Elsa Schiaparelli by George Hoyningen-Huene © Condé Nast Archive/Corbis

Da Occhieppo Inferiore al mondo

La famiglia Schiaparelli e il mistero delle 2 P

Davide Mana
Davide Mana

Laureato in Paleontologia e dottore di ricerca in Geologia, in passato è stato insegnante, ricercatore, conferenziere, venditore di auto usate, interprete, spaventapasseri, riparatore di biciclette. Da alcuni anni lavora come autore, divulgatore, traduttore e creatore di giochi.

  

Poche altre famiglie, nella storia della nostra regione, hanno dato tanto alla cultura e all’economia del paese quanto gli Schiaparelli. E nell’osservare l’albero genealogico della famiglia Schiaparelli (o è forse Schiapparelli? Ne parleremo), non si può non pensare alla frase dello scrittore inglese Sir Terry Pratchett:

Nessun normale foglio di carta poteva contenere il loro albero genealogico, che in ogni caso era più simile a un boschetto di mangrovie che ad un normale albero.
(Terry Pratchett, "Witches Abroad", 1991)
Albero genealogico della famiglia Schiaparelli.
Albero genealogico della famiglia Schiaparelli.

Un intricato albero genealogico

I rami della famiglia Schiaparelli si espandono e si sovrappongono, fino a popolare il tracciato di nomi che a volte ci sono noti (Giovanni, l’astronomo, Ernesto l’egittologo), altri che ci suonano familiari ma forse non riusciamo a collocare (Elsa, Giovanni Battista…) e altri che ci sono completamente ignoti (due Luigi, un Cesare…). In realtà, ciascuno di quei nomi porta con sé una storia che sarebbe bello esplorare – ma lo spazio è limitato, e il cammino tortuoso. A complicare le cose sono da mettere in conto i documenti spesso incompleti e difficili da decifrare, che cartografano l’intrecciarsi di due famiglie con lo stesso cognome, fra errori di trascrizione e numerosi casi di omonimia.

Addentriamoci dunque nel boschetto di mangrovie di Occhieppo Inferiore, piccolo centro della provincia di Biella, e proviamo a seguire brevemente alcuni dei rami di questo intricato albero genealogico, ben consapevoli che non sarà un'impresa facile.

A destra, Giovanni Virginio Schiaparelli l’astronomo e a sinistra Ernesto Schiaparelli, l’egittologo.

Occhio ai ceppi!

Secondo la tradizione il nome "Occhieppo" deriverebbe dalla presenza nell'area di una prigione di epoca romana, forse legata alle miniere d’oro segnalate nell'area da Plinio (dove i prigionieri erano condannati ad metalla – al lavoro nelle miniere) e il nome sarebbe una contrazione dell’espressione "occhio, vigilanza ai ceppi". Da qui gli occhi che compaiono sugli stemmi di Occhieppo Superiore e Occhieppo Inferiore. Per quanto colorita sia la spiegazione popolare, i linguisti preferiscono far risalire più prosaicamente il toponimo a nomi romani, come Octavius o Occlivius.

Stemma di Occhieppo Inferiore.
Stemma di Occhieppo Inferiore.

Segnalata nei documenti come centro abitato a se stante dal XIV secolo, Occhieppo Inferiore sorge sulla riva orientale del torrente Elvo, fra la Dora Baltea e il Cerro. La presenza di questi tre corsi d’acqua ha avuto una pesante influenza sulla storia della cittadina: lo spesso strato di argilla, depositata dalle inondazioni dei tre corsi d’acqua, rende i terreni del comune poco produttivi. Il clima pre-montano, la mancanza di terreni utilizzabili come pascolo, e la quasi totale assenza di boschi di castagni – in passato una risorsa indispensabile per la tavola dei poveri – fanno di Occhieppo Inferiore una comunità povera, dalla quale molti cercheranno la fuga con l’emigrazione.

