Chi l’avrebbe detto: un Tesoro di inestimabile valore in un paesino come Craveggia!
Craveggia: 765 anime, sette chiese e un nome che “suona male, promette poco di buono: sa di capra, di montagna, di pastori”, almeno secondo Anna Maria Toni nel suo Craveggia umile e regale. Eppure, in questo piccolo centro della val Vigezzo è possibile ammirare finissimi oggetti d’arte sacra: paramenti, dipinti, gioielli, tessuti, codici liturgici donati alla parrocchia dalle famiglie locali - come i Mellerio, i Borgnis, i Cottini, emigrate per necessità ma in grado di mantenere saldi rapporti con il paese d’origine.
Non si può, pertanto, comprendere la storia del Tesoro di Craveggia senza prima introdurne un’altra, di storia: quella dell’emigrazione vigezzina. A fine Ottocento, Craveggia è il paese più popolato della Valle, ma di fatto i suoi abitanti, nel 1871, ammontano soltanto a 741, mentre nel 1698 erano praticamente il doppio. Di questo ragguardevole calo demografico fu causa l’emigrazione. Tradizione vuole che l’emigrazione locale risalga addirittura al 1200 con il cosiddetto “distacco delle sette famiglie”, evento in occasione del quale sette gruppi famigliari craveggesi si trasferirono nella vicina Santa Maria Maggiore. In realtà, l’emigrazione vigezzina vera e propria prese avvio soltanto tra Cinque e Seicento, allorché un numero sempre maggiore di persone tentò la fortuna in Germania, nelle Fiandre e soprattutto in Francia. Il primo mestiere che abbracciarono fu quello dello spazzacamino.
Con i pochi mezzi raccolti in inverno, i vigezzini acquistavano oggetti di piccola chincaglieria che vendevano nel corso della stagione estiva. La loro laboriosità non tardò a sollevare malcontenti tra le maestranze francesi, le quali presero a ostacolarne i commerci. Agli immigrati non rimase che rivolgersi a re Luigi XIII. Le loro suppliche furono accolte: il 1° ottobre 1613, il sovrano acconsentì la libera vendita di chincaglierie in tutto il regno. L’atto fu pubblicato con proclama reale il 10 ottobre e registrato dal parlamento francese nel marzo 1616.
Così Paolo Giovanola, primo cittadino di Craveggia:
Per la conservazione e il trasporto dei ‘privilegi antichi’, concessi ai vigezzini nel 1616, fu fatta costruire una cassetta di legno con tre serrature, a ognuna delle quali corrispondeva una chiave diversa: una per il rappresentante di Craveggia, una per quello di Malesco, la terza per Villette. Senza le tre chiavi contemporaneamente la cassetta non poteva essere aperta.
Oggi, il piccolo scrigno con le antiche pergamene è custodito presso l’archivio comunale di Craveggia. Luigi XIV convalidò i privilegi con le Lettere Patenti del gennaio 1645, nelle quali si dichiara che i mercanti spazzacamini sono posti sotto la reale protezione in “considerazione dei servigi che ci hanno renduti”. Esattamente, a quali “servigi” si riferiva il Re Sole?
Secondo un’antica leggenda, un giovane rüsca vigezzino della corte di Luigi XIII, nel discendere per una canna fumaria degli appartamenti reali (per altri, invece, si trovava al Louvre), commise un errore e si trovò così in una sala dove alcuni cortigiani stavano cospirando contro il sovrano. Udita la congiura, il giovane corse a informare le autorità. Il sovrano volle premiare la fedeltà dello spazzacamino accordando, a lui e ai suoi compaesani, i privilegi di cui si è detto.
Comunque siano andate le cose, il 18 giugno 1716 Luigi XV confermò i privilegi, mentre il 14 luglio 1760 emanò altre regie patenti nelle quali si concedeva ai mercanti vigezzini
di portare, di vendere e di comperare in qualunque luogo del regio dominio tutti gli oggetti d’oreficeria e gioiellieria, di stoffe, di velo, di cristalli tagliati, di chincaglierie e di altre minute mercanzie miste.
A quest’epoca risale la fortuna dei gioiellieri craveggiesi, i quali, però, dimostrarono riconoscenza verso il proprio paese donando regali sostanziosi alla parrocchia e alle attività caritatevoli di Craveggia. In quali anni ebbe inizio la raccolta dei pezzi che compongono il Tesoro e quanti sono, in tutto, questi articoli?
