Carlo Noé e il canale Cavour

L'ingegnere che allagò la pianura vercellese per salvare Torino

Davide Mana
Davide Mana

Laureato in Paleontologia e dottore di ricerca in Geologia, in passato è stato insegnante, ricercatore, conferenziere, venditore di auto usate, interprete, spaventapasseri, riparatore di biciclette. Da alcuni anni lavora come autore, divulgatore, traduttore e creatore di giochi.

  

Questa storia dovrebbe cominciare in Monferrato e finire a Valenza, e invece comincia a Chivasso e finisce a Galliate, perché è a Chivasso che si trova l’imbocco del canale Cavour, ed è a Galliate che il canale si getta nel Ticino.

Un lavoro fatto per bene

La prima grande opera d'ingegneria civile del neonato Regno d’Italia, l’esempio concreto dell’ideale piemontese di “un lavoro fatto per bene”, la costruzione del canale Cavour, venne avviata nel 1863 e conclusa nel 1866, e il canale congiunge il Po con il Ticino, attraverso il Novarese e il Vercellese, fino alla Lomellina, su una distanza di quasi 85 km, con una portata di 110 metri cubi al secondo. Uno dei più grandi canali artificiali d’Europa, un’opera che ha avuto un impatto fortissimo sui territori che attraversa – è grazie alle acque del canale Cavour se dai territori del Novarese e del Vercellese arriva il 50% del riso prodotto in Italia.

Disegno illustrativo del canale Cavour tratto da l'
Disegno illustrativo del canale Cavour tratto da l'"Emporio pittoresco" del 1866.

Durante il suo tragitto, il canale Cavour attraversa due corsi d’acqua naturali: scavalca infatti la Dora Baltea con un lungo ponte, e poi passa sotto al corso del Sesia. Nella letteratura storica – e nella storia che molti di noi hanno studiato a scuola – così come nella memoria popolare, il canale Cavour è un’espressione dell’ingegno di Camillo Benso, conte di Cavour, primo Primo Ministro del Regno d’Italia, dal quale l’opera prende il suo nome. E a sentire talune guide turistiche od opuscoli, si sarebbe quasi indotti a pensare che il Conte in persona abbia scavato, con vanga e carriola, il canale nella sua interezza. La realtà, come spesso succede, è un po’ più complicata di così, e chiama in causa una storia più lunga e complessa, e dei personaggi che la memoria popolare sembra aver rimosso.

L'imbocco del canale Cavour a Chivasso.
L'imbocco del canale Cavour a Chivasso.

Una lunga storia

L’idea di irrigare la pianura del Novarese e del Vercellese mediante canali artificiali alimentati dai corsi d’acqua che scendono dall’arco alpino non è nuova – e risale probabilmente agli etruschi; le prime rogge – intese come “canali artificiali a portata moderata” – risalgono al periodo romano e medievale. Si tratta di una rete che si sviluppa senza una pianificazione coordinata, su un arco di secoli, e che incide pesantemente sul paesaggio e sulla cultura della regione. Negli Statuti di Vercelli del 1241 troviamo un riferimento alla roggia del comune di Gattinara, un canale che – per lo meno dal XII secolo – convogliava le acque del Sesia al fine di irrigare i territori di Gattinara, Lenta e Ghislarengo. In quegli stessi anni, inizia in questo territorio la coltivazione del riso – importato dalla Cina dai monaci cistercensi nel 1123 e successivamente diffusosi in tutto il territorio.

Mappa del canale Cavour.
Mappa del canale Cavour.

Il numero di canali cresce nel XIV secolo, e i documenti storici parlano del roggione di Sartirana – un canale di oltre 30 km, ancora una volta con la sua origine nel Sesia. Una concessione imperiale affida invece ai feudatari locali la roggia di Buronzo. Nel 1424, su concessione del Comune di Vercelli, viene inaugura la Roggia Biraga, che porta le acque del Sesia per 57 km attraverso il Novarese e fino al territorio di Pavia; e nel 1448 il duca Amedeo VIII di Savoia autorizza la realizzazione della Molinara di Balocco, che favorisce l’irrigazione dei territori di Balocco e Villarboit. Intanto una comunità di monaci si ingegna per creare quello che diventerà il Roggione di Trino, e a Ivrea viene avviato il cantiere del suo Naviglio. E ancora, fra il 1554 e il 1584 viene realizzato il Roggione di Vercelli, che attinge le proprie acque alla confluenza dei torrenti Elvo e Cervo. Infine, nel 1785, e in soli quattro mesi di lavoro, viene ultimato il canale di Cigliano (oggi noto come canale Depretis), che congiunge la Dora Baltea con l’Elvo, passando per Cigliano, Bianzè, Santhià e Carisio.

Canale Cavour - Risaie Novara
Scenario delle risaie nei pressi di Novara, durante il mese di maggio.

Deviare il Po

La vastità e complessità della rete di canali piemontesi rende necessaria nell’Ottocento una gestione centralizzata – e viene così creata l’Azienda dei Canali Piemontesi, che subentra al demanio.

