Francesco Negri, giurista, sindaco di Casale Monferrato tra il 24 settembre 1881 e il 22 gennaio 1888, fu tra i primi studiosi dell’arte dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia (oggi Patrimonio Unesco) e non solo: fu anche botanico di fama internazionale e soprattutto uno dei più importanti pionieri della fotografia nonché inventore del teleobiettivo.
Tra i tanti interessi Negri si dedicò alla botanica con particolare passione: come scienza si presentava adatta al suo desiderio d’indagine, al suo incessante bisogno di sapere. Nel 1874, Negri fu membro del Giurì dell’Esposizione Internazionale d’Orticultura e del Congresso Botanico di Firenze. Inoltre, troviamo Negri nella Commissione incaricata di riferire sul merito delle Memorie presentate al Concorso aperto dal Club Alpino nel 1879. Negri fu tra i botanici che ebbero il merito di completare il censimento dei vegetali piemontesi. Con i vercellesi conte Arborio Mella e Alessio Malinverni, con l’abate Antonio Carestia e il conte Paolo Ballada di Saint Robert di Verzuolo, con Ferdinando Rosellini e Beniamino Caso, fece parte di quella schiera di botanici che il barone Vincenzo Cesati, direttore del Regio Orto Botanico di Napoli, guidò nel lavoro di ricerca dei vegetali presenti in Piemonte. Cesati stimò così tanto Negri da dedicargli uno Xanthium, chiamandolo appunto Xanthium Nigri. L’abate Antonio Stoppani pubblicò un elenco, redatto da Negri, delle specie crescenti nell’Alta Valle del Toce.
Negri compilò l’Erbario, documento interessante per quanto concerne la flora del Monferrato, ricco di campioni che aveva egli stesso raccolto o avuto in scambio con i più quotati botanici europei e nel quale la maggior parte delle specie raccolte era stata riveduta dall’occhio acuto di Cesati. Di quell’Erbario, che egli considerava un piccolo tesoro, il discepolo amico Luigi Gabotto riuscì fortunatamente ad assicurare la conservazione, cedendolo al Regio Orto Botanico di Torino, interpretando i desideri di Negri, che non avrebbe mai voluto che andasse disperso il suo lavoro. Gabotto poi rievocò in una interessante memoria l’incessante passione di Negri per gli studi botanici, ricordando le comuni escursioni sui Sacri Monti di Crea alla ricerca di piante divenute rare, o le indagini per l’identità di umili campioni della locale flora paesana, condotte appunto sulla raccolta tanto gelosamente custodita.
Negri non fu solo il semplice raccoglitore e catalogatore competente di “Generi” e “Famiglie”, ma anche un estimatore squisitamente sensibile delle emozioni recondite che destano i colori, i profumi dei fiori, le bellezze piene di armonia delle forme vegetali. Oltre ai vegetali superiori, Negri indirizzò il suo interesse e dedicò i suoi studi botanici anche alle forme inferiori occupandosi delle Diatomee, alghe unicellulari la cui membrana è completamente silicizzata, scrutandone attentamente le mirabili forme. Negri, infatti, col sussidio della microfotografia illustrò e fissò in nitide negative gli artistici geometrici contorni che lo scheletro siliceo rivela al microscopista.
Negri studiò le malattie del riso e condivise le sue ricerche con colleghi giapponesi. Nel campo della viticoltura fece lo stesso: nel 1876, incombendo una nuova malattia, il giallume, Negri ne scoprì la causa in un micromicete. Il barone Felix von Thümen di Klostenoburg lo dedicò a Negri, chiamandolo Phoma Negriana dal nome del suo scopritore.
Con la ricerca dedicata a Negri botanico, iniziano però i primi ostacoli alla conoscenza della sua eclettica figura. Infatti, incontriamo Giovanni Negri, che non ha legami di parentela con il nostro Francesco. Eppure Giovanni Negri si interessa delle stesse piante osservate da Francesco, come la vegetazione delle colline del Sacro monte di Crea, che studia con profitto, ringraziando "F. Negri di Casale Monferrato che mi fu largo di indicazioni tratte dalle sue note particolari e dal suo ricco Erbario". Così leggiamo, ad esempio, a pagina 389 delle Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Anno 1906. Giovanni, oggi, è celebre per un’opera divulgativa, Erbario figurato, pubblicata da Hoepli nel 1904 per la prima volta e poi riedita in edizioni sempre più belle nel 1923 e 1943. Francesco, quindi, non è da confondere con Giovanni Negri. La stessa confusione può nascere nell’ambito della fotografia, dove i protagonisti con il cognome Negri sono parecchi.
