I Romani arrivarono in Piemonte nel II secolo a.C., epoca in cui la regione era abitata da una complessa rete di popolazioni celto-liguri, per le quali il corso del Po faceva da discriminante: in sinistra idrografica (nord) prevaleva l’elemento celtico, mentre in destra idrografica (sud) prevaleva quello ligure.
Queste popolazioni hanno lasciato tracce sul territorio, sia materiali, che affiorano dai diversi scavi archeologici, sia immateriali, come ad esempio elementi linguistici, che il latino parlato sul territorio ha assimilato e che ha poi passato al piemontese. Molti sono i nomi di luogo piemontesi che contengono tracce delle lingue di questi primi abitanti, e non poteva che essere altrimenti. I conquistatori romani appresero a nominare i monti, i fiumi e i villaggi dai residenti adattando alla loro lingua le denominazioni imparate. Il latino ereditò dalle lingue di sostrato non solo nomi di luogo, ma anche lessico comune, in parte ereditato dalle forme dialettali oggi ancora in uso.
Prima di vedere assieme alcuni di questi toponimi è necessaria un’avvertenza. Lo studio del sostrato – cioè di quegli elementi linguistici risalenti a un periodo precedente alla romanizzazione – è molto complesso e la maggior parte delle ricostruzioni che riporteremo si presentano come ipotesi, ciascuna sostenuta da un numero maggiore o minore di studiosi. Oggetto delle divergenze può essere la radice a cui è accostato il toponimo, oppure la specifica lingua di provenienza della radice. La nostra vuole essere una panoramica e non un puntuale riepilogo di tutte le proposte etimologiche: per evitare di essere (troppo) noiosi e pedanti, non presenteremo sempre tutte le ipotesi avanzate.
Come visto precedentemente, alcuni nomi di luogo si rifanno alla voce bric ‘collina, altura’; ebbene, questa voce è di origine celtica: *briga, dallo stesso significato. Ciò però non vuol dire che tutti i nomi di luogo che contengono l’elemento bric, più o meno italianizzato, siano di origine celtica: molti risalgono all’età medievale. Solo un’attestazione documentaria molto remota può confermare l’antichità di un toponimo, ma queste, ahimè, sono scarse.
Alcuni toponimi conservano traccia del nome delle antiche popolazioni insediate nella zona; un esempio è Torino, da Augusta Taurinorum, per la popolazione dell’antica stirpe dei Taurini. Eccone altri: il fiume Agogna e Ghemme (NO; attestato de Agamo nel 1194) discendono dal nome degli Agones; Agrate Conturbia (NO) ai Contrubrii; Bene Vagienna e la sua frazione Beinette (CN), Beinasco, Beinette (TO) e Benna (BI; 1131 Bagena) devono il loro nome ai Bagienni (‘gli abbronzati’ o ‘i biondi’); il nome di Santena (TO) deriva da un ruscello che scorre nella zona, anticamente detto Santina (e ora chiamato Banna), che a sua volta viene dai galli Santones; i Segusii (‘i forti’) hanno dato il proprio nome a Segusium, l’odierna Susa (TO); Valloriate (CN) deve il suo nome agli Oriates; Venaus (TO) ai Vennavii; il rio Venesima, presso Carmagnola (TO), ai Venìsami (‘gli amichevoli’); il nome di Vinadio (CN) rimanda infine ai Veneni, che si stanziarono in Valle Stura. Non si è conservato il nome degli Statielli, popolazione ligure, contenuto nell’antico nome di Aquae Statielle (oggi Acqui Terme).
I nomi dei corsi d’acqua, maggiori o minori, presentano spesso radici molto antiche. La ragione è facilmente spiegata: i nuovi arrivati imparano a nominare lo spazio da chi vi era insediato da prima del loro arrivo. I nomi preromani rimandano a radici (spesso diversamente interpretate come indoeuropee o mediterranee) che appartengono alla sfera semantica del movimento o semplicemente all’idea di acqua. Quest’ultima modalità affiora talora anche in alcune parlate; ad esempio il torrente Germanasca è detto in occitano, dalle genti che abitano presso il fiume, Aigo Groso: semplicemente ‘acqua grossa’, quindi. Viceversa, nei dialetti notiamo anche il passaggio da nome proprio a nome comune: così Burmia, cioè Bormida, dagli abitanti che vivono lungo le sue sponde, è usato per indicare generalmente anche ‘fiume’, e un derivato accrescitivo, burmiun, è usato per designare l’alluvione.
Mappa del fiume Bormida e scorcio del fiume tra Castellazzo e Cantalupo, in provincia di Alessandria.
