Il legame tra Italia e Birmania – Myanmar dal 1989 – affonda le sue radici nella storia: già nel Settecento i barnabiti, in gran parte lombardi, si spingono in terra birmana, ma sono religiosi piemontesi a stringere nell’Ottocento profonde relazioni, tra il Regno di Sardegna prima e Regno d’Italia poi, con il lontano paese asiatico.
Le origini della bagna cauda, gli scioperi delle mondine, gli amori di Cesare Pavese, dai cercatori d'oro sui fiumi biellesi ai gavadur di Ozzano Monferrato passando per la musica occitana nel Cuneese. C'è moltissimo nel decimo numero (ingrandito) di Rivista Savej!
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È il 26 ottobre del 1839 quando il cuneese padre Giuseppe Enrici (nato a Boves il 1799) giunge a Rangoon, oggi Yangon, dopo che la Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, fondata nel 1816 da Pio Bruno Lanteri a Carignano, ha optato per la destinazione “a vantaggio delle missioni dell’Ava e Pegu, Regni situati nelle Indie Orientali”, unificati in un solo regno dal 1756 e noti in Occidente come Birmania. Dopo appena due anni, il religioso tra stenti e fatiche trova la morte, ma fin dal 1839, a rafforzare l’impegno missionario, si avventurano Paolo Abbona (Monchiero 1806) e Vincenzo Bruno (Tonengo di Massè-Ivrea 1810). Partiti da Torino e dopo una breve sosta a Roma, i due missionari affrontano un lungo viaggio via mare, fino ad Alessandria d’Egitto, per proseguire attraverso il deserto, a dorso di cammello – il canale di Suez sarà inaugurato nel 1869 – e ancora per mare nell’Oceano Indiano, fino a Madras. Qui, in soli sei mesi, padre Abbona familiarizza con la lingua inglese, che gli aprirà le porte della corte di Amarapura e faciliterà i rapporti diplomatici tra il regno birmano e l’impero britannico che dal 1826, con il Trattato di Yandabo, ha ufficialmente annesso l’Arakan e il Tenasserin (ora Stato Mon).
Presente in Birmania per trentatré anni, il missionario cuneese merita l’amicizia del re Tharawaddy Min e del successore Mindon e conquista la fiducia della popolazione: si prodiga nell’assistenza e cura nelle epidemie di vaiolo e di colera ed è attivo come costruttore di conventi e chiese (tra cui la cattedrale di Mandalay), scuole e ospedali. Padre Paolo Abbona, “the greatest and most Burmanised of the Oblates of Turin” – così lo definisce lo studioso birmano Vivian Ba nel 1963 – già nel secondo conflitto anglo-birmano del 1852-54, riceve un delicato incarico di mediazione e, con innate abilità diplomatiche e la conoscenza di ben sette lingue, contribuisce alla cessazione delle ostilità. Si guadagna anche la stima del primo ministro inglese, Lord Palmerston, e la collaborazione di Camillo Benso, Conte di Cavour: ne scaturisce nel 1856 la nomina a Plenipotenziario del re di Sardegna nonché quella di Cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, a cui seguono l’onorificenza di Ufficiale nel ‘63 e di Commendatore nell’Ordine della Corona d’Italia nel 1868. Al contempo, con Cristoforo Negri – direttore della Divisione Consolare al Ministero degli Esteri e fondatore poi della prestigiosa Società Geografica Italiana (1867) – stringe una profonda amicizia che lo porterà all’individuazione della strada di Bammò, collegamento prezioso tra le regioni del Nord e la Cina.
Decreti di nomina di Paolo Abbona a Cavaliere (1856) e Ufficiale (1863) dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (Cortesia Archivio Storico Ordine Mauriziano).
