Dalle pieghe del tempo riemergono spesso figure quasi sconosciute. Silenziose testimoni di un tempo e di un’epoca che non hanno fatto scalpore o notizia, semmai hanno condotto una vita non cercata, quasi imposta da eventi o circostanze più grandi di loro.
È noto che il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, ebbe molte donne al suo fianco e sicuramente il nome della Bela Rosina, o Rosa Vercellana, eclissa addirittura quello della moglie ufficiale, Maria Adelaide d’Asburgo Lorena. Ed è proprio questa figura che incuriosisce, ma che la storia ufficiale quasi scorda per l’assenza di fatti eclatanti. Questa sovrana, ai più sconosciuta, pare quasi una meteora silenziosa e, infatti, morì prima di diventare la prima regina degli italiani e quindi storicamente non la si può che ricordare come l’ultima sovrana del Regno di Sardegna.
Ma chi era Maria Adelaide d’Asburgo Lorena? Perché la sua vita passò così in ombra e gli storici di oggi non se occupano? Quel poco che si sa è che in famiglia era più conosciuta come Adele e la scrittrice Costanza Alfieri di Sostegno (suo cognato era Massimo d’Azeglio) ci lascia una preziosa descrizione ricordandola come la
Principessa che tutti ammiravano per la sua bellezza e che conquistava i cuori per qualche cosa di angelico negli sguardi, nei gesti e nelle parole che ne rivelavano l'animo.
Cercando di approfondire, in letteratura pochissimi si sono occupati della sua vita e le monografie sono alquanto rare. Fa capolino dagli elenchi delle biblioteche un testo interamente dedicato a lei e pure datato, segno di una vita silenziosa, passata tra opere caritatevoli e la completa dedizione agli eredi del regno. Infatti Maria Adelaide diede alla luce ben otto figli e poi si spense in un’agonia dovuta, pare, a una gastroenterite a soli trentatré anni dopo l’ultima tribolata gravidanza. Da allora a oggi trova riposo nella sua ultima dimora nella Basilica di Superga, accanto ad altre sovrane.
Lei nacque non troppo distante, a Milano, nel palazzo reale, e suo padre, Ranieri Giuseppe d’Asburgo-Lorena, era il Viceré del Lombardo-Veneto. Eppure la storia non avrebbe nemmeno voluto che sposasse, il 12 aprile 1842, suo cugino Vittorio Emanuele. Avrebbe piuttosto dovuto essere una sua cognata. Galeotto fu un incontro nel parco del castello di Racconigi organizzato nell’agosto del 1840 per far incontrare sua sorella: gli occhi del futuro sovrano d’Italia caddero invece su Adele e da quel giorno iniziarono svariate trattative che riguardavano soprattutto la cospicua dote di 200.000 fiorini.
Tra l’altro è curioso – o forse non troppo vista l'usanza di alcune casate reali di sposarsi tra parenti – che il suocero, Carlo Alberto, fosse anche suo zio e che sua suocera, Maria Teresa d’Asburgo-Toscana, fosse anche sua cugina di primo grado da parte di padre. Ma a parte queste intricate parentele, che volto aveva Maria Adelaide? Si ravvisa quella sua dolcezza notata da Costanza Alfieri?
Forse in alcune delle sue rappresentazioni disseminate in varie residenze sabaude è visibile, anche se la più suggestiva rimane l’opera dello scultore Vincenzo Vela. Entrando nel santuario della Consolata, tenendo la sinistra, in un luogo raccolto si scorgono due figure inginocchiate. Il marmo bianco cristallizza da secoli il loro raccoglimento, sono Maria Adelaide e Maria Teresa, nuora e suocera, cugine e sovrane dello stesso regno.
Davanti a questo raccoglimento non saremo così indelicati da chieder loro la conferma di una storia, forse falsa. Si dice infatti che, negli anni del matrimonio, sia esistito uno speciale mobile dall’interno imbottito nel quale la sovrana pare fosse solita farsi rinchiudere, per dar sfogo fisico alla sua frustrazione, quando il consorte si assentava per incontri galanti. Leggenda o no, quello che rimane di tangibile sono lettere autografe, incartamenti e documenti vari conservati negli archivi e proprio l’analisi di questi faldoni getta una nuova luce su questa sovrana.