[Il territorio]... produce vino, segala, meliga, legumi, buon fieno, castagne... Ma perché le vettovaglie... non corrispondono al necessario mantenimento degli abitanti, buona parte di questi esce dal luogo, e si sparge nel Piemonte ed alcuni anche in Lombardia, dove esercitano li Mestieri di Muratore, e Fornasari, conché pervengono al suplemento di ciò che loro manca per parte dei Poderi...
(“Relazione sulla Provincia di Biella, fatta dall'Intendente Blanciotti nel 1755, con riferimento agli anni 1730 circa”, Archivio Storico di Biella)

I Plisciaret

In un territorio che non promette un grande futuro per chi voglia dedicarsi all’agricoltura o all’allevamento, nel XVII secolo il primo degli Schiaparelli decide di avviare un’attività di concia delle pelli – l’acqua, dopotutto, non manca – e di compravendita di pelli e pellicce. Gli Schiaparelli vengono così conosciuti ad Occhieppo col soprannome di “Plisciaret” – pellicciai. La scelta di questo intraprendente gentiluomo avrà delle ripercussioni straordinarie non solo sui suoi discendenti, ma sull'intera comunità.

In un paese povero e all'apparenza senza prospettive, i “Plisciaret” Schiaparelli sono certamente benestanti: in un testamento, redatto nel 1754 (circa un secolo dopo l’inizio dell’attività di famiglia), un certo Clemente Schiaparelli di Occhieppo lascia in eredità ai suoi figli – Giovanni Battista, Felice, Tommaso e Domenico – un patrimonio di 1.000 lire per ciascuno (che ad oggi sarebbero oltre 50.000 euro). I ragazzi sapranno far fruttare quell'eredità – e godranno anche dei vantaggi derivanti dall'aver avuto la possibilità di studiare. Settant'anni dopo Clemente, il nipote Giovanni Battista Schiapparelli (con due P), che ha studiato da farmacista, è perciò in grado di acquistare una farmacia, tutt'ora esistente, a Torino in piazza San Giovanni, pagandola 16.500 lire (circa 150.000 euro di oggi).

Farmacia Schiaparelli a Torino (© Archivio Storico della Città di Torino).
Farmacia Schiaparelli a Torino (© Archivio Storico della Città di Torino).

Schiapparelli con 2 P

Giovanni Battista Schiapparelli (1795-1863), frequenta il ginnasio e poi prosegue gli studi e il praticantato presso la farmacia Olivetti di Biella. Ottenuta l’abilitazione nel 1817, viene impiegato come farmacista all’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista a Torino. Successivamente si trasferisce a Roma e poi, vinto il concorso per la cattedra di Chimica farmaceutica, all'Università di Napoli.

Nel 1821 Giovanni Battista torna in Piemonte sulla scia dei moti rivoluzionari. Nello stesso anno, in società con il collega Bernardo Alessio Rossi, Schiapparelli avvia a Torino uno stabilimento per la produzione del solfato di chinina. Il metodo per la produzione del chinino – un antipiretico e analgesico utilizzato per curare la malaria – è stato pubblicato solo pochi mesi prima dai farmacologi francesi Pelletier e Caventou. Quando Schiaparelli e Rossi colgono l’occasione stanno perciò dando inizio a quella che è, per l’epoca, un’azienda d’avanguardia. È a questo punto che Giovanni Battista acquista la farmacia a Torino che diventa ben presto una delle più moderne della città. Poi, nel 1824, Giovanni Battista fonda la ditta Schiapparelli, una delle prime fabbriche di prodotti chimico-farmaceutici in Italia, e tutt'ora in attività.

Ex sede dello stabilimento farmaceutico Schiapparelli in via Oropa a Torino (© Archivio Storico della Città di Torino).
Ex sede dello stabilimento farmaceutico Schiapparelli in via Oropa a Torino (© Archivio Storico della Città di Torino).