Già nel 1842, dalla Consolata di Torino, sono partiti alla volta della Birmania ben otto confratelli, tra cui Ferdinando Andreino (Chieri 1818), il cui fratello Giovanni (1837) sarà nominato console onorario d’Italia a Mandalay nel 1871, dopo la firma del Trattato di Commercio e Amicizia tra il Regno d’Italia e l’Impero Birmano, che Padre Abbona ha predisposto, in qualità di Plenipotenziario del re Vittorio Emanuele II. In quanto religioso, il missionario opta per non apporre la sua firma al trattato: interviene il Capitano di Vascello Carlo Alberto Racchia, di origini benesi, ai comandi della Pirocorvetta Principessa Clotilde, in navigazione nelle acque asiatiche.
Al rientro nel 1873 Padre Abbona accompagna in visita in Italia quattro principi della Casa Reale di Mandalay che si recano tra l’altro al Polverificio Regio di Fossano e alla casa natale a Monchiero; l’anno dopo a Torino giunge una delegazione di amicizia guidata dal Ministro degli Esteri, King Wun Mingyi U Kaung, e nel 1876 ne segue una seconda, condotta dal duca di Myanung-Hla U Chaint. Intanto cinque birmani studiano al Collegio Internazionale di Torino e in seguito altri due frequentano la scuola militare di Modena, tre il Collegio Navale di Livorno, come rivela il messaggio dell’Ambasciatore Tint Swai, alla presentazione del volume su Padre Abbona, al Salone del Libro di Torino. Negli stessi anni, tecnici italiani si trasferiscono in Birmania, dando vita a un’emigrazione qualificata, che viene impegnata dalla corte, come emerge dai recenti studi di Stefano Pelaggi. Ne ricordiamo almeno due: l’ingegnere Pugno che avvia una fonderia di fusti di cannone e il torinese Valentino Sebastiano Molinari, che dal 1877 presta servizio come ingegnere civile. Della comunità di piccoli imprenditori italiani dà ampia documentazione in Quattro anni tra i Birmani e le tribù limitrofe – dal 1885 al 1889 – Leonardo Fea, professore di disegno all’Accademia Albertina e zoologo che porta in Italia una ricca collezione, in dotazione ora al Museo Civico di Storia Naturale di Genova accanto alla raccolta etnografica conservata al Museo Pigorini di Roma.
Nel Novecento la memoria dei piemontesi in terra birmana vive nelle pagine del Dizionario Biografico degli Italiani dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, nelle ricerche degli universitari Enrico De Leone e Giovanni Iannettone e soprattutto degli Oblati Giuseppe Claretta, Paolo Calliari e Andrea Brustolon, nonché nelle pagine dei birmani Vivian Ba e U Min Naing. Intanto a Monchiero, paese natale di Abbona, per volontà del parroco Andrea Bernocco, nel 1987 si pubblica il volume di Calliari Una gloria di Monchiero Padre Paolo Abbona 1806-1874 Missionario Diplomatico Esploratore in Birmania e nel 1995 l’Amministrazione Comunale gli intitola la piazza. Con grande solennità, a Yangon nel 1997, si celebra il 150° anniversario dell’arrivo delle suore di San Giuseppe dell’Apparizione, che dal tempo di Abbona provvedono a bisognosi, malati e all’educazione dei bambini. Ancora ho negli occhi l’affollata Pyay Road, con il corteo di tutte le delegazioni straniere, in tonaca bianca, e con commozione ricordo l’intervento del Nunzio Apostolico a Bangkok, l’italiano Luigi Bressan che, alla presenza dei ministri della Cultura e dell’Economia, richiama l’operato di Padre Abbona.
Radicata è ancora la memoria dei piemontesi a Mandalay, ultima capitale del Regno, ove Abbona fa erigere cattedrale, scuole e ospedale, mentre nel convento, attivo dall’Ottocento accanto al Palazzo reale, le Suore continuano ancora oggi a offrire assistenza a bisognosi, donne e bambini. Non mancano poi nel paese asiatico testimonianze dell’arte di religiosi piemontesi: di Fratel Giovanni Alasia (Carignano 1810-1879), abile falegname e artista, sono presenti tabernacoli lignei, con lo “stemma” della Congregazione degli Oblati, nelle chiese di Monhla, di Chantaywa, di Chaun-Yo e di Chaun-U. E a nord di Mandalay, a Mon Hla, dal 1999 un mausoleo con lapidi ricorda i primi religiosi barnabiti e oblati, con mattonella individuale, date e località del Piemonte, tra cui Varallo, Vercelli, Monchiero e Alba.
