Nicola Duberti, il professore poeta che insegna il dialetto

Appunti per un laboratorio di piemontese all’Università di Torino

Torinese di nascita e di adozione ma valsusina nell’identità e nel cuore, è dottore di ricerca in Filologia romanza. Nella prossima vita vorrebbe fare il liutaio e parlare correntemente otto lingue, di cui almeno tre scomparse; nel tempo libero però si accontenta di essere appassionata di musica, di strumenti musicali e di trascrivere manoscritti.

  

Ho incontrato Nicola di fronte alla biblioteca più bella di Torino, la Biblioteca di Scienze letterarie e filologiche dell’Università di Torino, in via Bava 31. Avevamo un appuntamento senza che ci fossimo mai incontrati prima, ma arrivando in bicicletta l’ho istintivamente riconosciuto (non che fossero in molti ad aspettarmi di fronte al portone…).

Agli appuntamenti “al buio” di solito si forniscono riferimenti quali “ho una giacca a vento grigia e i jeans”, oppure “arriverò su una bicicletta scassata”; Nicola avrebbe potuto dirmi “sono vestito da linguista”.

I linguisti, e nello specifico i dialettologi, come Nicola, hanno una marca di stile che li differenzia dai filologi, dai critici, e da ogni altra sorta di cosiddetti umanisti: loro sono tecnici della lingua, sono quelli che ne conoscono i mattoncini minimi, un po’ come i fisici o i matematici tra le scienze dure; non hanno bisogno di essere pretenziosi nel vestire. La sottospecie dei linguisti piemontesi, poi, veste sportivo, come se in ogni momento stesse per incamminarsi per una passeggiata a mezza costa, sulle montagne, perché l’ambiente alpino è da sempre, nel vero senso della parola, il loro campo di studi, oltre che il luogo in cui amano passare il tempo libero e magari vivere.

Pieve di San Maurizio, Roccaforte Mondovì, Valli del Monregalese.
Pieve di San Maurizio, Roccaforte Mondovì, Valli del Monregalese.

Passioni e studi

Nicola Duberti poesie parlate monregalesi
Copertina di "J’òmbre’nt le gòmbe. Le ombre nelle valli", 2013.

Nicola è appassionato delle sue lingue, il kje (che significa io nelle alte valli del monregalese) e il monregalese urbano, le lingue in cui è immerso e che danno vita alle sue poesie.

Ha esordito come poeta in lingua regionale nel 1996 con la raccolta Varsci. Versi nel dialetto di Viola (Il Salice Dorato, Mondovì). A questa raccolta hanno fatto seguito Ënvertojé (Amici di Piazza, Mondovì, 2003, con prefazione di Giovanni Tesio), in dialetto di Mondovì, e Taccuino del barbiere chirurgo (Genesi Editrice, Torino, 2008).
È tornato al dialetto di Viola con J’òmbre’nt le gòmbe. Le ombre nelle valli. Poesie nelle parlate monregalesi di Viola e del Kje (Centro Studi Piemontesi, Torino, 2013). In quest’ultima raccolta sono presenti numerosi testi dedicati alla figura del lupo, alcuni dei quali comparsi sulla rivista mensile a distribuzione nazionale Poesia (Crocetti editore). In prosa ha pubblicato la raccolta di racconti Nature morte (CEM, Mondovì, 2005) e il romanzo Piccoli cuori in provincia granda, (Cuneo, Primalpe, 2011).

Qualche tempo fa si è addottorato all’Università di Torino con una tesi supervisionata e diretta dal professor Tullio Telmon, poco tempo dopo rielaborata nel volume I costrutti causativi in una varietà galloitalica pedemontana: il dialetto di Rocca de’ Baldi (Lincom, Monaco di Baviera, 2014), e numerosi altri sono i suoi contributi scientifici in area linguistico-dialettologica.

“Nei dialetti affiorano i suoni di un dire remoto, che viene da un’attesa corrisposta. Ma anche, come qui in Duberti, mescolano — o includono e meglio inseriscono — le sparse suggestioni di suoni che danno effetti esotici: i ‘songs’ della lingua inglese che s’incunea — ma non s’innesta — nel tessuto vivo di una lingua poetica che torna ad essere la lingua speciale che è”.
Prefazione di Giovanni Tesio tratta da “Envertojé”

Studiare piemontese all’Università

Nicola Duberti
Nicola Duberti

L’anno accademico appena trascorso ha visto la prima puntata del Laboratorio di piemontese, di cui Nicola è professore incaricato, esperienza che si ripeterà anche questa primavera, tutti i giovedì e i venerdì dalle 14 alle 17 a partire dal 27 aprile, con conclusione il 9 di giugno. Il laboratorio è pensato per gli studenti di scienze linguistiche, ma è aperto a tutti gli iscritti all’Università (e, volendo, a tutti gli interessati, previo contatto con il prof. Duberti).

Il laboratorio è nato dall’iniziativa di un ingegnere filantropo in amore con la sua lingua, che ha risposto alla sottoscrizione pubblica (tutt’ora aperta) indetta e gestita dalla Ca dë Studi Piemontèis, richiedendo che i fondi da lui messi a disposizione venissero impiegati per l’apertura di un corso di Lingua e Letteratura piemontese presso l’Università di Torino. L’idea è stata quindi adattata all’ordinamento universitario assumendo la forma del laboratorio di lingua (tipologia di corso più diretta verso la pratica, l’esercizio, il confronto, le esigenze dei gruppi di partecipanti che volta per volta si vengono a formare).