Attorno alla metà del XIX secolo, Camillo Benso di Cavour è ministro dell’Agricoltura e presidente del Consiglio Provinciale di Vercelli. Cavour conosce bene le tecniche di utilizzo dell’acqua nella coltivazione del riso, essendo egli stesso un risicoltore nella sua Tenuta di Leri. Nel suo doppio ruolo amministrativo, Cavour si propone di

affidare direttamente agli agricoltori, riuniti in associazione, la gestione delle acque fino allora concessa dallo stato ai privati appaltatori,

e questo porta nel 1851 alla costituzione dell’Associazione di Irrigazione dell’Ovest del Sesia. Approvata nel 1853 (quando ormai Cavour è Primo Ministro), l’Associazione riunisce 3.500 agricoltori, che per i primi tre anni pagano una quota in natura: 80 litri di risone non essiccato all’anno. Dopo tre anni, si passerà ad un pagamento in denaro.

Decreto Reale del 1853 che approva l'Associazione Ovest Sesia.
Decreto Reale del 1853 che approva l'Associazione Ovest Sesia.

Ma oltre ad amministrare la rete esistente di canali, l’Associazione ha anche un’altra missione – creare un canale che raccolga le acque del Po e della Dora Baltea. L’idea non è di Cavour. Il primo a pensare di deviare l’acqua dal Po per l’irrigazione è stato un frate domenicano, Padre Tommaso Bertone da Cavaglià, nel 1633, ma è solo nei primi decenni dell’Ottocento che un agrimensore vercellese, Francesco Rossi, dimostra la fattibilità del progetto – suggerendo la creazione di un canale che capti anche le acque della Dora Baltea. Rossi sviluppa un primo progetto, che si rivela però carente.

Il progetto definitivo, nel 1846, viene elaborato da un alessandrino dal nome quasi profetico – Carlo Noé.

Un nome profetico

Noé è nato nel 1812, a Bozzole Monferrato (Alessandria). Studia da geometra a Valenza e successivamente si laurea in Ingegneria idraulica alla Scuola di Applicazione per Ingegneri di Torino, nel 1835 (o, secondo altre fonti, a Genova, nel 1834).

Il suo primo impiego è presso il Ministero delle Regie Finanze, come assistente ingegnere presso l’Ufficio Tecnico di Cigliano, di cui diventa nel 1841 ispettore capo, occupandosi dei lavori per l’ampliamento del canale del luogo. Ricevuto l’incarico di Ispettore dei Regi Canali per il governo sabaudo, Noé percorre a dorso di mulo la pianura del Novarese e del Vercellese. È infatti convinto che l’esperienza sul campo sia insostituibile per la gestione e la progettazione di opere idrauliche. Il progetto di fattibilità di Rossi diventa, nelle mani di Noé, una realtà realizzabile. Un’opera colossale, ma non impossibile.

Serve solo l’approvazione del Governo, che nonostante gli sforzi di Noé, tarda ad arrivare. Il progetto è finito nel 1846, ma verrà approvato solo sei anni dopo, grazie ai buoni auspici del Conte di Cavour e della neonata Associazione di Irrigazione.

Rendere possibile l'impossibile

I lavori vengono avviati con l’autorizzazione reale, e Noé oltre a Ispettore dei Canali e del Genio Civile diventerà Direttore Generale Tecnico del progetto. Gli si affianca un altro ingegnere, Epifanio Fagnani. Impiegheranno 14.000 uomini armati di badile e carriola, per un periodo di due anni e dieci mesi – un tempo sorprendentemente breve, considerando che intanto, il Regno di Sardegna, i Savoia e Cavour, hanno anche altri problemi pressanti a cui pensare – ad esempio, le Guerre di Indipendenza.

Varie viste del Canale Cavour.

Nel 1858, reduce dalla propria partecipazione alla campagna di Crimea, il Regno di Sardegna ha concluso degli accordi con il governo francese di Napoleone III. Sulla base dei trattati segreti di Plombieres, la Francia si schiererà al fianco dei piemontesi qualora questi venissero attaccati dagli austriaci.

Nell’aprile del 1859, il famoso discorso in parlamento di Vittorio Emanuele II:

Noi non possiamo restare insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi!

contribuisce a inasprire le relazioni fra Regno di Sardegna e Austria.

Gli austriaci mobilitano le proprie forze, e nel successivo dibattito politico si fa strada la convinzione che l’unico modo per risolvere la situazione sia rimuovere Cavour dalla sua posizione come Primo Ministro – e che il modo migliore per farlo sia attaccare rapidamente le forze piemontesi e infliggere loro una sconfitta umiliante. Se il Piemonte verrà colpito abbastanza in fretta e abbastanza a fondo, i suoi alleati francesi non avranno il tempo di intervenire sul campo. Si prefigura quindi una guerra-lampo, un conflitto fondato sulla mobilità.

Il 27 aprile 1859, le truppe austriache attraversano il Ticino, dando il via a quella che verrà successivamente chiamata Seconda guerra di indipendenza.