È il Duemila a riscoprire le radici lontane e rivitalizzare il legame tra il Piemonte e Myanmar e negli ultimi due decenni sono state numerose le occasioni di incontro e collaborazione tra la nostra regione e il paese asiatico. Ecco alcune tappe significative.
Nel 2006 si svolge un Convegno Internazionale di Studi Storici all’Archivio di Stato di Torino (Direzione scientifica Abbona Coverlizza, Brustolon e Cardinali), per riportare in Piemonte la memoria di Padre Abbona. Nel bicentenario della nascita, alla presenza di autorità regionali e comunali, prestigiosi relatori – italiani e stranieri – scrivono una prima tappa, volta alla riscoperta di una pagina di storia piemontese e alla conoscenza del paese asiatico, raccolta poi nel 2013 in Missionario e diplomatico L’avventura di Padre Paolo Abbona dal Piemonte alla Birmania. Per sottolineare la rilevanza storica del convegno, è significativo ricordare almeno due relatori: Denise Bernot, che ha introdotto l’insegnamento del birmano e poi docente all’Institut National des Langues e Civilisations Orientales, Parigi; Anna Maria Montaldo, al tempo Direttrice Musei Civici di Cagliari e Presidente nazionale Associazione Nazionale Musei Locali e Nazionali (ANMLI), ora Direttrice del Polo Museale d'Arte Moderna e Contemporanea di Milano.
Denise Bernot, archivista paleografa che ha creato un insegnamento di birmano all'École Nationale des Langues orientales vivantes a Parigi, qui in foto al Convegno Internazionale di Studi Storici all’Archivio di Stato di Torino insieme ad Anna Maria Abbona Coverlizza.
Interessante è anche rivelare che, per riscoprire il passato ottocentesco, tra Piemonte e Birmania, e indagare sull’attiva presenza dei religiosi piemontesi, gli studiosi si sono avvalsi della documentazione presente all’Archivio della Congregazione OMV (Roma, Viù e Pinerolo), all’Archivio Centrale dello Stato (EUR), alla Società geografica italiana, all’Archivio dell'Ufficio storico della Marina Militare e al Ministero degli Esteri a Roma, nonché all’Archivio di Stato di Torino e alla Fondazione Cavour, a Santena. Da menzionare ancora è il ritratto di Padre Abbona, ritrovato in occasione del Convegno: l’acquerello di Colesworthy Grant è conservato alla British Library a Londra, in A Series of Views in Burmah taken during Major Phayre’s Mission to the Court of Ava in 1855. I documenti ufficiali relativi alle Onorificenze meritate dal missionario, Plenipotenziario del Re d’Italia, e pubblicati nel volume del 2013, grazie alla cortesia della Direttrice Cristina Scalon, sono all’Archivio Storico dell’Ordine Mauriziano. Nelle sale del piano nobile dell’ultima sede dell’Ordine Mauriziano – ora anche sede legale della Fondazione, in via Magellano a Torino – sono infatti conservati cabrei, alberi genealogici, pergamene, carte augustane, mappe, insieme alla preziosa Bolla Pontificia (22 novembre 1572) relativa all’istituzione dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Destinato dal papato anche alla difesa della fede cattolica, l’Ordine militare-cavalleresco sin dalle sue origini esercita funzioni assistenziali, principalmente di cura, che si sostanzieranno poi nella fondazione di ospedali. Il sovrano sabaudo, come Gran Maestro, ne indirizza le azioni e nomina i Cavalieri, in ragione dei meriti conseguiti in Italia e all’estero.
