Vicolo della Canonica, a Novara, è uno stretto passaggio che si apre, in maniera quasi inattesa, sul finire dei portici di piazza della Repubblica, dividendo idealmente in due la città: da un lato il salotto cittadino, la Novara dei negozi e delle vetrine; dall’altro, un mondo passato, forse ignorato dai più ma che ha ancora parecchio da dire. Basta percorrere pochi metri del vicolo, ed entrare nel primo portone sulla destra, per rendersene conto: qui si trovano i Musei della Canonica del Duomo, pronti a dischiudere il loro tesoro.
I Musei sono composti da tre parti oggi riunite in un solo complesso espositivo: il Museo Lapidario, il Museo del Tesoro della Cattedrale e la Sala Capitolare. La struttura museale si trova nell’ala orientale della canonica, è disposta su due piani e conta undici sale. In queste il visitatore può osservare opere provenienti dalla cattedrale di Santa Maria Assunta e da altre chiese del territorio diocesano. Nel museo sono esposte antiche iscrizioni romano-celtiche, collezioni numismatiche, arredi e paramenti sacri, statue lignee, codici miniati e molto altro.
Il primo a essere realizzato fu il Museo Lapidario. Allestito al piano superiore del lato settentrionale della canonica, contiene cippi, are ed epigrafi databili dal II secolo a.C. al III secolo d. C.. Esso ha alle spalle una lunga vicenda iniziata nel 1813, quando l’abate e paleografo Carlo Francesco Frasconi iniziò a raccogliere e catalogare iscrizioni romane della città e del territorio circostante. I pezzi furono in un primo tempo incassati nelle pareti tra le arcate del quadriportico canonicale e ognuno di essi accompagnato da una didascalia con il nome del donatore e il luogo di provenienza.
Nel 1859 venne acquisita la sorprendente stele in lingua celtica di San Bernardino di Briona e negli anni successivi altri contributi arricchirono la raccolta. Nel 1976, con la conclusione del restauro architettonico della canonica, si pose il problema di una nuova sistemazione della collezione: da un sopralluogo compiuto in quegli anni emerse la necessità di trasportare il materiale in un luogo asciutto e dare inizio a interventi di consolidamento. Questi ultimi ebbero luogo tra il 1980 e il 1989, mentre nel 1992 fu approvata la collocazione dell’intera raccolta nella manica settentrionale al primo piano del quadriportico, dove si trova ancora oggi. La memoria del primitivo museo fu mantenuta grazie alla sostituzione degli oggetti asportati con copie in vetroresina. Rispetto alla vecchia esposizione, ora i pezzi non sono più incassati ma sostenuti da strutture metalliche grazie alle quali si può cogliere la consistenza tridimensionale degli oggetti esposti. Il Museo Lapidario, intitolato a Frasconi, fu inaugurato il 3 novembre 1999 e aperto al pubblico in quello stesso anno.
La storia del Museo del Tesoro della Cattedrale è più recente. A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso don Angelo Luigi Stoppa, giornalista e storico, nonché fondatore della rivista Novarien, si mise alla ricerca di opere d’arte sacra disperse nelle parrocchie della diocesi e nei depositi della cattedrale di Novara. Dopo impegnativi lavori di sistemazione dei pezzi e di ristrutturazione degli edifici, il Museo del Tesoro fu allestito negli antichi appartamenti dei canonici nell’area orientale del chiostro. Alla morte di Stoppa, avvenuta nel 1998, Paolo Monticelli (del quale si dirà più avanti), attuale direttore dei Musei, si adoperò per integrare i manufatti con gli articoli esposti nel Museo Lapidario. I Musei della Canonica furono inaugurati il 14 giugno 2009 a completamento del complesso espositivo del duomo novarese.
Cosa si troverà di fronte il visitatore una volta varcata la soglia della canonica? In un primo momento forse si sentirà disorientato davanti all’eterogeneità delle esposizioni, che interessano luoghi distanti e abbracciano archi temporali notevoli, ma alla fine uscirà certamente arricchito. E magari invogliato a tornarci poiché i pezzi vengono mensilmente sostituiti: una rotazione complicata dal punto di vista gestionale ma che riesce a mantenere viva l’esposizione e sempre nuovi gli allestimenti.
Il percorso inizia con le statue del ciclo della Passione di Cristo provenienti dal battistero del duomo e oggi sistemate nella sale 1, 3 e 4. Si tratta di cinque gruppi scultorei in terracotta che rappresentano momenti della Passione: Gesù Cristo nell’orto del Getsemani, la Flagellazione, la Salita al Calvario, la Crocifissione e la Deposizione. Sono sculture databili al XVII secolo ad eccezione della prima, più tarda, attribuita a Gaudenzio Prinetti, scultore novarese vissuto tra il 1760 e il 1835. Sono tutti manufatti che ricordano quelli del Sacro Monte di Varallo: una forma d’arte popolare nella quale la semplicità delle linee è compensata dall’intensa drammaticità delle scene e dalla teatralità delle pose dei personaggi.
