In tempi in cui il settore dello spettacolo è in notevole difficoltà presentiamo un progetto realizzato dalla Compagnia Marco Gobetti, in collaborazione con Fondazione Enrico Eandi e Unione culturale Franco Antonicelli, con l’intento solidale di sostenere senzatetto, braccianti e migranti.
Ogni mercoledì del mese di marzo 2021 l'attore e regista Marco Gobetti reciterà tre spettacoli teatrali nella cornice di Piazza Carignano a Torino. La partecipazione è gratuita, due terzi delle offerte libere raccolte durante l'evento verranno devolute in beneficenza.
L'evento, causa interruzione dovuta allo stato pandemico, è stato rinviato ai mercoledì di aprile e maggio 2021.
Per “teatro di riciclo” si intende l’azione di un attore tesa a evocare una replica precisa o un insieme di repliche trascorse di uno spettacolo cui abbia preso parte o di cui sia stato spettatore:
[...] la vicenda e le immagini dello spettacolo rivivono, così, profondamente contaminate dalla narrazione dei meccanismi teatrali e di tutto ciò che è riconducibile al rapporto tra attori, spazi e pubblici incontrati.
Il “riciclo” del teatro già stato non intende essere surrogato del teatro stesso; bensì concentrato rarefatto, essenza che ne sublima la mobile immanenza, la magia: l’”altrove rimanendo”. Travaso di generi, base concreta per l’utopia.
Queste le parole di Marco Gobetti, già intervistato nel 2017 su Rivista Savej e reduce dal successo dei precedenti spettacoli che, a partire dal 27 gennaio 2021, hanno animato Piazza Carignano permettendo di raccogliere dalle offerte libere del pubblico una somma utile per compiere atti pratici di solidarietà ai senza fissa dimora di Torino.
Non solo “riciclo”, però: Di come precipita il doppio di un migrante ovvero l'Anciuvé suta prucess, il primo dei tre spettacoli proposti è legato al progetto Strad-rama con cui dal 2018 si tenta di contaminare il sistema teatrale realizzando su strada riscritture di opere teatrali, ottimizzando drammaturgie già scritte e redigendone di nuove con il contributo attivo del pubblico, posto sullo stesso piano di attori, registi e drammaturghi. Si tratta di una forma non convenzionale di recitazione legata all'avventura e all'improvvisazione che offre ai cittadini una spettacolarità inconsueta fatta da persone che si mettono in gioco pubblicamente creando sul momento contenuti inediti.
Gli spettacoli proposti permetteranno di sensibilizzare il pubblico su tematiche attuali con l'intento di farlo empatizzare nel pieno spirito del teatro di strada e rispettando le normative vigenti (obbligo di indossare la mascherina e distanziamento di un metro fra le persone).
Di come precipita il doppio di un migrante ovvero l'Anciuvé suta prucess – Strad-rama (alle ore 13.00 di ogni mercoledì) è un monologo nato dal confronto con il pubblico sulle piazze del Piemonte, nel quale la lingua italiana si intreccia a quella piemontese affrontando i temi del bracciantato agrario e della migrazione. Cosa può succedere a un uomo che, a causa dei postumi di uno strano sogno, sembra di ritorno dal regno dei morti e riesce solo più a parlare in piemontese, lingua a tutti sconosciuta? Viene scambiato per un migrante e processato per direttissima. A nulla vale il tentativo di spiegare agli uditori che il piemontese è nato proprio in quei luoghi, per tutti, a parlare è uno straniero. In questo spettacolo Gobetti sarà coadiuvato da Diego Coscia che, a partire da fine marzo, contribuirà ad ampliare le repliche giornaliere con lo scopo di quadruplicare le possibilità di partecipazione del pubblico in uno stesso luogo.
