Le Pasque piemontesi e l'intervento inglese

Quando Cromwell prestò aiuto ai valdesi perseguitati

Dipinto di Silvio Allason, “Episodio della persecuzione dei Valdesi” (1875 ca.), Galleria d’Arte Moderna di Torino.

Laureato in Lingue e letterature straniere presso l’Università del Piemonte Orientale, ha conseguito il dottorato presso lo University College Cork (Irlanda). Insegna lingua inglese e ha pubblicato diversi saggi sul multilinguismo negli scrittori piemontesi.

  

I massacri compiuti nell’aprile 1655 dalle milizie sabaude e francesi contro gli abitanti di fede valdese delle valli piemontesi divennero noti, a partire dall’Ottocento, come Pasque piemontesi e provocarono l’intervento dei paesi di fede protestante, primo fra tutti l’Inghilterra. Grazie alla collaborazione di Corrado Gavinelli, docente di architettura ed esperto di questioni valdesi, e alle preziose indicazioni bibliografiche di Albert de Lange ci occuperemo delle persecuzioni valdesi e del conseguente intervento inglese.

Il governo puritano di Cromwell

Pochi anni prima dell’eccidio valdese, l’Inghilterra fu sconvolta da una serie di eventi epocali: una guerra civile, la decapitazione del sovrano, il rovesciamento della monarchia e infine l’instaurazione di un governo puritano capitanato da Oliver Cromwell. Malgrado, nei primi tempi, una relativa libertà di culto e di opinione fossero garantite, Cromwell e i suoi capirono presto che il modo migliore per governare era circoscrivere il potere a pochi e limitare il dissenso. Prima il numero dei parlamentari fu ridotto; poi, nel 1653, Cromwell fu investito del titolo di Lord Protector a capo di un Consiglio di Stato, i cui membri, quasi tutti comandanti militari, erano scelti dallo stesso Cromwell. Vennero quindi introdotte leggi contro la libertà di stampa e il dissenso religioso che resero l’Inghilterra una teocrazia militare.

L'esecuzione per decapitazione di Carlo I Stuart, avvenuta il 27 gennaio 1649 a Whitehall, Londra.
L'esecuzione per decapitazione di Carlo I Stuart, avvenuta il 27 gennaio 1649 a Whitehall, Londra.

Un digiuno di protesta

Oliver Cromwell,
Oliver Cromwell, "Lord Protector of Great Britain", ritratto da Robert Walker (1649, olio su tela, National Portrait Gallery, Londra).

Appena giunta oltremanica (fu Jean Léger, moderatore delle chiese valdesi in Piemonte, a lanciare il primo grido di aiuto), la notizia dell’attacco a una popolazione inerme scandalizzò tutti, non solo il gruppo al potere. All'epoca era opinione condivisa che i valdesi fossero i precursori della Riforma e diretti discendenti dei primi cristiani. Per Cromwell, particolarmente addolorato e indignato, l’attacco ai valdesi rappresentava un attacco diretto alla Riforma, e dunque intervenire in loro soccorso equivaleva a difendere i principi sui quali si fondava il Commonwealth. Il Lord Protettore proclamò un digiuno solenne in tutto il paese e ordinò ai pastori protestanti di dipingere di rosso le pareti interne delle chiese così da far riverberare l’eco dell’eccidio. Il 24 giugno, giorno fissato per il digiuno espiativo, venne annunciata una colletta a favore dei valdesi in Piemonte: la cifra finale raggiunse le 38 mila sterline, delle quali ben duemila versate personalmente da Cromwell.

L’intervento in difesa dei valdesi serviva anche a mettere pressione alla Francia. Indecisa tra un'alleanza spagnola e una francese, l’Inghilterra, a un certo punto, sembrò propensa per la seconda ipotesi; ma la notizia dello sterminio in Piemonte interruppe le trattative. Non era infatti un mistero che dietro la condotta sabauda ci fosse la longa manus del governo francese. Pertanto, Cromwell pensò di agire presso il cardinale Mazzarino per convincerlo a interrompere gli attacchi contro i valdesi, lasciando intendere che la ripresa delle trattative sarebbe dipesa dalla riuscita della mediazione francese. In effetti, con la sospensione delle violenze, i negoziati anglo-francesi ripresero e fu infine firmato un trattato commerciale.

Il Re Sole all'oscuro di tutto?

