Stelle dalla Preistoria: il sito di RocceRè

L'archeoastronomia raccontata dal prof. Guido Cossard

Costellazione delle Pleiadi, rappresentata su pietra in diverse zone dell’area alpina.

Fisica di formazione, collabora con diverse testate nazionali ed estere come giornalista e divulgatrice scientifica. Ha collaborato con molti Istituti di Ricerca e Osservatori Astronomici italiani e internazionali. Nel 2008 ha ricevuto il Premio “Voltolino” in giornalismo scientifico.

  

Si può andare a caccia di stelle guardando le rocce? Da svariati anni il professor Guido Cossard ha analizzato palmo a palmo non solo la Valle d’Aosta, sua terra d’origine, ma anche il Piemonte, scoprendo recentemente l’ennesima raffigurazione astrale su roccia nelle Valli di Lanzo, a conferma che lo spettacolo notturno era più visibile e tenuto in gran conto dai nostri antenati che dall’attuale umanità iperconnessa alla rete.

Il professor Guido Cossard durante un’intervista.
Il professor Guido Cossard durante un’intervista.

Che cos'è l’archeoastronomia

Ma prima di addentrarci e svelare la sua più recente impresa è bene fare chiarezza sull’archeoastronomia, una disciplina affascinante che sta a cavallo fra i due mondi dell’archeologia e dell’astronomia. Gli studi mettono in evidenza la conoscenza che avevano i nostri antenati delle stelle, dei pianeti, o dei fenomeni celesti, come le eclissi di sole o di luna, e soprattutto come li hanno interpretati e utilizzati tramite il supporto di manufatti ricavati appositamente nella pietra, ormai l’unico materiale sopravvissuto durante i millenni.

Ombra proiettata durante gli equinozi sulla piramide chiamata “El Castillo” (Chichén Itzá) in Messico.
Ombra proiettata durante gli equinozi sulla piramide chiamata “El Castillo” (Chichén Itzá) in Messico.

L’esempio più famoso è sicuramente il circolo di pietre megalitiche di Stonehenge nel Regno Unito, un gigantesco calendario astronomico, ma non si tratta nemmeno del sito più grande o spettacolare. In giro per il mondo troviamo ad esempio il complesso tombale di Newgrange in Irlanda, dentro al quale durante il solstizio invernale filtra un raggio di luce che colpisce una particolare pietra istoriata, o ancora la spettacolare struttura di El Castillo in Messico che durante gli equinozi proietta un’ombra che origina l’illusione ottica di un serpente che discende l’imponente scalinata.

Ma l’archeoastronomia non si limita a strutture megalitiche che possono rappresentare calendari luni-solari o che riproducono fenomeni spettacolari in particolari momenti dell’anno, utili alle classi dominanti dell’epoca per affermare il loro potere. I manufatti possono essere costituiti anche da oggetti decisamente più piccoli e curiosi, in altri materiali, a patto che abbiano resistito allo scorrere del tempo. Questo campo, estremamente affascinante, è ancora agli albori nelle facoltà accademiche; per esempio in Italia esiste, da non molto tempo, un’unica cattedra di archeoastronomia presso il Politecnico di Milano, ma anche negli Stati Uniti non abbondano di certo.

Tutto ha avuto inizio dalla Luna

Ad ogni modo c’è molto da indagare e da scoprire su vari fronti senza andare in luoghi esotici, basta rimanere in Piemonte, come dimostrano i recenti ritrovamenti. Però è curioso notare come l’approccio degli attuali archeoastronomi sia differente e sempre più multidisciplinare e passi attraverso percorsi insospettabili. Per questo è curioso domandare a Guido Cossard, laureato in Fisica, com’è nata in lui l'idea di dedicarsi non solo alle stelle, ma in un certo senso anche all’archeologia.