Chi ha avuto il tempo, la pazienza e la passione di intraprendere questo viaggio a ritroso nel tempo è Maura Aimar. Non è una storica di professione, ma ha grande dimestichezza con la storia, dato che è attinente al suo lavoro. Si definisce una semplice guida turistica che ama la sua professione, ha avuto infatti la fortuna di fare della sua passione, la storia Sabauda ma non solo, un’attività. Questo amore l’ha portata a inizio primavera fino al salone centrale della Palazzina di Caccia di Stupinigi, a tagliare il nastro di una mostra, da lei fortemente voluta, dedicata alla figura di Maria Adelaide, soprattutto perché il 2022 è il bicentenario della nascita.
Maria Adelaide è la mia Regina preferita, mi sono innamorata della sua figura da un quadro che si trova al secondo piano del Real Castello di Racconigi. Fu l’ultima regina di Sardegna in quanto morì nel 1855, pertanto prima dell’Unità d’Italia. Nata il 3 giugno del 1822 era figlia di Ranieri d’Asburgo e di Maria Elisabetta di Savoia-Carignano, sorella del primo re di Sardegna del Ramo dei Carignano: Carlo Alberto.
Come già anticipato, era la cugina di suo marito Vittorio Emanuele e nel 1840, a Racconigi le rispettive famiglie organizzarono una visita proprio per pianificare le future nozze del giovane Savoia.
La prescelta però era Maria Carolina, la sorella maggiore di Maria Adelaide. Adelaide aveva un carattere dolce e gentile simile a quello del padre a differenza della sorella che invece era più autoritaria come la madre.
Quando venne proposto a Vittorio Emanuele il matrimonio lui rispose: “o sposo Adele o nulla”. Si era innamorato dell’infinita dolcezza di questa cugina, donna che amerà fino alla fine dei giorni della sua vita, pur non essendo un uomo da una sola donna.
Come prosegue Maura Aimar in un’appassionata descrizione, anche Adelaide si era innamorata di Vittorio, affascinata dai sui occhi azzurri, e in tredici anni di matrimonio diede al marito otto figli di cui cinque raggiunsero la maggior età. Morì a trentadue anni tra atroci dolori e "sul letto di morte Vittorio Emanuele le promise che nessuna altra donna avrebbe preso il suo posto."
In effetti, nessuna prese il suo posto come regina di Sardegna e in seguito, accanto a Vittorio Emanuele, la prima regina d’Italia fu sua nuora, Margherita di Savoia-Genova.
Abiti con crinolina dalle ampissime gonne, svariati documenti e tanti altri oggetti evocativi compongono la mostra su Maria Adelaide e ci si chiede quanto impegno costi preparare e arrivare a questo risultato, allestito nella sala laterale dello splendido salone da ballo.
Ho l’immensa fortuna di avere dei collaboratori eccezionali, da sola io non sarei proprio nulla. La scelta che abbiamo fatto è quella di esporre nelle mostre che realizziamo oggetti che provengono da collezioni private per dare la possibilità al visitatore di osservare preziosità non sempre visibili e anche consentire agli espositori di dare spazio alla loro passione.
Oltre agli oggetti per così dire originali, bisogna sottolineare che gli abiti esposti non sono di Maria Adelaide, ma il risultato di un’attenta ricostruzione secondo gli usi e le mode dell’epoca. Dietro alle quinte non c’è solo una ricerca fatta in archivio…
Il visitatore certamente non si aspetta quanta collaborazione ci sia fra di noi che, tolta la giacca e indossato il maglione da lavoro, ci mettiamo a montare teche e griglie espositive.
Inaugurazione della mostra dedicata a Maria Adelaide, nella sede della Palazzina di Caccia di Stupinigi (foto di Gabriella Bernardi).
Dagli abiti sui manichini, si osservano proprio le teche che costudiscono documenti con le classiche calligrafie svolazzanti dell’epoca e il passo è breve per parlare dell’erudizione di un’arciduchessa austriaca. Un particolare che non ci si aspetterebbe, come la stessa Aimar riferisce.
Mi ha colpito scoprire che aveva avuto un’educazione in genere riservata quasi esclusivamente ai figli maschi, parlava correntemente cinque lingue, tra cui sia il latino che il greco. Un’educazione che le permise di confrontarsi con il marito per fornire consigli sulla gestione del Regno, come dimostrano alcune lettere scambiate tra loro.
Questioni familiari e politica vergati su fogli ormai più che centenari, ma dalle lettere analizzate emergono anche fatti più intimi, come i vezzeggiativi o una delle tante opere di carità elargita probabilmente a una celebrità dell’epoca.
