Il più grande labirinto di siepi del mondo si trova in Italia, a Fontanellato (Parma): è il Labirinto della Masone di Franco Maria Ricci, che si estende per 7 ettari. È probabile che per la maggioranza di noi l'espressione “labirinto di siepi” richiami alla memoria il finale di Shining (1980), con il piccolo Danny Torrance inseguito da suo padre Jack, impazzito ed armato d'ascia, lungo i passaggi innevati del labirinto dell’Overlook Hotel. O forse sono le siepi labirintiche e I misteri del giardino di Compton House, nel sorprendente film di Peter Greenaway del 1982, a tornarci alla mente. O forse altri ricorderanno l'intricato gioco di campi incrociati in Orlando, il film del 1992 diretto da Sally Potter e ispirato al romanzo di Virginia Woolf, che usa la corsa della protagonista Tilda Swinton per condensare in poco più di un minuto il passaggio di quasi un secolo. I registi amano i labirinti di siepi. Ma da dove arriva, questo elemento paesaggistico tanto suggestivo?
Quello del labirinto è un motivo estremamente antico, e compare in una forma o nell'altra nella maggior parte delle culture del mondo, forse all’origine un simbolo solare, più probabilmente ispirato a un percorso magico, a un sentiero di caccia che serpeggia nei boschi, o a una danza religiosa in epoca primitiva. Labirinti compaiono nell'iconografia di tutte le culture umane, nel Vecchio e nel Nuovo Continente, dal Neolitico in poi.
Nel folklore europeo, il labirinto è un segno di potere e autorità, ed è anche inteso come una forma di trappola per spiriti malvagi e creature mostruose. La leggenda del Minotauro, legata al labirinto di Cnosso (Creta) è l'esempio più noto di questa credenza. Un importante elemento nell'immaginario occidentale, la leggenda di Teseo e il suo scontro col mostro nel labirinto di Cnosso è presente in tutte le tradizioni culturali del Mediterraneo: ne esistono versioni greche, minoiche, etrusche. E sono fonte di meraviglia, i labirinti, espressione del volere di un sovrano, retaggio di un tempo antico e misterioso: oltre al palazzo di Cnosso, Plinio nella sua Storia Naturale cita altri labirinti a Lemno (Grecia), Meride (Egitto) e Porsenna (Italia).
In epoca cristiana il labirinto assume altri significati e diventa un elemento comune nei pavimenti o nelle pareti degli edifici religiosi attorno all'anno Mille. Il più famoso di questi labirinti è certamente quello della cattedrale di Chartres. Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio, un simbolo del pellegrinaggio o del cammino di espiazione: spesso veniva percorso durante la preghiera e aveva la validità di un pellegrinaggio per chi non poteva intraprendere un vero viaggio. Nel labirinto cristiano, il fedele deve seguire un cammino obbligato e non può mai ripassare attraverso un punto già superato o prendere una scorciatoia per abbreviare il percorso. La lunghezza e la tortuosità del percorso alludono infatti alle difficoltà che si possono incontrare seguendo il cammino spirituale. Non è insolito che questi labirinti esprimano particolari rapporti numerici, legati a tradizioni iniziatiche e misteriche.
Ma col passare del tempo, il significato mistico dei labirinti si affievolisce. In tempi di Controriforma, la Chiesa guarda con sospetto ai simboli con radici antiche e pagane e, con il Rinascimento, i labirinti perdono il loro significato mistico e diventano un popolare elemento paesaggistico, un ornamento per i giardini dell'aristocrazia. Nascono così i labirinti di siepi. Come molti altri elementi dei giardini delle residenze aristocratiche, anche il labirinto di siepi in giardino è non solo un segno di eleganza e di buon gusto, ma una chiara ostentazione di ricchezza, visto il lavoro che le siepi richiedono per mantenere una forma regolare e ordinata. Senza un piccolo esercito di giardinieri costantemente all'opera, un labirinto di siepi può trasformarsi rapidamente in un incubo di cespugli fuori controllo.