"Gesù Cristo nell'orto del Getsemani" (di Gaudenzio Prinetti, realizzato tra la fine del Settecento e l'inizio del secolo successivo) e "La Crocifissione" sono due dei cinque gruppi di sculture che si trovano nelle sale 1, 3 e 4 dei Musei della Canonica.
Sulle pareti della sala numero 2, detta "dell’affresco", sono sopravvissuti frammenti dipinti del ciclo di Giuditta. I dipinti sono attribuiti al pittore novarese Bartulonus, vissuto intorno alla metà del XV secolo. Il manufatto più interessante, e fors’anche il più pregiato dell’intera collezione, si trova al centro della sala: si tratta del cosiddetto dittico eburneo, risalente al secolo V e raffigurante, da un lato, il patrizio romano che con ogni probabilità l’ha commissionato, mentre dall’altro è ancora leggibile la cronotassi dei vescovi novaresi compilata in epoca medievale. I dittici sono tavolette in avorio lavorato, molto preziose: in epoca romana erano doni celebrativi di matrimoni o nomine consolari, convertiti a contenitori di testi rituali, preghiere o liste episcopali con l’avvento del cristianesimo.
Il dittico è realizzato in avorio ed è composto da due parti. Si trova a Novara almeno dal XII secolo, come prova la lista dei vescovi scritta all'interno delle due parti.
Dalla sala dell’affresco il visitatore è introdotto al piano superiore, dove reliquie, paramenti e suppellettili liturgici occupano ben quattro sale. Gli oggetti tessili (pianete di velluto broccato, vesti liturgiche in damasco, veli da calice) sono databili tra la fine del XVI secolo all’ultimo quarto dell’XIX secolo. La collezione di suppelletili raccoglie manufatti d’epoche e tipologie diverse. Tra i più curiosi, una coppia di bracci reliquiari risalente al secolo XVII, una croce benedizionale in legno di bosso della metà del Cinquecento e il reliquiario di san Sebastiano realizzato da una bottega orafa lombarda.
La sala delle sculture lignee, perlopiù opere di maestri valsesiani od ossolani, costituisce uno degli ambienti più affascinanti dell’intera esposizione. In essa si trovano manufatti in legno, disomogenei per scuola e cronologia e provenienti da diverse chiese del territorio, in grado tuttavia di offrire un quadro esemplificativo delle presenze scultoree attestate tra il XIII e il XVIII secolo nella diocesi novarese. Di indubbio valore storico è la Madonna in trono con bambino, purtroppo mutilo del capo, originaria della chiesa cimiteriale di Casalbeltrame: una scultura che ben si inserisce nei modelli di Madonna in trono di cui il Piemonte è ricco. La volumetria delle forme e la staticità rappresentativa lasciano intendere ancora chiari gli influssi romanici.
Il percorso è quasi arrivato al termine, ma mancano ancora due sale importanti: quella occupata dal Museo Lapidario e la Sala Capitolare. Il Museo racchiude un’ampia collezione (la terza in Italia dopo Roma e Ravenna) di cippi, are ed epigrafi di epoca celtico-romana che documenta la presenza umana sul territorio novarese dal sec. I a.C. al V d.C., con il passaggio dalla romanità classica al cristianesimo.
Gli oggetti sono suddivisi per isole tematiche: appese alle pareti si trovano le iscrizioni dedicatarie, alcune delle quali sono testimonianze delle forme del culto della memoria praticate nel novarese; al centro, i gruppi di are e cippi consacrati agli dei romani, mentre in un’area defilata, i documenti epigrafici che attestano la permanenza dei Celti nella zona e il passaggio dagli antichi culti locali alla progressiva romanizzazione.
Tra le epigrafi si trova la succitata stele di San Bernardino di Briona, della quale un’ampia didascalia offre i dati e le interpretazioni più rilevanti. Altri due modelli attireranno, con ogni probabilità, l’attenzione dei visitatori: una testa votiva celtico-italica, proveniente dalla Badia di Dulzago e risalente al III-II secolo a.C., e la scultura nota come Rilievo della nave, un tempo parte di un sarcofago di cui oggi rimane una porzione raffigurante lo scafo di un’imbarcazione, una parte di una figura alata, un pescatore e una serie di personaggi in posizione centrale.
La Sala Capitolare, restituita al pubblico dopo un restauro che ha svelato la presenza dell’affresco di Giovanni Antonio Merli raffigurante la Crocifissione, è da tempo una mostra espositiva a sé. In essa sono raccolti i più antichi codici medievali dell’Archivio Capitolare: da una carta di supplica del 729 a libri per il servizio liturgico, bibbie, messali e omeliari. Tra gli oggetti di maggior valore spicca anche un diploma imperiale concesso da Enrico V alla città di Novara e risalente al 1116.