Famigliarmente i due sposi [Vittorio Emanuele e Maria Adelaide] si appellavano “Ton Luf” e “Ta Lufette”. La sua dolcezza d’animo [di Maria Adelaide] andava a volte oltre la semplice carità verso i poveri.
Maura Aimar a causa o per via del suo lavoro si è già imbattuta in diversi personaggi storici, ma in questo frangente ha un grande desiderio e soprattutto la sua sensibilità ha saputo cogliere vari aspetti proprio dovuti alle intricate parentele.
Tutti i personaggi storici che studio sono speciali; nel bene e nel male hanno le loro caratteristiche peculiari. Mi piacerebbe, sia per Maria Adelaide che per gli altri, far trasparire il loro lato “umano”, spesso si pensa o si crede che chi ha una posizione di rilievo sia scevro da errori e soprattutto che non sbaglino mai.
Mentre capire che anche queste figure hanno le loro debolezze potrebbe farcele piacere e soprattutto capire maggiormente. In merito a Maria Adelaide mi sono chiesta come doveva sentirsi durante la guerra sapendo che suo suocero, suo marito e suo cognato stavano combattendo contro i suo fratelli.
Chissà quale stato d’animo poteva avere in questi frangenti della sua breve, ma intensa vita familiare… Anche altre figure femminili piemontesi in vari secoli o millenni sono state testimoni di eventi storici, in prima persona o collateralmente, e vale la pena ricordarle, o per lo meno sapere quali altri personaggi hanno colpito l’interesse di una guida appassionata di storia.
Adelaide di Susa, Mafalda di Savoia, Maria d’Orleans? Tutte grandi donne.
Partendo dalla più remota, Adelaide di Torino, meglio conosciuta come Adelaide di Susa, fu una delle figure femminili più carismatiche della prima metà dell’anno 1000. Al terzo matrimonio sposò Oddone di Savoia divenendo poi reggente per i figli. Fu lei ad accompagnare il genero Enrico IV del Sacro Romano Impero fino a Canossa da Matilde, altra grande donna dell’epoca, che era anche cugina di secondo grado di Adelaide.
Anne Marie D’Orleans, moglie di Vittorio Amedeo II, una figura dolcissima di moglie e madre, molto simile se vogliamo alla Maria Adelaide d’Asburgo. Nipote di Luigi XIV, era poco apprezzata dal marito nel ruolo di moglie, ma stimata quale reggente ogni qualvolta il marito era in guerra. Fu la prima e unica regina di Sicilia, incoronata insieme al marito nel Duomo di Palermo la notte di Natale del 1713.
Alla fine Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, Mafalda ebbe il triste destino di morire nel campo di concentramento di Buchenwald, era una donna di un carattere forte e determinato ed è stata la prima figura di Casa Savoia sulla quale ho fatto una conferenza. È una delle donne che amo di più, per la sua dolcezza, forza e determinazione. Un’icona per tutte le donne e le madri.
Al momento sono emersi aneddoti noti e sconosciuti, ma è curioso carpire l’approccio delle ricerche condotte da Maura Aimar. Come confessa lei stessa:
Il mio modo di ricerca è un po’ particolare, come già accennato io cerco il lato umano dei personaggi, lato che molto spesso non si trova raccontato nelle biografie dedicate agli stessi, forse proprio perché si tende a descrivere il lato “istituzionale”.
Io cerco particolari e storie nei libri che parlano di personaggi vicini come genitori, fratelli, o parenti, trovando molto spesso aneddoti e curiosità.
Ovviamente mi affido anche alle biografie e poi ai documenti che si possono trovare all’Archivio di Stato quali lettere e documenti. È emozionante, ti porta in un altro mondo decifrare quelle lettere, quelle grafie particolari immaginando quando venivano vergate, la maggior parte al lume di candela.
Se il carattere e la personalità, è l’ingrediente che interessa di più nelle ricerche condotte dalla Aimar, come si risale al lato umano di questi personaggi istituzionali? E soprattutto quali sono quelli preferiti o ricercati?
Per mia indole mi sono sempre spinta più alla ricerca di personaggi meno conosciuti, tanto che la l’associazione che fondai nel 2014 fu il “Centro Studi Principe Oddone”, dedicata al figlio storpio di Vittorio Emanuele e Maria Adelaide che morì a Genova appena diciannovenne, ma dotato di una particolare intelligenza.
