Vi porto un avvertimento: ognuno di voi che ascolta la mia voce, dite al mondo, ditelo a tutti ovunque si trovino. Scrutate il cielo. Ovunque. Continuare a cercare. Continuate a scrutare il cielo ("La cosa da un altro mondo", regia di Christian Nyby, 1951)
Il 4 ottobre del 1957 l’Unione Sovietica sorprese il mondo con il lancio dello Sputnik 1, il primo satellite artificiale della storia, il primo minuscolo passo dell’uomo verso l’esplorazione (e forse la conquista) dello Spazio. Lo Sputnik era una sfera metallica di 58 centimetri di diametro, con quattro antenne radio. Rimase attivo per tre settimane, orbitando la Terra e lanciando un segnale che chiunque, con un apparecchio radio, poteva facilmente captare. Poi le sue batterie si esaurirono e, dopo un paio di mesi, lo Sputnik precipitò nell’atmosfera, restando incenerito. A quel punto però, aveva cambiato la storia della nostra specie, segnando uno spartiacque fondamentale, l’inizio dell’era spaziale.
L’effetto del successo sovietico fu devastante — gli storici parlano di “crisi dello Sputnik” per descrivere il terremoto politico, sociale, culturale e tecnologico che investì gli Stati Uniti e, di riflesso, il resto dell’Occidente. L’avvertimento col quale sei anni prima si era chiuso il film La cosa da un altro mondo di Christian Nyby, era improvvisamente diventato reale e pressante. Gli occhi di tutti erano ora rivolti verso il cielo… E non solo gli occhi.
Il grande colpo di teatro dell’avventura dello Sputnik era consistito nel progettare la missione in modo che il satellite sorvolasse ogni terra emersa, emettendo un segnale su una frequenza che qualunque radioamatore sarebbe stato in grado di captare. La presenza dello Sputnik nell’orbita della Terra era stata impossibile da ignorare.
I radioamatori esistono da quando esiste la radio, o quasi. Nel 1901, negli Stati Uniti, la rivista “di bricolage” (diremmo oggi) Amateur Work pubblicò un articolo su come costruirsi un impianto di ricezione e trasmissione radio “come Marconi”. Articoli simili vennero pubblicati in tutte le lingue e in capo a pochi anni, la radio, oltre a essere un nuovo mezzo di comunicazione di massa, era anche uno degli hobby più popolari e diffusi. Esistevano riviste specializzate per questa nuova sottocultura: la prima, Modern Electrics, venne fondata nel 1908 da Hugo Gernsback, radioamatore e scrittore che avrebbe successivamente fondato e diretto anche Radio News. Nel 1926, Gernsback avrebbe poi lanciato la rivista Amazing Stories, per pubblicare quella che avrebbe battezzato come “scientifiction”. L’“oscar della fantascienza”, assegnato ogni anno, si chiama Premio Hugo in suo onore.
Nel corso degli anni, i radioamatori hanno svolto un ruolo centrale in eventi diversi come le operazioni di soccorso dei sopravvissuti del dirigibile Italia (1928), lo sviluppo delle telecomunicazioni in aree depresse o sottopopolate e la diffusione di notizie durante situazioni di crisi, come ad esempio la guerra nei Balcani (1999) o dopo l’attacco alle Torri Gemelle. In Italia, a partire dal 1912, sorsero molte stazioni amatoriali, spesso in corrispondenza delle stazioni meteorologiche, gestite da personaggi che venivano definiti “radiosperimentatori”, “radiodilettanti” e, per un breve periodo, “radianti”. Con lo scoppio della Grande Guerra, in Italia come in molte altre nazioni, l’attività dei radioamatori venne strettamente regolamentata per evitare le attività spionistiche, ma quello della radio rimase per moltissimi un hobby anche negli anni successivi. Secondo l’ultimo censimento pubblicato (1993), ci sono 30.000 radioamatori attivi in Italia (e circa quattro milioni nel mondo).