Accade così che la vita di Francesco Negri, sindaco di Casale Monferrato, operosissima e dalle mille sfaccettature, non sia chiara, avvolta poi da misteri insolubili. Attualmente, il nome di Negri pare addirittura dimenticato o trascurato. Gabriele D’Autilia, ad esempio, in Storia della fotografia in Italia dal 1839 a oggi, dedica a Negri poche righe, e lo fa evidenziando il ruolo del ceto medio nella storia della fotografia dei non professionisti, dove la cultura scientifica s’incontra con quella umanistica. A fine Ottocento, la fotografia diviene la "retina dello scienziato" e, secondo D’Autilia:
Negri è una di quelle figure di scienziati-fotografi emblematiche del clima in cui si muoveva la fotografia italiana dell’Ottocento: si occupa un po’ di tutto e inventa nuove attrezzature.
È questa di D’Autilia la visione di un Negri semplice “dilettante” di fotografia, sebbene di genio. A smentire questo quadretto da fotografo di provincia è il lavoro colossale dello stesso fotografo Negri.
La prima prova documentata di fotografia realizzata col teleobiettivo è del 25 aprile 1892, Veduta di Casale dalla collina di S. Anna. Altre immagini della città sono documentate nello stesso periodo, come una Veduta con fornaci in primo piano. Del 30 giugno 1893, la bellissima telefotografia Casale Monferrato: veduta dalla collina della Pastrona. Nel 1894 l’apparecchio fu perfezionato e brevettato a Milano dall’ottico Francesco Koristka, proprietario di una ditta di microscopi e strumenti di precisione. Nel 1896 il teleobiettivo Negri-Koristka a fuochi variabili fu messo in produzione e nel 1898 i due presentarono l’apparecchio al Primo Congresso fotografico italiano di Torino, trovando subito applicazione nelle scienze topografiche e in ambito militare.
Nato il 18 dicembre 1841, a Tromello in Lomellina (paese ora in Lombardia, nella provincia di Pavia, ma allora territorio piemontese, facente parte del Regno di Sardegna), da Angelo Maria e da Maria Magnaghi, Francesco Negri fu il figlio unico di una ricca casata. Frequentò il liceo a Vigevano (in quel tempo territorio sabaudo), ospite dello zio materno Santo Magnaghi, vicario generale della diocesi, quindi si trasferì per studio a Torino, dove ottenne la laurea in giurisprudenza nel 1861. L’anno successivo si stabilì a Casale Monferrato. In Italia, al pari dei Fratelli Alinari, Negri fu uno sperimentatore attivissimo, l’unico, ad esempio, a studiare la microbiologia per migliorare il proprio lavoro e uno dei pochissimi a preferire tecniche più difficili e molto particolari, come la tricromia.
Il lavoro di fotomicrobiologia di Negri fu portato a termine negli anni 1882-1885 su preparazioni avute direttamente dal grande Robert Koch, da Finkler, da Angelo Celli ed Edoardo Perroncito, luminari della scienza che si rivolgono al fotografo con piena fiducia. Negri non deluderà mai le aspettative degli studiosi. È la prima volta che un fotografo italiano opera, ad altissimo livello di specializzazione, anche per l’estero. È proprio Negri a ritrarre con attrezzatura propria, i bacilli della TBC isolati nel 1882 da Koch e a fotografare altri vetrini per studi sulle malattie più gravi dell’epoca.
Nel 1902, Negri presentò le sue fotografie all’Esposizione d’Arte Decorativa Moderna di Torino. La novità assoluta della mostra furono le sue fotografie a colori. Il pubblico torinese dell’Esposizione, invece, impazzì letteralmente per le sue vedute stereoscopiche, un linguaggio espressivo già noto nel campo della fotografia. La tecnica che già aveva sbalordito all’esposizione londinese del 1851 era ritornata in auge grazie alla maneggevolezza dei nuovi apparecchi fotografici portatili, che utilizzavano piccole lastre alla gelatina. A Torino, il pubblico si accalcò intorno agli stereoscopi, sedotto dalla magia di queste immagini di Negri che restituivano la sensazione della visione tridimensionale.
