Cosa hanno in comune la Riserva Naturale della Val Sarmassa, nel sud Astigiano, con gli Inuit, le miniere d’oro del Canada e alcuni dei più prestigiosi casinò del mondo? All’apparenza, nulla. In realtà, il legame riguarda una persona ben precisa. Un signore, recentemente scomparso, di nome Giovanni “Gim” Giolito. Nella memoria condivisa, nelle campagne monferrine intorno ai paesi di Vinchio e Vaglio Serra, lui è stato la versione piemontese de L’uomo che piantava gli alberi, come il protagonista dell’omonimo romanzo di Jean Giono. Nel corso di una lunga e movimentata vita ha piantato germogli tra Piemonte e Liguria, a volte anche in modo semi-clandestino, per il semplice desiderio di farlo.
Alle campagne del Piemonte meridionale, di cui era originario, è ritornato da adulto dopo un interminabile girovagare per il mondo, da vero e proprio spirito libero. Pur essendo uomo poco incline al raccontarsi, con quella ritrosia al vanto tipica della nostra regione, del Gim abbiamo una ricca e vivace “testimonianza collettiva”, quasi un documentario in forma scritta, a cura della scrittrice astigiana Laura Nosenzo. Si tratta del libro Le Stagioni di Gim – storia di un uomo straordinario in un giardino speciale; e il volume è il nostro punto di partenza per un viaggio alla scoperta di un personaggio degno di essere raccontato, per il quale vita e natura sono state, di fatto, la stessa cosa.
Se questo fosse un film, ci servirebbe un piano d’ambientazione. In un fumetto, sarebbe una vignetta a inizio pagina che tratteggia il luogo dove vedremo dipanarsi il plot, in questa e nelle tavole successive. In narrativa e nei reportage scritti, più di rado si parte dall’ambiente per raccontare una storia. Eppure, mai come in questo caso, le coordinate geografiche ci sono indispensabili.
La Riserva Naturale della Val Sarmassa è stata istituita, come area protetta, nel 1993. Si estende per circa 200 ettari sui territori di Vinchio, Vaglio Serra e Incisa Scapaccino, a una trentina di chilometri da Asti e meno di dieci da Nizza Monferrato. Morfologicamente, è la vallata meno esposta al sole e più profonda rispetto alla “parallela”, nota come Sernella, e in quanto tale è stata oggetto nei decenni, nella parte di pianura, di un numero minore di insediamenti umani. Questo le ha permesso, in parte involontariamente, di passare pressoché indenne alle trasformazioni degli immediati dintorni. Anche le viti che hanno popolato praticamente da sempre le colline del Piemonte meridionale, in alcuni punti sono scomparse, dopo la scelta di terreni meglio esposti o in base alla redditività delle uve stesse nei diversi periodi.
Si legge sul sito del Parco Paleontologico Astigiano:
Sulle dorsali delle colline più ripide le robinie hanno sostituito le viti. Restano i terrazzamenti a testimoniare il lavoro contadino di un’epoca in cui l’economia di queste terre era basata esclusivamente sull’agricoltura. Tra i robinieti si alternano roveri, frassini, carpini, noccioli. Il diffondersi del territorio boschivo ha modificato e ampliato l’ecosistema faunistico: dai numerosi mammiferi (scoiattoli, moscardini, lepri, volpi, ricci) che vivono nel sottobosco agli anfibi e alle libellule che trovano il loro ambiente ideale nelle acque stagnanti del Lago Blu. Molte sono anche le specie dell’avifauna: il picchio, l’upupa, la cinciallegra, la ghiandaia, il gruccione.
Proprio dentro il parco, inerpicandoci lungo i sentieri a piedi o in bicicletta, intenti a osservare grandi alberi come la “Ru” oppure ad ascoltare il vivace canto degli uccelli, avremmo potuto solo pochi anni fa imbatterci nel Gim in persona. Le parole più rappresentative, in questo senso, sono quelle del guardiaparco Francesco, riportate da Laura Nosenzo:
Gim non si annunciava mai, né cercava la nostra compagnia. Ci accorgevamo del suo passaggio quando lo sentivamo ripartire con il suo Ape rosso o, più spesso, quando ci trovavamo davanti alla sede dell’Ente Parchi, a Vinchio, piccoli contenitori di latta in cui aveva sistemato i piantini. (…) Non uno di quei germogli è andato perduto.
Nelle parole dello stesso Giovanni Giolito, riportate da Laura Nosenzo, sarebbero stati oltre ventimila i germogli da lui messi a dimora, in 45 anni, tra riserva naturale e dintorni, in Langa Astigiana, spingendosi fino sulle montagne tra Liguria e Piemonte, a Sassello, nonché a Stella San Giovanni, paese del presidente Sandro Pertini. Non crediamo, però, che questa riduzione a sterili cifre piacerebbe a Gim.