Fra i molti radioamatori che nel 1957 rivolgono le loro antenne verso il cielo per captare i segnali dello Sputnik ci sono anche due fratelli lombardi residenti a Torino, Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia. Saranno i primi a captarne il segnale in Europa. Appassionati di radio e di elettronica, con un budget di 18.000 lire (circa 180 euro di oggi), i due fratelli hanno allestito un piccolo laboratorio domestico, piazzando le antenne sul tetto del loro condominio, in via Accademia Albertina n. 3 a Torino; ben presto tuttavia la necessità di ampliare l’equipaggiamento li porta a trasferire il laboratorio in un bunker tedesco abbandonato, Torre Bert, fra San Vito e Revigliasco, in provincia di Torino.
Non si tratta dell’unico progetto di Achille e Giovanni Battista che nel 1959 creano anche un canale televisivo via cavo, TCH — TV Tele Club, che tuttavia avrà vita breve. I ragazzi sono infatti entrambi iscritti all’università e si dividono fra le aule universitarie e il loro bunker a Torre Bert. Qui, utilizzando materiali di recupero (soprattutto residuati bellici) e competenze acquisite leggendo manuali e riviste, i fratelli Judica Cordiglia costruiscono una stazione di ascolto professionale; l’impianto, che i due giovani ampliano nel tempo libero, arriva ad avere un array di ventuno antenne (costruite da un fabbro locale) e permette loro di monitorare non solo le comunicazioni dei colleghi intorno al mondo, ma anche il crescente traffico proveniente dall’orbita terrestre. La “crisi dello Sputnik” ha infatti dato una spinta frenetica all’attività spaziale delle superpotenze e l’orbita terrestre si sta facendo progressivamente molto trafficata. Allo Sputnik 1 fa seguito lo Sputnik 2 (3 novembre 1957) e poi la controparte statunitense, l’Explorer 1 (1° febbraio 1958). La corsa allo Spazio è cominciata.
Col passare dei mesi, altri radioamatori si uniscono ad Achille e Giovanni Battista, tanto che lo staff di Torre Bert arriva a contare venti persone. I due giovani non esitano a chiedere aiuto ai propri contatti e familiari.
Il Centro Radio Ascolto Spaziale Torre Bert (foto © Max Judica Cordiglia).
Dallo Sputnik 2 arrivano due segnali e Achille Judica Cordiglia, che è studente di medicina, riconosce il segnale come un battito cardiaco. Fa un rapido confronto col battito del cuore del cane di casa, un barboncino, e poi consulta anche il veterinario di famiglia, certo dottor Ferrero, che conferma i sospetti di Achille: i fratelli Judica Cordiglia hanno rilevato la telemetria delle funzioni vitali di Laika, il primo essere vivente nello Spazio.
Achille e Giovanni Battista sono maestri nel sopperire con l’inventiva alle carenze tecniche e alle informazioni inaffidabili. In occasione del lancio della prima capsula Mercury, la NASA non rilascia informazioni sulle radiofrequenze utilizzate. I due giovani reperiscono però una foto della capsula, e con l’aiuto del padre, medico patologo, usando le figure umane che la attorniano come riferimento, calcolano la lunghezza dell’antenna visibile in fotografia; da queste misure estrapolano la frequenza di trasmissione, riuscendo così a intercettare le comunicazioni del primo americano nello Spazio, l’astronauta John Glenn, nel maggio del 1961.
I fratelli Judica Cordiglia creano anche il network Zeus, che arriverà a riunire diciassette diverse stazioni sparse intorno al mondo e la Radio Svizzera Italiana li ingaggia come consulenti per le future trasmissioni relative all’esplorazione spaziale. L’attività amatoriale dei fratelli Judica Cordiglia suscita l’interesse della stampa: i ragazzi compaiono di frequente sulle pagine dei quotidiani torinesi e nazionali, e nel 1965 si occuperà di loro anche il Reader’s Digest. La loro popolarità è tale che verranno invitati a partecipare a “La fiera dei sogni”, gioco a premi condotto da Mike Bongiorno nel quale i partecipanti, in caso di vittoria, possono chiedere un premio a piacere. I Judica Cordiglia vincono e ricevono in premio la possibilità di andare in visita alla sede della NASA negli Stati Uniti. Il fatto che i due abbiano scoperto le frequenze segrete dell’ente spaziale americano non mancherà di sorprendere i responsabili del programma spaziale USA durante la loro visita.