A valorizzare la ricerca, intorno alla presenza piemontese in Birmania e alla conoscenza del Paese, anche attraverso l’arte e la letteratura, che si è espressa nei due giorni del convegno a Torino e a Monchiero, si affiancano un servizio di Rai 3, al telegiornale regionale, e l’articolo di Mario Baudino in La Stampa. Tante poi le presentazioni del volume: a Torino, dal Salone del Libro al Circolo dei Lettori e a Milano, a Expo 2015, Casa Corriere, e in occasione dello storico viaggio del Papa in Bangladesh e Myanmar nel 2017, in una diretta televisiva di Tv2000, quando la scrivente può raccontare i trentatré anni di Padre Abbona in Birmania. A chiusura del convegno, in onore di Padre Abbona, si organizza al Duomo di Torino l’attesissimo concerto di musica europea, omaggio del Maestro Ezio Bosso, che al tempo abita nel borgo vecchio di Monchiero Alto. A soli due giorni dall’evento, per un improvviso malore, il Maestro è costretto ad annullare l’impegno, ma si prodiga per la riuscita della serata e affida l’esibizione al Quartetto d’Archi di Torino. In Duomo i musicisti Giacomo Agazzini e Valentina Busso ai violini, Andrea Repetto alla viola e Manuel Zigante al violoncello offrono un nutrito programma che cattura il pubblico, in un’atmosfera raccolta e spirituale.
Presentazione del volume "Missionario e diplomatico. L’avventura di Padre Paolo Abbona dal Piemonte alla Birmania". A sinistra al Circolo Lettori: G. V. Cardinali, A. M. Abbona Coverlizza, A. Porcino, A. Simoni, A. Ganelli, G. Gabusi. A destra Expo 2015, Casa Corriere, A. M. Abbona Coverlizza, L. Saporiti (Camera Commercio Italia Myanmar), C. Baroni (Corriere della Sera), A. Benotto (Fondazione Torino Musei) G. Gabusi (T.wai). Cortesia Abbona Coverlizza.
La nomina dell’Onorevole Piero Fassino a Inviato Speciale dell’Unione Europea per il Myanmar – 2007/2011– favorisce un nuovo clima culturale e politico tra Europa, Italia e Myanmar che, nel giugno del 2011, sfocia nella consegna della cittadinanza onoraria di Torino a Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991 e capo dell'opposizione birmana, in occasione della visita ufficiale del sindaco torinese a Yangon. Due anni dopo la Lady è a Torino, dove in una cerimonia, nella Sala del Consiglio Comunale, riceve la targa e la pergamena, attestanti la cittadinanza onoraria conferitale. Segue nel 2014 la visita di Thein Sein, Presidente dell’Unione del Myanmar: per l’occasione il Museo d’Arte Orientale (MAO) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) predispongono, nella Sala Mazzonis, un’esposizione di preziosi manufatti in lacca, prodotti a Bagan; si proietta anche una ricca documentazione iconografica intorno a Padre Abbona e alla Birmania dell’Ottocento.
Nel maggio del 2013 il Sindaco di Torino, Piero Fassino e il Sindaco di Yangon, Hla Myint, siglano il gemellaggio tra le due città, a cui segue nel 2015 il Memorandum di Intesa: si formalizzano così le attività di cooperazione già in corso tra Torino e Yangon, dal commercio ai servizi, dal turismo all'ambiente e ai servizi sociali, nonché alla cultura e all'arte e alla democrazia locale. Si definiscono poi l’Accordo fra l’Accademia Albertina di Belle Arti e il Lacquerware College di Bagan e l’Accordo tra la Camera di Commercio di Torino e l’Union of Myanmar Federation of Chambers of Commerce and Industry.
Ancora nel 2013 si inaugura a Torino il Consolato Onorario del Myanmar: riceve la nomina il notaio Andrea Ganelli; al contempo è attiva l’Associazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Italia-Myanmar, nota come Italia-Myanmar Business Council; l’istituzione, senza fini di lucro, promuove la cooperazione politica, economica e culturale tra i due paesi e fin dal 2016, dal Ministero dello Sviluppo Economico, è iscritta nell’Albo delle Camere di Commercio, con la denominazione di “Camera di Commercio Italia – Myanmar”, e si impegna ad accompagnare le imprese nell’accostarsi al mercato del paese e verso il Sud-Est asiatico.