Hablas piemunteis?

Loggiato dell’Università di Torino.
Loggiato dell’Università di Torino.

I partecipanti dell’anno scorso formavano un gruppo eterogeneo che ha dato vita a un corso arricchito anche dagli interessi e dagli apporti degli studenti. Tra questi Nicola ricorda un ragazzo che scrive poesie in dialetto, un cultore della lingua, un parlante con piemontese L1 (che significa lingua principale), uno studente di Roma interessato in generale alle lingue minoritarie, due studentesse catalane in Erasmus interessate al piemontese in ragione anche della loro personale esperienza linguistica in patria (si vedano le questioni catalano versus castigliano, in Spagna, così come il discorso di frammentazione linguistica all’interno del catalano stesso, che si distingue a seconda delle regioni interne alla Catalogna), e addirittura uno studente tedesco che dopo tre lezioni già provava, e con risultati sorprendenti, a esprimersi in piemontese. Nicola racconta di aver adattato un po’ il corso agli interessi dei partecipanti, e di aver dedicato tutta una parte, a detta sua molto soddisfacente, a fare del laboratorio proprio un corso base di lingua. Il corso ha poi affrontato alcuni testi della letteratura piemontese degli esordi, fino al Settecento.

Ad aprile ricomincia la scuola

Il secondo anno di corso, che inizierà nell’aprile 2017, progredirà nello studio della letteratura piemontese, dedicando una parte delle lezioni al periodo otto e novecentesco; per quanto concerne la parte linguistica, maggioritaria rispetto a quella letteraria, gli studenti saranno invitati a conversare, approfondendo la morfologia di base, il lessico fondamentale e la sintassi (ulteriori informazioni, orari, luogo e contatti sono disponibili sul sito dell’Università di Torino).

Per chi volesse avere un’idea più precisa dei contenuti e arrivare già preparato all’appuntamento di aprile, sono disponibili gli appunti del corso 2015–2016.

Ringrazio molto Nicola per le chiacchiere curiose e gentili che abbiamo scambiato, per la sua passione per il piemontese e per le lingue, trattate con rigore scientifico ma nello stesso tempo adattate con amore al verso poetico.

Il docente con l’animo da poeta

Nicola Duberti ha coniugato la passione per il piemontese a quella per la poesia, vi riportiamo di seguito alcuni versi. Ciascuna poesia è disponibile in piemontese accompagnata dalla relativa traduzione in italiano.

"Quand it ëspet ëd trové ciamp…"

Ti pens
mai
che ascì tò msé
en si brichi
o-i sercava ciamp
ma chial
cach mès apress
o-i cujiva ’l gran
e ti
ti rest issì
a parlete ’n man.

"Quando aspetti di trovare campo…"

Non pensi
mai
che anche tuo nonno
su queste montagne
cercava campo
ma lui
qualche mese dopo
ci raccoglieva il grano
e tu
rimani qui
a parlarti in mano.

Duberti si è dilettato anche nella scrittura di haiku in piemontese, ve ne proponiamo alcuni tratti dal libro Taj Curt. Haiku (Edizioni “Ël Pèilo”, Mondovì, 2013).

Ciò sla muraja.
Ij sògn dij vej a l’uvaj
ciapo la ruso.

Chiodi sul muro.
I sogni dei vecchi in un posto all’ombra
arrugginiscono.
(p. 19)

Tòrzo le rame
ij pin sota la fiòca,
s’inchino al temp.

Piegano i rami
i pini sotto la neve,
si inchinano al tempo.
(p. 23)

Babacio ’d fiòca.
Na frìa ’d giassa për grign.
E che pàu dël so…!

Pupazzo di neve.
Una ferita di ghiaccio come sorriso.
E che paura del sole…!
(p. 25)

Na sigareta:
brasa, fum, sënner e peu
l’amar ën boca

Una sigaretta:
brace, fumo, cenere e poi
l’amaro in bocca.
(p. 36)

Ij vej i deurmo.
Parpèile sul fi dël sògn,
ale ’d farfale.

I vecchi dormono.
Palpebre sullo stelo del sogno,
ali di farfalle.
(p. 45)

※ ※ ※

Bibliografia

  • Duberti N., Il dialetto di Mondovì nel Settecento, il dialetto di Viola oggi. Correnti e contrasti di lingua e cultura fra Liguria, Provenza e Piemonte, in Bollettino dell’Atlante Linguistico Italiano, III serie, 25, 2001, pp. 43–51.
  • Duberti N., Regis R., Standardizzazione toponomastica in aree di confine, in Atti del Convegno Internazionale “Nomi, luoghi, identità. Toponomastica e politiche linguistiche” (Cividale del Friuli, 17–19 novembre 2011), Udine, Società Filologica Friulana, 2014, pp. 105–138.
  • Progetto di ricerca sulle istituzioni comunitarie nelle valli occitane, Fontane di Frabosa Soprana, Associazione culturale “E Kyé”, 1984.
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