grezza e gesso e la “cabina” da fotografo, spicca l’enorme finestra da dove entra, come ai tempi dell’artista, un grande fascio di luce, che tutto illumina. La parte più importante è costituita da fotografie inedite del pittore, di suoi disegni e di vario materiale, come lettere e documenti personali. Senza contare il ritratto del padre Giovanni e altre opere dell’artista disseminate con nonchalance nel grande studio (solo uno schizzo del pittore divisionista ha attualmente il valore di diverse centinaia di migliaia di euro…).
Tra i cimeli, i ricordi, gli arnesi del mestiere, sembra di assistere a una rappresentazione — dal vivo — del mestiere del pittore Morbelli, delle sue scelte artistiche, del suo mondo intellettuale. Accanto a una parete, appoggiato a un elegante tavolino, c’è un intenso ritratto fotografico dell’amico fraterno Pellizza da Volpedo, con il quale Morbelli condivise passioni civili e politiche e scelte artistiche.
La scoperta del vero per il pittore monferrino era avvenuta non tanto grazie agli stimoli ricevuti con la formazione accademica, quanto con l’esordio di un percorso più autonomo che, dagli anni Ottanta del XIX secolo, lo aveva portato a raggiungere la più alta espressione, prima nei dipinti realizzati all’interno del Pio Albergo Trivulzio di Milano, successivamente con la rappresentazione delle mondine delle risaie del vercellese. Per il primo caso, l’origine dell’interesse di Morbelli per i soggetti urbani va ricercata nelle opere di Max Liebermann, pittore tedesco che, come Morbelli e Pelizza da Volpedo, era attratto dalla lezione realistica di Courbet, Millet e Barbizon, e la sua ricerca era indirizzata prevalentemente verso gli interni degli ospedali e dei ricoveri di orfani e anziani. Max Liebermann aveva tratto ispirazione per la sua pittura dalla propria terra ed era impegnato nella trascrizione dei problemi della società, della povertà e della solitudine che regnava nei luoghi di assistenza. Pellizza ci offre una testimonianza dell’ammirazione per Liebermann in una lettera del 14 maggio 1895 a Morbelli:
Ricordo sempre quel mercato di porci dello Libermann, che aveva una tal gamma armonica di colore, che come una sinfonia mi sta nel cervello. Godo che tu pure ne sia impressionato. Peraltro non credo che in quel quadro sia raggiunto lo scopo dell’arte moderna, la quale dev’essere oltreché armonia di colore ed equilibrio di forma, dev’essere dico: elevata nel concetto ed umana. Queste sono parole, ma io non trovo altro modo per estrinsecare il mio pensiero: sento che ora non è più l’epoca di fare l’Arte per l’Arte; ma dell’Arte per l’Umanità.
È questo un tema molto tolstoiano. Nell’Ottocento, infatti, fu Lev Tolstoj, dal suo buen retiro di Jasnaja Poljana a tuonare contro i simbolisti francesi, come Sar Peladan, promotori endurcis dell’Arte per l’Arte, disapprovando a fine secolo l’opera di Wagner e destando scandalo, nel 1906, nel criticare il teatro di Shakespeare.
Morbelli, nel suo angolo privilegiato della Colma di Rosignano, tentava, d’artista interessato alle tematiche sociali, di contribuire con il suo lavoro al dibattito sulla décadence esthétique e in questo trovò ammiratori e sodali nel gruppo di amici e pittori che frequentava abitualmente tra Milano e Casale Monferrato. Tra questi, oltre agli amici piemontesi Pellizza da Volpedo, Francesco Negri e Leonardo Bistolfi, l’artista e mercante d’arte Vittore Grubicy de Dragon, con il quale si legò contrattualmente dal 1887 al 1893. La corrispondenza fitta tra i due (che meriterebbe un volume di approfondimento) testimonia un rapporto di amicizia che andava al di là del semplice e distaccato legame commerciale; l’amicizia tra Morbelli e Grubicy de Dragon continuò infatti anche dopo la scissione del contratto. Questa corrispondenza ci riporta all’atelier della Colma. Lì, infatti, troviamo i materiali utilizzati nella pittura da Morbelli e discussi in maniera quasi maniacale in tantissime lettere.