I labirinti di siepi cominciano a comparire in Europa dalla fine del XVI secolo, come evoluzione di un tipo di giardino molto diffuso in epoca rinascimentale, il cosiddetto “knot garden” in inglese o “jardìn de nudo” in spagnolo. Strettamente imparentato con il “giardino alla francese” di epoca barocca, il “knot garden” è un giardino a pianta quadrata, molto formale, e di solito ha una funzione non solo estetica, ma anche pratica. Vi si trovano infatti abitualmente piante aromatiche ed erbe usate in cucina, tra cui camedrio, maggiorana, artemisia, timo, melissa, issopo, menta romana, acanto, malva, camomilla, rosmarino, calendula, viola e santolina, disposte in scomparti quadrati, abitualmente separati da vialetti di ghiaia. Quando un “knot garden” utilizza siepi per circoscrivere lo spazio dedicato alle piante aromatiche e delineare i sentieri, sarebbe più corretto chiamarlo “parterre”. Ed è proprio dalle siepi di Buxus sempervirens (bosso comune, mortella o bossolo), usate come complemento per i parterre che evolve il labirinto da giardino come noi lo conosciamo.
È significativo che i labirinti dei giardini della Reggia di Venaria si trovassero in un'area nota come “i Quadrati”, probabilmente in riferimento alla struttura “a scatole” dei parterre sistemati nel settore occidentale dei giardini, in prossimità del corso del fiume Ceronda. Purtroppo, le notizie relative al dedalo della Venaria scarseggiano e l'area dei Quadrati è una di quelle non ancora aperte al pubblico. Recentemente, l'amministrazione della Reggia ha spesso utilizzato i campi di girasoli che occupano quest'area dei giardini per istituirvi dei labirinti temporanei in occasione di eventi culturali.
Contrariamente a ciò che sostiene Borges, e che ci suggeriscono Kubrik, Greenaway o Sally Potter, il labirinto di siepi non è progettato, per lo meno inizialmente, per condurre i visitatori a smarrirsi. Come i labirinti medievali delle cattedrali, i primi labirinti di siepi sono infatti labirinti “unicorsali”, che obbligano il visitatore a seguire un unico percorso predefinito. Proprio come i parterre da cui derivano, questi giardini hanno delle siepi basse, che permettono ai visitatori di individuare l'uscita e orientarsi. Lo scopo ultimo, per il giardiniere, è presentare ai visitatori, lungo il percorso, una varietà di profumi e sensazioni, in una sequenza ben definita. Il bosso comune, usato per delimitare i percorsi, ha di per sé un profumo dolciastro quando le sue foglie vengono stropicciate.
Solo successivamente le siepi si alzano, impedendo la vista, e compaiono anche vicoli ciechi e incroci, cosicché diventa possibile perdersi. I labirinti di siepi “a rompicapo” cominciano a comparire in Italia dalla metà del XV secolo, ma è quello costruito nel 1677 a Versailles dall'architetto André Le Nôtre per ordine di Luigi XIV, che diventa ben presto famoso in tutta Europa. Al progetto Le Nôtre contribuisce anche il favolista Charles Perrault e i visitatori che si perdono nel labirinto di Versailles possono scoprire durante le loro esplorazioni le trentanove statue idrauliche che ornano il complesso, rappresentanti le Favole di Esopo. Ciascuna statua è accompagnata da una targa e da un versetto del poeta Isaac de Benserade.
Proprio come il dedalo della Venaria, anche il labirinto di Versailles è andato perduto. La sua distruzione viene spesso imputata, erroneamente, ai rivoluzionari che dopo la caduta della monarchia francese piantarono i giardini di Versailles a patate per sfamare la popolazione parigina. In realtà il labirinto più famoso d'Europa venne distrutto per ordine di Luigi XVI, che nel 1778 lo fece espiantare per rimpiazzarlo con un giardino “all'inglese” di piante esotiche dedicato a Maria Antonietta, il Bosquet de la Reine. Tutto ciò che sappiamo del labirinto di Versailles lo dobbiamo perciò al libro di Perrault Labyrinte de Versailles, illustrato con incisioni di Sébastien Leclerc. Il libro-guida di Perrault esce nel 1677 e diventa immediatamente un best-seller: solo l'aristocrazia francese ed i dignitari stranieri in visita possono infatti visitare Versailles e il suo labirinto, e il libro soddisfa la curiosità di tutti coloro che a corte non ci possono entrare. Come abituale per l'epoca, altre guide seguono la pubblicazione del libro di Perrault e il labirinto di siepi entra così nell'immaginario popolare diventando un elemento imprescindibile nei giardini dell'aristocrazia europea. Anche in Piemonte – come abbiamo visto – e non solo nella reggia di Venaria.