Nel 2014 a TecnArt – spin-off dell’Ateneo Torinese, specializzato in diagnostica scientifica, applicata ai Beni Culturali – il Ministero della Cultura del Myanmar affida la consulenza per la realizzazione di un laboratorio di termoluminescenza, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica, presso il sito archeologico di Sri Ksetra (Pyay), da poco nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. L’Istituto Europeo di Design (IED) e l’Accademia Albertina di Belle Arti, nel 2015, ospitano una delegazione di artigiani e imprenditori del Myanmar e un docente del Lacquerware College che propongono agli studenti le tecniche di produzione artistica delle lacche birmane; già nel 2017 gli allievi del Corso di Design del Gioiello e Accessori, a Torino Fashion Week, espongono con successo manufatti in lacca, ispirati al gusto occidentale e alle lontane tradizioni birmane.
Nel campo della cooperazione internazionale significativo è menzionare due importanti progetti realizzati tra le città di Torino e Yangon tra il 2013-17: il primo rivolto alla protezione ambientale, in ispecie alla gestione dei rifiuti solidi, il secondo alla pianificazione e governance della mobilità urbana. Affiancano i due Enti locali un centro di ricerca del Politecnico di Torino (ITHACA) un’organizzazione non governativa (Cesvi) e le società Amiat e 5T, in qualità di partner tecnici. Importante è ancora il ruolo diplomatico dell’Ambasciata d’Italia a Yangon: nel 2016 l’Ambasciatore d’Italia in Myanmar, il piemontese Pier Giorgio Aliberti, nell’incontrare nella capitale Nay Pyi Taw i neo-eletti Presidenti delle due Camere del Parlamento birmano, U Win Myint (Camera bassa) e U Mahn Win Khaing Than (Camera alta) sottolinea che: “In questo passaggio storico di transizione democratica si aprono straordinarie opportunità per rendere ancora più solido e proficuo il rapporto bilaterale".
Nel novembre del 2020 è l’Ambasciatrice Alessandra Schiavo a celebrare a Yangon i Settant’anni delle Relazioni Diplomatiche tra Italia e Myanmar. In piena emergenza sanitaria, affida a un video le tappe più significative delle relazioni bilaterali, con preziosi richiami alle presenze piemontesi nell’Ottocento, ampiamente indagate in precedenza. Relativamente al secondo dopoguerra si evidenzia la partecipazione della Repubblica Italiana alla transizione democratica e allo sviluppo sostenibile del Paese e l’attività dell'Ambasciata, col nuovo programma “From Italy for Myanmar”, e della Cooperazione italiana, dalla tutela del patrimonio culturale, allo sviluppo rurale e all’elettrificazione.
Inaugurazione consolato onorario del Myanmar 1 giugno 2013, intervengono l’ambasciatore del Myanmar in Italia Tint Swai, il Sindaco di Torino On. Piero Fassino e il Console Onorario del Myanmar Notaio Andrea Ganelli (in foto a fianco).