A maggior ragione sulle donne che erano già sempre in posizione secondaria rispetto al padre o marito.
In quanto al carattere o alla personalità non è sempre così facile, dipende soprattutto dal documento che si consulta, mi spiego: se si tratta di una lettera ufficiale certamente è difficile interpretare il pensiero di una persona attraverso le numerose regole del protocollo; se invece è un documento privato inviato a un parente in via personale allora certamente riesco a farmi un’idea del carattere e della personalità.
A questo tipo di ricerche storiche non mancano di certo gli alberi genealogici e da questi le emozioni che possono emergere solo agli occhi di uno studioso.
Probabilmente è la passione che mi fa sentire ogni mia ricerca emozionante. Amo moltissimo gli alberi genealogici, li schematizzo in un quaderno che chiamo “il mio quaderno magico” e ogni volta che scopro la presenza di una parentela che non conoscevo mi elettrizzo immediatamente.
Di curiosità ce ne sarebbero tante, ma vorrei condividerne una in particolare relativa a Maria Pia di Savoia, Regina del Portogallo e figlia proprio di Maria Adelaide che, a parer mio, racchiude in sé l’amore per le proprie radici e la propria terra.
Nel 1911 Maria Pia dovette lasciare il Portogallo dove era arrivata la Repubblica, mentre si trasferiva sulla nave "Regina Elena" per essere condotta in Italia sente il nipote Manuele dire a chi l’accoglie: “parlatele in dialetto piemontese”. Si volta, lo guarda severa e gli risponde: “Ce pas un patois c’est un langue!” Ovvero “non è un dialetto è una lingua”.
Lasciando la sala di un passato ormai lontano, alcuni figuranti in costume sfilano per le foto giornalistiche di rito e lasciata Maria Adelaide sorridente vicino a un baffuto Vittorio Emanuele II il nostro sguardo si dirige verso il presente.
Attualmente mi sto focalizzando su diverse figure di donne del territorio piemontese, non solo regine o nobili ma anche pittrici o religiose.
Sogni nel cassetto? No, ma cassetti pieni di sogni! Chi smette di sognare ha smesso di vivere, mia nonna diceva “sognare non costa nulla e spesso fa bene al cuore”. Aveva ragione, il mio sogno più grande però è quello di far conoscere la nostra storia non come un elenco freddo di date ed eventi ma attraverso i personaggi che l’hanno creata. Io non ho mai amato storia, a scuola era un tormento.
Nel 2005 ho fatto il corso per diventare guida turistica e venne a parlarci della storia sabauda colui che io definisco il mio maestro e che purtroppo oggi non c’è più. Non so che cosa mi abbia detto o come ma da quel momento ha scatenato in me questa inesauribile passione. Vorrei poter fare questo per tutti.
Da allora questo tipo di professione ha anche permesso di conoscere chi ha legami di sangue con questi personaggi che riemergono dal passato e non ti aspetti di vedere in carne e ossa.
Nel 2017 con la collaborazione del Castello di Racconigi ho inaugurato una mostra dal titolo “I Savoia e il Portogallo”. Tra i visitatori oltre al Sua Altezza Reale, il Principe Sergio di Jugoslavia e sua sorella Elena venne anche l’Arciduca Martino d’Asburgo e nella galleria dei ritratti mentre gli indicavo chi era raffigurato nel quadro lui mi disse: “Lei è come zio Beppo”.
Zio Beppo era come famigliarmente chiamavano Umberto II, un grande storico, ma anche iconografo eccezionale.
Tornando invece a Maria Adelaide, dei figli che diede alla luce, diversi fecero la storia: a parte Umberto che divenne re d’Italia, Amedeo, duca d’Aosta che divenne anche sovrano della Spagna per un paio d’anni e Maria Clotilde, per trattative di Camillo Cavour, sposa di Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte detto Gerolamo, ben poco si sa di un altro figlio, Oddone Eugenio, oltre che per un corso a lui intitolato a Torino.
Questo principe che morì ventenne è una figura molto particolare e tenuta quasi occultata o sotto protezione a Corte, forse proprio dalla madre. Nonostante fosse nato con una grave malattia genetica, nella sua seppur breve esistenza il principe Oddone fu un grande studioso, e forse fu proprio questo a ispirare la dedica del Centro Studi fondato da Aimar stessa. Ma questa è tutta un’altra storia.