Uno dei più antichi labirinti di siepi sopravvissuti in Piemonte si trova nei terreni circostanti il Castello di Masino (Caravino, TO), il secondo più grande ‘rompicapo’ di siepi in Italia con un percorso delineato da duemila piante di carpini. L’esistenza stessa del labirinto ci racconta della storia e dell’evoluzione del castello.
Costruito in posizione strategica sulla sommità di una collina morenica che domina la sottostante pianura di Ivrea, il castello di Masino nasce attorno all'anno mille come fortezza difensiva. Circondato da alte mura e da possenti torri di guardia, il castello svolge una funzione centrale in numerose battaglie nel periodo medievale, che coinvolgono i Savoia, gli Acaia, i Visconti e gli stessi conti di Masino e i loro cugini Valperga. Dopo il rinascimento, scompaiono i bastioni, rimpiazzati dai magnifici giardini e dalle orangerie, e il castello si trasforma in una residenza aristocratica per la famiglia Valperga. È qui che un labirinto di siepi fa la sua comparsa, alla fine del XVII secolo. Negli stessi anni il castello si sta rinnovando e ingentilendo: affreschi ornano le sale, piante di limone vengono disposte sui terrazzi, vengono creati gli appartamenti di Madama Reale, per la villeggiatura di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nevers, moglie di Carlo Emanuele II e madre (e reggente) di Vittorio Amedeo II.
Si tratta di una serie di interventi che sottolineano come il castello, dismessa la sua funzione militare, sia ora la sede di una famiglia nobile e influente, perfettamente aggiornata alle mode e alle tendenze dell'epoca. Proprio la presenza al castello di Maria Giovanna di Savoia-Nevers – consorte reale alla moda, molto chiacchierata dai suoi contemporanei per le sue abitudini costose, per le sue feste ed i suoi intrattenimenti mondani – potrebbe essere all'origine della creazione del labirinto, sviluppato con una insolita pianta semicircolare su un'area di tremila metri quadri. Recentemente restaurato e ri-impiantato seguendo i documenti originali del 1753, il labirinto del castello di Masino è attualmente aperto al pubblico; una torre in posizione centrale permette ai visitatori di “barare” e orientarsi in caso di difficoltà. Per i meno avventurosi sono anche disponibili visite guidate.
Appena più piccolo del labirinto di Masino è il labirinto impiantato recentemente presso la Tenuta Berroni, un complesso del XVIII secolo alle porte di Racconigi (CN). La tenuta è attualmente dimora della Contessa Castelbarco Visconti e dei suoi discendenti, e il figlio della contessa, Sàndor Gosztonyi, ha progettato il labirinto in collaborazione con Lorenzo De Laugier (proprietario di un’altra dimora storica nella campagna racconigese). La scultura vegetale può essere visitata liberamente nei suoi 2.500 metri quadrati di estensione, seguendo una pianta quadrata più tradizionale di quella del labirinto di Masino.
Da trappola per antichi mostri a percorso mistico, fino a diventare un’ostentazione di ricchezza e poi finalmente un’attrazione turistica, il labirinto ci ha accompagnati dall’alba della nostra civiltà fino al ventunesimo secolo, e anche senza le statue di Perrault, con il loro intento didattico, o la varietà dei profumi degli antichi knot garden, continua ad affascinarci ed a catturare nei suoi percorsi tortuosi la nostra immaginazione.
Fisher A., Mazes & Follies, Norwich, Jarrold Publishing, 2004.
MacQueen G., The Spirituality Of Mazes And Labyrinths, Wood Lake Publishing Inc., 2005.
Vicino a Torino, il secondo più grande labirinto d’Italia, in Mole24, 2 febbraio 2017.