Lo faccio per passione e senza chiedere nulla in cambio. Il denaro non mi importa granché, muovermi nei boschi significa sentirmi libero. Questo è importante per me. La prima volta che l’uomo si è fregato è stato quando ha inventato le tasche. Una volta messe, bisognava riempirle.
Come ricordo vivido, è il diretto interessato a far menzione di aver piantato, diciassettenne, il primo acero vicino a un ruscello. Laura Nosenzo riporta come, all’incontrare Giovanni Giolito, persino la sua età anagrafica fosse un piccolo mistero. Entrati in confidenza, trascorrendo molte ore lungo i sentieri della riserva naturale, Gim le avrebbe confidato come fosse stata la nonna Pasqualina, a sette anni, a portarlo per la prima volta in Val Sarmassa a cercare le erbe. Gli avrebbe trasmesso le prime conoscenze “da settimina”, ovvero legate a rimedi ancestrali, accendendo in lui la passione per la natura, in particolare il suo volto più segreto.
Giovanni racconta come le visite alla nonna fossero di per sé un’avventura. Nato e residente a Nizza Monferrato, per raggiungerla deve chiedere un passaggio a un conoscente, che lo porta tra i boschi su un carro trainato dal cavallo. Lì, inizia l’apprendimento delle prime varietà di erbe, dalla melissa usata per calmare al tarassaco, purificante, senza contare l’aglio per scacciare i vermi. Nonna Pasqualina lo istruisce sui periodi migliori o peggiori in cui andare per boschi (mai, per esempio, durante la luna nuova) e lo convince a mangiare più cavoli, sostenendo che è nato sotto uno di essi. Gli lascia infine un insegnamento ben preciso:
Le erbe sono un dono di Dio. Non ci sono erbe buone o cattive, sono gli uomini che sono cattivi.
Il giovanissimo Giovanni non si fa mancare, per sfida o per bisogno, una pratica diffusa nelle campagne: la maroda, o furto di frutta dagli alberi, da solo o con qualche coetaneo. Gli costerà una reprimenda tra i banchi. Piccoli espedienti gli servono anche per procurarsi i quaderni di scuola; la famiglia è infatti povera e il padre non ha sottoscritto la tessera del Partito Fascista, con le inevitabili conseguenze. Vittorio Giolito, per arrotondare, fa la spola come venditore ambulante tra Vinchio e Genova, spesso portando Giovanni con sé nei viaggi. Vedere le navi al porto, così come le prime nozioni di geografia apprese tra i banchi, faranno da scintilla per il desiderio di viaggiare lontano.
Crescendo, la straordinaria competenza riguardo al mondo delle erbe comincia a diventare un lavoro. Giovanni collabora con un’erboristeria di Milano, alcuni negozi astigiani e persino il settimino di Castel Boglione, tale Bertu. La via del guaritore, secondo le parole dello stesso Gim, richiederebbe però troppa pazienza per la sua indole avventurosa. Lui, infatti, guarda già molto lontano.
È il mese di maggio del 1951, faccio il cameriere al Cocchi di Asti. La città festeggia San Secondo (…). Alla Camera di Commercio leggo un manifesto: si cercano minatori per il Belgio.
Le condizioni dell’Astigiano prima del “boom economico” non sono affatto rosee. Il lavoro scarseggia e annunci per giovani disponibili a lasciare la terra natale abbondano: Svezia, America Latina, Canada. Giovanni presenta domanda per quest’ultimo paese, dove sono richiesti cento minatori in buona salute. Supera gli esami medici, prepara i documenti e con l’aiuto di qualche amico mette insieme i bagagli. Viaggia nella stiva, con il biglietto di terza classe di una nave che salpa da Genova, fa tappa a Napoli e getterà l’ancora nuovamente, senza altre soste, al porto di Halifax.
Le prime cose che scorgo dal mare sono le casette di legno e mattoni rossi in una vegetazione alpina che, curiosamente, si affaccia sull’acqua.
L’impiego, in terra canadese, non sarà immediato come ci si aspetterebbe. A Montreal, Gim lavora pochi giorni come muratore, prima di partecipare a una piuttosto umiliante selezione di personale da parte di un proprietario terriero: palpeggiato da quest’ultimo, che ne voleva saggiare la possenza dei muscoli, reagirà con un pugno ben assestato. Finalmente il reclutamento e il viaggio a Manitu Falls, miniera a Pembroke, nel Manitoba. Le cattive condizioni di lavoro e lo spirito d’iniziativa lo portano con un compare a richiedere, e ottenere, licenza per caccia all’oro all’aperto, in un paese tra Ontario e Quebec. Farà poi il taglialegna, il contadino e come manovale contribuirà a costruire la diga del fiume Niagara.