Cominciamo la nostra rassegna proprio dal Bormida, che pare derivare dalla radice indoeuropea *bher- ‘ribollire, agitarsi’ (cfr. lat. fervere). Vi sono anche altre interpretazioni: alcuni studiosi lo collegano dalla radice indoeuropea gwer- ‘caldo’ (cfr. ingl. warm; lat. furnus), ricordando le sorgenti termali calde di Acqui Terme (AL), sorta lungo il fiume; altri ancora lo accostano alla radice mediterranea preindoeuropea *borbo- o *bormo-, ‘fango’ a cui si legano anche i fiumi Borbera (AL) e Borbore (AT), per i quali però è stata anche supposta una radice indoeuropea _gwor[gwor]_- ‘sporcizia’, che in celtico ha dato borba ‘fango’, e da qui è poi passato in latino medievale.
Proseguendo tra gli idronimi che derivano da radici che esprimono il concetto di movimento, va ricordata la radice mediterranea *tur- / *tor-, ‘acqua corrente’, presente per alcuni nel diffuso idronimo Stura; nella forma *asturone compare in Strona, idronimo che designa diversi torrenti e fiumi tra Biella e Varese. La radice *dor- / *dur-, di identico significato, è invocata per interpretare gli idronimi Dora Baltea e la Dora Riparia. Il nome del Sesia, assieme al suo affluente Sessera, al Sessi (affluente della Dora Riparia presso Caprie TO) e al Soana (attraverso una forma *Sovana) rimanda a una radice indoeuropea *seik- ‘versare, spargere’, diffusa in celtico (Sequana è il nome con cui Cesare chiama la Senna) e a cui rimanda anche il toponimo Saquana (frazione di Cartosio, AL). L’Isasca, torrente che attraversa il comune omonimo, in provincia di Cuneo, rimanda alla radice indoeuropea *is- / *eis- / *ois- ‘muoversi rapidamente, agitarsi’, che appare anche in Isorno (torrente al confine con la Svizzera) e Isarna (frazione di Novara). Dalla radice indoeuropea *ser- / *sor- ‘scorrere’ derivano il Cervo e il Sermenza (affluenti del Sesia); da *er- ‘mettere in movimento’ l’Erro (affluente del Bormida). Per Versa, torrente tra Monferrato e Astigiano, è stata proposta la radice mediterranea *ver- *var-, ma anche quella indoeuropea *ur- / *uer- / *uor- ‘acqua’.
Mappa del fiume Belbo e vista sul fiume a Canelli (AT)
Ci sono poi radici che rimandano alla morfologia del letto del fiume: Belbo risale forse alla radice *gwelbh- ‘utero’ e, per estensione, ‘alveo, bacino’; alla stessa radice possono rimandare anche l’Elvo, affluente del Cervo, ed Elva (CN). Per quanto riguarda il Po, sappiamo che questo nome deriva da Padus; un tempo il primo tratto del fiume era chiamato Bodincos, glossato da Plinio ‘fundus carens’, ‘senza fondo’; vi si riconosce la radice indoeuropea *bhu(n)dh- ‘profondo’ (lat. fundus; celtico bona, bonda ‘avvallamento paludoso’) e il suffisso ligure (vedi in seguito) -*inkos.
Restano alfine alcune denominazioni che si rifanno al paesaggio sonoro che crea il fiume: una radice indoeuropea *sten- ‘risuonare’ è ipotizzata alla base di Tanaro (ma è stata proposta anche la radice mediterranea *tan- ‘cavità’) e al rumore dell’acqua che precipita ci si può appellare per l’etimo dei diversi Stura, come abbiamo già detto.
Al sostrato si attribuiscono anche molti toponimi in cui si rintracciano radici che hanno a che fare con il concetto di roccia e di altura. Tali radici, sono spesso passate al latino parlato e vivono ancora oggi alla base di qualche voce comune, soprattutto nelle parlate alpine. Tra queste ricordiamo: *ganda- e *kanta-‘ghiaia’ alla base di Bisingana e Ingagna, due torrenti del biellese, Candoglia, frazione di Mergozzo (VB) e il poco distante monte Ganna Grossa, Ganduglia (località di Mompantero TO), Gandoglio (frazione di Borgone di Susa TO), Cantavenna (frazione di Gabiano, AL), oltre a una serie di toponimi composti da canta- seguito da un nome di animale, che per paretimologia indicherebbero un luogo in cui si sarebbe sentito il verso di tale animale: bastino gli esempi di Cantarana (AT), Cantalupa (TO) e Cantalupo (AL); *graua- ‘greto’ alla base di Gravellona Toce (VB) e Gravere (TO); *marra- ‘torrente di pietrisco’, alla base di Val Mara, frazione di Cannobio (VB) e Maretto (AT); *pala- ‘pietra’, presente in Alpe Pala, a Miazzina (VB), Pallone della Crocetta, tra le province di Vercelli e Biella, il Monte Palon, a Usseglio (TO) e, dalla radice derivata *palwo-, i vari Pelvo (d’Elva, tra val Grana e val Maira; di Ciabrere tra val Varaita e la valle dell’Ubaye; di Fenestrelle, tra val Chisone e val Susa).