La Schiappa

L’azienda crescerà nel 1829, quando verranno avviati gli impianti per la produzione di acido solforico e allume (e altri composti inorganici). Anche in questo caso, Schiapparelli è in società con un collega, Giuseppe Antonio Viviani, ed è uno dei pionieri dell’industria chimica in Italia. Successivamente Schiapparelli fonderà la Società del Gas di Torino e, nel 1852, la Società di Farmacia, Chimica e Scienze Affini. Dal 1853 al 1859 è membro della Commissione per la compilazione della Farmacopea. Alla sua morte, i figli di Giovanni Battista, Tancredi ed Annibale, prenderanno le redini dell’azienda farmaceutica di famiglia, guidandola nella sua ulteriore crescita.

Giovanni Battista è l’unico dei famosi membri della famiglia Schiaparelli a scrivere consistentemente il proprio cognome con due P, Schiapparelli. La grafia con una sola P è quella preferita dagli altri membri della famiglia, ed è anche quella storicamente corretta, ma nel caso di Giovanni Battista questa discrepanza permane. In conseguenza di ciò, ancora nella seconda metà del ventesimo secolo, molti dipendenti dell’azienda di famiglia avranno l’abitudine di definirla informalmente, e non senza affetto, “la Schiappa”.

Targa del giardino Schiapparelli a Torino.
Targa del giardino Schiapparelli a Torino.

I rami si infittiscono

Intanto, ad Occhieppo Inferiore, il fratello di Giovanni Battista, Clemente, ha tre figli – Caterina, Luigi e Cesare Felice. Tutti e tre si faranno strada nel mondo grazie alla propria ambizione. Luigi Schiaparelli diventerà professore di Storia presso l’Università di Torino, sposando Francesca Corona, una donna dalle eccellenti capacità amministrative, che si occuperà di mandare avanti la residenza di famiglia. Da Luigi e Francesca nascerà nel 1856 Ernesto Schiaparelli, che diventerà un eminente egittologo, nonché direttore del Museo Egizio di Torino. Cesare Felice Schiaparelli, fratello di Luigi, nato nel 1821, intraprende la carriera militare, fino ad arrivare al grado di generale. Morirà nel 1916.

Ma è con la sorella di Luigi e Cesare che la nostra storia si complica: Caterina Schiaparelli, nata nel 1813, sposa infatti Antonino Schiaparelli, anch'egli originario di Occhieppo Inferiore, e cugino alla lontana – i due rami della famiglia si fanno risalire a un antenato comune, di nome Giovanni Battista (tanto per cambiare). Dall’unione dei due rami della famiglia nasceranno Giovanni Virginio Schiaparelli, il famoso astronomo il cui nome è legato ai canali di Marte, e Celestino Schiaparelli.

Dalle Poste ad al-Andalus

Nato a Savigliano, in provincia di Cuneo, nel 1841, Celestino Schiaparelli entra molto giovane a lavorare nelle Regie Poste: il ramo della famiglia di suo padre non gode dell’indipendenza economica della famiglia materna e Celestino deve lavorare per pagarsi gli studi. Celestino è infatti iscritto all’Università di Torino dove studia la lingua araba con l’arabista Luigi Calligaris. Conseguita la laurea, si trasferisce a Firenze, dove perfeziona i propri studi presso il dipartimento di Orientalistica con Michele Amari. Successivamente, subentrerà proprio al posto di Amari come docente di lingua araba all'Istituto di Studi Superiori di Firenze.

Nel 1875 ottiene la cattedra di Lingua e letteratura araba all'Università di Roma nella "Scuola Orientale" di Lettere. Riveste intanto anche il ruolo di primo bibliotecario dell'Accademia Nazionale dei Lincei e, dal 1908, è socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino. In questi anni pubblica Il canzoniere di Ibn Ḥamdîs e Il Vocabulista in arabico, dedicato alla lessicografia (ma anche, indirettamente, alla storia araba) di al-Andalus, vale a dire dei domini arabi in terra di Spagna. L’insolito titolo di quest’ultimo volume è un riferimento a Il Vocabulista dell’Alcala, documento del XVI secolo che tratta della lingua araba parlata nel regno di Granada, del quale il volume di Schiaparelli rappresenta un'ideale evoluzione e prosecuzione.