Nell’aprile del 1961, intanto, Torre Bert ha seguito col fiato sospeso — come chiunque altro, sulla Terra — l’impresa di Yuri Gagarin, un altro successo sovietico: il primo uomo nello Spazio. Ma si tratta davvero del primo? I fratelli Judica Cordiglia non ne sono completamente convinti.
Il 28 novembre 1960 l’Osservatorio di Bochum, in Germania, comunica di aver rilevato dei segnali anomali dall’orbita, e la notizia si diffonde fra i radioamatori. Anche a Torre Bert vengono aguzzate le orecchie, e nella selva di statica, interferenze e stralci di messaggi rimbalzati sull’atmosfera terrestre, Achille e Giovanni Battista nelle settimane e nei mesi successivi si convincono di aver captato qualcosa di diverso, qualcosa di più. Un segnale morse di SOS. E anche altro. I segnali provenienti da altre missioni spaziali russe, voci di astronauti in orbita di cui non si è saputo nulla attraverso la stampa. Uomini abbandonati nello Spazio, in seguito a guasti o errori di calcolo, e lasciati morire in orbita.
Ci sono due registrazioni in particolare che, sostengono i due fratelli, potrebbero essere gli ultimi rantoli di cosmonauti morenti, mentre la loro scorta di ossigeno si esaurisce, o i loro disperati appelli prima della morte. La frase “Questo il mondo non lo saprà”, contenuta in una delle registrazioni, suona come un agghiacciante epitaffio per degli uomini sacrificati alla ragione di Stato. L’ipotesi è che prima di Gagarin, una o due missioni siano fallite e la cosa sia stata passata sotto silenzio dalle autorità sovietiche per motivi di propaganda. Le due registrazioni incriminate risalgono al novembre del 1960 e al febbraio del 1961.
Quando i fratelli Judica Cordiglia rivelano alla stampa le loro osservazioni, la notizia causa, come prevedibile, grande scalpore. Al segnale di SOS fa seguito, nel febbraio del 1961, un suono simile a un rantolo, e nuovamente un battito ritmico, come la registrazione di una frequenza cardiaca. Nel maggio dello stesso anno arriva il segnale di tre voci, due uomini e una donna; le voci parlano di carenza di ossigeno, di problemi strumentali, in uno stato di crescente panico. Poi le voci dei due uomini tacciono, per lasciare il posto solo alla disperazione della voce femminile. Ancora una volta i due radioamatori coinvolgono altri nell’analisi del materiale registrato: la sorella, che studia russo, per interpretare le parole intercettate, e il professor Dogliotti, docente a Medicina col quale Achille sta studiando, per un consulto sui suoni e sui presunti battiti cardiaci.
Le autorità sovietiche non prendono la cosa benissimo: l’amministrazione spaziale russa nega l’esistenza di missioni umane prima di quella di Gagarin, e la stampa russa non esita a definire “banditi” i due fratelli a causa delle loro insinuazioni. Una smentita ufficiale viene anche trasmessa dalla stazione di lingua italiana della radio di Stato sovietica. Secondo i russi, Achille e Giovanni Battista sono provocatori al soldo della CIA, impegnati a diffondere propaganda avversa. In almeno un’occasione, una folla che sventola bandiere rosse assedia il bunker di Torre Bert — un segno di un’epoca in cui le passioni politiche si esprimevano sul campo e non su Facebook.