Morbelli fu un pittore modernissimo per la sua epoca: fu tra i primi a stringere con le case produttrici di colori e di attrezzature per l’artista dei rapporti stretti. Sui colori il pittore divisionista era pignolo. Morbelli applicava meticolosamente la tecnica divisa con un reticolo di colori. Segantini, invece, dipingeva con filamenti più marcati e Pellizza procedeva per una vibrante tessitura a tocchi. C’era ovviamente un punto di partenza comune a tutti: il rapporto continuo con la tavolozza, che appariva sempre aggiornata ai prodotti disponibili e più recenti. Morbelli fu uno dei primi pittori a testare i prodotti della casa Lefranc. Proprio dalla Colma di Rosignano, il 25 giugno 1891, il pittore raccontava a Grubicy di aver testato al calore e alla luce le lacche di garanzia Lefranc, e che queste erano risultate perfettamente stabili.
Dalle lettere di Morbelli risalta poi l’interesse del pittore per la fotografia. Nei famosi quadri che hanno come soggetto il lavoro nelle risaie, Morbelli fa una scrupolosa indagine sulla luce riflessa nell’acqua e riempie un taccuino, intitolato Osservazioni pella risaia, di informazioni, dove la fotografia diventa un mezzo ausiliario per la pittura. L’attenzione era rivolta sulle variazioni di colore al riflettersi della luce nelle diverse ore del giorno e con diverse condizioni atmosferiche. Morbelli aveva scritto anche delle informazioni sui tempi e sulle modalità della raccolta del riso e su come si sarebbe presentata la coltivazione dei campi nelle varie fasi del raccolto. Proprio per studiare questi dettagli e, soprattutto, per evitare che le zone in ombra apparissero grigie e incolori, si era dotato di vetri colorati per capire al meglio come adattare al dipinto le rifrazioni luminose presenti dal vero. I vetri in questione sono stati ritrovati in alcuni cassetti nell’atelier della Colma di Rosignano. Probabilmente questa tecnica era stata consigliata anche a Pellizza dal momento che è possibile riscontrare un’analogia nello studio di Volpedo dove sono ancora conservati dei vetri di colore giallo e verde.
Morbelli era meticoloso anche nella scelta dei pennelli, che spesso fabbricava da solo, e nella preparazione delle tele. Artigianalmente utilizzava una preparazione a base di caseina; eccezionalmente e in anticipo rispetto alle indicazioni che avrebbe fornito qualche anno dopo Vibert nel suo trattato, il pittore aveva preparato La venduta con la caseina, che era stata utilizzata con colori alla glicerina. Oltre alla sperimentazione della caseina il pittore si serviva anche del gesso. L’uso di questo materiale è testimoniato dalla presenza nell’atelier del pittore alla Colma di Rosignano di una cassapanca, nella quale tutt’oggi sono conservate delle tele grezze e del gesso, che era usato dal pittore per sbiancarle.
È davvero un’occasione unica, istruttiva, poter visitare lo studio di Morbelli alla Colma di Rosignano. Nel corso degli ultimi decenni è nato anche un itinerario turistico nella zona, tutto grazie a un’iniziativa della Provincia di Alessandria e del Comune di Rosignano Monferrato. Soprattutto bisogna essere grati all’associazione Amis d’la Curma, con l’infaticabile e disponibilissima Anita Rosso, e alla famiglia Morbelli, che ogni giorno rendono possibile questo miracolo: “rivivere” l’esperienza di luci e di colori che fu del grande pittore divisionista.
📌Per visite guidate a Villa Maria, contattare
Associazione Amis d'la Curma
via Angelo Morbelli 1, frazione Colma
15030 — Rosignano Monferrato (AL)
Tel: 0142.48.82.68 — info@amisdlacurma.it