Altre radici rimandano al concetto di elevazione, sommità; esse sono *kukka- ‘punta’, presente ad esempio nei toponimi Cuccaro (AL), Monte Cucco (vicino a Oropa BI), Monte Cuchello a Muzzano (BI) e Bric del Cucuc, tra la Val Troncea e la Val Chisone (TO); *mala- ‘roccia’, a cui rimandano i toponimi Rocciamelone, tra la val di Susa e la val di Viù (TO), che è una dittologia (esso è costituito da due elementi lessicali, risalenti a due lingue diverse ma dallo stesso significato), Malesco (VB), e il Malone, torrente del basso Canavese (l’etimo è però controverso: c’è chi ha proposto un’origine germanica); a *mut(t)a- ‘altura’ rimandano i toponimi Mottarone, altura tra il Lago Maggiore e il lago d’Orta la cui vetta si trova nel comune di Strona (VB), Motto del Balmo (in Valle Anzasca VB) e quello di alcuni centri abitati (comuni e frazioni): Mottalciata (BI), Motta di Costigliole (frazione di Costigliole d’Asti), la Motta (frazione di Cumiana TO); alla radice *pit-ino- ‘monte’ rimandano Petiva (frazione di Cigliano VC) e Pizzanco (frazione di Bognanco, NO).
Tra i nomi di luogo attestati fin dall’antichità i più importanti sono Ivrea, Susa e Tortona. Il nome Ivrea (TO), anticamente Eporedia, va considerato un derivato di epo-reda, ‘carro (reda) equestre (*epo- significa ‘cavallo’)’: varrebbe ‘barricata di carri’, ‘luogo fortificato dai carri’; per Tortona (AL), anticamente Derthona, è stata proposta una derivazione dalle radici *derto- ‘trattenere’ e *pona- ‘fiume’, che potrebbe valere ‘zona paludosa’ (una zona dove il fiume è trattenuto); di Susa si è già detto. Si aggiungono altri nomi di località ora non più esistenti, tra i quali i Campi Raudii, nei pressi di Vercelli, noti per la battaglia tra Romani e Cimbri del 101 a.C.; l’etimo del secondo elemento va cercato nel celtico *roudo- ‘rosso’ e Rigomagus, mansio non lontana da Torino e Vercelli (forse presso Trino VC), da *rigo- ‘re’ e *mago- ‘campo’.
I nomi attestati a partire dal Medioevo sono ben maggiori; troviamo una serie di nomi che presentano la radice *duno- ‘fortezza’, assieme ad altre radici: *briga- ‘altura’, presente in Briga Alta (CN), in Briona, località a Fara Novarese (NO), e forse in Brione, frazione di Val della Torre (TO) lungo il Casternone; tuttavia per Briona mal si adatta la base *briga-, per cui è stata anche proposta la radice *briva- ‘ponte’ (da cui forse anche Briga Novarese, il cui collegamento con *briga ‘altura’ non è supportato dalla morfologia del territorio visto che l’abitato si trova in aperta pianura) oppure *eburo- ‘tasso’. Quest’ultima radice è presente in Veruno (località a Borgomanero, NO); da *carro- (sempre unita a *duno-, con il significato complessivo di ‘fortezza di carri’) deriva Carrù (CN); da *viro- (o *vero-) e *duno- (fortezza vigorosa) Verduno (CN); incerto il valore del primo elemento in Pollone (BI), ma stando alle più antiche attestazioni del nome (1150 Poledino e del 1191 Poledunum) sembra confermata la derivazione da *duno- del secondo elemento. Per Dormello e Dormelletto, nei pressi di Arona (NO), è stato proposta una derivazione da *mello- ‘colle’ (collegata alla radice *mala- vista precedentemente) e da *duro- ‘porta, fortezza’, con il significato complessivo di ‘colle della fortezza’, oppure dalla radice *durno- ‘pugno’, nel significato di ‘ciottolo’ (pietra della dimensione di un pugno).