In effetti, i servizi segreti di entrambe le superpotenze stanno guardando con interesse ai due giovani torinesi, non tanto per la questione dei cosmonauti fantasma, quanto per l’abilità dimostrata dal team di Torre Bert nell’intercettare radiofrequenze “nemiche”. Durante la loro visita alla NASA, Achille e Giovanni Battista si vedono offrire una lista di radiofrequenze russe note alle autorità americane in cambio di quelle che loro hanno identificato per proprio conto.
Col procedere della corsa allo Spazio, intanto, i due fratelli effettuano altre intercettazioni di missioni sovietiche “fantasma” — nel novembre del 1962 e nel 1963, e poi nell’aprile 1964. E mentre la plausibilità di queste trasmissioni viene dibattuta da più parti, prende progressivamente forma la leggenda dei "cosmonauti perduti".
Non sono solo Achille e Giovanni Battista a sostenere che dei cosmonauti russi siano morti in orbita durante le prime fasi della corsa allo Spazio. Già un anno prima del loro misterioso SOS, nel 1959, l’agenzia stampa Continentale ha pubblicato la notizia di voci riguardo a una serie di lanci spaziali russi con equipaggio umano, che si sarebbero conclusi con la morte dei cosmonauti. La fonte è un anonimo membro del Partito comunista cecoslovacco: si parla di non meno di quattro cosmonauti perduti, tra cui una donna, Maria Gromova. L’ente spaziale sovietico naturalmente smentisce. Contemporaneamente, sempre nel 1959, il pioniere del volo spaziale Hermann Oberth afferma (senza portare alcuna prova a supporto) che un pilota è rimasto ucciso durante un volo balistico suborbitale lanciato da Kapustin Yar (la base russa presso Volgograd) all'inizio del 1958.
È poi la volta di Robert A. Heinlein, uno dei colossi della fantascienza dell’età dell’oro, che il 15 maggio 1960 si trova in visita a Vilnius dove viene a sapere da alcuni cadetti dell’Armata Rossa che proprio quel giorno è stato lanciato un razzo con a bordo un cosmonauta russo. La notizia viene smentita poche ore dopo. Heinlein immagina che lo Sputnik 4, lanciato appunto il 15 maggio ed esploso in fase di rientro, avesse un equipaggio. Ancora una volta, le autorità russe smentiscono. Molti anni dopo, nella sua autobiografia, Yuri Gagarin identificherà il possibile passeggero dello Sputnik 4 come “Ivan Ivanovich”, un manichino che veniva usato per testare le capsule russe.
E appena due giorni prima del lancio di Gagarin, il quotidiano The Daily Worker annuncia che il cosmonauta russo Vladimir Sergeyevic Ilyushin sarebbe stato ricoverato in coma, dopo lo schianto della sua capsula spaziale il 7 di quel mese. Anche la stampa francese riporta una notizia simile, ma secondo questa fonte l’incidente risalirebbe a marzo. Ilyushin, che ufficialmente è stato coinvolto in un incidente automobilistico, si riprende e prosegue la propria attività di pilota collaudatore, ma queste notizie incontrollate porteranno, molti anni dopo, alla teoria che sia stato lui, e non Gagarin, il primo uomo nello Spazio.
Nel maggio del 1961 è poi la volta di Ludmilla Serakovna (o Tokova, secondo altre fonti), ipotetica astronauta abbandonata in orbita a morire, o forse bruciata nelle fasi di rientro della sua capsula. Sarebbe sua la voce disperata captata da Torre Bert. E per coloro che danno credito a questo ricco folklore (che negli anni della corsa alla Luna si arricchirà con storie di cosmonauti che escono ubriachi dalla loro capsula, e di una sonda lunare pilotata da un nano al servizio del KGB) i messaggi captati dai fratelli Judica Cordiglia sono una prova che le autorità russe stanno occultando una lunga serie di fallimenti. Ma cosa c’è di vero in tutta questa faccenda?