Lo stereoscopio di Negri e una sua fotografia vista da esso.
Il successo di Negri fu enorme, tanto che un commentatore di prestigio, come Pietro Masoero, illustrando la sezione italiana di fotografia all’Esposizione lodò le "magnifiche tricromie su pellicola di Francesco Negri di Casale, destanti l’ammirazione generale". Negri, inoltre "dalla natura morta osò riprodurre a colori la natura aperta come un’aiuola di viole del pensiero e un canale del Po con effetto di tramonto".
Negri, a Torino, dimostrò di essere un innovatore anche nel campo delle vedute stereoscopiche. La sua attenzione, infatti, si orienta alle sole architetture. Il suo taccuino di viaggio si riempie di immagini di singoli edifici, operando scelte precise e niente affatto ovvie: il padiglione e la casa austriaca di Baumann, molte delle costruzioni minori, il fronte meridionale del padiglione di Belle Arti e quello degli "Automobili" di D’Aronco, che la critica ancora oggi considera tra le prove più riuscite di quell’esperienza.
Ma Francesco Negri non è un semplice visitatore, le sue immagini a colori costituiscono una delle attrattive della sezione fotografica. La loro fama è certo dovuta alla semplicità accattivante della composizione, lontana dalle "inusitate forme" della più avanzata produzione straniera, ma anche alla grande novità del colore, tema intorno al quale si intrecciano in quegli anni interessi diversi, dall’industria fotografica alla ricerca scientifica più avanzata, come dimostra il Premio Nobel assegnato nel 1908 al fisico francese Gabriel Lippmann per la messa a punto del metodo diretto interferenziale di fotografia a colori. Un metodo, che i fratelli Lumière, grandi sperimentatori, molto finemente avevano definito come "una meravigliosa esperienza di laboratorio e una elegante conferma della teoria fisica della luce", priva però di qualsiasi utilità pratica.
L’avvocato di Casale Monferrato, già sindaco della città e studioso d’arte, nel 1902 aveva ormai una quarantennale esperienza fotografica alle spalle. Era nel pieno della maturità e come studioso utilizza la tecnica della tricromia, messa a punto da Charles Cros e Louis Ducos du Hauron nel 1869, in maniera tutta sua, apportandovi alcune importanti modifiche. Da ogni soggetto fotografato da Negri, di necessità statico, vengono realizzati tre negativi di selezione – utilizzando ogni volta un filtro colorato (blu-violetto, verde, rosso-arancio) – che sono successivamente stampati a contatto su gelatine, di produzione Agfa, colorate nei tre colori primari (giallo, rosso porpora e blu-verde). La sovrapposizione delle tre immagini a registro restituisce i colori dell’originale. Le prime esperienza di Negri in questo settore risalgono al dicembre del 1899, forse sollecitato dalla pubblicazione dell’importante testo di Carlo Bonacini, La fotografia a colori, edito a Milano da Hoepli nel 1897, ma l’interesse per il tema è di molto precedente, di almeno dieci anni prima, come dimostra la presenza nella biblioteca di Negri del testo fondamentale di Hermann Wilhelm Vogel, La photographie des objects colorés avec leurs valeurs réelles, edito a Parigi da Gauthier-Villars nel 1887.
L’attenzione di Negri alla fotografia a colori è rivolta principalmente agli aspetti tecnico-scientifici. Il fotografo si cimenta in sfibranti prove di laboratorio per verificare le emulsioni più adatte e per mettere a punto le formule più appropriate per la coloritura dei filtri, di cui controlla il livello di assorbimento per mezzo dello spettroscopio e del vetro blu cobalto. Basterebbero queste ultime righe per far capire l’importanza di Negri nella storia della fotografia, non solo italiana. Negri, inoltre, fu fotografo di montagna, così apprezzato che Vittorio Sella, forse il più grande fotografo alpinista dell’Ottocento, scelse alcune sue opere per una mostra aostana dedicata proprio a questo genere.