È nata scrivendo un libro sulla Luna. Ho preso le cose alla lontana e mi sono accorto che le conoscenze degli antichi sulla Luna erano eccezionali. Mi sono chiesto se fosse un caso, se la Luna fosse studiata in modo particolare, e ho approfondito, accorgendomi che le conoscenze astronomiche dei popoli antichi erano numerose e strabilianti. Poi ho avuto modo di lavorare con il prof. Giuliano Romano, il padre dell’archeoastronomia italiana: insieme, nel 1990, abbiamo studiato il sito megalitico di Saint-Martin-de-Corléans, ad Aosta, e così ho perfezionato i metodi. I risultati ottenuti in quell’occasione sono stati eccezionali, mostrando orientamenti sul Sole, sulla Luna e su alcune stelle brillanti, e ancora oggi, sulla base di nuovi lavori effettuati dagli archeologi, ho avuto modo di perfezionare lo studio dell’area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans. Naturalmente quel lavoro mi ha incoraggiato a continuare con rinnovato entusiasmo.

I 46 menhir del Piccolo San Bernardo

Il professore si è anche dedicato al circolo megalitico del Piccolo San Bernardo che si trova sul passo omonimo, ad una quota di quasi 2.200 metri, ed è formato da 46 menhir. Nonostante vi siano dei dubbi sull’autenticità di tutte le pietre erette, il cromlech si rende protagonista di uno spettacolare fenomeno: in occasione del solstizio d’estate, il Sole tramonta dietro una sella posta vicino alla vetta del monte più alto sull’orizzonte di nord ovest, il Lancebranlette. Così facendo proietta un’ombra falcata che avvolge il monumento, mentre l’area sacra rimane in luce.

Solstizio d'estate al Circolo megalitico del Piccolo San Bernardo.
Solstizio d'estate al Circolo megalitico del Piccolo San Bernardo.

Poi, l’International Astronomical Union ovvero l’Unione Astronomica Internazionale, come riconoscimento anche per le sue ricerche sulle incisioni preistoriche e sul calendario dei Celti, nel 2005 gli ha dedicato un pianetino battezzandolo col suo nome, indirizzandolo definitivamente verso questa scienza.

Le costellazioni del RocceRè

Disco di Libarna conservato al Museo di Archeologia di Genova Pegli, presenta due facce, entrambe lavorate e differenti tra loro, e dagli studi effettuati pare essere un calendario lunare.
Disco di Libarna conservato al Museo di Archeologia di Genova Pegli, presenta due facce, entrambe lavorate e differenti tra loro, e dagli studi effettuati pare essere un calendario lunare.

Come spiega Cossard, anche i ferri del mestiere utilizzati sono interessanti: per esempio il teodolite, invece del telescopio, col quale si individuano sul terreno le direzioni lungo le quali erano allineati i ritrovamenti archeologi di un sito determinandone in questo modo l’eventuale orientamento astronomico. Così, negli anni, si sono succedute diverse scoperte; oltre a quelle precedentemente citate sul suolo Valdostano sono particolarmente importanti quelle avvenute sul RocceRè in provincia di Cuneo, a Torino riguardo l’orientamento di Augusta Taurinorum nel giorno della sua fondazione e sul Disco di Libarna, probabilmente un antichissimo strumento astronomico.

Procedendo con ordine, il sito del RocceRè si trova in Valle Maira, nel comune di Roccabruna, in provincia di Cuneo. Qui si trovano notevoli incisioni e un numero impressionante di coppelle, si stima addirittura circa 5.000. Con il termine di coppelle o pietre a scodella, si indicano tutti quegli incavi ricavati manualmente sulle rocce piane o poco pendenti spesso posizionate in posizioni panoramiche.

Un mio studio ha mostrato che, in diversi casi, le coppelle possono rappresentare delle costellazioni astronomiche. Pur non essendo assolutamente ipotizzabile che questo fosse il loro unico utilizzo, e forse neanche il più diffuso, si può però mostrare come, in diversi casi, il profilo indicato dalle coppelle riproduca in modo evidente la forma di alcune costellazioni caratteristiche. Nel caso del sito del RocceRé s’individuano diversi gruppi di coppelle interessate da quest’aspetto. In particolare si trova una splendida rappresentazione di Perseo.
Area Archeologica RocceRé in Val Maira.