Io e Matteo – Teatro di riciclo® (alle ore 17.00 di ogni mercoledì) evoca il debutto – al Teatro Garybaldi di Settimo Torinese e al Piccolo Teatro di Milano – del monologo Io e Matteo di Annalisa De Lucia, con Marco Gobetti e con la regia di Leo Muscato, nel dicembre 2000. Io e Matteo è il racconto ininterrotto di un uomo a Matteo, il suo amico inseparabile che trascina su strada in un carrello per la spesa. Una storia di ricordi felici quali il matrimonio con Maria sulle scale di una chiesa e di come a sposarli fu il Maestro o le bontà culinarie della signora Marta; ma anche di paure, di fame, di fughe, di sirene spiegate.
La luna, bisogna crederci per forza, da Cesare Pavese – Teatro di riciclo® (alle ore 18.00 di ogni mercoledì) evoca lo spettacolo La Luna, bisogna crederci per forza (Compagnia Il Barrito degli Angeli, 1998-2000, con Fulvio Abbracciavento, Luisa Carlone, Marco Gobetti, Silvia Limone, Massimo Martino, Eleonora Mino, Davide Viano, musiche di Mario Actis, regia di Fabrizio Galatea). Si tratta di un monologo che interseca la vicenda de La luna e i falò di Cesare Pavese a una antologia scenica delle liriche dell’autore e i mestieri, la vita, la vigna, la guerra, le donne, la collina, la luna, la morte.
L'iniziativa vuole anche suscitare e generare gesti di solidarietà: due terzi del ricavato, ottenuto mediante offerte libere e non obbligatorie, verranno devoluti in beneficenza. Se nei precedenti spettacoli l’intento solidale era rivolto solamente ai senzatetto, per il programma di marzo questo si estende al bracciantato e ai migranti, categorie che, mai come in questo periodo, versano in condizioni di grande difficoltà. L’interazione del pubblico sarà fondamentale anche per suggerire atti di solidarietà, azioni pratiche che porteranno a interventi concreti come l’acquisto e la distribuzione di coperte e cibo.
Pubblico in Piazza Carignano durante gli spettacolo del Teatro di riciclo®.
Il legame tra gli artisti e alcune delle fasce più deboli della nostra società nasce spontaneo dal progetto del Teatro di riciclo come ci spiega Gobetti:
È proprio la congenita relazione del teatro con la cittadinanza che impone ai lavoratori dello spettacolo qualcosa di più rispetto a una semplice solidarietà di categoria; fanno ormai parte della classe del proletariato contemporaneo: è loro dovere, quindi, solidarizzare con chiunque abbia un reddito sotto una certa soglia o veda minacciato l’esercizio di propri inalienabili diritti. A cominciare dai senzatetto, dai braccianti oggetto di sfruttamento, dai poveri in senso lato.
È, questa, la "sensibilità larga", capace di abbracciarne e nutrirne ogni altra necessaria (a cominciare da quella artistica), che forse potrebbe portare fortuna e concorrere a costruire felicità consapevoli per tanti.
La collaborazione del pubblico è essenziale per la natura intrinsecamente solidale del progetto e non solo per le offerte che permetteranno di aiutare i più bisognosi. La natura autentica e sociale del teatro, che in questa occasione rivela coraggiosamente la sua veste pedagogica, permette di creare nuovi stimoli e di far nascere nel pubblico riflessioni profonde, capaci di generare azioni. A febbraio, in occasione di uno degli spettacoli, si è vista la partecipazione di alcune insegnanti tra il pubblico che hanno spontaneamente assunto il ruolo di “agitatrici culturali” coinvolgendo decine di studenti adolescenti nelle repliche successive.
Risulta evidente che per risolvere la crisi dello spettacolo dal vivo determinata dalla emergenza pandemica – con la inevitabile perdita di opportunità di lavoro e con la partecipazione del pubblico limitata dai pur necessari contingentamenti, chiusure e paure diffuse – occorrono soluzioni anche avventurose, facenti capo a sensibilità nuove.