Francesco Negri è stato davvero uno splendido personaggio fin de siècle. Stiamo cercando di farvelo conoscere bene, con fatica da studioso. Notiamo, infatti, che in recenti pubblicazioni, non si sostiene, ad esempio, che il Francesco Negri sindaco e avvocato sia nello stesso tempo anche il botanico, il fotografo, lo studioso d’arte, ecc. Spesso si confonde Francesco con un membro della sua famiglia. Peggio ancora, lo si confonde con un altro Negri della sua epoca! Perché? Cosa è successo?
Negri morì a Casale Monferrato il 21 dicembre 1924. Fu tumulato nella cappella cimiteriale di S. Evasio, ma nel dicembre del 1967 i suoi resti furono traslati, per volontà del Comune, nel famedio eretto in suo onore nel cimitero cittadino. La pietra tombale, nel famedio del casellario numero uno, riporta un altro giorno per la morte: non il 21 dicembre, come riportato dalla voce Treccani e dalle ultime pubblicazioni su Negri, ma il 24 dicembre. Leggiamo: "Francesco Negri. Sindaco della città. Giurista. Botanico. Inventore del teleobbiettivo. 18 dicembre 1841 – 24 dicembre 1924".
Le sue fotografie e le sue apparecchiature fotografiche, nonostante l’importanza storica che tutt’ora hanno nelle vicende della storia della fotografia, sono state disperse dagli eredi. Tale vicenda vede protagonisti gli eredi diretti, i figli Umberto e Federico, e la cameriera di quest’ultimo, Carolina Baracco. La cameriera diventerà l’erede universale, ma altri intrichi e cause giudiziarie porteranno a una dispersione del lascito di Francesco Negri. Nel 1951, infatti, il figlio di Carolina Baracco, Giuseppe Curino, denunciò tale donazione come "estorta colla violenza" e la causa arrivò in Corte di Cassazione, che nel 1956 dichiarò valida la donazione.
Per fortuna, la città di Casale Monferrato negli ultimi sessant’anni sta ricostruendo il fondo Negri alla Biblioteca Civica di Casale Monferrato. Dai documenti fotografici e archivistici del fondo possiamo far risalire al luglio del 1862 il primo indizio certo dell’interesse di Francesco Negri per la fotografia. Nell’estate del 1862, infatti, il giovane avvocato, appena trasferitosi da Torino a Casale, aggiungeva a matita un’annotazione sulle pagine del volume di Eugène Disderi, L’art de la photographie.
Chi scrive si è innamorato di Negri, fotografo certamente eclettico e molto simpatico, come dimostrano i suoi ritratti dedicati alla "apparizione spiritica" o gli autoscatto con gli amici: celebre quello con il pittore Angelo Morbelli intento a dipingere nel suo atelier della Colma di Rosignano Monferrato. Negri fu amico dello scrittore britannico Samuel Butler. Questa vicenda della sua vita, ad esempio, è poco nota e merita d’essere approfondita in un altro contributo, dedicato a Negri e a Butler studiosi di Giovanni Tabachetti.
Nel 1863, Negri iniziò una brillante carriera politica nella città monferrina: fu dapprima eletto consigliere comunale, fu assessore e vicesindaco dal 1878 al 1881, anno in cui – su proposta dell’ex presidente del Consiglio dei ministri e suo concittadino Giovanni Lanza – fu nominato sindaco, incarico, come abbiamo notato precedentemente, che mantenne fino al 22 gennaio 1888. Fu l’ultimo sindaco di nomina governativa perché in seguito entrò in vigore la legge Crispi che lasciava ai Comuni l’elezione del Primo Cittadino. Negri creò la ferrovia Casale-Chivasso, la tramvia Casale-Vercelli, l’allargamento della stazione ferroviaria, il cimitero ebraico, il Teatro Politeama, i monumenti a Lanza, Rattazzi e Mellana, la destinazione di Palazzo San Giorgio a municipio.