L’esperienza che cambia per sempre la vita di Gim avviene all’incontro con i nativi americani dell’Alaska, meglio noti come Inuit. Il villaggio di minatori in cui si è trasferito non è distante da dove vive la tribù. Comunicano in inglese, divenuta lingua franca, e dialoga con lo sciamano locale tra erbe, spiritualità e idee di libertà. Ha anche una storia con Fragola Rossa, donna locale di poco più giovane di lui. Non è il primo cuore che spezza, quando se ne andrà – ha già lasciato amate in Italia – e di certo non sarà l’ultimo.
Così si descrive:
Sono un bel ragazzo, capelli castano scuro, occhi tra il verde e l’azzurro, gentile e molto curato nell’aspetto. E questo non passa inosservato. Le donne mi cercano e io non faccio fatica a farmi trovare.
Diventa così accompagnatore di classe per donne ricche annoiate, sposate o meno, che porta a cena in ristoranti di prestigio, a ballare o a vedere le celeberrime cascate del Niagara. Il fisico prestante gli permette anche di interpretare, previo un po’ di trucco, un pellerossa per danze fittizie per i turisti. Un’avventura sentimentale di troppo lo porterà a doversi lasciare la città alle spalle.
Il capitolo successivo della vita di Gim è, se possibile, ancora più avventuroso. Imbarcato su una baleniera, nel Pacifico, partecipa alle spedizioni di caccia agli imponenti animali. Le cattive condizioni di vita, ancora una volta, unite al lavoro particolarmente truculento gli fanno scegliere, presto, di sbarcare. Tra la natura dell’Isla Màs a Tierra, nell’arcipelago Juan Fernandez (oggi parco nazionale, nel territorio del Cile), trova nuova pace.
Dopo un breve ritorno in Canada, Giovanni Giolito ritorna in Italia, a suo dire per evitare il rischio di sposarsi. A Nizza Monferrato inizia a fare il venditore ambulante di chincaglierie, ritrova vecchi amici e con uno di essi (soprannome Lucky Luciano nonché Mani di Velluto) comincia a bazzicare tra i casinò di Venezia, Cannes, Montecarlo e Biarritz. Gli aneddoti delle vicende tra i tavoli da gioco si sprecano, includendo incontri fortuiti con Vittorio De Sica e Winston Churchill.
Ho sempre combattuto e vissuto per una bandiera sola: la mia pelle. Gli altri inseguivano i soldi, io andavo dietro all’istinto. Ho vissuto da uomo libero, in mezzo a molti popoli, sapendo sempre adattarmi: rispettoso di tutto e di tutti, ribelle di fronte alle ipocrisie. Quando ho dovuto, mi sono difeso.
L’amicizia con Laura Nosenzo, prima per il racconto su La Casa sull’Albero, in seguito per la “biografia autorizzata”, si dipana di pari passo con l’eredità formale che Gim lascia alla riserva naturale i cui boschi ha imparato così bene a conoscere. In un appezzamento di terra l’Ente Parchi astigiani crea, a partire dalle irripetibili conoscenze naturalistiche di Giovanni Giolito, il Giardino delle Aromatiche. Viene inaugurato il 16 maggio 2008.
Gli ultimi anni di vita, Gim li trascorre pur se autosufficiente in una struttura per anziani. In un appezzamento di terreno e in vasetti sul balcone continua a coltivare le sue erbe. Di tanto in tanto, si concede qualche fuga in Costa Azzurra a ritrovare i vecchi amici. Giovanni Giolito è scomparso a cavallo tra 2009 e 2010, subito dopo l’uscita del libro a lui dedicato. A un decennio circa, Laura Nosenzo gli ha dedicato una rassegna tra cultura e natura che ha toccato diversi paesi, coinvolgendo aree protette e studenti delle scuole.
Interpellata su quanto il Gim le abbia lasciato, così risponde:
Il Gim è stato una persona speciale, mi ritengo fortunata di averlo potuto frequentare. Avremmo bisogno, oggi più che mai, di figure come la sua, in grado di vedere molto più lontano di noi. La mia speranza è che quello che lui ha seminato produca degli uomini più rispettosi della terra e della campagna.
Corsi P., Halifax. L’altra Porta d’America, Isernia, Cosmo Iannone Editore, 2005.
Damarco P., La formazione di un territorio – Storia geo-paleontologica dell'Astigiano. Quaderno Sc. dell'Ente Parchi Astigiani n. 7, p. 312, Asti, 2009.
Nosenzo L., La Casa sull’Albero – Microstorie tra Uomini e Piante, Acqui Terme, Impressioni Grafiche, 2003.
Nosenzo L., Le Stagioni di Gim – Storia di un Uomo Straordinario in un Giardino Speciale, Boves, Araba Fenice, 2009.
AA. VV., Inuit e Popoli del Ghiaccio, Torino, Museo Regionale di Scienze Naturali, 2005.