Cartolina storica della città di Alba.

Alba e i suoi caffè

I frizzanti anni Cinquanta e Sessanta dal bancone di un bar

Laureato in archeologia medievale all’Università di Torino e con un master presso la milanese Fondazione Feltrinelli, è docente di italiano e storia nelle scuole secondarie e libero professionista. Dal 2013 collabora con l’associazione Ambiente & Cultura nell’ambito del progetto Alba Sotterranea, nella valorizzazione del museo civico “F.Eusebio” e del centro culturale “San Giuseppe” di Alba. Nato nel Roero nel 1991 ma ormai albese, lettore bulimico e sportivo con non troppa costanza, pur parlando di storia, tenta di essere chiaro senza annoiare le persone che ne leggono o ascoltano le parole.

  

Guardò ancora le colline: ci erano voluti i tedeschi per farle apprezzare ai langaroli. Gli inglesi nel Chianti e i tedeschi nelle Langhe, con il loro “marco forte” a comprare le case che quelli del posto lasciavano cadere in rovina, quelle sui bricchi, sulle vette modeste ma inaccessibili di quelle ondulazioni che, in certi angoli, si davano arie da montagne. C’erano voluti gli stranieri per renderli orgogliosi dei loro vini, per convincerli a farli meglio, ad affinarli, ad amarli. Suo padre non si era mai convinto e aveva continuato a fare una barbera da quattro soldi, aspra, di quelle che i torinesi, negli anni ’70, compravano a damigiane ripetendo come un mantra “è vino del contadino, mica fatto con le polverine” e, felici, si intossicavano di aceto. Oggi Barolo e il barolo erano conosciuti in tutto il mondo e sui bricchi i turisti arrivavano col pullman per assistere allo spettacolo del tramonto, ma lui, con la terra di suo padre, non si era ancora riconciliato.

Sono queste le parole con cui Alessandro Perissinotto, nel suo romanzo Il silenzio della collina, dipinge le Langhe attuali. Nelle piazze centrali di quella che per molti è la loro capitale, Alba, per anni sono sorti due caffè voluti da uomini che contribuirono in modo decisivo a diffondere nel mondo il vino e il tartufo di queste colline. I loro nomi erano Luigi Calissano e Giacomo Morra e i caffè si chiamavano Caffè Calissano e Hotel Savona. In quest’ultimo locale, dove sorgeva un caffè aperto a tutti, come anche al Circolo sociale, amavano ritrovarsi non solo i professionisti e i piccoli imprenditori del tempo, ma anche quei personaggi che segnarono una stagione culturale particolarmente felice per l’Alba degli anni Cinquanta e Sessanta.

Chi era Luigi Calissano?

Oltre a essere stato un importante esponente locale del partito liberale, tanto da essere eletto in Consiglio Comunale per ben sette volte, Calissano fu il fondatore di quella che, fino al 1929, fu la più grande azienda vinicola albese. Nata ufficialmente nel 1891, la ditta Luigi Calissano e figli contava già, oltre allo stabile albese, tre filiali a Torino, Milano e Genova e, da lì a poco, gli albesi si sarebbero abituati ai carichi di vini che, progressivamente, avrebbero lasciato le loro dolci colline per raggiungere Buenos Aires, Montevideo e New York. Qui, poco tempo dopo, sarebbe stato anche aperto un impianto di imbottigliamento per il mercato americano. Purtroppo, il proibizionismo americano e la Grande Crisi del 1929 ebbero effetti nefasti sull’azienda che, nei decenni successivi, sarebbe andata incontro a gravi difficoltà.

Probabilmente, però, quando Luigi Calissano nel 1883 acquistava 2.600 metri quadri di terra appena fuori da Alba, dove dal 1885 sarebbe entrato in funzione il suo stabilimento, non poteva certo immaginare che il più signorile dei caffè di Alba avrebbe portato il suo nome in quel secolo, il Novecento, di cui lui, mancato nel 1913, non vide le peggiori brutture.

Il Calissano, caffè dei signori di Alba

Fondato a metà Ottocento in un palazzo quattrocentesco nel cuore pulsante di Alba, il Caffè Calissano è stato un autentico luogo di ritrovo per industriali, uomini e donne di cultura, di politica e di sport albesi nel corso del Novecento. Esso sorgeva in quella piazza che oggi è stata ribattezzata Risorgimento, ma che gli albesi chiamano Piazza del Duomo e in cui, oltre al bel palazzo comunale e all’imponente massa neogotica della facciata della cattedrale di San Lorenzo, spiccano su uno dei due lati lunghi alcuni portici che ospitano esercizi commerciali al loro riparo. Sotto di essi, appena prima del duomo, sorgeva il Caffè Calissano ed erano questi i luoghi a cui si riferiva Beppe Fenoglio nel suo racconto La licenza.