Per don Stefano Gallina, parroco di Craveggia, Malesco, Zornasco e Finero,
i primi pezzi furono donati tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento, anche se, probabilmente, sul finire del Cinquecento gli emigranti ancora non disponevano di grandi risorse economiche. Nel 2007 è stato eseguito un accurato inventario a cura della diocesi: per ogni suppellettile è stata preparata una scheda tecnica accompagnata da una fotografia. Se dovessimo contare tutti, ma proprio tutti, gli oggetti, il Tesoro, oggi, dovrebbe essere composto da 400-450 pezzi.
Dal 1958, la maggior parte di essi è custodita presso la sacrestia della chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Cristoforo. La chiesa che ospita il Tesoro è essa stessa un gioiello di grande valore. Dove oggi sorge la parrocchiale, prima del Quattrocento c’era un oratorio dedicato a San Giacomo. Cresciuti sensibilmente di numero, all’inizio del XV secolo i craveggesi ritennero necessaria una nuova chiesa a fianco dell’oratorio. Consacrata il 22 novembre 1409, la costruzione era molto più piccola dell’attuale e fu elevata a parrocchiale soltanto nel 1598 dal vescovo novarese Carlo Bascapè. Per buona parte del Cinquecento continuò, costante, la crescita demografica: era pertanto giunto il momento di ingrandire la parrocchiale. Il nuovo edificio religioso, costruito in tre navate e tre grandi arcate, fu consacrato nel 1603, mentre l’antico oratorio di San Giacomo fu demolito. Poi, come detto, ebbe inizio la vigorosa emorragia migratoria.
Parrocchiale di Craveggia dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo. Da sinistra verso destra: facciata e portico, interno e volta affrescata della navata laterale destra.
Nel Settecento le condizioni di vita in Valle lentamente migliorarono e si poté così pensare a una nuova ristrutturazione della chiesa. Tradizione vuole che sia stato Giuseppe Mattia Borgnis a realizzarne il disegno. Con ogni probabilità, questi si limitò, invece, a suggerire all’architetto (un certo Marco Bianchi) le soluzioni più consone alle attese dei craveggesi. La nuova parrocchiale, la cui costruzione durò dal 1731 al 1734, risultò più ampia della precedente per l’allungamento del presbiterio, l’allargamento delle navate e l’edificazione delle cappelle laterali. Nuova forma fu data anche al portico, che corre lungo tutta la facciata esterna, nel quale è possibile ammirare l’opera di un altro pittore craveggese, Lorenzo Peretti.
Ora, però, la sacrestia della parrocchiale non basta più: sindaco e parroco di Craveggia ritengono sia il momento di dare una sistemazione più adeguata al Tesoro. Secondo Paolo Giovanola,
il Tesoro è conosciuto relativamente poco al di fuori della Valle poiché è stato finora considerato un affare privato, custodito gelosamente dai parroci di turno. Si apriva al pubblico una volta all’anno, in occasione della festa di San Giacomo, il 25 luglio, e poi tornava negli armadi e nelle cassettiere della sacrestia.
Allo scopo di attirare un pubblico più vasto e valorizzare tutti i pezzi, comune e parrocchia hanno unito le forze per creare uno spazio espositivo nuovo di zecca. Il futuro scrigno del Tesoro sarà l’ex-orfanotrofio, edificio di pregio alle porte del paese donato al comune da Giuseppina Guglielmi e usato come istituto di accoglienza fino agli inizi degli anni Novanta. Prosegue il sindaco:
Abbiamo studiato il progetto con la parrocchia, grazie a don Stefano che lo ha voluto per primo. Alcuni articoli del Tesoro resteranno fissi in esposizione, ma il resto cambierà periodicamente.
L’idea iniziale del parroco è stata quella di radunare alcuni specialisti per promuovere uno studio sistematico degli articoli, organizzare un convegno e pubblicare i risultati delle ricerche così da dare un fondamento scientifico ai pezzi del Tesoro.
Come parroco, ciò che del progetto mi interessa maggiormente è far capire che un tempo, il Tesoro, era conservato in un luogo specifico, cioè nella sacrestia della chiesa; con l’apertura del nuovo spazio, l’intero paese diventerà il Tesoro. Craveggia, solo per la particolarità dei suoi tetti, rappresenta di per sé un valore; ci sono i palazzi e, lungo le strade e sulle facciate delle case, spiccano una cinquantina di dipinti. Dal Tesoro di Craveggia a Craveggia tesoro: è un passaggio fondamentale da far comprendere ai visitatori.
In progetti così ambiziosi, le difficoltà principali, si sa, riguardano il reperimento delle risorse economiche. "È un lavoro notevole, si parla di circa 1 milione e 500 mila euro", conferma Giovanola.