La notte di San Lorenzo nella Preistoria

Viene spontaneo chiedersi perché al RocceRé sia rappresentata la costellazione di Perseo, che non contiene gruppi di stelle particolarmente brillanti, né presenta una forma molto caratteristica. Una possibile spiegazione, suggerita dal ricercatore, coinvolge una delle stelle del Perseo con caratteristiche del tutto originali. Si tratta di una binaria a eclisse, cioè un sistema doppio di stelle che, ruotando, si occultano a vicenda. In questo modo la luce che giunge alla Terra è massima quando le stelle non si sovrappongono, mentre è minima nelle fasi di eclisse. Periodicamente, la componente principale, la stella chiamata Algol A, viene eclissata dalla compagna più debole, Algol B. Questo evento, che avviene ogni due giorni, 20 ore e 49 minuti, dura circa 10 ore. Il fenomeno delle stelle variabili è oggi ben noto e spiegato, ma non era così nell’antichità, e la posizione di Algol è individuata con chiarezza sulla pietra del RocceRé.

A sinistra una foto del cielo notturno che ricalca la costellazione del Perseo, mentre sulla destra si può osservare la pietra coppellata ritrovata a RocceRé in provincia di Cuneo.
A sinistra una foto del cielo notturno che ricalca la costellazione del Perseo, mentre sulla destra si può osservare la pietra coppellata ritrovata a RocceRé in provincia di Cuneo.

Inoltre, tutta la costellazione è stata rappresentata tramite coppelle, mentre la testa di Perseo è stata raffigurata attraverso un triangolo. Come fa notare Cossard, tutti noi abbiamo avuto modo di osservare, nelle notti intorno al 10 agosto, anche se il giorno migliore è il 12, le stelle cadenti chiamate Lacrime di San Lorenzo; nella tradizione le scie che solcano il cielo rappresentano le lacrime del Santo martirizzato sulla graticola. In realtà le Lacrime di San Lorenzo si chiamano tecnicamente Perseidi, perché prendono il nome dal loro radiante, cioè dal punto dal quale sembrano irradiarsi, che si trova nella costellazione vicino alla testa di Perseo in corrispondenza del triangolo inciso sulla pietra al RocceRé.

Sembrerebbe così che al RocceRé anonimi osservatori nella preistoria avessero dunque già notato e rappresentato due tra i più importanti fenomeni celesti osservabili a occhio nudo in quel periodo, ma torniamo in città a Torino per scoprire delle curiosità sulla sua fondazione.

La fondazione della città di Torino

Innanzi tutto il Locus di Augusta Taurinorum, il punto così chiamato dal quale è stata fondata la città romana, e quindi di conseguenza l’attuale Torino, si trova quasi esattamente a 45° di latitudine, per la precisione a 45,07° o in altre parole a 45° e circa un primo. Questo fatto produce un importante effetto. Gli antichi osservatori non avevano modo di rendersi conto che la rotazione della volta celeste era apparente e che era conseguenza della rotazione della Terra. Di conseguenza pensavano che tutto l’universo ruotasse fisicamente facendo perno sull’asse diretto verso il nord celeste e pensavano anche che, perché la città fosse in armonia con l’universo, dovesse presentare il suo asse in modo che fosse parallelo all’asse dell’universo.

Quale migliore posto avrebbero potuto trovare i Romani per fondare una città in perfetta armonia con l’universo, se non quel luogo dal quale l’asse dell’universo fosse diretto verso la metà della volta celeste? Infatti questo capita proprio ad una latitudine di 45°.

Già la localizzazione di Torino è importante, ma ancora di più lo è l’orientamento del decumano, la via orientata in direzione est-ovest, corrispondente all’attuale via Garibaldi e su questa il professore avanza alcune ipotesi.

Le porte Palatine di Torino come si presentano oggi. Da qui sono state effettuate le misure per ricavare la data di fondazione della città.
Le porte Palatine di Torino come si presentano oggi. Da qui sono state effettuate le misure per ricavare la data di fondazione della città.
Il Sole sorgeva in quella direzione intorno al 5 o 6 febbraio del 27 a.C., anche se oggi anticipa di un paio di giorni, a causa di alcune differenze nel calendario. Dobbiamo subito dire che questa data era molto importante, perché celebrava direttamente l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto. Il 5 febbraio era infatti il giorno nel quale veniva celebrato Augusto come Pater Patriae, il Padre della Patria. A questo proposito è però necessaria una piccola digressione: si ritiene che la città sia stata fondata nel 27 a.C., mentre il titolo di Pater Patriae è stato conferito ad Augusto soltanto nel 2 a.C.