Fortunatamente, queste stesse soluzioni potrebbero concorrere, se praticate – almeno in percentuale – dalla maggior parte dei soggetti "produttivi" teatrali, a contaminare utilmente il sistema teatrale e risolverne una crisi ben precedente la pandemia; implementando così una ampia rinascita culturale. Solo in questo modo il teatro potrà farsi “politico” rivendicando a pieno titolo la parola πόλις, “città”, quale etimo plastico, che sia contemporaneamente punto e di arrivo e di partenza.
Nell'ottica di rendere fruibile al pubblico estratti degli spettacoli teatrali e suscitare un'onda lunga di produzione culturale la Fondazione Enrico Eandi ha prodotto alcuni volantini artistici da distribuire gratuitamente durante l'evento e regalerà copie cartacee di Rivista Savej ad alcuni spettatori estratti a sorte. Per chi fosse impossibilitato a partecipare cliccando qui sarà possibile scaricare gratuitamente i volantini.
Clicca qui per scaricare i manifesti artistici del Teatro di riciclo®!
Ogni evento di Teatro di Riciclo®: La luna, i senzatetto e i braccianti inizierà con l'interpretazione della poesia piemontese Lë sgiaj di Nino Costa: tradotta in italiano come prologo e in lingua originale a seguire. La poesia descrive il turbamento provato dai cittadini alla vista di un pover'uomo spaventato e "surtì da 'nt l'ombra" che spezza l'idillica tranquillità perbenista sbattendo loro in faccia il grande problema sociale della povertà e della fame. Ma chi era Nino Costa?
Nino Giovanni Costa è considerato uno dei principali esponenti di tutta la letteratura piemontese. Nato a Torino nel 1886 da padre canavesano e madre monferrina, per compiacere i genitori il giovane Nino si iscrive alla facoltà di Veterinaria, per laurearsi poi successivamente in Lettere. Terminati gli studi trascorre alcuni anni a Parigi, grazie ai quali si avvicina alla poesia scrivendo dapprima componimenti in francese, per passare successivamente all’italiano e approdare, infine, al piemontese. I primi componimenti in piemontese di Nino Costa compaiono su ‘L Birichin, sotto lo pseudonimo di Mamina, con il passare degli anni, però, inizia ad allontanarsi dalla filosofia “birichinòira” nella convinzione che il piemontese debba essere elevato al rango di lingua e non solamente utilizzato in modo minore e in ambiti ristretti alle facezie popolari.
Per Marco Gobetti il superamento della crisi che sta colpendo il settore dello spettacolo va di pari passo con la necessità di reinventare il teatro, vitalizzandone e mostrandone i meccanismi. A tal riguardo segnala, a mo’ di ispirazione, un pensiero di Gian Renzo Morteo, il quale, molti decenni or sono, si pronunciò contro l’idea totalizzante de “il Teatro” e a favore de "i teatri" diversificati, in occasione dell’accoglienza entusiastica serbata a un Re Lear diretto da Giorgio Strehler, di cui peraltro riconobbe il valore:
Accanto a questo modo di concepire il teatro ne esistono altri: più occasionali e più avventurosi, più guitti, se si vuole; ma nei quali la creazione continua sera per sera in rapporto a determinate situazioni e a determinati pubblici. [...] Deve esserci spazio per tutti, se no le crisi, dalle quali non siamo ancora usciti, diventeranno veramente e irrimediabilmente croniche.
Sarà anche grazie al contributo attivo di artisti avventurosi e aperti all'innovazione che si potrà rinnovare il teatro preesistente; la rinascita di un settore in ginocchio passa, forse, pure attraverso lo scopo nobile di aiutare le fasce più povere della società, unito al tentativo di restituire “ai teatri” autenticità, magia e socialità e alla cittadinanza occasioni di partecipazione.
👉 L'appuntamento è ogni mercoledì di marzo in Piazza Carignano a Torino, per maggiori informazioni: teatrodiriciclo.com