Oggi il nome di Samuel Morland ci dice poco, ma all’epoca occupava un ruolo di riguardo nella ristretta gerarchia repubblicana inglese. Dopo aver frequentato Cambridge, dove approfondì i suoi interessi matematici, nel 1653 imboccò la strada della diplomazia seguendo l’ambasciatore Bulstrode Whitelocke in Svezia. Scopo della missione era convincere la regina svedese a sottoscrivere un trattato commerciale con l’Inghilterra. La buona riuscita dell’ambasciata fece guadagnare a Whitelocke i ringraziamenti del parlamento e a Morland l’invio in Piemonte (via Francia) come Commissioner Extraordinary

Samuel Morland ritratto da Peter Lely nel 1645.
Samuel Morland ritratto da Peter Lely nel 1645.

Un mese dopo la carneficina valdese, Samuel Morland lasciò l’Inghilterra con quattro documenti dettati a John Milton da Cromwell: tre lettere (una per Mazzarino, l’altra per Luigi XIV, la terza per il duca di Savoia) e un discorso da recitare presso la corte torinese. L’arrivo in Francia avvenne il 1° giugno. La missiva per il sovrano esordiva su toni amichevoli e prudenti. In essa Cromwell comunica di aver appreso quanto accaduto nelle valli piemontesi, e di aver saputo che truppe francesi avrebbero preso parte alle spedizioni. Dopo tre giorni, a Morland fu consegnata la risposta del Re Sole. Nella lettera, il giovane monarca afferma di non aver affatto ordinato alle proprie truppe di attaccare una minoranza riformata in Piemonte. Il sovrano sostiene che sia stato il duca di Savoia ad aver approfittato dei reggimenti francesi per punire ciò che lo stesso Savoia definisce atti di “ribellione e disobbedienza” da parte di sudditi protestanti. Davvero Luigi XIV era all’oscuro di tutto? Difficile crederlo. In ogni caso, il sovrano assicurò di aver preso i provvedimenti necessari per porre fine agli scontri facendo valere la propria influenza presso la corte sabauda.

“Cromwell e Milton. Il Lord Protector mentre detta una lettera al Duca di Savoia per interrompere le persecuzioni a danno dei protestanti in Piemonte nel 1655”, litografia di Frederick Newenham.
“Cromwell e Milton. Il Lord Protector mentre detta una lettera al Duca di Savoia per interrompere le persecuzioni a danno dei protestanti in Piemonte nel 1655”, litografia di Frederick Newenham.

Alla corte sabauda

Incassate le rassicurazioni francesi, Morland proseguì verso il Piemonte. Giunto a Rivoli, ottenne udienza presso Carlo Emanuele II e l’immancabile Madama Cristina dopo tre giorni di attesa. Come da ordini, Morland recitò il discorso scritto da Milton. In esso viene ricordata “l’antica Alleanza dei nostri Sovrani con la famiglia reale dei Savoia”, e lo stesso Morland si professa “devoto a Sua Altezza Reale ed estimatore di tutti gli italiani”. Il discorso prosegue su toni più accesi presentando Cromwell come intercessore presso i valdesi, per i quali egli chiede al duca di estendere la sua indulgenza; poi, il Protettore si dice sicuro delle informazioni in suo possesso, cioè di come parte delle comunità protestanti piemontesi siano state

crudelmente massacrate dalle vostre forze militari, in parte evacuate con la forza e obbligate ad abbandonare le loro abitazioni.

Il discorso si chiude informando quanto questi fatti abbiano toccato il Lord Protettore, il quale, dunque, si aspettava un atto compassionevole da parte del duca.

John Milton in una pittura ad acqua realizzata da William Blake (1801 circa, Manchester City Art Gallery).
John Milton in una pittura ad acqua realizzata da William Blake (1801 circa, Manchester City Art Gallery).

Terminata la lettura, il legato britannico consegnò la lettera per Carlo Emanuele II. La replica lasciò Morland insoddisfatto. Nella risposta viene sottolineata l’inesattezza delle informazioni giunte in Inghilterra su quanto avvenuto tra i “ribelli” e l’esercito ducale. Per il duca, infatti, l’atteggiamento nei confronti di questi sudditi è stato soltanto quello di un “padre amorevole” che punisce un figlio meno duramente di quanto meriterebbe. Tuttavia, per dimostrare quanto l’intercessione di Cromwell fosse tenuta in alta considerazione, Carlo Emanuele si ritenne felice di perdonare i rivoltosi, permettendo loro “il libero esercizio di culto all’interno dei soliti confini”.

Le Patenti di grazia e perdono

Prima pagina delle
Prima pagina delle "Patenti di grazia e perdono" del 1655.