È possibile che, nonostante il titolo gli sia stato conferito ufficialmente secondo le fonti classiche nel 2 a.C., popolarmente egli fosse già ritenuto tale o addirittura, che fosse un modo per “forzarne” l’attribuzione. Però considerando le popolazioni stanziate allora, si fa strada anche un’altra ipotesi. La città si chiamava Augusta, ma anche Taurinorum, dei Taurini, popolazione orbitante sicuramente nell’area celtica, sia dal punto di vista religioso che culturale. Le feste più importanti dei Celti si celebravano proprio quando il Sole raggiungeva una declinazione di più 16 gradi o meno 16 gradi, pari, con buona approssimazione, alla declinazione individuata dal decumano. Dunque Torino è orientata in direzione del punto in cui sorgeva il Sole in una delle più importanti ricorrenze celtiche, la Festa di Imbolc.

Veduta dalla verticale delle Porte Palatine usata nelle ricerche sulla fondazione di Torino.
Veduta dalla verticale delle Porte Palatine usata nelle ricerche sulla fondazione di Torino.

Un’ulteriore ipotesi si basa sulla posizione della stella Sirio, la più brillante del cielo, nel momento della fondazione di Augusta Taurinorum. Questa stella, la più luminosa della costellazione del Cane Maggiore, era molto importante per gli Egizi, legati da una leggenda alla fondazione della città. Nella mitologia egizia Sirio era una delle diverse rappresentazioni di Iside, una dea il cui culto era fondamentale, e nei pressi di Torino, a Mereu da Po, l’antica Industria, si trova uno dei templi di Iside più importanti al mondo. Ricordiamo che secondo una leggenda la città sarebbe stata fondata da un principe egizio, adoratore del Toro Api, dal quale sarebbe derivato il legame di Torino con il toro.

E per finire ultima ipotesi e la più convincente a mio avviso, Torino si trova in quel punto, con quell’orientamento e con quella pianta, proprio perché gli esperti astronomi, fondatori di Augusta Taurinorum, si erano accorti della coesistenza di tutti questi aspetti. E aggiungendo il fatto che, osservato da quel sito, l’asse dell’universo tagliava in due parti uguali la volta celeste, ecco che il luogo era chiaramente eletto; la città diventava un vero e proprio cosmogramma, una rappresentazione unica dell’universo, lo specchio del cielo o addirittura un tutt’uno con il cosmo.

Nuove scoperte nelle Valli di Lanzo

Lasciamo la città per spostarci in una delle Valli di Lanzo, per conoscere la sua più recentissima scoperta. Qui un masso coppellato situato nei pressi di Chialamberto, riporta sulla sua superficie una serie di coppelle che rappresentano l’ammasso aperto delle Pleiadi visibile nei nostri cieli dall’autunno. La scoperta è stata resa possibile grazie a uno studio di Guido Cossard e Cristian Raugei. Il masso, delle dimensioni di circa 150 cm di lunghezza per 60 cm di altezza, presenta sulla sua superficie non solo numerose coppelle, ma alcune canalette.

Il particolare masso coppellato situato nei pressi di Chialamberto, delle dimensioni di circa 150 cm di lunghezza per 60 di altezza, presenta sulla sua superficie numerose coppelle ed alcune canalette, ultima scoperta comunicata a settembre di un ulteriore rappresentazione stellare fatta nell’antichità.
Il particolare masso coppellato situato nei pressi di Chialamberto, delle dimensioni di circa 150 cm di lunghezza per 60 di altezza, presenta sulla sua superficie numerose coppelle ed alcune canalette, ultima scoperta comunicata a settembre di un ulteriore rappresentazione stellare fatta nell’antichità.