L’eminente studioso Oscar Botto, nel 1963, dà vita all’Istituto di Indologia dell’Università degli Studi di Torino, diventato poi nel 1989 Dipartimento di Orientalistica e confluito nel 2012 nel Dipartimento di Studi Umanistici, con sede nel palazzo Gorresio, sanscritista e ideatore nell’Ottocento della scuola italiana di Indologia. Fondato da Regione Piemonte, Provincia di Torino, Città di Torino e dall’Ateneo Torinese è attivo dal 1982 il CESMEO, Istituto Internazionale di Studi Asiatici; presieduto da Botto, l’Ente mira a promuovere e favorire rapporti culturali e cooperazione con i Paesi asiatici, accanto alla conoscenza delle lingue e delle culture dell’area. Al tempo unico Istituto in Italia a dedicare la propria attività scientifica esclusivamente all’Asia, organizza anche convegni, concerti e mostre sulla millenaria arte orientale. L’ultima mostra, inaugurata nel 2013, presso il palazzo del Rettorato dell’Università – direzione scientifica di Irma Piovano – è dedicata a La vocazione internazionale del Piemonte. Relazioni con il Sud-Est Asiatico al tempo dell’unità d’Italia (1850-1911). I 40 pannelli esposti offrono la testimonianza della fruttuosa opera, a Bangkok in Siam (oggi Thailandia), svolta da artisti, architetti e ingegneri piemontesi, formatisi all’Accademia Albertina e alla regia Scuola di applicazione per ingegneri di Torino e all’operato di missionari, in prevalenza piemontesi, in Birmania. Purtroppo l’istituto è stato chiuso nel 2016 e l’archivio storico e la prestigiosa biblioteca di oltre 40.000 volumi sono stati devoluti, a norma di statuto, all’Università.
A favorire la conoscenza e il confronto con la realtà internazionale concorre l’intensa attività didattica e scientifica del Dipartimento di Culture, Politica e Società (CPS) dell’Ateneo Torinese, con sede al Campus Luigi Einaudi. Inaugurato nel 2012, l’edificio ideato dal prestigioso studio dell’architetto britannico Norman Foster, a distanza di soli due anni, è inserito dalla CNN – la famosa emittente televisiva statunitense – tra le dieci strutture universitarie più belle del mondo. Il CPS, uno dei più grandi Dipartimenti dell’Università Torinese, viene riconosciuto nel 2017 struttura di eccellenza dall’ANVUR (Agenzia Nazionale deputata a valutare la qualità del sistema universitario italiano) e riceve un consistente finanziamento, destinato a incrementare e valorizzare la qualità della ricerca. Docenti e ricercatori, protagonisti in reti di ricerca, nazionali ed estere, promuovono accordi Erasmus, lauree binazionali e Summer School; ai consolidati insegnamenti relativi al mondo occidentale ed europeo, si affiancano corsi di studio di Relazioni Internazionali che prospettano il confronto con le realtà emergenti, dalla costa Sud del Mediterraneo all’Africa Subsahariana, dall’America Latina all’Oceania, dal gigante cinese all’India e ai paesi del Sud Est asiatico, con una particolare attenzione al Myanmar.
Dall’attività di docenti universitari del CPS scaturisce T.wai, fondato nel 2009, grazie al contributo della Fondazione bancaria Compagnia San Paolo. Il Torino World Affairs Institute è un istituto di ricerca indipendente, senza scopo di lucro, che conduce studi di politica globale e sulla sicurezza, in ispecie su Cina e paesi del Sud-Est asiatico. Le analisi svolte da T.wai, in sintonia con il CPS, favoriscono percorsi universitari e professionali nel campo degli affari internazionali, dando vita a una comunità di giovani ricercatori, provenienti da diverse aree disciplinari. Le riviste Orizzonte Cina, RISE (area asiatica) e Human Security (violenza e sicurezza) raccolgono i contributi delle tre aree di ricerca, dirette rispettivamente dai docenti universitari Giovanni Andornino, Giuseppe Gabusi e Stefano Ruzza. Due numeri di RISE, pubblicati nel 2016 e nel 2017, e il numero di Human Security del 2021 sono interamente dedicati al Myanmar, e anche le indagini di autorevoli studiosi internazionali, dopo il colpo di stato del febbraio 2021, confluite in parte in Myanmar After the Coup: Resistance, Resilience, and Re-Invention, frutto della conferenza organizzata con l’Università da T.wai, con il supporto del Comune di Torino e Compagnia di San Paolo. Da menzionare ancora è la prima edizione (giugno 2019) dell’evento TOASEAN Business Days, a cui seguono incontri B2B on-line, rivolti alle imprese italiane interessate ad avviare relazioni commerciali nei paesi ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico).