L’inviato britannico lasciò Torino per dirigersi a Ginevra. Poco dopo il suo arrivo, Morland fu informato che emissari francesi e rappresentanti valdesi stavano per siglare un trattato di pace a Pinerolo. Fu Mazzarino ad accelerare le trattative poiché sapeva che se la Francia non si fosse adoperata in maniera risoluta per raggiungere una soluzione alla questione valdese, il trattato con l’Inghilterra non sarebbe stato siglato. Risultato delle trattative furono le Patenti di grazia e perdono del 18 agosto 1655. Esse constano di un’introduzione seguita da venti articoli e da un paio di allegati. Le Patenti accordavano l’amnistia ai valdesi “annullando ogni confisca, processura, condanne e dichiarazione di pene reali”. Le popolazioni riformate erano inoltre esentate per cinque anni dal pagamento delle “debiture” poiché i danni provocati dai moti non avrebbero consentito la corresponsione delle imposte per qualche periodo.

Con le Patenti, dunque, come già nel trattato di Cavour, il duca ristabiliva

il libero esercizio della loro religione e libertà di coscienza in tutti i luoghi nelle precedenti concessioni compresi.

Il punto più critico e discusso era il secondo, con il quale si intimava ai valdesi di abbandonare abitazioni e beni acquistati “di là dal Pellice” e di vendere gli stessi beni ai residenti cattolici, mentre i soldi ricavati sarebbero stati liquidati ai precedenti proprietari. Appariva così chiaro l’intento dei Savoia: limitare il “contagio” protestante circoscrivendo i valdesi in un’area sempre più esigua. Fu proprio questo il punto meno convincente agli occhi degli inglesi, i quali seppero della conclusione delle trattative a giochi ormai fatti. Morland e il governo britannico ebbero comunque il merito di accelerare le negoziazioni e farle giungere a una conclusione.

La ripresa delle persecuzioni

Monumento dedicato al pastore valdese Henri Arnaud realizzato nel 1925 da Emilio Musso su disegno dello scultore torinese Davide Calandra, Torre Pellice.
Monumento dedicato al pastore valdese Henri Arnaud realizzato nel 1925 da Emilio Musso su disegno dello scultore torinese Davide Calandra, Torre Pellice.

Per vent’anni, difatti, non si registrarono violenze. Le cose cambiarono nel 1685, allorché Luigi XIV revocò l’Editto di Nantes. Gli effetti si fecero sentire subito a Pragelato, allora in territorio francese: la valle fu invasa dai dragoni, i templi distrutti e i renitenti costretti all'esilio. Come già i suoi predecessori, anche Vittorio Amedeo II di Savoia si adeguò alla linea francese, e nel 1686 ordinò la cessazione del culto riformato in Piemonte. Una parte delle comunità valdesi emigrò, mentre i più coraggiosi imbracciarono le armi sotto la guida del pastore Henri Arnaud. Gli scontri ebbero breve durata e terminarono con la disfatta valdese. Seguirono saccheggi, morti e prigionieri a migliaia, mentre circa tremila ripararono in Germania e in Svizzera.

Ancora una volta l’Inghilterra tese la mano alle comunità riformate piemontesi. Dopo la Restaurazione del 1660, sul trono inglese si erano succeduti due sovrani, Carlo II e Giacomo II, educati in Francia e con aperte simpatie cattoliche. Nel 1688 i più alti esponenti tory e whig decisero di liberarsi dell’ultimo regnante Stuart per affidare la corona inglese al protestante Guglielmo III d’Orange: era la Gloriosa Rivoluzione, completata in un secondo tempo con l’approvazione di un Bill of Rights, che garantiva la sovranità del parlamento, e di altre leggi volte a difendere la libertà religiosa e limitare i poteri del monarca.

Il glorioso rimpatrio

Ritratto di Vittorio Amedeo II, duca di Savoia e re di Sardegna.
Ritratto di Vittorio Amedeo II, duca di Savoia e re di Sardegna.

Prima di questi eventi, Arnaud si era rivolto a Guglielmo III. Il sovrano britannico inviò emissari presso i valdesi in esilio allo scopo di incoraggiare il loro ritorno in Francia e in Piemonte. Nel 1689 un altro evento “glorioso” ebbe luogo: il Glorioso rimpatrio, organizzato da Henri Arnaud con l’aiuto inglese, di un migliaio di valdesi e ugonotti nei propri luoghi d’origine. Nel settembre 1689, Arnaud, gli ufficiali e i soldati valdesi strinsero il giuramento di Sibaud, con il quale promisero reciproca fedeltà. Il ritorno non fu pacifico, anche se le truppe di Arnaud riuscirono a evitare gli attacchi francesi e ducali almeno fino a un momento di svolta: Guglielmo III d’Orange si mise alla testa di una Grand Alliance per contrastare l’espansionismo francese; a questo schieramento aderirono anche i Savoia, rompendo così l’assoggettamento al Re Sole. Di conseguenza, ai valdesi piemontesi fu consentito il ritorno nei territori di origine.