Il dehors del Caffè Calissano col palazzo comunale sullo sfondo. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.
Il dehors del Caffè Calissano col palazzo comunale sullo sfondo. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.
Sì, - disse Boeri, - ma adesso dove mi stai portando? - […] - Ti porto nel più bel caffè di Alba, - rispose il Fenoglio, - nel caffè dei signori di Alba, talmente dei signori che la gente non osa passare nemmeno sotto i portici, nemmeno d’inverno, quando non c’è dehors. A Boeri cominciò a battere il cuore per l’apprensione, pensava che se il Fenoglio avesse cominciato a provocare nel caffè dei signori come aveva fatto nel bar della stazione, al caffè dei signori sarebbe finita certamente peggio, anche perché nel caffè dei signori, se era tale, non poteva mancare un ufficiale dei carabinieri.
Alcune righe dopo, i due sbucarono in una piazza e infilarono dei portici bassi e straordinariamente tenebrosi, illuminati verso il termine da fasci di luci che da certe finestre tagliavano il granito dei portici per spegnersi a ridosso degli zoccoli della cattedrale. – Là è il caffè dei signori di Alba,- disse il Fenoglio, e parve davvero a Boeri che quella luce fosse speciale, avesse davvero un particolar glance [...] Dentro Boeri stava perso a guardare i cristalli, gli stucchi, le lacche, gli ottoni e la bella cameriera pallida tra i veli del vapore della macchina per il caffè.

Del resto, Alba e le Langhe di fine Ottocento e inizio Novecento sono quelle celebrate, anche se con una certa dose di ironia, da un autore poco conosciuto, Cesare Galvagno, nel suo opuscolo intitolato Serralunga a volo di rondine. In questo testo, in un capitolo apposito, egli descrive Alba come la città dei caffè, in cui il Calissano è quello dei signori, dei ristoranti dove coloro che se lo potevano permettere si gustavano "pranzi squisiti" e bevevano "i migliori vini delle Langhe". Spesso, nei suoi dehors, che frequentemente invadevano anche la piazza, si svolgevano eventi musicali, come quello di “musica sinfonica” voluto dall’imprenditore Romualdo Isnardi nel 1947. Non distante era anche presente il Liceo, dove insegnava colui che, alcuni anni dopo, sarebbe diventato il massimo esperto in Italia di Heidegger: Pietro Chiodi. Tuttavia, lo scrittore e il professore avevano l’abitudine di incontrarsi in altri locali.

Le attività culturali del Circolo Sociale

Come emerge dal racconto citato in precedenza, Fenoglio, soprattutto tra le due guerre, non amava il Caffè Calissano. Nonostante si trovasse di fronte alla sua casa di famiglia e a poche decine di metri dal suo liceo, il “Govone”, non ne fu mai un assiduo frequentatore. A proposito, da quel poco che sappiamo delle sue attività nei rari momenti in cui tornava a casa, era stato proprio il generale Giuseppe Govone, colui al quale è dedicato quello che allora era l’unico liceo cittadino, a frequentare questo locale alcuni decenni prima. Qui probabilmente amava sorseggiare un calice di rosso locale.

Beppe Fenoglio con Ettore Costa al Circolo Sociale. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.
Beppe Fenoglio con Ettore Costa al Circolo Sociale. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.

Tornando invece al Novecento, e in particolare agli anni Cinquanta, la vita culturale albese gravitava attorno ad alcuni luoghi, di questi due erano dei caffè: il Circolo Sociale, ubicato nel cortile della Maddalena, dove oggi sorgono la Sala Riolfo e la biblioteca civica, e il Caffè Savona, in quella piazza che dal 2015 è dedicata a Michele Ferrero e che in passato era nota come piazza Savona.

In riferimento ad essi, si può dire che ad Alba, nel secondo dopoguerra, si potessero respirare sostanzialmente due correnti di pensiero: da una parte, una di matrice cattolica e, dall’altra, una più laica che si identificava, oltre che con il liceo “Govone”, anche coi due locali. Il Circolo Sociale non era un caffè letterario, ma il luogo di ritrovo della borghesia locale, di cui facevano parte i professionisti, i piccoli imprenditori e alcuni intellettuali, come Beppe Fenoglio. Il Circolo non faceva altro che mettere a disposizione i suoi locali, sotto la rudimentale insegna di “Accademia Filarmonico-Letteraria” albese, per mostre d’arte o di fotografia, spettacoli musicali, corsi di lingue straniere, conferenze che erano organizzate da soggetti o associazioni locali. Fu in questo locale che Fenoglio, negli anni appena successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, inaugurò il primo recital di poesia. Per quest’occasione, da grande esperto di letteratura inglese, egli scelse il poeta Gerald Maney Hopkins, un poeta metafisico britannico, tradotto e riletto, secondo le testimonianze col suo accento langarolo, ad un pubblico borghese di provincia che sicuramente non era abituato a questo genere di manifestazioni culturali. In altre occasioni, nelle sue sale si tenevano discussioni riguardanti anche le opere dello scrittore francese Georges Bernanos.