Un muro di acqua e fango

È in questo preciso momento che Carlo Noé rientra nella nostra storia in maniera inaspettata, armato della sua profonda conoscenza di un territorio che ha esplorato e studiato per due decenni. Nelle prime ore frenetiche del conflitto, l’ingegnere alessandrino propone di allagare la pianura per contrastare l’avanzata austriaca. Quando la sua proposta del 25 aprile viene approvata, Noé ordina di bloccare i canali di Ivrea, di Cigliano e del Rotto. Questo provoca, il 29 aprile, l’allagamento della pianura fra la Dora Baltea e il Sesia, su un’area di 45.000 ettari. Le truppe austriache si trovano così ad affrontare quello che verrà descritto da alcuni come “un muro di acqua e fango”, che ne rallenta l’avanzata verso Torino, e dà il tempo alle forze francesi di raggiungere il teatro di operazione.

La battaglia di Magenta presso la stazione del centro abitato in un dipinto di Gerolamo Induno. Le truppe austriache (in bianco) sono sopraffatte dalla Guardia francese (a destra) e dalle truppe di linea (a sinistra).
La battaglia di Magenta presso la stazione del centro abitato in un dipinto di Gerolamo Induno. Le truppe austriache (in bianco) sono sopraffatte dalla Guardia francese (a destra) e dalle truppe di linea (a sinistra).

Nei mesi successivi, la facile e rapida vittoria preventivata dagli austriaci non si concretizza – le truppe vengono impegnate in combattimento a Montebello, a Palestro, a Magenta, a Solferino. È un conflitto breve ma intenso, che si chiude con l’Armistizio di Villafranca, l’11 luglio del 1859, e con la vittoria piemontese.

Un genio delle acque

L’importanza dell’azione tattica di Noé è ben chiara ai vertici del governo piemontese, e nel suo discorso al Parlamento Subalpino del 22 giugno 1859, Cavour non manca di rendergli gli onori dovuti.

E invero, o signori, se coll’incendio della città di Mosca l’impero russo ha potuto respingere l’invasione francese, io credo che a buon diritto noi possiamo affermare che mercé dell’allagamento della intera provincia Vercellese, noi abbiamo impedito all’invasione austriaca di estendersi fino alla Capitale. Senza questa risoluzione arditamente ordinata dal Governo e mirabilmente eseguita dal distintissimo Ingegnere Cavalier Noè, e alla quale cooperarono con esemplare abnegazione le popolazioni, certamente questa sala medesima sarebbe stata profanata dalle armi straniere.
(Boggio P. C., “Storia politico-militare della guerra dell’indipendenza italiana (1859-60) compilata su documenti e relazioni autentiche”, Torino, 1860-67)
L'incontro fra Napoleone III e Francesco Giuseppe presso Villafranca per mettere fine alla Seconda guerra di indipendenza italiana (11 luglio 1859) in una stampa dell'epoca.
L'incontro fra Napoleone III e Francesco Giuseppe presso Villafranca per mettere fine alla Seconda guerra di indipendenza italiana (11 luglio 1859) in una stampa dell'epoca.

Carlo Noé, col suo cognome che promette la salvezza dalle acque, prosegue nel suo lavoro di coordinatore e progettista di canali. Si spegnerà a Torino nel 1873, il 6 ottobre, e verrà sepolto nella tomba di famiglia a Valenza. Una lapide recita…

Presso ai genitori Giuseppe e Teresa riposa in Dio Carlo Noè, commendatore dell’ordine mauriziano, cavaliere dell’ordine di Carlo III, ingegnere e architetto, nelle scienze idrauliche ritenuto sommo; ebbe incarichi dalla Patria e dalla Spagna; nel 1859, con improvviso allagamento del territorio vercellese, salvò Torino capitale. Per religione, bontà d’animo e virtù civile rese in vita il suo nome caro e venerato. Lo affidò, poi, morendo all’opera sua imperitura del Canale Cavour

Non è forse una buona idea, affidare la propria memoria al canale Cavour. È troppo ingombrante, quel nome – Cavour – perché non finisca per cancellarne ogni altro. E per questo motivo ancora oggi l’opinione popolare ci racconta di come il canale sia stato “fatto da Cavour” – attribuendo a Camillo Benso intuizioni, progetti e scelte che non gli appartengono. Il canale diventa un simbolo del Risorgimento, un esempio della genialità progressista e dello spirito pragmatico piemontese, e un segno imperituro della genialità, non solo politica e diplomatica, di Camillo Benso, conte di Cavour.

Pochissimi ricordano oggi Carlo Noé, ma un monumento ne celebra la memoria proprio a Chivasso, dove il Po si riversa nell’imbocco del canale Cavour. Realizzato dallo scultore vercellese Francesco Porzio, il monumento venne dedicato il 16 ottobre 1898, nel venticinquesimo anniversario della morte di un uomo che venne definito “un genio delle acque”, e che fece il proprio lavoro per bene all’ombra dei grandi.

Il monumento a Carlo Noè in una cartolina d'epoca del 1915.
Il monumento a Carlo Noè in una cartolina d'epoca del 1915.

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Bibliografia

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