Come spiega Cossard, infatti

Un gruppo di sei grandi coppelle, con diametro che va dai 6 ai 10 cm, rappresenta le principali stelle dell’ammasso aperto delle Pleiadi. Una caratteristica molto rara è il fatto che le canalette più importanti colleghino proprio le coppelle corrispondenti alle principali stelle delle Pleiadi, come a voler sottolineare l’intenzione consapevole di rappresentare l’asterisma.

Asterisma ovvero il gruppo di stelle ben visibili che caratterizza questo famoso ammasso ben noto nell’antichità e immortalato da Omero e Dante, ma ulteriori ricerche in zona consentiranno di capire se il masso è unico o se vi sono altri elementi significativi che possano individuare orientamenti di tipo astronomico. Rimane inoltre da spiegare la presenza di altre coppelle e canalette che, pur essendo parte del disegno complessivo, non sembrano presentare un particolare significato astronomico.

La scoperta è molto importante, perché si aggiunge ad altre rappresentazioni su pietra delle Pleiadi, quali quelle del RocceRè e quelle di Lillianes in Valle d’Aosta, e fanno pensare a un diffuso e antichissimo culto delle Pleiadi in tutta l’area alpina, ma gli studi sono all’inizio: sarà importante determinare l’orientamento della pietra e cercare se vi siano altre strutture in pietra o incisioni nei dintorni.

Sovrapposizione delle posizioni stellari dell’ammasso delle Pleiadi con la roccia coppellata scoperta a Chialamberto.
Sovrapposizione delle posizioni stellari dell’ammasso delle Pleiadi con la roccia coppellata scoperta a Chialamberto.

Possiamo concludere ricordando che, in quasi vent’anni di attività, Cossard ha scritto diversi libri sull’argomento ed è anche presidente dell’Associazione Ricerche e Studi di Archeoastronomia Valdostana. Potrebbe svelarci qualche aneddoto curioso legato alla sua lunga carriera di investigatore dei cieli del passato?

Mi piace ricordarne uno in modo particolare: ho passato 15 mesi sotto il servizio militare; 6 alla Scuola Militare Alpina di Aosta e 9 come ufficiale degli Alpini, specialità mortaista. Quando ho preso nelle mani, per la prima volta, un goniometro per puntare il mortaio, impostare il fuoco di aggiustamento e poi quello di efficacia, mi sembrava uno strumento complicato, ma mi sono comunque dedicato con passione ad approfondirne il funzionamento. Mai avrei pensato che l’esperienza maturata per puntare un mortaio mi sarebbe stata preziosa nell’utilizzo del teodolite, molto simile al goniometro, e strumento principe per fare archeoastronomia. Dunque, qualsiasi esperienza può insegnarci cose bellissime, anche se a volte gli sbocchi sono totalmente diversi da quelli che potremmo ipotizzare.

Allora buona caccia alle stelle del passato!

👍 Si ringrazia il prof. Guido Cossard per la preziosa intervista.

※ ※ ※

Bibliografia

  • Cossard G., Cieli perduti Archeoastronomia le stelle dei popoli antichi, Torino, Utet, 2010.
  • Cossard G., Torino, città celeste, Aosta, Keltia Edizioni, 2018.
※ ※ ※

Vuoi continuare a leggere? Iscriviti gratuitamente alle nostre newsletter!

Rivista Savej on line è un progetto della Fondazione Culturale Piemontese Enrico Eandi per la diffusione della cultura e della storia piemontesi. Se non l’hai ancora fatto, iscriviti ora: la registrazione è completamente gratuita e ti consentirà di accedere a tutti i contenuti del sito.

Non ti chiederemo soldi, ma solo un indirizzo di posta elettronica. Vogliamo costruire una comunità di lettori che abbiano a cuore i temi del Piemonte e della cultura piemontese, e l’e-mail è un buon mezzo per tenerci in contatto. Non ti preoccupare: non ne abuseremo nè la cederemo a terzi.

Nelle ultime 24 ore si sono iscritte 1 persone!

Raccontare il Piemonte, un articolo alla volta.
Logo Libreria Savej