La stilista Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì, con il quale collaborò.
La stilista Elsa Schiaparelli e Salvador Dalì, con il quale collaborò.

Durante la permanenza di Celestino a Roma, nel 1890, nasce sua figlia Elsa Schiaparelli, che diventerà una fra le più importanti stiliste di moda del ‘900, tanto famosa per la sua collaborazione con Salvador Dalì e altri artisti legati al Surrealismo, quanto per la sua rivalità decennale con Coco Chanel, che infiammerà (letteralmente) le cronache mondane. Elsa Schiaparelli gestirà per decenni una casa di moda a Parigi e disegnerà i costumi per molte produzioni hollywoodiane. Sua nipote è la modella e attrice americana Marisa Berenson (che purtroppo non si qualifica come piemontese nonostante gli antenati biellesi e quindi non entra nella nostra storia).

Celestino Schiaparelli si spegne a Roma, all’età di settantotto anni, nel 1919, lasciando una ricchissima collezione di testi inediti.

L’altro Luigi

Ma c’è un altro Luigi Schiaparelli del quale ora ci dobbiamo occupare – nato a Cerrione (Biella) nel 1871, figlio di Giovanni Battista Schiaparelli, di professione farmacista – da non confondere con l’omonimo che ha fondato l’azienda farmaceutica, quello con due P – e nipote di Luigi Schiaparelli, il fratello di quell'Antonino che ha sposato Caterina. Questo secondo Luigi Schiaparelli si laurea in Storia nel 1894 a Torino. Il suo insegnate è lo storico veronese (e conte) Carlo Cipolla, col quale continuerà a collaborare per molti anni. Intanto, però, Luigi parte alla volta di Monaco di Baviera, dove insieme al paleografo Paul Fridolin Kehr avvia un colossale progetto di spoglio di documenti d'archivio fino allora pressoché inediti. Il lavoro porterà Luigi a farsi un'inestimabile esperienza sul campo, visitando gli archivi e le biblioteche in tutta Italia. In quegli anni, anche grazie ai finanziamenti tedeschi, Luigi può avviare una serie di progetti personali: uno studio sui diplomi dei Re d'Italia e la stesura di un Codice Diplomatico Longobardo.

Da sinistra Paolo Schiaparelli, Medea Norsa, Girolamo Vitelli, Maria Vitelli e Luigi Schiaparelli nell’estate del 1929 a Cerrione (cortesia di Riccardo Quaglia, dalle carte della famiglia Schiaparelli).
Da sinistra Paolo Schiaparelli, Medea Norsa, Girolamo Vitelli, Maria Vitelli e Luigi Schiaparelli nell’estate del 1929 a Cerrione (cortesia di Riccardo Quaglia, dalle carte della famiglia Schiaparelli).

Luigi cerca anche di entrare nell’università italiana, ma scopre ben presto di essere escluso dall’ambito degli studi archivistici, venendo considerato “un estraneo” – le cui esperienze e “lealtà” sono in Germania. È solo nel 1901 che Luigi Schiaparelli diventa alunno della Scuola storica di Roma presso la Società Romana di Storia Patria. A Roma prosegue con i lavori sugli archivi, compreso l'Archivio Capitolare di San Pietro in Vaticano. Stringe amicizia con padre Franz Ehrle (ancora una volta, un tedesco), prefetto della Biblioteca Vaticana. Grazie all'appoggio di Ehrle e di Kehr Luigi riuscirà finalmente a entrare come collaboratore ordinario (con uno stipendio di circa 3.000 lire annue – circa 14.000 euro al cambio attuale) presso l'Istituto Storico Italiano, a partire dal gennaio 1902. È un primo passo per essere finalmente riconosciuto nell’ambiente accademico italiano e poco dopo, grazie ai buoni auspici del suo vecchio docente Carlo Cipolla e del professor Pasquale Villari, una domanda inoltrata senza troppa convinzione viene accettata e Luigi entra nella facoltà di Lettere e filosofia del Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze, dove ottiene la cattedra di Paleografia e diplomatica. Resterà a Firenze per i successivi trent'anni, fidanzandosi con Maria Vitelli, figlia del collega e celebre papirologo Girolamo Vitelli.