Tra le voci che indicano referenti geografici va ricordata *nava- ‘conca’, che compare in Ornavasso (VB), Navasco, località di Crodo (VB), Ponte di Nava, frazione di Ormea (CN) e Pian Nava, frazione di Bee (VB). Tra i nomi che designano acque vanno ricordati i derivati di *nanto- ‘valle’, ‘ruscello’: Nante, località presso Cavoretto (TO), Nantina, presso Postua (BI) e il Rio Nanta (affluente della Stura di Viù, tra Lemie e Viù TO). I toponimi Issiglio e Usseglio, che designano due località nella provincia di Torino, la prima nella bassa valle del Chy, la seconda in valle di Viù, hanno un significato speculare, poiché rimandando agli aggettivi celtici *ixellos ‘basso’ e *uxellos ‘alto’; da quest’ultimo deriva anche il nome Usseaux, in alta Val Chisone (TO).
Dalla radice celtica *iato- ‘guado’ (cfr. irlandese áith ‘id.’) si ha Agognate (NO), guado sull’Agogna; Terdobbiate (NO), guado sul Terdoppio e Capriata d’Orba (AL): in questo caso *iato- è unito alla radice *kabri- ‘capra’ e vale ‘guado per le capre’. I due centri denominati Lequio, Lequio Tanaro e Lequio Berria, entrambi in provincia di Cuneo, potrebbero essere collegati a *leuko- ‘bosco’ o forse a un nome proprio corradicale. Segnalo ancora: Cremolino (AL), dalle radici *kormo- e *lino- ‘pieno di sorbi (o di nespoli)’ e Bellino (CN), il cui nome rimanda al dio Beleno, al pari di Belegnano, frazione di Tortona (AL).
Dal sostrato sono stati ereditati diversi suffissi, perlopiù di valore prediale: uniti ad un antroponimo, creavano un aggettivo che serviva a indicare la proprietà. Se l’origine del suffisso è antica, ciò non basta a supporre l’antichità di tutto il toponimo: molti suffissi sono stati ereditati dal latino e hanno continuato ad essere impiegati per costruire derivati prediali almeno fino al medioevo.
Di origine ligure è il suffisso -asco; esso aveva originariamente un valore prediale, ma in seguito fu unito a diverse basi (nomi di fiumi, piante o animali), acquisendo così altri valori (specificativo, locativo). Ecco qualche esempio: valle Anzasca (VB), dal torrente Anza; Cenasco, località tra Revigliasco e Moncalieri (TO), dal gentilizio Orcinus; Grugliasco (TO), da un personale latino Correlius o Currelius; Mercenasco, dal personale Martianus; Venasca (CN), dal nome personale ligure Vennu o Venna. Altro suffisso ligure è -inko, presente in Bodincus (uno degli antichi nomi del Po); indicava qualità. Come esempi possiamo citare Bosco Marengo (AL), derivato da una marinca via, cioè una delle vie che conducevano al mare e Bienca, località presso Chiaverano (TO), da un personale *Blaetomagus. Il suffisso ha avuto una lunga vita, e nel Medioevo si è confuso con il suffisso germanico -ing, il cui esito è, ugualmente, -engo/-enga.
Il suffisso -ate è di origine celtica; frequentissimo in Lombardia, in Piemonte si trova soprattutto nella parte orientale della regione. Può creare dei prediali. Si vedano ad esempio: Alzate, località nel comune di Momo (NO) e Auzate (frazione di Gozzano NO), da Altius; Biandrate (NO), dal nome gallico Blandiro; Bornate (VC), da Burnus; Bugnate sempre a Gozzano, per cui si può forse ipotizzare un collegamento con la voce celtica *bonda ‘avvallamento paludoso’. Il suffisso però in alcuni contesti potrebbe avere altra origine. Poiché il suffisso -ate in piemontese si riduce ad -à, è possibile che sia stato erroneamente applicato ad altri toponimi popolari che terminavano in -à, al momento della loro scrittura su un documento. Un buon esempio è Trecate (NO), in piemontese trecà, pienamente trasparente: ‘tre case’. Completa questa rassegna il suffisso celtico -aco: esso è continuato dal suffisso piemontese (passato all’italiano, per quanto riguarda la toponomastica) -è; anch’esso aveva valore prediale e fu impiegato anche in epoca romana. Vediamo qualche esempio: Agliè (TO), dal gentilizio Allius; Bianzè (TO), dal gentilizio Blandius; Ciriè (TO), dal personale Cirius o Cirrus, Cuorgnè (TO) dal gentilizio Coronius, Mazzè (TO), dal personale Mattius e Sezzadio (AL; Sezzè fino al 1916), dal gentilizio Settius.
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