La situazione, per qualche tempo, rimase comunque difficile. Anche con l’Editto emesso nel 1694 da Vittorio Amedeo II su pressione del monarca inglese, con il quale venivano confermate le disposizioni del trattato di Cavour, le cose non cambiarono molto. Si sarebbero dovuti attendere circa due secoli per assistere a un miglioramento sostanziale della condizione dei valdesi in Piemonte. Nel 1848 fu garantito loro il riconoscimento di tutti i diritti civili e politici “al pari dei sudditi cattolici” del Regno di Sardegna, mentre solo nel 1984 sarebbe stata stretta un’intesa tra il governo della Repubblica italiana e una Tavola valdese. 

La diga Cromwell

Cos’è rimasto dell’intervento inglese nelle valli valdesi? Oltre al denaro raccolto, grazie al quale fu possibile organizzare la resistenza e aiutare il ritorno dei valdesi, a Bobbio Pellice si trova ancora la cosiddetta Diga Cromwell. Gavinelli ha scritto due articoli su questo argomento:

è stata costruita tra 1730 e 1731 per necessità di sopravvivenza del villaggio nei confronti delle ricorrenti e distruttive inondazioni che invadevano l’abitato e allagavano i campi circostanti.

In origine la barriera era alta quattro metri e mezzo e fu innalzata con pietre sgrossate mescolate a massi fluviali.

È stata realizzata con l’aiuto finanziario di fondi inglesi e olandesi. In particolare fu l’Olanda a dare il più consistente contributo, ma nonostante tutto è prevalso il nome di Cromwell.
John Thurloe, segretario di Stato durante il governo Cromwell e temibilissimo capo del servizio di spionaggio.
John Thurloe, segretario di Stato durante il governo Cromwell e temibilissimo capo del servizio di spionaggio.

Una nuova carriera per Morland

Quanto a Morland, invece, la compromissione con il regime repubblicano gli impedì di proseguire la carriera diplomatica una volta restaurata la monarchia. Conoscendo la passione di Carlo II per le scienze, Morland sperò comunque di ingraziarsi il sovrano dedicandosi ad applicazioni pratiche della matematica. Come osserva Gavinelli, Morland aveva già dato prova delle sue abilità prima della Restaurazione, quando,

lavorando nei servizi di "intelligence" guidati da John Thurloe, realizzò una macchina decodificatrice dei messaggi cifrati delle dimensioni di un’attuale borsetta da viaggio.

Morland si impegnò anche nella realizzazione di un almanacco perpetuo, a esperimenti su acustica e suono che diedero vita a diversi esemplari di speaking trumpets – vale a dire, apparecchi in grado di permettere alla voce umana di raggiungere notevoli distanze, e alla “creazione del prototipo del moderno computer, ossia una macchina calcolatrice inventata nel 1666 e dedicata al sovrano inglese”.

I settori nei quali l’ex-diplomatico eccelleva erano l’idrostatica e l’idraulica. Nel 1661 Morland brevettò una pompa “a pistoni” in grado di portare acqua corrente in ogni stanza del castello di Windsor. Gli esperimenti soddisfecero talmente Carlo II che gratificò Morland con il titolo di Magister Mechanicorum. Ma

l’opera più grandiosa in questo campo consisté nel gigantesco sistema di pompaggio approntato nel 1682, su richiesta di Luigi XIV di Francia, per convogliare le acque della Senna da Parigi alla residenza di Versailles.

L’opera è nota come macchina di Marly dal nome della località lungo la Senna dove fu installata.

Pierre-Denis Martin, veduta della
Pierre-Denis Martin, veduta della "macchina di Marly", dell'acquedotto e della collina di Louveciennes, 1723.

Al di là dei meriti acquisiti grazie alla missione piemontese, Morland è quindi un personaggio che merita di essere riscoperto. Condusse un’esistenza avventurosa, nella quale guai e successi si alternarono in ugual misura, e possedeva una personalità complessa: individuo dai talenti molteplici – geniale, ma anche doppiogiochista e inaffidabile, dedito al lusso e incapace di gestire i propri proventi. Dopo essersi sposato ben cinque volte (furono tutti matrimoni felici tranne l’ultimo, che, a suo dire, lo rovinò), Morland imboccò una lenta parabola discendente fino alla morte, che lo colse, ormai cieco, il 26 dicembre 1695.

👉Un sincero ringraziamento al dr. Albert de Lange e a Corrado Gavinelli per l’aiuto.

🎧 Progetto musicale ispirato all’eccidio valdese e al sonetto On The Late Massacre in Piedmont di John Milton.

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Bibliografia

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