Il mistero delle 2 P

Una cosa accomuna Giovanni e suo cugino Ernesto, Giovanni Battista e molti dei loro congiunti, e non è la fama accademica: tutti loro hanno visto nel corso delle proprie vite il proprio nome scritto Schiaparelli o Schiapparelli a seconda dei casi. In particolare, Ernesto è nato con due P (compare come Schiapparelli sul certificato di nascita), ed è morto con una (è Schiaparelli sul certificato di morte). Questa è un'ulteriore complicazione dell’intrico di mangrovie che è l’albero genealogico della famiglia Schiaparelli.

L’atto di matrimonio fra i genitori di Giovanni Virginio risulta essere fra Antonino Schiaparelli (una P) e Caterina Schiapparelli (due P) – ma d’altra parte, Antonino è Schiaparelli sul suo atto di nascita, ma suo fratello Luigi invece è Schiapparelli. Questo errore di trascrizione si propaga attraverso la storia della famiglia, e quando a Giovanni viene conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, il 12 maggio 1861, egli è indicato come Schiapparelli (con due P). Ma quando dieci anni dopo il medesimo ordine gli conferirà la Commenda, questa verrà assegnata a Giovanni Schiaparelli (con una sola P).

Atto di nascita di Ernesto Schiapparelli, dal quale si apprende anche chi fossero il padre (il professor Luigi) e il nonno (Clemente).
Atto di nascita di Ernesto Schiapparelli, dal quale si apprende anche chi fossero il padre (il professor Luigi) e il nonno (Clemente).

L’ambiguità, la grafia con una o due P, è secondo alcuni dovuta all’abitudine di scrivere, sui documenti ufficiali, la gamba della lettera P con uno svolazzo, che in certi casi – complice l’uso di penne d’oca e inchiostri sbiaditi – può dare l’impressione che le P siano due. E forse è addirittura possibile individuare il primo responsabile di questa confusione in Don Bianco, parroco di Occhieppo Inferiore dal 1737, “colpevole” non solo di aver raddoppiato regolarmente le P della famiglia Schiaparelli nel compilare i registri parrocchiali, ma anche di aver scritto il cognome “al singolare”, come Schiaparello, in svariate occasioni. È notevole il fatto che prima dell’arrivo del reverendo Bianco, i documenti riportano il nome correttamente – anche se, nel 1654, viene rilasciata una ricevuta a Steffano Schiaparelli. Con due F: un’altra vittima degli svolazzi della calligrafia dell’epoca.

Le diverse grafie si riscontrano nei documenti ufficiali appunto fino al 1871 – poi, misericordiosamente per i futuri ricercatori, la grafia viene normalizzata. Nel neonato Regno d’Italia certe ambiguità sono molto meno tollerate che negli archivi parrocchiali di un piccolo paese di provincia. Il paleografo e archivista Luigi Schiaparelli avrebbe certamente approvato. E d’altra parte, durante le riunioni di famiglia, quando si incontravano Giovanni l’astronomo, Luigi il professore di Storia, Giovanni Battista il farmacista e Cesare il Generale, è molto probabile che la questione delle due P sia stata sollevata. Ed è altrettanto probabile che la confusione sui documenti dell’Ordine Mauriziano abbia stimolato Giovanni a mettere un punto fermo sull’intera faccenda. Alla normalizzazione sfugge, come abbiamo visto, l’azienda fondata da Giovanni Battista, che rimane Schiapparelli con due P – forse per non intaccare quello che è ormai un marchio di fabbrica riconosciuto. Tuttavia, nonostante le risoluzioni ufficiali, il problema della doppia P persiste: anche l’amministrazione pubblica di Occhieppo Inferiore ha in passato provato un certo imbarazzo, sbagliando il nome dei propri famosi e titolati concittadini nel dedicare loro le vie del paese.

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Bibliografia

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