È innegabile che Achille e Giovanni Battista abbiano captato qualcosa. Ci sono le registrazioni, e sono spesso agghiaccianti. E d’altra parte, se altri radioamatori confermano di aver ascoltato segnali simili, né gli archivi sovietici né le attente osservazioni dell’Aeronautica americana (già nel novembre 1960 il NORAD aveva uno “Space Detection and Tracking System”) rilevano alcunché. Né ci sono conferme di avvistamenti o rilevamenti da parte di osservatori spaziali istituzionali o da astronomi dilettanti. Percival Lowell, direttore dell’Osservatorio britannico di Jordell Bank, si dichiara apertamente scettico.
Le registrazioni dei fratelli Judica Cordiglia vengono analizzate a fondo, e secondo molti esperti potrebbero essere in realtà segnali distorti provenienti da altri radioamatori o da velivoli atmosferici. Viene fatto notare come il russo utilizzato nelle registrazioni sia spesso sgrammaticato o dialettale, e come i presunti cosmonauti non utilizzino gli stretti protocolli di comunicazione imposti dall’agenzia spaziale sovietica. Col crollo dell’Unione Sovietica, vengono desecretati gli archivi del regime, e in essi non si trova traccia di missioni spaziali segrete; la lista degli uomini morti durante i test per i lanci spaziali è pubblica e non contiene alcun riferimento ai nomi e alle missioni che i teorici della cospirazione hanno segnalato nel corso degli anni.
Come ha osservato Mark Wade, editore del sito web di storia spaziale Encyclopedia Astronautica,
L'intera storia iniziale del programma spaziale con equipaggio umano sovietico è stata declassificata e abbiamo pile di memorie di cosmonauti, ingegneri, ecc. che vi hanno partecipato. Sappiamo chi era nella squadra originale dei cosmonauti, chi non ha mai volato, chi è stato licenziato o è stato ucciso durante i test a terra.
È tuttavia vero che almeno in un caso i fratelli Judica Cordiglia sono realmente testimoni di una tragedia spaziale: nella notte del 29 aprile 1967, durante l’ascolto delle comunicazioni dalla Soyuz 1, il contatto radio viene perduto improvvisamente. Si scoprirà in seguito che il cosmonauta Komarov non è sopravvissuto alle fasi di rientro.
Pur continuando con la loro attività di radioamatori, Achille e Giovanni Battista Judica Cordiglia proseguono con la propria esistenza, e con carriere diverse. Achille si laurea in Medicina e affianca alla pratica di cardiologo l’attività filantropica e, per un breve periodo, l’impegno politico. Scrive anche due libri sulle sue esperienze di radioamatore e cacciatore di cosmonauti perduti, i volumi Dossier Sputnik. Questo il mondo non lo saprà (2007) e Banditi nello Spazio. Dossier Sputnik 2 (2010). Si spegne nel 2015, all’età di 82 anni.
Il fratello Giovanni Battista intraprende invece l'attività di divulgatore scientifico e documentarista. In qualità di consulente, è perito fonico e fotografico presso il Tribunale di Torino, fornendo numerose perizie giudiziarie in processi, tra i quali il sequestro Sgarella, il processo SME-Ariosto e il sequestro di Silvia Melis. In due diverse occasioni, nel 1969 e nel 1973, effettuerà dei rilevamenti fotografici sulla Sindone, su incarico dell'arcivescovo Michele Pellegrino.
History Channel dedicherà all’avventura dei fratelli Judica Cordiglia un documentario, I pirati dello Spazio, nel 2007. Seguiranno servizi della BBC e di Science Channel e un articolo sulla rivista Fortean Times. La Torre Bert e il bunker sono ancora là dove sono sempre stati: sono parte del Parco Repubbliche Partigiane Piemontesi (350, strada comunale da S. Vito a Revigliasco). Ad oggi, l’elenco degli “astronauti fantasma” comprende una trentina di casi: astronauti americani, cosmonauti russi (incluso il nano del KGB), un taikonauta cinese, un pilota collaudatore nazista e uno scimpanzé. Le prove a carico restano tuttavia solo circostanziali.
L’umanità continua a scrutare il cielo.
👉 Si ringrazia Max Judica Cordiglia per la disponibilità e la gentile concessione delle immagini.