Tuttavia, i suoi spazi erano stati anche frequentati dalla estrosa figura di Pinot Gallizio. Sebbene non sia questa la sede per illustrarne la complessa personalità, basti ricordare come egli fu, nell’arco della sua piena vita, farmacista, archeologo, fondatore del Palio degli Asini albese, partigiano, professore di aromateria presso la locale Scuola Enologica e, soprattutto, pittore. In tutti questi anni, egli discusse le sue spesso avveniristiche idee in questo Circolo e fu probabilmente tra le sue sedie che cominciò a immaginare il Primo Laboratorio di esperienze immaginiste del movimento internazionale per una Bauhaus immaginista. Noto per la sua pittura industriale, negli anni seguenti Pinot Gallizio terrà mostre in tutta Europa, partecipando spesso a convegni e dibattitti legati all’arte contemporanea, senza mai far venir meno il suo forte legame con la città di Alba e col suo laboratorio situato in via XX Settembre 2.

Il punto d'incontro degli albesi, il Caffè Savona

Tuttavia, il locale maggiormente frequentato da Fenoglio negli anni Cinquanta era probabilmente il Caffè Savona. Come emerge da un dialogo con Walter Fenoglio, il fratello dello scrittore, quello del Savona era un luogo in cui gli intellettuali o, più in generale, coloro che avevano avuto la possibilità di studiare si incontravano con gli operai o i piccoli artigiani. Nelle sue parole, in questo ambiente si parlava poco di letteratura, ma ci si limitava infatti a giocare alle carte e si parlava di sport: calcio, ciclismo, ma anche pallone elastico.

Il Caffè Savona. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.
Il Caffè Savona. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990.

Questo locale ha rappresentato un importante capitolo della storia novecentesca di Alba e si lega a una significativa vicenda imprenditoriale, quella che vide come protagonista Giacomo Morra. Sebbene il suo nome non sia tra i più noti, fu colui che fondamentalmente si inventò la Fiera del Tartufo, oggi nota come Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba ma che nacque, sotto la sua egida, nel 1928 come Mostra dei pregiati tartufi delle Langhe. Citando uno studio compiuto sul Novecento albese, si potrebbe dire che "è certamente vero che non è Alba che ha fatto conoscere Giacomo Morra, ma è Morra che ha fatto conoscere Alba".

Tuttavia, a che cosa si legano queste vicende al Caffè Savona? L’uomo, che era nato a La Morra nel 1889 da un’umile famiglia di mezzadri, dopo aver fatto l’oste ad Alba, si trasferì a Torino per fare lo stesso mestiere. Nel capoluogo ebbe modo di scoprire che il tartufo era pagato somme altissime, mentre nelle Langhe i trifolao lo vendevano a cifre irrisorie. Da qui la decisione di ideare un evento ad hoc ad Alba, in quella che lui stesso considerava la capitale del tartufo. Nello stesso anno in cui inaugurava la Fiera, Morra decise di acquistare quindi lo storico Hotel Savona che, però, da anni versava in pessime condizioni. Con un ingente investimento, lo trasformò in un albergo-ristorante come quelli che all’epoca si vedevano solo nelle grandi città. Esso fu infatti dotato di un moderno impianto di riscaldamento e di acqua corrente e telefono in tutte le camere. Al di sotto, aprì il bar, la sala col biliardo e, soprattutto, il ristorante che era riservato a tutti coloro che intendessero consumare un pasto di qualità e non solo, quindi, agli ospiti dell’albergo. Nelle sue cucine crebbe una generazione di cuochi che, nei decenni successivi, avrebbe continuato a lavorare sul territorio, contribuendo quindi alla costruzione di quella fama eno-gastronomica di cui oggi godono le Langhe. Nel suo insieme, quindi, la struttura era più che dignitosa, ma non lussuosa.