Il tesoro non è solo rappresentato dagli oggetti contenuti all’interno delle mura della canonica, ma gli stessi edifici hanno una storia e un valore considerevoli. In origine la canonica sorse per accogliere i chierici della Chiesa novarese che si impegnavano a condividere momenti di vita comune secondo determinati statuti o canoni. Le prime notizie di canonici a Novara risalgono addirittura al 840, quando il vescovo Adalgiso, come registra il vescovo Carlo Bascapé nella sua Novara Sacra, “fece molte donazioni ai canonici della Cattedrale” dando vita a un organismo ispirato alla regola di san Crodegango di Metz. Intorno al 1150 risalgono invece i segni della costruzione del claustrum: mentre prima di allora i canonici erano sparsi per la città, dalla metà del XII secolo essi furono radunati in un settore circoscritto nei pressi della cattedrale.
Nel secolo successivo apparve un castellum canonicorum e un fossato intorno alla canonica. A metà Quattrocento la canonica fu ampliata con la costruzione del porticato che si innestava sul corpo più antico dell’edificio. Il Capitolo, ossia l’ente religioso al quale la canonica apparteneva, fu soppresso al tempo della Rivoluzione francese, ma la canonica sopravvisse, benché lottizzata, e i suoi portici adibiti a mercato del grano fino al 1807. Dal 1813, come accennato, il chiostro ospitò monumenti di origine romana in seguito trasferiti nel Museo Lapidario. L’attuale assetto è frutto di un massiccio restauro iniziato negli anni 1968-69 e proseguito, con lavori di risanamento e recupero, fino ai giorni nostri.
La canonica è solo una parte dell’ampio complesso storico-architettonico incentrato sulla cattedrale di Santa Maria Assunta, nota ai novaresi semplicemente come “il duomo”, e che comprende anche il battistero e il palazzo vescovile. La cattedrale occupa una posizione particolare: invece di avere un ampio spiazzo davanti all’entrata, essa si estende longitudinalmente rispetto a piazza della Repubblica, dalla quale è separata da un porticato sorretto da una doppia serie di colonne.
L’attuale cattedrale di Santa Maria Assunta sorge sui resti di una basilica del V secolo, risalente, cioè, al tempo del primo vescovo cittadino, san Gaudenzio. Nel XII secolo l’aumento demografico condusse alla ricostruzione e all’ampliamento del duomo paleocristiano, del quale sopravvissero poche tracce. L’edificio romanico, a croce latina a tre navate, fu completato prima del 1132 con l’innalzamento della torre campanaria e la riedificazione della facciata preceduta da un quadriportico collegato su tre lati con il battistero. Lavori di ampliamento e restauro avvennero anche nel XV secolo. Tra il 1546 e il 1553 Bernardino Lanino affrescò le pareti e il soffitto della cappella dedicata a san Giuseppe con un ciclo di dipinti in seguito salvati dalle successive ricostruzioni.
Nel XVIII secolo la cattedrale venne gradualmente restaurata in stile barocco. Un primo disegno per un nuovo presbiterio porta la data del 1797 e fu redatto da Stefano Ignazio Melchioni. Solo negli anni Trenta dell’Ottocento si pose mano alla ricostruzione dell’intera area celebrativa. Per il nuovo altare maggiore si approvò il progetto di Alessandro Antonelli. Antonelli progettò, tra il 1854 e il 55, anche il nuovo edificio della cattedrale: il quadriportico venne demolito e ricostruito in forme neoclassiche, e così, a partire nel 1865, anche le navate e la cupola dell’antica cattedrale romanica. Vent’anni più tardi si procedette alla realizzazione degli altari lungo le pareti delle navate secondo uno schema elaborato dallo stesso Antonelli grazie al quale il duomo acquistò l’apparato e le forme ancora oggi visibili.
In alcune recenti interviste, Paolo Monticelli, direttore dei Musei della Canonica del Duomo, ha ribatito la volontà di non limitarsi a fare dei Musei della Canonica dei semplici musei, ma renderli dei luoghi vivi, pulsanti. Per questo motivo vengono organizzati periodicamente corsi e laboratori didattici, mentre è da qualche anno attivo il servizio civile, che si occupa di tenere aperti i musei, con orario continuato, dalle 13 alle 18 nei giorni feriali e dalle 10 alle 15 in quelli festivi.
Il direttore è inoltre direttamente impegnato nel mantenere attive altre due storiche istituzioni cittadine: la Cappella Musicale e l’Istituto della Cappella Musicale del Duomo. La prima è la più antica istituzione musicale novarese: fondata nel 1564, raggiunse il proprio culmine nel 1711 in occasione della traslazione delle spoglie di san Gaudenzio nella basilica a lui dedicata. L’attività della Cappella Musicale si concluse temporaneamente nel 1979 prima di riprendere nel 1995 proprio sotto la direzione di Monticelli. L’Istituto della Cappella Musicale è una scuola di musica a tutti gli effetti, il cui fiore all’occhiello è rappresentato dai Piccoli Cantori, un coro di voci bianche sorto nel XVI secolo allo scopo di animare le principali celebrazioni liturgiche della cattedrale.
👉 Un ringraziamento particolare ad Alessio Caviggioli per la cortese disponibilità.