Dal 2010 è attiva a Torino la casa editrice add Editore: nella collana "Asia", con racconti, memoir, romanzi e saggi, invita il lettore a confrontarsi con il mondo asiatico, in costante trasformazione e destinato a un ruolo sempre più determinante nel panorama internazionale. Da menzionare i due saggi di Thant Myint-U, storico birmano di origine americana e nipote dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite: nel 2015 Myanmar Dove la Cina incontra l’India e, nel 2020, L’altra storia della Birmania. Una distopia del XXI secolo. E ancora una lettura affascinante: in Le mie nove vite Da Mandalay a Firenze. L’autobiografia dell’ultima principessa birmana, June Rose Yadana Bellamy, figlia di una nobile birmana e di un avventuriero australiano, sa sorprendere il lettore a ogni pagina. Anche un film: su proposta della Coldiretti Piemonte, il giornalista/regista Stefano Rogliatti, nel 2018, realizza “RICE TO LOVE”, un coinvolgente documentario intorno alla produzione del riso in Myanmar, che indaga sulle misere condizioni di vita dell’aree rurali, strette anche tra identità nazionale e religiosa.
Nel clima culturale e politico di Torino nei primi decenni del Duemila, si colloca la costituzione di MedAcross, l’associazione torinese di medici e professionisti, attiva in Myanmar dal 2016, che la Rivista Savej ha già raccontato tramite le esperienze di Erika Vitale e Vittoria Brucoli, rispettivamente Country Manager e Responsabile Comunicazione e Fundraising.
E veniamo al 2023: fino a settembre, si potrà respirare una mitica e affascinante atmosfera al MAO (Museo Arte Orientale, inaugurato a Palazzo Mazzonis nel 2008 a Torino, direttore Franco Ricca) e confrontarsi con il Buddismo, la religione praticata dall’89% degli abitanti del Myanmar, che registra la più alta percentuale, in rapporto alla popolazione, di monaci e di reddito destinato alla religione. Nella mostra Buddha10. Frammenti, derive e rifrazioni dell’immaginario visivo buddhista, il museo espone preziosi tesori e capolavori, mai visti prima d’ora: prende il via anche il progetto che, muovendo dalle opere, indaga sulla gestione, custodia e valorizzazione dell’arte asiatica nel mondo occidentale, in collaborazione con il Centro per la conservazione e il restauro dei beni culturali La Venaria Reale e prestigiose istituzioni nazionali e internazionali. Ancora un invito: nel visitare le collezioni permanenti, sostate nella sala 7, dedicata al Myanmar, ove trionfano preziosi reperti provenienti dall’area dell’antica città di Pagan e dall’Arakan, che dalla “statuaria, alla fusione del bronzo e alla laccatura, mostrano una delle eccellenze della produzione birmana” (MAO). E dinnanzi al Buddha, sdraiato in parinirvana, (suprema estinzione), in legno laccato e dorato, risalente al secolo XIX, sarà magia perdersi negli occhi, in onice e madreperla, e immergersi nell’intensa e suggestiva atmosfera che accompagna la visita.
A Torino, nella chiesa di San Dalmazzo – Cappella di San Paolo – una decorazione murale del torinese Enrico Reffo (1831-1917) celebra la presenza religiosa barnabita in Birmania: a fianco del fondatore Antonio Maria Zaccaria, è raffigurato Paolo Antonio Maria Nerini, Vicario Apostolico della Missione di Ava e Pegu, ucciso da milizie birmane, a soli 45 anni. I primi scritti dei lombardi intorno alla lingua birmana si perdono, ma è ancora un barnabita, Giovanni Maria Percoto (1729-1776), a comporre una grammatica ed un dizionario in tre lingue – latino, portoghese e birmano – che si stampa a Roma nel 1776. L’Alphabetum Barmanum seu Bomanum regni Avae finitarumque regionum, che offre nel prologo un’introduzione al paese, alle diverse etnie e alla lingua, accompagnerà la difficile scelta missionaria di tanti lombardi e piemontesi, nella Birmania dell’Ottocento.