Gli studiosi sottovalutano l’importanza che ebbe Casale Monferrato nella storia del Risorgimento. Re Carlo Alberto portando il Senato (La corte di appello) a Casale Monferrato, fece dell’antica capitale del Monferrato, la seconda città per importanza del Piemonte. Con questa mossa, come ho dimostrato in numerosi saggi dedicati al Risorgimento, Re Carlo Alberto creò nella periferia del Regno di Sardegna una nuova classe politica, quella dell’"altro" Piemonte, diversa da quella torinese. A Casale Monferrato nacque la classe politica degli innovatori: Giovanni Lanza e gli avvocati Mellana, Rattazzi, Pinelli, Cadorna, molti dei quali videro realizzare l’Unità, fino alla presa di Roma nel 1870.
Francesco Negri, nel 1863, aveva sposato la novarese Giulia Ravizza, già vedova, figlia dell’avvocato Giuseppe, inventore nel 1855 del cembalo scrivano, prototipo di macchina da scrivere. Dalla moglie, che morì prima di lui, nel 1922, Francesco ebbe cinque figli (Riccardo, Ettore, Federico, Ulrico e Umberto), che intrapresero tutti la carriera giuridica, divenendo alti funzionari statali. I coniugi Negri presero residenza a Casale Monferrato in via Benvenuto Sangiorgio, nel palazzo dei marchesi Della Rovere.
Tra i molti ritratti eseguiti da Francesco Negri, alcuni, tra i più belli, hanno per soggetto una giovane donna bruna, dai grandi occhi, ripresa da sola e talvolta in compagnia di altri personaggi legati alla famiglia Negri. Malgrado queste immagini siano tra le più significative non si è potuto appurare l’identità della donna. La foto che qui presento – eseguita con l’autoscatto – la mostra in atteggiamento affettuoso con lo stesso Negri e ci spiace che questa isolata immagine, non contenga tutte le informazioni utili a chiarire esattamente la natura del rapporto tra il fotografo e la sua modella. Chi è? Abbiamo accennato alla vicenda dell’eredità di Francesco Negri, che coinvolse gli eredi diretti, i figli Umberto e Federico, e la cameriera di quest’ultimo, Carolina Baracco. La cameriera diventò l’erede universale. La donna misteriosa è la cameriera? Analizziamo altre fotografie. Alla fine escludiamo questa ipotesi. Tutto può essere! Per questo occorre indagare sulle collezioni dei privati per ricostruire la vita di Negri e la storia delle sue fotografie.
Il Fondo Negri possiede oggi le lastre fotografiche. Si tratta di migliaia di fotografie e c’è la necessità di fare ordine, per creare un archivio, un vero fondo fotografico moderno.
Ai fini studiosi, inoltre, è indispensabile approfondire le presenze di Negri al di fuori dei confini della Biblioteca Civica di Casale Monferrato per comprenderne appieno il valore. Così, continua la ricerca. Nel 2013 abbiamo studiato i materiali conservati con cura dal pittore surrealista Marotto. Nel 1999, e ancora recentemente, abbiamo fatto visita agli eredi del professore Pronzato. Un lavoro titanico, necessario a reperire le informazioni di contesto che permetteranno di risalire ai soggetti, alle località, alla data degli scatti.
Bergaglio B. e Cavanna P. (a cura di), Francesco Negri fotografo 1841-1924, Milano, Silvana Editoriale, 2006.
Colombo C. (a cura di), Francesco Negri fotografo a Casale 1841-1924, Casale Monferrato, Banca di Casale e del Monferrato, Bergamo, Il Libro Fotografico, 1969.
D’Autilia G., Storia della fotografia in Italia dal 1839 a oggi, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 2012.
Gabotto L., Francesco Negri, Casale Monferrato, Cassone, 1925.
Greco E., La figura e l’opera di Francesco Negri, Lions Club di Casale Monferrato, 1969.
Masoero P., Esposizione internazionale di Fotografia Artistica di Torino. Relazione al Consiglio Direttivo, in Bullettino della Società Fotografica Italiana, anno XIV, 1902, pp. 465-479.
Negri F., Appunti sulla tricromia, in Bullettino della Società Fotografica Italiana, anno XVIII, 1906, pp. 42-44.
Francesco Negri e l’Esposizione d’Arte Decorativa Moderna in Torino del 1902, Torino, Agorà Editrice, 1994.