Sorgendo in quello che allora come oggi era il cuore commerciale di Alba, il locale presto divenne il punto di incontro per produttori di uve e di vino, commercianti e rappresentanti delle varie anime della società cittadina, anche quelle più umili. Sua moglie, infatti, teneva aperte le porte fino all’arrivo dell’ultimo treno in stazione e, in una recente intervista, sua nipote ricorda di quando il nonno preparava il caffè alle 4.30 del mattino ai primi ferrovieri. Tuttavia, era nella cosiddetta sua Tavernetta, al di sotto del bar ubicato al piano terra, che amavano ritrovarsi Fenoglio e i suoi amici. Successivamente, quando l’ora si faceva tarda, Fenoglio e Chiodi, insieme ad altre figure chiave della cultura di quegli anni, lasciavano i locali dell’albergo e, percorrendo pochi metri, raggiungevano la casa di Michelangelo Masera nella stessa piazza. Nella casa del primario dell’ospedale, soprannominato affettuosamente Doc dallo scrittore, nei ricordi di Mons. Piero Rossano, si discuteva fino alle 2 o alle 3 di notte "dell’uomo, della persona, dei suoi diritti, del socialismo, delle ingiustizie del capitalismo, e dell’esistenza di Dio e della Chiesa". Qui, infatti, avevano modo di confrontarsi personalità laiche come Fenoglio e Pietro Chiodi, e clericali come Don Bussi, ma anche gli amici dello scrittore, come l’ex partigiano Ugo Cerrato e il fotografo Aldo Agnelli.

Beppe Fenoglio al Caffè Savona. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990
Beppe Fenoglio al Caffè Savona. Immagine tratta da F. Vaccaneo, Beppe Fenoglio: le opere, i giorni, i luoghi: una biografia per immagini, Cavallermaggiore 1990

La rinascita inizia al bancone di un bar

Negli anni Cinquanta e Sessanta, nonostante le ferite fisiche e sociali del recente conflitto mondiale, Alba era stata dunque in grado di ricostruirsi e, in modo sorprendente viste le dimensioni della città, grazie ad alcuni personaggi e istituti, il liceo di Chiodi e il seminario di Don Bussi, era diventata anche una fiorente fucina culturale. Un suo ex storico sindaco, Gianni Toppino, nel 1981 riassumeva così:

Allora ad Alba c’erano tre persone che valevano moltissimo e tenevano i colloqui dei massimi sistemi: il prof. Chiodi e il prof. Don Bussi, uno per la valenza marxista-socialista e l’altro per quella cristiana. C’era poi Pinot Gallizio, con la sua estrosità di arti figurative, che aveva fatto irrompere nella città un interesse quasi morboso per la pittura moderna. Penso che allora per originalità di argomentazioni Alba fosse migliore di adesso.

Aggiungendo a questi nomi quello di Beppe Fenoglio, sorprende pensare come molte di queste idee trasformatesi poi in parole scritte o in opere pittoriche fossero state perlomeno discusse all’ombra di un bancone di uno di questi caffè. Purtroppo, come già ricordato da un acuto e rimpianto studioso della storia albese, Giulio Parusso, il vuoto documentario riguardante i contenuti di queste “serate culturali” costituisce il principale ostacolo alla ricostruzione di queste discussioni.

👉 Un doveroso ringraziamento alla dottoressa Alice Troìa per le preziose indicazioni bibliografiche e per il confronto sulle tematiche fenogliane e al personale della biblioteca civica “Giovanni Ferrero di Alba”.

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Bibliografia

  • Berti G., Il re del tartufo, Boves, Araba Fenice, 2011.
  • Borgogno C., Il rilancio dell’hotel Savona di Alba comincia dal mito di Giacomo Morra, in La Stampa, 08 aprile 2021.
  • Borra E., Guido Sacerdote il primo mago della televisione, in La Gazzetta d’Alba, 14 giugno 2020.
  • Borra E., Fenoglio, la Famija albèisa e il carnevale stile anni Cinquanta, in La Gazzetta d’Alba, 18 aprile 2021.
  • Bufano L., Il volto solitario di Beppe Fenoglio: conversazione con Walter Fenoglio, in Il Gabellino, n.14, anno IX, luglio 2011.
  • Fenoglio B., Tutti i racconti, a cura di Bufano L., Torino, Einaudi, 2018.
  • Galvagno C., Serralunga a volo di uccello: quattro chiacchiere alla buona, in cui parlandosi molto d'Alba, un poco di Bra e di altri siti, si difende Serralunga dalle calunnie dei.... Santi, Torino, 1885.
  • Parusso G., Palazzo e città. Alba 1945-1977, Boves, Araba Fenice, 2005.
  • Pensato A. M., Caffè storici in Piemonte: alberghi, caffè, confetterie e ristoranti dell'Associazione Locali storici d'Italia, Torino, Celid, 2008.
  • Pedullà G., Beppe Fenoglio, da L’illuminista. Rivista di cultura contemporanea fondaya e diretta da Walter Pedullà, n. 40-41-42, anno XIV.
  • Perissinotto A., Il silenzio della collina, Milano, Mondadori, 2019.
  • Vaccaneo F., Beppe Fenoglio vita guerre libri, Scarmagno, Priuli & Verlucca, 2021.
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