Stiamo ancora raccogliendo i finanziamenti, ma dobbiamo procedere per gradi poiché è difficile ottenere un finanziamento simile tutto in una volta. Tuttavia, comune e parrocchia hanno deciso di creare un primo spazio nel quale verranno esposti alcuni orologi antichi realizzati da un craveggese. In questo modo sarà possibile dare un’idea ai visitatori di come si presenterà la nuova esposizione. Prevediamo di concludere questa prima parte entro dicembre 2020.
Tra i pezzi più prestigiosi e intriganti che compongono il Tesoro di Craveggia ci sono senza dubbio il paramento ricavato dal manto nuziale di Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, e il drappo funebre di Luigi XIV, Le Roi Soleil.
Il 25 luglio 1771 i fratelli Giovanni Maria e Giuseppe Borgnis Gallanty donarono alla chiesa di Craveggia un paramento di stoffa di seta ricamata in oro e fiori. I vecchi archivi riportano che la stoffa di questo paramento è uguale a quella del manto indossato da Maria Antonietta nel giorno delle nozze. Come spiega don Stefano,
quando Maria Antonietta si sposò per procura in Austria, e poi quando arrivò in Francia per incontrare Luigi XVI, indossò un abito molto simile a quello presente oggi a Craveggia, dotato di uno strascico di venti metri. In seguito, allo scoppio della Rivoluzione Francese, l’abito e molti altri oggetti furono messi sul mercato e venduti, alcuni interi altri a pezzi.
In realtà, la regina francese non poteva indossare un paramento religioso, dunque ciò che evoca il suo nome è il tipo di tessuto impiegato. Il parato che si trova a Craveggia appare integrale ed è composto da un numero elevato di pezzi decorati secondo i motivi a fiori colorati in voga al tempo di Maria Antonietta. La veste liturgica ottenuta dall’abito è ancora indossata in occasioni solenni.
Nel 1844 la chiesa di Craveggia, per mezzo del tesoriere Giacomo Antonio Guglielmazzi, acquistò a Parigi un ricco strato mortuario impiegato per i funerali del re francese Luigi XIV - deceduto il 1° settembre 1715, il sovrano fu trasportato nella tomba dei Borbone all’interno della cattedrale di Saint Denis, dove i funerali si svolsero soltanto il 23 ottobre. Di dimensioni considerevoli (circa tre metri per tre), nei primi inventari parrocchiali il manto funebre è registrato come un drappo in velluto nero con decorazioni in argento e oro, ornato di sei goblins. Così don Stefano:
se il paramentario di Maria Antonietta è potuto davvero appartenere alla regina francese, si è viceversa propensi a credere che il drappo funebre sia un manufatto contemporaneo e non il velo impiegato durante le esequie di Luigi XIV. Le uniche parti originali, fortunosamente fatte giungere a Craveggia per salvarle dagli eccessi della Rivoluzione, sarebbero dunque i sei medaglioni raffiguranti altrettante storie della vita di Gesù. Tuttavia, con il nuovo allestimento non abbiamo intenzione di mettere in discussione tutto, anzi intendiamo rispettare la storia e le tradizioni pluricentenarie che hanno accompagnato questi oggetti.
Drappo funebre un tempo appartenuto al Re Sole, di originale sono rimasti i sei medaglioni nei quali sono riprodotte altrettante scene della vita di Cristo.
La famiglia Mellerio, citata più volte, figura tra le maggiori contribuenti del Tesoro. Ai Mellerio, per esempio, si deve il prezioso ostensorio d’oro vermeil tempestato di gemme. Questo accessorio liturgico, alto 85 centimetri, fu donato alla parrocchia nel 1829 da Francesco e Giovanni Giacomo Mellerio. Alla stessa famiglia si deve la corona d’argento dorato, tempestata di gemme, e il pugnale con manico d’argento, entrambi dedicati alla Beata Vergine Addolorata. Ancora: nel 1841, Vittoria Mellerio, insieme alle figlie Amalia, Celestina e Laura, omaggiarono la chiesa di Craveggia di un pregevole calice in argento sbalzato dorato.
Del Tesoro fanno parte anche manufatti realizzati con materiali più umili, ma che per questo non rendono meno interessanti i pezzi. Attualmente, nella sacrestia della parrocchiale è conservato un gruppo di statuine da presepe scolpite nel legno da artigiani vigezzini all’inizio del Settecento e presumibilmente utilizzate nel periodo dell’Avvento. Provenienti dalla Cappella Reale di Versailles sono infine quattordici quadretti, dipinti a olio su tavole di rame, realizzati dall’artista fiammingo Frans Franken e rappresentanti la Vita di Gesù.
Gruppo di statuine da presepio e due dei quattordici quadretti dipinti ad olio su rame rappresentanti la “Vita di Gesù”.
👍 Un sincero ringraziamento al sig. Paolo Giovanola e a don Stefano Gallina per la generosa disponibilità.